I am a peaceful working man—
I am not wise or strong—
But I can follow Nature’s plan
In labour, rest, and song.
One day the men that rule us all
Decided we must die,
Else pride and freedom surely fall
In the dim bye and bye.
They told me I must write my name
Upon a scroll of death;
That some day I should rise to fame
By giving up my breath.
I do not know what I have done
That I should thus be bound
To wait for tortures one by one,
And then an unmark’d mound.
I hate no man, and yet they say
That I must fight and kill;
That I must suffer day by day
To please a master’s will.
I used to have a conscience free,
But now they bid it rest;
They’ve made a number out of me,
And I must ne’er protest.
They tell of trenches, long and deep,
Fill’d with the mangled slain;
They talk till I can scarcely sleep,
So reeling is my brain.
They tell of filth, and blood, and woe;
Of things beyond belief;
Of things that make me tremble so
With mingled fright and grief.
I do not know what I shall do—
Is not the law unjust?
I can’t do what they want me to,
And yet they say I must!
Each day my doom doth nearer bring;
Each day the State prepares;
Sometimes I feel a watching thing
That stares, and stares, and stares.
I never seem to sleep—my head
Whirls in the queerest way.
Why am I chosen to be dead
Upon some fateful day?
Yet hark—some fibre is o’erwrought—
A giddying wine I quaff—
Things seem so odd, I can do naught
But laugh, and laugh, and laugh!
I am not wise or strong—
But I can follow Nature’s plan
In labour, rest, and song.
One day the men that rule us all
Decided we must die,
Else pride and freedom surely fall
In the dim bye and bye.
They told me I must write my name
Upon a scroll of death;
That some day I should rise to fame
By giving up my breath.
I do not know what I have done
That I should thus be bound
To wait for tortures one by one,
And then an unmark’d mound.
I hate no man, and yet they say
That I must fight and kill;
That I must suffer day by day
To please a master’s will.
I used to have a conscience free,
But now they bid it rest;
They’ve made a number out of me,
And I must ne’er protest.
They tell of trenches, long and deep,
Fill’d with the mangled slain;
They talk till I can scarcely sleep,
So reeling is my brain.
They tell of filth, and blood, and woe;
Of things beyond belief;
Of things that make me tremble so
With mingled fright and grief.
I do not know what I shall do—
Is not the law unjust?
I can’t do what they want me to,
And yet they say I must!
Each day my doom doth nearer bring;
Each day the State prepares;
Sometimes I feel a watching thing
That stares, and stares, and stares.
I never seem to sleep—my head
Whirls in the queerest way.
Why am I chosen to be dead
Upon some fateful day?
Yet hark—some fibre is o’erwrought—
A giddying wine I quaff—
Things seem so odd, I can do naught
But laugh, and laugh, and laugh!
inviata da Bernart Bartleby - 24/1/2020 - 21:06
Lingua: Italiano
Versione italiana / Italian version / Version italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 25-01-2020 04:43
Nelle mie primitive intenzioni, questa introduzione doveva cominciare con tutta la storia del mio incontro, nell'anno di grazia e disgrazia MCMXCIII, con uno dei miei due Fratelli Improbabili, Howard Phillips Lovecraft (l'altro è Fernando Pessoa). Non ne parlerò invece affatto. Casomai, per la trecentesima volta, mi rileggerò il Caso di Charles Dexter Ward.
