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Il singolare Maggio di Tressa

anonimo
Lingua: Italiano


Lista delle versioni e commenti


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Ode al trattore
(De' Soda Sisters)
Il tempo in cui non c’è domanda
(De' Soda Sisters)
King Orfeo [feat. Harpens kraft]
(GLI EXTRA DELLE CCG / AWS EXTRAS / LES EXTRAS DES CCG)


[1735]
Canzone popolare toscana (Ponte a Tressa, Monteroni d'Arbia, Siena)
A folksong from Tuscany (Ponte a Tressa, Monteroni d'Arbia, Siena)
Chanson populaire de Toscane (Ponte a Tressa, Monteroni d'Arbia, Siena)
Toscanalainen kansanlaulu (Ponte a Tressa, Monteroni d'Arbia, Siena)
Interpretazione / Performed by / Interprétée par / Laulavat: I Maggiaioli della Montagnola Senese di Andrea e Monica Fantacci con Giovanni Bartolomei, De' Soda Sisters
Album / Albumi: Arriverà l'estate?

Dal quaderno dei testi delle Soda Sisters: Il Singolare Maggio di Tressa.
Dal quaderno dei testi delle Soda Sisters: Il Singolare Maggio di Tressa.


La sera del 16 marzo 2019, c'erano De' Soda Sisters alla casa del popolo di Varlungo, a Firenze. C'era Milena Prestia, pittrice, decoratrice e fumettista, che presentava appunto un suo libro a fumetti sulle storie e sulle vite di sei partigiani, tre donne e tre uomini, e c'erano queste ragazze che cantano e suonano. Di solito sono in tre; ma stasera erano solo in due. Si chiamano “De' Soda Sisters” perché due la soda, e parecchia, ce l'hanno a casa: sono di Rosignano Solvay (l'altra è di Empoli e abita però a Firenze, al Galluzzo). Si chiamano Benedetta Pallesi, Veronica Bigontina e Lisa Santinelli. Ce l'avete presente Rosignano Solvay? La vecchia Rosignano Marittima, dov'è sepolto Pietro Gori, sta lassù in alto, mentre la marina era e sarebbe rimasta un paesino di pescatori con una bella spiaggia, se non fosse stato, appunto, per la Solvay, la multinazionale belga della chimica che, fin dal 1899, v'impiantò una fabbrica di soda. Ce ne siamo già occupati della Solvay, in questo sito, con l'edificante storia di Sandrino scritta da Pino Masi; e a quella pagina si rimanda anche per le foto e per certe considerazioni che fanno del litorale di Rosignano Solvay, e delle sue famose “Spiagge Bianche” uno dei 15 tratti di costa più inquinati del Mediterraneo.

De' Soda Sisters.
De' Soda Sisters.
Da qui il nome: De' Soda Sisters. Le tre ragazze, che sono brave e sònano e cantano parecchio bene, presentano tutto un loro repertorio di canzoni popolari toscane (ma non solo) dedicato alle donne, alla guerra, alle lotte sociali, ai contadini, alle anarchie, agli amori e al vino; poi scrivono anche le loro canzoni originali, ma di questo ne avremo a riparlare fra un po'. Se si vuole saperne di più, si rimanda per ora al loro sito (e anche alla pagina Facebook, per chi se ne serve). Quanto alle canzoni popolari, toscane e d'altre parti (stasera le ho sentite cantare anche in veneto e in siciliano, per fare un esempio), c'è da dire che le scelgono, le interpretano e le propongono in modi quantomeno inconsueti, accompagnandosi sí con chitarre, mandolini e altri strumenti "canonici", ma anche col “Cigar Box”, una chitarra fabbricata con una scatola di autentici sigari cubani, con un paio di cucchiai da minestra manipolati sapientemente e con una bell'asse da bucato suonata con un mestolo di legno, di quelli fatti per girare i fagioli in pentola. E cosí via.

