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Ida e Augusta

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Il racconto “Ida e Augusta” è stato scritto da Arturo Bertoldi ed è tratto dal libro
"Perché i vivi non ricordano gli occhi di…" pubblicato nel 2013 dall’Istituto Storico della Resistenza di Reggio Emilia nell’ambito del progetto “Viaggio della memoria”.



Augusta
Augusta


Ida
Ida


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Augusta Ludäscher e Ida Roser

Nell’aprile del 1944 grazie a due donne Augusta Ludäscher e Ida Roser una strage annunciata fu evitata nel paese di Gombio.
La storia
Il 3 aprile 1944 inizia il rastrellamento di Gombio condotto da militari tedeschi della divisione Hermann Göring accompagnati da due compagnie della Guardia nazionale repubblicana di Reggio. I tedeschi erano gli stessi che avevano effettuato, due settimane prima, il rastrellamento e la strage di Cervarolo. Proseguendo il rastrellamento della montagna alla ricerca delle formazioni partigiane, erano giunti a Gombio, oggi frazione di Castelnovo ne’ Monti, allora di Ciano d’Enza. Tedeschi e fascisti, provenendo da Felina, Castellaro di Vetto, Leguigno e Trinità, chiusero il paese in una morsa di ferro, arrestando tutti gli uomini e concentrandoli in due aie.Una ripetuta azione di spionaggio aveva segnalato in zona la presenza di almeno un centinaio di partigiani e di alcuni ex prigionieri alleati fuggiti dopo l’8 settembre 1943 dai campi di concentramento di Fossoli e Montechiarugolo. Nella borgata gombiese di Casa Ferrari sul finire di marzo 1944 si era costituito, al suo comando, il distaccamento partigiano “Don Pasquino” e in zona si erano rifugiati due piloti, uno americano e uno inglese. L’episodio di una rapina effettuata da sedicenti partigiani ai danni della giovane maestra del luogo, la cui famiglia risiedeva presso la Casa del Mutilato di Reggio, aveva fatto credere alle autorità nazifasciste che Gombio fosse davvero un covo di ribelli.La mattina del rastrellamente i nazifascisti avevano ucciso un ragazzo che, di mezzo a un bosco, li osservava incuriosito. In località Casa Ferrari i tedeschi catturarono cinque uomini: i fratelli Ettore e Ulievo Ferrari, Mario Ferrari, Nello Maroni e Giovanni Albertini.
Caricatili ciascuno di circa un quintale di cibarie, rubate alle loro case (poi incendiate), li sospinsero con le baionette fin sulla vetta del soprastante monte della Battuta. Qui, alle tre del pomeriggio, finsero di lasciarli andare, poi spararono alcune mitragliate alle loro spalle. Nello Maroni cadde all’istante; Mario Ferrari, poiché si lamentava, fu ucciso con un “colpo di grazia”; Ettore Ferrari, poco più in basso, rimase sul terreno gravemente ferito agonizzando per oltre quattro ore; Ulievo Ferrari e Giovanni Albertini, feriti più leggermente, riuscirono a mettersi in salvo.
Ettore venne recuperato alla sera da quattro uomini della parrocchia di Villaberza, il cui parroco – don Battista Zini – tentò inutilmente di curarlo nella propria canonica. Per questo fu arrestato dai tedeschi e sottoposto per tre giorni a durissimi interrogatori. Prese su di sé tutte le responsabilità affinché i suoi parrocchiani non corressero rischi e si difese affermando che era suo dovere di parroco soccorrere i feriti e assisterli in punto di morte.
Dall’altra parte, in centro a Gombio, una cinquantina di uomini, arrestati e messi al muro in due aie, con il parroco e altri due sacerdoti, proprio come a Cervarolo, stavano per essere trucidati quando intervennero due anziane signore tedesche, sposate a due gombiesi, Augusta Ludäscher appostrofò un ufficiale tedesco che era entrato in casa sua con la frase “Haben dich deine Eltern soerzoghen?”. “È così che ti hanno insegnato l’educazione?” e Ida Roser. Esse affrontarono senza tentennamenti i loro connazionali della Divisione Göring convincendoli che a Gombio non c’erano partigiani e che, perciò, stavano per commettere una tragica ingiustizia. Le loro affermazioni trovarono diretta conferma dall’interrogatorio subito da don Guido Riva, in quei giorni a Gombio per aiutare il parroco infermo e, insieme a lui, arrestato e condotto su un’aia.
Fonte
Siamo Ida e Augusta, le due tedesche di Gombio.

Non crediamo di meritarci tutta questa attenzione.

Abbiamo fatto solo quello che tutti dovrebbero fare: ricordare che non siamo bestie, sia che si tratti di una vita umana, di un fiore o di una frittata.

E a me, che sono Augusta, che sono passata da Berlino a Gombio, un piccolo paese sull'appennino reggiano per amore di Narciso Piazzi, non mi è parso nulla di eccezionale quando un tedesco mi è entrato in casa.

Stavano rastrellando e ci avrebbero ucciso tutti.

Però una frittata è una frittata, e non si entra in casa della gente senza chiedere permesso e si inizia a mangiare il cibo altrui.

Allora, gliel'ho detto ben chiaro: "
Lazzarone!

E' così che t'hanno insegnato l'educazione?!".

L'ho detto in tedesco, la mia lingua.

E a lui non sembrava vero, sentire la voce di sua madre, della sua maestra, di sua sorella.

Ci rimase di sasso.

Trovare in quella povera casa, in quel piccolo paese, una donna che parlava la sua lingua.

E allora lui ha chiamato il comandante, e il comandante si è messo a parlare con me e poi ha chiamato anche Ida, due donne tedesche in quell'angolo di mondo: abbiamo parlato, e alla fine se ne sono andati.

Non hanno ammazzato nessuno, abbiamo salvato il paese.

Ma lo sapete anche voi che, in fondo, non si è trattato della frittata.

A volte basta la voce di una donna per fare ricordare che nessuno è nato carnefice, che nelle vite di ognuno di noi c'è stato un sorriso o una gentilezza, un momento in cui ci siamo pensati migliori di quello che siamo diventati, un momento per una speranza o per una frittata.

Noi non siamo eroine, siamo solo le due tedesche di Gombio.

Sorridete quando ci guardate negli occhi e lavatevi le mani prima di andare a pranzo.

E lavatevi le mani prima di andare a pranzo.

Ida Roser: Germania, 1885 - Gombio 1956
Augusta Ludescher: Germania 1881 - Gombio 1950

inviata da adriana - 26/4/2019 - 11:27




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