HPL, Providence, Rhode Island, 20 agosto 1890. Altissimo, curvo, allampanato, talmente brutto da far sospettare che avesse preso l'idea per il Grande Cthulhu, per Yog Sothoth e per Shub-Niggurath (il Capro dai Mille Cuccioli) guardandosi allo specchio. Conservatore di destra. Da ragazzo redige da solo, a penna, una rivista amatoriale intitolata The Conservative. Ostenta modi britannici, è convinto della superiorità totale della civiltà inglese e scrive un inglese settecentesco, elegantissimo, difficilissimo. Solo come una bestia. Una madre possessiva che finirà pazza. Militarista: nel 1917 vuole arruolarsi, ma viene scartato per manifesta incapacità fisica. Razzista convinto e dichiarato -cosa che, del resto, traspare da parecchi suoi racconti e specialmente dai migliori. Sposa un'ebrea russa che lo strappa da Providence e lo porta a vivere a New York, di cui detesta specialmente il miscuglio etnico. Dopo due anni la moglie se ne va e lui torna a Providence da una zia. Inventa tutto un mondo di spettri, mostri, antichi dèi o chissà cosa, fa passare ogni voglia di andare in Antartide e conduce a visitare simpaticissime e ridenti cittadine del New England, come Dunwich e Innsmouth. Pubblica i suoi racconti su riviste popolari di serie B con titoli come Weird Tales o Amazing Stories, con remunerazioni da fame. Praticamente per tutta la vita non ha un dollaro: quel poco per vivere, se lo guadagna più che altro correggendo, integrando e, spesso, riscrivendo di sana pianta racconti scritti da altri. A un certo punto inventa pure il Necronomicon, un allegro e innocuo libriccino scritto dall'arabo pazzo Abdul Alhazred (All has read, ha letto tutto). Muore di cancro a 47 anni, facendosi ricoverare da solo cinque giorni prima senza dire nulla a nessuno, per non mettere in pensiero e non disturbare. Capirete perché lo chiamo un Fratello Improbabile. Più improbabile di così, non si può.
Uno dei principali esegeti di HPL, forse il principale, un francese di nome S. T. Joshi, è altamente sconcertato da questa poesia dai Funghi di Yuggoth. Chiama The Conscript un poème curieux. Stabilisce che è stato senza dubbio scritto nel 1918, senza essere pubblicato. Scrive ancora Joshi: Voilà des remarques tout à fait inhabituelles sous la plume de Lovecraft; arriva ad ipotizzare addirittura che possa trattarsi di una cinica parodia. Dichiara di non riuscire a situare bene l'occasione in cui la poesia abbia potuto essere scritta, e dove Lovecraft voglia davvero andare a parare. Il suo scarto all'arruolamento era stato da lui vissuto come una dolorosissima onta. Segue comunque con passione le vicende della grande guerra europea; in un suo scritto sulle vicende belliche del momento, auspica una seconda guerra mondiale per rimettere a posto le cose. Nel luglio del 1919, sul suo Conservative scritto a mano, pubblica, a guerra terminata, un saggio che, in pratica, non è che una diatriba sull'ineluttabilità della guerra e sull'inutilità totale dei trattati e delle organizzazioni preposte ad evitarla (il saggio si intitola The League ed è un attacco feroce alla Società delle Nazioni appena costituita). E così via; però, nei Funghi di Yuggoth, oltre a questa, c'è un'altra composizione che reca il seguente titolo Pacifist War Song. Canto di guerra pacifista.
Sono cose che, secondo me, vanno dette accogliendo e pubblicando questa poesia che, fino a ieri, non sapevo essere stata messa in musica e cantata. E che il Grande Cthulhu ci assista! [RV]
Riccardo Venturi, 25-01-2020 04:43
Nelle mie primitive intenzioni, questa introduzione doveva cominciare con tutta la storia del mio incontro, nell'anno di grazia e disgrazia MCMXCIII, con uno dei miei due Fratelli Improbabili, Howard Phillips Lovecraft (l'altro è Fernando Pessoa). Non ne parlerò invece affatto. Casomai, per la trecentesima volta, mi rileggerò il Caso di Charles Dexter Ward.