Stasera, per finire il loro concerto alla casa del popolo, quasi timidamente hanno proposto al vasto pubblico intervenuto (ventiquattro persone per l'esattezza) una canzone da loro definita “soporifera”. Quasi è bisognato spingerle; e menomale che sono state spinte, perché hanno tirato fuori chissà da dove questo capolavoro completamente sconosciuto, a loro dire scovato fra Sovicille e la Comune di Bagnaia di Ancaiano, nelle campagne senesi (la Comune di Bagnaia è un'azienda agricola cooperativa). Si tratta di un “Maggio”, uno dei tanti brani della tradizione del “cantar Maggio” diffusa un po' dovunque in Toscana; quando le due Soda Sisters lo hanno però presentato come un canto contro la guerra, al qui presente e alla Daniela -k.d.- si sono rizzate le antenne.

Ne è venuto fuori un canto altro che “soporifero”, bensí dalla melodia straordinariamente bella che mi dispiace alquanto non poter fare sentire, almeno per il momento (ma le ragazze hanno promesso di fare un video a breve). Forse lo troverete nel loro prossimo album, in uscita a breve. Risalente addirittura al 1735: il “Singolare Maggio di Tressa”, cosí s'intitola. E' di quella zona, senz'altro: il Tressa è un piccolo corso d'acqua, tributario dell'Arbia (la dantesca “Arbia colorata in rosso”), e frazione di Monteroni d'Arbia è Ponte a Tressa. Altro, per ora, non potrei dire; al termine del concerto, ho arpionato le ragazze e ho fotografato il loro quadernone coi testi scritti a penna e le indicazioni di canto e strumentazione. Si può fare per ora solo qualche ipotesi, ma mi riprometto di saperne di più in qualche modo.

Mi sono chiesto: ma nei dintorni del 1735, a Ponte a Tressa e nelle campagne circostanti, come mai saranno stati così preoccupati delle guerre, dell' “arme orribili” e dei “tanti guerrier”? Saranno stati per caso a conoscenza, in fondo alla placida e meravigliosa campagna senese, dei conflitti in corso a quel tempo nel vasto mondo, tipo l'Assedio di Ganja e della battaglia di Baghavard durante la guerra ottomano-persiana, in Azerbaigian, della Campagna del Caucaso o dell'invasione di Nadir Shah dell'Impero Mughal? Tanto da infilare riferimenti contro la guerra in un canto del Maggio? Oppure sarà stata un'antica coscienza contro la guerra presente nelle popolazioni rurali? La guerra l'avevano sí vista da quelle parti, e guerra brutta: proprio quello “strazio e 'l grande scempio che fece l'Arbia colorata in rosso” (canto X dell'Inferno), vale a dire la Battaglia di Montaperti. Solo che la battaglia, che vide la sconfitta dei guelfi fiorentini a favore dei ghibellini senesi, e che fece tra i diecimila e i quindicimila morti, si svolse esattamente il 4 settembre 1260. Quasi cinque secoli prima del 1735, insomma. Che una sua qualche reminiscenza fosse rimasta in quella zona, pur a distanza di quasi cinquecento anni, da far sí che in un “Maggio” di campagna scritto in settecenteschi versi fioriti da chissà chi, e affiorato nel 2019 grazie a tre ragazze che suonano e cantano cose del genere, ne porti ancora i flebili, remoti echi?

Non si può dire. Ma da queste parti, come si sa, non siamo soliti avere fretta, e a scavare come talpe. Per ora, un ringraziamento enorme alle Soda Sisters, che tra canti anarchici e stornelli livornesi (“Briào fisso tutte le sere...”) hanno infilato questo gioiello sconosciuto, e che ce ne hanno fatto parte. Certo è che, col titolo che reca, dev'essere stato un “Maggio” reputato parecchio strano e particolare anche allora: un canto antimilitarista in un angolo di campagna toscana nella prima metà del XVIII secolo. Di che far venire la voglia di fare una girata da quelle parti, tipo quelli con la 500 di Caterina Bueno. [RV]

Le campagne di Ponte a Tressa<br />
Ponte a Tressa Countryside
Le campagne di Ponte a Tressa
Ponte a Tressa Countryside
Di giubilo ogni alma accendasi
E lieta prendasi spasso e piacer,
E allegrisi, orquanto può,
Perché il bellissimo maggio tornò.

