La guerra passa tremenda
e sostò anni ed anni sui campi di battaglia,
salì alle alte vette nevose
e si celò nelle valli e nei burroni,
s’abbarbicò nelle pietraie
e s’affondò nel fango delle trincee.
La terra brulicava di uomini,
il cielo rimbombava di scoppi,
la morte scagliava con folle rabbia
tutto il suo impeto di distruzione
e mieteva vittime a mille a mille.
Poi la guerra passò
e i campi di battaglia tornarono silenziosi
ma non tutti gli eserciti partirono.
Restarono sotto la terra fredda
i reggimenti e le armate dei morti
e sostò anni ed anni sui campi di battaglia,
salì alle alte vette nevose
e si celò nelle valli e nei burroni,
s’abbarbicò nelle pietraie
e s’affondò nel fango delle trincee.
La terra brulicava di uomini,
il cielo rimbombava di scoppi,
la morte scagliava con folle rabbia
tutto il suo impeto di distruzione
e mieteva vittime a mille a mille.
Poi la guerra passò
e i campi di battaglia tornarono silenziosi
ma non tutti gli eserciti partirono.
Restarono sotto la terra fredda
i reggimenti e le armate dei morti
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Non è una canzone ma potrebbe diventarlo.
di Franco Castelli
L'amica Aurora Delmonaco, storica e collega nella rete degli Istituti storici (già presidente del Landis, Laboratorio nazionale per la didattica della storia) nei mesi scorsi mi comunicò un testo di grande interesse, da lei raccolto dalla viva voce di una contadina novantenne del Sud. Si tratta di una poesia sulla prima guerra mondiale, e Aurora così mi scriveva:
“La donna, una contadina, dopo novant'anni la recitava senza esitazioni. In quel recital improvvisato la donna declamò "Il passero solitario", e poi "Lo stivale" di Giusti: era chiaro che aveva fatto sua ogni parola. Della poesia che ti mando il suo maestro non disse l'autore. Lei affermava di ricordare tutte le poesie imparate a scuola perché quando era sola in campagna, al lavatoio, a zappare o al pascolo con le pecore, le recitava sempre a se stessa.
Io trovo che sia un testo di enorme efficacia, non solo poetica, che elude la retorica del dopoguerra con la sua monumentalizzazione mistificatrice e con parole semplici e scarne sintetizza tutto l'orrore di quella carneficina. I due versi finali, con quel riferimento agli innumerevoli soldati rimasti sotto terra, mi ricorda l'armata fantasma di un film di Kurosawa.
Volendo saperne di più, per una migliore contestualizzazione del testo misterioso, ecco quanto Aurora, gentilissima, mi scriveva il 25 luglio scorso:
Eugenio Cirese è nato a quattro chilometri da qui, a Fossalto, da qui viene Antonio Durante, Partito d'Azione, nel '45 fondatore del Sinascel e poi della CGIL scuola, “ghostwriter” di Di Vittorio. Purtroppo non ho registrazioni dei canti, altrimenti te le avrei mandate. Ti abbraccio, Aurora”