HPL, Providence, Rhode Island, 20 agosto 1890. Altissimo, curvo, allampanato, talmente brutto da far sospettare che avesse preso l'idea per il Grande Cthulhu, per Yog Sothoth e per Shub-Niggurath (il Capro dai Mille Cuccioli) guardandosi allo specchio. Conservatore di destra. Da ragazzo redige da solo, a penna, una rivista amatoriale intitolata The Conservative. Ostenta modi britannici, è convinto della superiorità totale della civiltà inglese e scrive un inglese settecentesco, elegantissimo, difficilissimo. Solo come una bestia. Una madre possessiva che finirà pazza. Militarista: nel 1917 vuole arruolarsi, ma viene scartato per manifesta incapacità fisica. Razzista convinto e dichiarato -cosa che, del resto, traspare da parecchi suoi racconti e specialmente dai migliori. Sposa un'ebrea russa che lo strappa da Providence e lo porta a vivere a New York, di cui detesta specialmente il miscuglio etnico. Dopo due anni la moglie se ne va e lui torna a Providence da una zia. Inventa tutto un mondo di spettri, mostri, antichi dèi o chissà cosa, fa passare ogni voglia di andare in Antartide e conduce a visitare simpaticissime e ridenti cittadine del New England, come Dunwich e Innsmouth. Pubblica i suoi racconti su riviste popolari di serie B con titoli come Weird Tales o Amazing Stories, con remunerazioni da fame. Praticamente per tutta la vita non ha un dollaro: quel poco per vivere, se lo guadagna più che altro correggendo, integrando e, spesso, riscrivendo di sana pianta racconti scritti da altri. A un certo punto inventa pure il Necronomicon, un allegro e innocuo libriccino scritto dall'arabo pazzo Abdul Alhazred (All has read, ha letto tutto). Muore di cancro a 47 anni, facendosi ricoverare da solo cinque giorni prima senza dire nulla a nessuno, per non mettere in pensiero e non disturbare. Capirete perché lo chiamo un Fratello Improbabile. Più improbabile di così, non si può.
Uno dei principali esegeti di HPL, forse il principale, un francese di nome S. T. Joshi, è altamente sconcertato da questa poesia dai Funghi di Yuggoth. Chiama The Conscript un poème curieux. Stabilisce che è stato senza dubbio scritto nel 1918, senza essere pubblicato. Scrive ancora Joshi: Voilà des remarques tout à fait inhabituelles sous la plume de Lovecraft; arriva ad ipotizzare addirittura che possa trattarsi di una cinica parodia. Dichiara di non riuscire a situare bene l'occasione in cui la poesia abbia potuto essere scritta, e dove Lovecraft voglia davvero andare a parare. Il suo scarto all'arruolamento era stato da lui vissuto come una dolorosissima onta. Segue comunque con passione le vicende della grande guerra europea; in un suo scritto sulle vicende belliche del momento, auspica una seconda guerra mondiale per rimettere a posto le cose. Nel luglio del 1919, sul suo Conservative scritto a mano, pubblica, a guerra terminata, un saggio che, in pratica, non è che una diatriba sull'ineluttabilità della guerra e sull'inutilità totale dei trattati e delle organizzazioni preposte ad evitarla (il saggio si intitola The League ed è un attacco feroce alla Società delle Nazioni appena costituita). E così via; però, nei Funghi di Yuggoth, oltre a questa, c'è un'altra composizione che reca il seguente titolo Pacifist War Song. Canto di guerra pacifista.
Sono cose che, secondo me, vanno dette accogliendo e pubblicando questa poesia che, fino a ieri, non sapevo essere stata messa in musica e cantata. E che il Grande Cthulhu ci assista! [RV]
LA RECLUTA
Sono un tranquillo lavoratore,
Non sono né forte e né saggio -
Ma seguo il piano della Natura
Di faticare, riposare e cantare.
Un giorno, chi ci governa tutti
Ha deciso che dobbiamo morire,
Sennò all'orgoglio e alla libertà
Potremmo dare un fosco addio.
Mi dissero di scrivere il mio nome
Su una pergamena di morte,
Così che un giorno assurgessi alla fama
Consegnando il mio soffio di vita.
Io non so quel che avevo fatto
Per esser così costretto ad attendermi
Tormenti uno dopo l'altro
E poi un tumulo senza nome.