Le passere liete saltellano
E insiem s'abbellano col becco lor,
E mostrano, or qua, or là,
Quant'è gustevole la libertà.

Le lodole festose cantano
E il dorso ammantano coi rai del sol,
E dicono, col canto lor,
Che amor dolcissimo gli punse il cor.

Dilettaci col soavissimo canto,
Il carissimo vago usignuol,
E invitaci col suo cantar
Or l'amenissimo maggio a lodar.

La florida stagion bellissima
Messe ricchissime promette a ognun,
Ma tolgonci sí bel piacer
Tant'arme orribili, tanti guerrier.

Gli strepiti, ahi!, che rimbombano
D'armi che inondano il fosco suol,
E sentasi che errando va
Marte terribile, or qua, or là.

Deh, rendine, diranno, o amabile
Sposo, una stabile pace a ogni cuor
E spengasi, per tua pietà,
L'ira dei prìncipi che errando va.

inviata da Riccardo Venturi e daniela -k.d.- - 17/3/2019 - 02:21



Lingua: Inglese

English version / Versione inglese / Version anglaise / Englanninkielinen versio:
Riccardo Venturi, 24-11-2019 21:16

arrivera


Se mai leggeranno questa versione, le ragazze rosignano-empolesi sappiano che un verso di essa l'ho rubato addirittura a William Shakespeare. Però non dico quale: se lo trovano, vorrà dire che l'hanno letta e mi farà molto, molto piacere. Con un saluto grosso come la Solvay. [RV]
THE RARE MAYDAY SONG OF TRESSA

May all souls light up with joy,
Have good time in glee and mirth,
And rejoice as much as they can
Now that delightful May is back.

So happy, the sparrows are fluttering
And look so pretty with their bills,
Showing with all their flapping
How freedom is pleasant to all of us.

So joyful, the larks are singing
And wrap their back in the sunrays,
Telling us with all their singing
That sweet love struck them in the heart.

The lovely and graceful nightingale
Delights us with its gentlest song,
And calls us now by all its singing
To praise the joyous month of May.

And we hope for abundant harvest
In all this wonderful time of the year,
Yet of all this pleasure we are deprived
By dreadful weapons, by men at war.

Alas! All the roaring clamour
Of weapons is filling the sullen earth,
And you can hear Mars wandering,
Bringing his terror through all the land.

But hearken, you sweetest Bridegroom,
Give lasting peace to every heart,
And, by your mercy, may all the wrath
Of noble princes finally cool down.

24/11/2019 - 21:17


Bella è proprio, specie se Benedetta suona quel meraviglioso strumento a percussione che non so come si chiama...
Non sono esperta di maggi, ma mi vien da pensare che i riferimenti alla guerra, alle battaglie,a Marte, come antagonisti dell'abbondanza e del piacere, possano affiorare dalla poesia epica rinascimentale, che tanto ispirò e piacque ai poeti e cantori popolari toscani

Roberta - 24/11/2019 - 17:01


Cara Roberta, la tua osservazione mi sembra quantomai azzeccata e pertinente. Nel Rinascimento toscano, espresso in tutte le sue possibilità culturali, l'antagonismo tra i “piaceri della vita” e la “guerra” è un riferimento costante, e ha anche una sua ben precisa valenza politica. Per fare un esempio lampante: Lorenzo il Magnifico, colui che scrive il “Lamento di Bacco e Arianna”, è anche colui che si adoperò affinché non si avessero conflitti tra i vari stati italiani, tanto da essere definito l' “Ago della Bilancia”. Per un motivo assai preciso: la signoria Medicea, al culmine con Lorenzo, aveva oltremodo chiaro che la guerra impedisce sì i piaceri della vita, e soprattutto impedisce i commerci e gli affari. Tutto il Rinascimento toscano nasce e prospera, fondamentalmente, dal mercantilismo e non bisogna celarselo storicamente. La fioritura delle arti è in diretta discendenza da una pace ricercata e propugnata, espressa precisamente anche nella poesia epica, che riporti ad un' “epoca d'oro”. Di converso, tutto andò a scapito di una preparazione e di una fortificazione militare che permettesse, alla lunga, alle varie signorie italiane di sopravvivere; ci pensò Niccolò Machiavelli a mettere il dito nella piaga. Disgraziatamente, la pace, la prosperità e l'epoca d'oro basate su trattati, manovre, commerci e denaro (no money, no Renaissance) non resse, e si ebbe il terribile Cinquecento. E, forse, tutti gli appelli a “far cessare l'ira dei prìncipi” possono essere un eco di tutto questo.

