Nun hat man mich erschossen,
Ich bin ein Deserteur.
Mein Blut ist rot geflossen
Über die grüne Wiese her.
Hört Ihr mein Herz noch ächzen?
Gibt es Euch keinen Stich?
Die Raben, welche krächzen,
Haben Hunger auf mich. –
Ich habe ein Mädchen geliebet
In einer fernen Stadt,
Nun ist der Traum zerstiebet,
Der mich beseligt hat.
Ich bin des Nachts entwichen,
Und bin zu ihr entflohn.
Die Patrouille kam gestrichen:
Bist du schon da, mein Sohn?
Du hast den Eid gebrochen,
So tritt in unsre Reihn. –
Ich hab’s meinem Mädchen versprochen,
Heut nacht bei ihr zu sein! –
Und hast du’s ihr geschworen,
Was hältst du auch den Schwur?
Du bist umsonst geboren
Und eine Leiche nur.
Man kann nicht Treue bewahren
Dem König und seinem Mädchen zugleich.
Bald wirst du zur Hölle fahren
Oder zum Himmelreich …
Ich bin ein Deserteur.
Mein Blut ist rot geflossen
Über die grüne Wiese her.
Hört Ihr mein Herz noch ächzen?
Gibt es Euch keinen Stich?
Die Raben, welche krächzen,
Haben Hunger auf mich. –
Ich habe ein Mädchen geliebet
In einer fernen Stadt,
Nun ist der Traum zerstiebet,
Der mich beseligt hat.
Ich bin des Nachts entwichen,
Und bin zu ihr entflohn.
Die Patrouille kam gestrichen:
Bist du schon da, mein Sohn?
Du hast den Eid gebrochen,
So tritt in unsre Reihn. –
Ich hab’s meinem Mädchen versprochen,
Heut nacht bei ihr zu sein! –
Und hast du’s ihr geschworen,
Was hältst du auch den Schwur?
Du bist umsonst geboren
Und eine Leiche nur.
Man kann nicht Treue bewahren
Dem König und seinem Mädchen zugleich.
Bald wirst du zur Hölle fahren
Oder zum Himmelreich …
inviata da Bernart Bartleby - 1/2/2020 - 16:30
Lingua: Italiano
Traduzione italiana / Italienische Übersetzung / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 07-02-2020 19:54
Riccardo Venturi, 07-02-2020 19:54
IL DISERTORE
Ora mi hanno fucilato,
Io sono un disertore.
Mi è scorso rosso il sangue
Via qua, sul prato verde.
Mi sentite ancora gemere il cuore,
Non vi dà nessuna fitta?
I corvi che stan gracchiando
Di me già hanno fame.
Ho amato una ragazza
In una città lontana,
Ora è disperso quel sogno
Che mi ha reso felice.
Sono scappato di notte
E sono volato via da lei.
La pattuglia è arrivata di soppiatto:
“Sei già qui, ragazzo mio?
Hai rotto il giuramento,
Quindi rientra nelle nostre fila.”
“Ma ho promesso alla mia ragazza
Stanotte di stare con lei!”
“E se lo hai giurato a lei,
Perché hai giurato anche per noi?
Tu sei nato invano
E ora sei un cadavere.
Non si può essere fedeli
Al re e alla propria ragazza al tempo stesso.
Presto te ne andrai all'inferno
Oppure in paradiso..."
Ora mi hanno fucilato,
Io sono un disertore.
Mi è scorso rosso il sangue
Via qua, sul prato verde.
Mi sentite ancora gemere il cuore,
Non vi dà nessuna fitta?
I corvi che stan gracchiando
Di me già hanno fame.
Ho amato una ragazza
In una città lontana,
Ora è disperso quel sogno
Che mi ha reso felice.
Sono scappato di notte
E sono volato via da lei.
La pattuglia è arrivata di soppiatto:
“Sei già qui, ragazzo mio?
Hai rotto il giuramento,
Quindi rientra nelle nostre fila.”
“Ma ho promesso alla mia ragazza
Stanotte di stare con lei!”
“E se lo hai giurato a lei,
Perché hai giurato anche per noi?
Tu sei nato invano
E ora sei un cadavere.
Non si può essere fedeli
Al re e alla propria ragazza al tempo stesso.
Presto te ne andrai all'inferno
Oppure in paradiso..."
Dunque, a costo di ripetermi...
"Finalmente è arrivato il giorno dell'ira dopo i lunghi crepuscoli della paura. Finalmente stanno pagando la decima dell'anime per la ripulitura della terra. Ci voleva, alla fine, un caldo bagno di sangue nero dopo tanti umidicci e tiepidumi di latte materno e di lacrime fraterne. Ci voleva una bella innaffiatura di sangue per l'arsura dell'agosto; e una rossa svinatura per le vendemmie di settembre; e una muraglia di svampate per i freschi di settembre. (...) Siamo troppi. La guerra è una operazione malthusiana. C'è un di troppo di qua e un di troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un'infinità di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita. (...) Amiamo la guerra ed assaporiamola da buongustai finché dura. La guerra è spaventosa - e appunto perché spaventosa e tremenda e terribile e distruggitrice dobbiamo amarla con tutto il nostro cuore di maschi."
Queste savie e assennate considerazioni, che ben documentano la profonda competenza di Giovanni Papini nel campo degli studi strategici e della tattica militare, furono pubblicate su Lacerba nell'autunno del 1914.