Non odio nessuno; eppure dicono
Che devo combattere e ammazzare;
Che, giorno dopo giorno, devo soffrire
Per compiacere a ciò che vuole un padrone.
Avevo una coscienza libera,
Ma ora ordinano sia messa a tacere;
Mi hanno trasformato in un numero
E non devo mai protestare.
Parlan di lunghe e profonde trincee
Riempite di cadaveri massacrati;
Parlano e parlano, da non farmi dormire,
E allora mi vengono i capogiri.
Parlan di sozzura, di sangue, di sventura,
Di cose ben al di là dal credersi;
Di cose che mi fanno tremare
Con un misto di pena e terrore.
Io non so quel che devo fare.
Non è forse ingiusta, la legge?
Voglion che io faccia ciò che non posso;
Eppure, dicono che devo!
Sempre più vicina è la mia dannazione,
Ogni giorno lo Stato fa preparativi;
Percepisco a volte qualcosa che guarda
E mi fissa, mi fissa, mi fissa.
Mi sembra di non dormir mai.
Mi gira la testa da farmi impazzire.
Perché mi hanno scelto per morire
In un qualche giorno segnato dal fato?
Sentite! Ho un po' i nervi a pezzi,
Tracanno un vino che mi stordisce.
Che strana cosa, non posso far altro
Che ridere, ridere, ridere!
Sono un tranquillo lavoratore,
Non sono né forte e né saggio -
Ma seguo il piano della Natura
Di faticare, riposare e cantare.
Un giorno, chi ci governa tutti
Ha deciso che dobbiamo morire,
Sennò all'orgoglio e alla libertà
Potremmo dare un fosco addio.
Mi dissero di scrivere il mio nome
Su una pergamena di morte,
Così che un giorno assurgessi alla fama
Consegnando il mio soffio di vita.
Io non so quel che avevo fatto
Per esser così costretto ad attendermi
Tormenti uno dopo l'altro
E poi un tumulo senza nome.
Non odio nessuno; eppure dicono
Che devo combattere e ammazzare;
Che, giorno dopo giorno, devo soffrire
Per compiacere a ciò che vuole un padrone.
Avevo una coscienza libera,
Ma ora ordinano sia messa a tacere;
Mi hanno trasformato in un numero
E non devo mai protestare.
Parlan di lunghe e profonde trincee
Riempite di cadaveri massacrati;
Parlano e parlano, da non farmi dormire,
E allora mi vengono i capogiri.
Parlan di sozzura, di sangue, di sventura,
Di cose ben al di là dal credersi;
Di cose che mi fanno tremare
Con un misto di pena e terrore.
Io non so quel che devo fare.
Non è forse ingiusta, la legge?
Voglion che io faccia ciò che non posso;
Eppure, dicono che devo!
Sempre più vicina è la mia dannazione,
Ogni giorno lo Stato fa preparativi;
Percepisco a volte qualcosa che guarda
E mi fissa, mi fissa, mi fissa.
Mi sembra di non dormir mai.
Mi gira la testa da farmi impazzire.
Perché mi hanno scelto per morire
In un qualche giorno segnato dal fato?
Sentite! Ho un po' i nervi a pezzi,
Tracanno un vino che mi stordisce.
Che strana cosa, non posso far altro
Che ridere, ridere, ridere!
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Versi di Howard Phillips Lovecraft (1890-1937), scrittore, poeta, critico letterario e saggista statunitense, riconosciuto tra i maggiori scrittori di letteratura horror (weird fiction o cosmic horror) e considerato da molti uno dei precursori della fantascienza angloamericana. (it.wikipedia)
Nella raccolta "Fungi from Yuggoth and Other Poems"
Messi in musica da Ludovic Kierasinski, del duo francese Vigil.
Nel loro EP intitolato "Despair", con quattro brani tutti su testi poetici di Lovecraft. Testo trovato su Great War in Music