Riccardo Venturi - 24/11/2019 - 22:47


Il "Singolare Maggio di Tressa" dei Maggiaioli

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Un'interpretazione alternativa dei Maggiaioli dalla loro pagina "Tiktogram" (sarà qualcosa che ha a che fare con Instagram? Boh!). Per visualizzare il video, qui non riproducibile, scorrere la pagina finché non lo si trova: altro non saprei dirvi.

Riccardo Venturi - 24/11/2019 - 23:47


Se non mi sbaglio e se ricordo bene quello che hanno detto presentando la canzone al Teatro l'Affratellamento durante lo spettacolo sulle canzoni contro la guerra, il testo è originariamente una poesia del 1700 ma la musica è stata scritta dal gruppo che ha ritrovato il testo, forse proprio questi Maggiaioli?

Lorenzo - 24/11/2019 - 23:55


Non sono un filologo italiano ma mi sembra che la lingua sia non proprio popolare, con qualche ripresa dalla poesia dotta. In particolare il riferimento a Marte come 'guerra' è praticamente omerico, di derivazione latina.

Mi chiedo: non sarà non una canzone popolare, ma l'opera di un anonimo poeta/umanista?

Altro punto è il da quale evento sia venuto questo testo, ed effettivamente mi sta tarlando. Fonte wikipedia, l'ultima guerra condotta dai medici era stata la guerra di castro, circa 100 anni prima, guerra di cui non si trovano molte informazioni, ma che dovrebbe essere stata combattuta in territorio pontificio. Niente vieta che il testo sia anche di molto anteriore alla redazione del ms del 1735, occasione in cui può essere stato corretto il testo, che sembra abbastanza moderno.

In questo momento mi spiace essere un inutile antichista!

Maurizio Morelli - 19/11/2020 - 01:07


Carissimo Maurizio, prima di tutto devo dirti che hai perfettamente ragione: la lingua del “Singolare Maggio di Tressa” non è affatto “popolare”. Per essere “popolare” in senso stretto, il componimento sarebbe dovuto essere nella parlata vernacolare di quelle zone; e anche se lo fosse stato, comunque non è detto che si sarebbe trattato di una poesia popolare. Ma, forse, occorrerebbe ridefinire una buona volta che cosa si intenda veramente per “canto popolare”. Siamo ancora molto influenzati da certi concetti proto- e tardoromantici, primo fra tutti quello del “popolo poeta”; non è certo escluso -tutt'altro!- che molti componimenti (canti, strofe, poesie, invettive, preghiere ecc.) si siano sviluppati da una serie indefinita e indefinibile di tradizioni orali; ma, a un certo punto, un intervento colto ci deve essere sempre stato. Non voglio qui addentrarmi in questioni veramente enormi, che certo conoscerai; ma, limitandoci al nostro Maggio di Tressa, la natura colta del componimento non si vede soltanto nel riferimento a Marte. Praticamente ogni parola del testo trasuda un'origine dotta del canto (e, per certe sue caratteristiche, mi sembra pienamente settecentesco).

