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Hiroshima Mon Amour [Valse du café du fleuve]

Georges Delerue
Lingua: Strumentale


Georges Delerue

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[1959]
Valse du café du fleuve
Film / 映画 / Movie / Elokuva :
Alain Resnais
Hiroshima mon amour / 二十四時間の情事/ Hiroshima, rakastettuni
Musique / 音楽 /Musica / Music / Sävel:
Georges Delerue



Premessa
In un sito tematico di canzoni le immagini, a mio avviso, andrebbero usate per agevolare la lettura del brano musicale, non per prevalere sul mezzo espressivo, musicale, con un altro mezzo. Forte di tale convinzione, da fotografo non professionista, prima di postare delle foto dedico del tempo alla loro selezione e inserimento ad evitare che possa scaturirne una sovraesposizione anziché un sussidio alla fruizione del brano.
Stavolta gli amici dello Staff vorranno concedermi un’eccezione. Diversamente dal solito la foto che propongo è invasiva. E’ una foto sporca eseguita da uno sporco bombardiere. Il suo titolo è “Hiroshima Aftermath” , scattata poco dopo le 8:15 del 6 Agosto 1945 dal cielo di Hiroshima.
La foto può trarre in inganno: ritrae macerie, non indica che sotto le macerie giacciono morti, schiacciati o carbonizzati, o prossimi alla morte almeno 140.000 esseri umani. Non si saprà mai quanti , di molti neppure i nomi.
Spero che tale foto riesca ancora a inquietarmi nel tempo che mi resta, così come hanno fatto finora i segni che mi sono passati per le mani e gli occhi da quando vidi il film, da ragazzo, nel 1960.
Chiedo allo Staff se possibile di non ridurre l’immagine lasciandola così com’é. A certe capacità occorre riservare un trattamento consono.


Il film
Un architetto giapponese ed un'attrice francese trascorrono assieme un'intensa notte di passione. Da quel rapporto prende il via quella che sembra destinata ad essere una storia d'amore a lieto fine. Improvvisamente, quanto inevitabilmente, iniziano ad affacciarsi gli spettri del recente passato. Spettri che investono soprattutto la fragile ragazza parigina.
Tramite un innovativo e sorprendente uso dei flashback, il regista ci mostra il dolore della guerra – soprattutto di ciò che lascia in noi nel dopoguerra – visto attraverso gli occhi smarriti di una singola persona e, simultaneamente, il dolore collettivo – dignitoso al punto da commuovere – della città che ha sofferto il bombardamento atomico. Un precedente amore "impossibile", vissuto dalla protagonista, in Francia, durante la guerra, finisce tragicamente con la morte dell'innamorato (un soldato tedesco).
La conseguente elaborazione del lutto, in qualche modo, fa scaturire in lei il desiderio di vivere a Hiroshima, dove si trova per girare un film e, forse, dove spera di poter diluire le sue pene tramite la condivisione del suo con il dolore collettivo della città e di un popolo intero. Ma è tutta una triste finzione: scoprirà che il proprio dolore lo si affronta sempre e soltanto da soli. Lo stesso film pacifista nel quale lei lavora (interpretando il ruolo di una crocerossina), altro non fa che acuire il suo errore, cioè l'inganno col quale lei anela a ritrovare la serenità perduta allontanandosi dalla realtà, fingendone una nuova.
Gli incubi che la perseguitano, in un'ossessionante mescolanza - volutamente non netta - tra ricordo ed immaginazione, la portano a compiere un percorso di maturazione che, a tratti, ci appare prossimo ad un compimento, ma che, invece, gira attorno al nucleo del problema, senza mai affrontarlo direttamente, esattamente come le particelle roteano, minacciose, attorno al nucleo dell'atomo prima che si inneschi la fatale reazione nucleare.
Accanto a lei, l'uomo che l'ama - e di cui anche lei è apparentemente innamorata - simbolo sì di un paese che ha perso la guerra, ma che sembra il vero vincitore. Il regista Alain Resnais ci dice chiaramente che perdere una guerra, così come perdere migliaia di vite umane, non equivale a perdere una singola persona amata. Il travaglio che, via via, affligge la coppia, offre allo spettatore spunti di riflessione e di meditazione di una profondità e di una verità che, ancora oggi, riescono a stupire e far vibrare le corde più intime dell'essere umano.
Essere umano che il film ci descrive come destinato alla solitudine, ma accompagnato dall'amore. In entrambi i casi suo malgrado. Grazie ad un abilissimo montaggio, il passato di lei (la Francia) ed il presente di lui (il Giappone) si accavallano e si rincorrono senza una vera soluzione di continuità e, soprattutto, senza una risposta definitiva, nemmeno quando il dolore collettivo della città (e quindi la sua memoria) si sintetizza nel dignitoso volto dell'uomo, il quale, dinanzi alla domanda di lei, risponde dicendole che il suo nome è Nevers ("Nevers en France").