Amavano la guerra, lorsignori.
Ovviamente il signor Papini non fece un solo giorno di trincea perché era miope, poverino. Si vede che scappare di casa e presentarsi a un reparto qualunque pretendendo un moschetto era cosa che andava bene per i quindicenni, non certo per le sfingi della letteratura.
L'amore di Giovanni Papini per la guerra fu ricambiato con passione perché qualche tempo dopo, nel 1944, non avendolo visto arrivare fu la guerra a andare a cercar lui. Direttamente a Firenze, con l'arrivo degli Alleati e il rispettivo passaggio del fronte, con le piacevolezze che tutti conosciamo o che dovremmo conoscere.
Nel frattempo Giovanni aveva accumulato diversi peccati da dichiarare alla dogana, e pensò bene di non farsi trovare in casa. Si era ricordato di essere terziario francescano ed era andato alla Verna, incidentalmente un po' fuori mano perché in città c'era diversa gente che lo cercava per spiegargli due o tre cose.
Nella sua tomba sfacciatamente monumentale al Cimitero delle Porte Sante giacciono due cose: il suo corpo e il senno di poi.
"Finalmente è arrivato il giorno dell'ira dopo i lunghi crepuscoli della paura. Finalmente stanno pagando la decima dell'anime per la ripulitura della terra. Ci voleva, alla fine, un caldo bagno di sangue nero dopo tanti umidicci e tiepidumi di latte materno e di lacrime fraterne. Ci voleva una bella innaffiatura di sangue per l'arsura dell'agosto; e una rossa svinatura per le vendemmie di settembre; e una muraglia di svampate per i freschi di settembre. (...) Siamo troppi. La guerra è una operazione malthusiana. C'è un di troppo di qua e un di troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un'infinità di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita. (...) Amiamo la guerra ed assaporiamola da buongustai finché dura. La guerra è spaventosa - e appunto perché spaventosa e tremenda e terribile e distruggitrice dobbiamo amarla con tutto il nostro cuore di maschi."
Queste savie e assennate considerazioni, che ben documentano la profonda competenza di Giovanni Papini nel campo degli studi strategici e della tattica militare, furono pubblicate su Lacerba nell'autunno del 1914.
Amavano la guerra, lorsignori.
Ovviamente il signor Papini non fece un solo giorno di trincea perché era miope, poverino. Si vede che scappare di casa e presentarsi a un reparto qualunque pretendendo un moschetto era cosa che andava bene per i quindicenni, non certo per le sfingi della letteratura.
L'amore di Giovanni Papini per la guerra fu ricambiato con passione perché qualche tempo dopo, nel 1944, non avendolo visto arrivare fu la guerra a andare a cercar lui. Direttamente a Firenze, con l'arrivo degli Alleati e il rispettivo passaggio del fronte, con le piacevolezze che tutti conosciamo o che dovremmo conoscere.
Nel frattempo Giovanni aveva accumulato diversi peccati da dichiarare alla dogana, e pensò bene di non farsi trovare in casa. Si era ricordato di essere terziario francescano ed era andato alla Verna, incidentalmente un po' fuori mano perché in città c'era diversa gente che lo cercava per spiegargli due o tre cose.
Nella sua tomba sfacciatamente monumentale al Cimitero delle Porte Sante giacciono due cose: il suo corpo e il senno di poi.
Io non sto con Oriana - 8/2/2020 - 08:51
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Versi di Alfred Henschke, in arte Klabund (1890–1928), scrittore tedesco.
Nella raccolta "Dragoner und Husaren. Die Soldatenlieder von Klabund"
La prima edizione fu pubblicata a Berlino (Erich Reiß) nel 1914 con il titolo "Soldatenlieder"
La seconda edizione fu pubblicata a Monaco (Georg Müller) nel 1916
Questa la postfazione alla seconda edizione, pubblicata nel pieno della Grande Guerra:
Meine eigentlichen lyrischen Gedichte aus der Zeit des Krieges werden im Frühjahr 1916 entweder als Sonderpublikation oder im Rahmen eines größeren Sammelbandes meiner Lyrik erscheinen. Ich verweise auch auf meine Nachdichtungen chinesischer Kriegslyrik „Dumpfe Trommel und berauschtes Gong“ (Inselverlag Leipzig), die als Projektionen aus dem Wort und dem Geist der großen Chinesen heraus vieles von dem enthalten, was ich zum Krieg als Krieg lyrisch zu sagen wüsste." (Klabund)
C'è da dire che all'inizio della prima guerra mondiale anche Klabund, come molti intellettuali da un parte e dall'altra del fronte, fu un fervente interventista. Sicuramente i suoi "Soldatenlieder" risentono di quella convinzione, anche se non mi pare sia il caso de "Il disertore": "Non si può essere fedeli al tempo stesso al proprio re e alla propria fidanzata. Così [morendo fucilato per diserzione] finirai all'inferno... oppure in paradiso..."
Comunque, l'orrore della Grande Guerra fece cambiare parere a molti bellicosi della prima ora. Nel 1917 Klabund ebbe l'ardire di pubblicare una lettera aperta al Kaiser in cui ne chiedeva l'abdicazione: fu processato per tradimento e lesa maestà... (B.B.)