La Musica
Il film di Alain Resnais “Hiroshima mon amour” è caratterizzato da una musica anti-realistica che ha la straordinaria capacità di esprime il dualismo dell’opera guerra-amore grazie, anche, alla collaborazione con il francese Georges Delerue che compose per il film il valzer che risuonerà nella scena da me analizzata; come compositore ufficiale del film il regista scelse Giovanni Fusco che prima di accettare la proposta del regista volle vedere il film che non era ancora stato montato. Resnais è un regista molto esigente in fatto di musica, tra i musicisti da lui scelti ricordiamo Darius Milhaud, Maurice Jarre, Pierre Barbaud, Hanns Eisler.
Analizzando la componente musicale del film si nota che non esistono dei temi fissi per rappresentare i personaggi, si coglie la volontà del regista di evitare il perfetto sincronismo tra suono e immagini, che solitamente si ritrova nella maggior parte dei montaggi, inoltre il compositore si servì di una formazione orchestrale molto ridotta cercando di evitare ogni riferimento alle melodie tipiche giapponesi. Esce fuori dunque una musica anti-realistica che ha la capacità di cogliere pienamente e intimamente il significato di tutto il racconto e gli crea intorno una indefinibile atmosfera, molto drammatica quasi tenebrosa dotata però di una ammirevole profondità psicologica.

La sequenza da prendere in esame è quella del caffè in riva al fiume, nella quale i due amanti contemplano il loro amore tramite sguardi intensi, qui la donna rievoca i fatti di Nevers, la sua città d’origine, d’infanzia, quella in cui è cresciuta; parte poi un valzer che esce dal juke-box, quello di Georges Delerue, a esso segue una canzone giapponese, che si ode anche sotto le immagini di Nevers, e così l’intenso e lento motivo per piano e archi fa da sfondo a questa sequenza del ricordo.
Qui la musica è un perfetto esempio di “ponte sonoro” essa sta a cavallo tra scene diverse, quelle del presente e quelle del passato, il valzer da semplice suono diegetico diventa un perfetto gancio tra le varie immagini che portano la donna a rievocare la giovinezza trascorsa nella città natale di Nevers e il suo primo amore, un soldato tedesco ucciso sul finire della Seconda guerra mondiale, più scorrono le immagini più i ricordi e le emozioni si fanno intensi, anche perché il giapponese in un gioco ambiguo e amoroso di domande e provocazioni si sostituisce al soldato tedesco.

Le note di Delerue commentano questo continuo richiamo tra presente e passato, il valzer è una melodia del presente, interna alla scena, tanto da identificarne la fonte sonora ma allo stesso tempo finisce per diventare anche la musica del ricordo, quella che accompagna le immagini della donna nella città francese, è un passato che invade il presente e viceversa e alla musica è affidato un ruolo fondamentale in questo gioco cronologico di richiami, essa risulta essere perfettamente allineata al susseguirsi delle scene, le sue note estremamente malinconiche sottolineano alla perfezione il tema del ricordo, e al contempo essa non abbandona mai la sua componente tragica che oltre a commentare la scena va a definire la profonda psicologia della donna nel suo tuffo nel passato e nel confronto di esso con la sua esperienza presente nella città giapponese.

L’uso di pochi strumenti (flauto, ottavino, viola, clarinetto, corno inglese, piano, contrabbasso) è strettamente legato al tema del rifiuto a dimenticare, in cui si ha il senso del presente, dell’eterno e la particolarità sta nel riuscire a creare una continuità nonostante le immagini siamo frammentarie e piene di inserti psicologici visto che stanno percorrendo un flash-back.



inviata da Riccardo Gullotta - 6/1/2020 - 18:02




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