Ma qui intervengono i tanti e tanti accidenti della cosiddetta “tradizione popolare”, accidenti che -per di più- devono tenere conto dell'epoca, del particolare territorio, della sua storia inserita sia nel contesto strettamente locale, sia in un contesto più generale. In primo luogo, a mio parere e assumendo che il testo si sia originato effettivamente in quella data area, non occorre immaginare chissà quale poeta o umanista; basta immaginare, che so io, un prete o il figlio d'un fattore che si diletta di scrivere versi ornati (“alma”, “gustevole”, “Marte”...). Siamo, poi, nella Toscana dove il vero, autentico poeta popolare ha un nome e un cognome: si chiama Dante Alighieri. Il linguaggio sia pur vagamente “dantesco” ha avuto una influenza enorme, per secoli, sul parlare del popolo -specialmente nelle più profonde zone rurali. I testi di origine colta, anonimi o firmati che fossero, si sono immessi a legioni nella tradizione popolare, creando quasi sempre un amalgama che è difficile, se non impossibile, districare. Ed è qualcosa che si può osservare fino ai giorni nostri, ad esempio tra i superstiti cantastorie o, almeno in Toscana, tra gli ottavisti in rima: il linguaggio ha sempre un che di arcaico, sa di epoche passate, è un miscuglio di Dante, Ariosto e Tasso. In un certo senso, è una cosa che ha valore generale: uno dei segni della popolarità autentica è, molto spesso, proprio il linguaggio forbito e non di rado pomposo.

Ci chiediamo, e ovviamente è più che lecito farlo, se questo testo possa avere dei riferimenti a qualche guerra storica, o quantomeno dei suoi flebili echi. In certi casi, come ad esempio questo, si è riusciti a stabilirlo con un certo margine di sicurezza; ma non è e non può essere un dogma assoluto C'è, ad esempio, tutta la questione degli stilemi, degli “argomenti fissi” o comunque li si voglia chiamare; ed è la questione più sfuggente in assoluto. La guerra, la carestia, le battaglie, le distruzioni, le pestilenze e tutte queste cose sono -da sempre- stilemi prediletti perché toccano un terrore atavico delle popolazioni; e chi interpreta questo terrore può anche non avere un preciso riferimento storico. Può, casomai, raccogliere chissà quali e chissà quanti echi che non hanno mai smesso di girare in una data zona; ma, fondamentalmente, si può trattare anche di un desiderio e di un gesto personale, del tutto slegato dalla effettiva realtà. Qualcosa che, però, in un dato momento cattura l'immaginazione popolare, che fagocita e trasforma ogni cosa.

Il compito degli “inutili antichisti” è molto difficile, labile, evanescente. Al 90% è fatto di congetture, ed il restante 10% è fatto di fortuna. Trovare un documento, un'attestazione rosa dai topi sepolta in qualche archivio parrocchiale di campagna, un nome dimenticato per secoli, un ricordo che affiora dalla memoria di un anziano. Chissà. Altro non mi riuscirebbe dirti, se non di continuare a cercare perché nella ricerca sta il passato di tutti, e il passato di tutti ci dovrebbe insegnare -almeno in teoria- il presente. Saluti carissimi.

Riccardo Venturi in isolamento - 19/11/2020 - 08:29


A proposito del canto in oggetto, siccome mi corre l’obbligo di qualche chiarimento, spero mi si scusi di non aver voluto (come avrei potuto?) essere più diplomatico.
Non entro nel merito della loro esecuzione in quanto non potrei essere obiettivo, facendo parte del gruppo che da trent’anni rinnova la tradizione del Maggio nelle campagne della Montagnola Senese e che ha questo “soporifero” canto nel proprio repertorio.
Da Caterina Bueno abbiamo imparato che i canti che intendiamo riproporre vanno contestualizzati, ne vanno citati gli autori (se rintracciabili), gli informatori (nel caso di canti dalla tradizione orale) e dei ricercatori (quando si esegue un canto frutto della ricerca di altri).
Il testo, come sottolinea Riccardo “… a loro dire scovato fra Sovicille e la Comune di Bagnaia di Ancaiano, nelle campagne senesi …” (guarda caso dove noi cantiamo il Maggio) non è un canto popolare tramandato per via orale ma una selezione di strofe (quelle che noi cantiamo) tratte da un Maggio antico (questo sì frutto del lungo lavoro di ricerca d’archivio dei ricercatori Andrea Fantacci e Monica Tozzi) intitolato “Il Singolare MAGGIO di Tressa presso Siena cantato da quel Comune l’anno 1735 con universal plauso, stampato in Siena 1735”.
La melodia e l’accompagnamento non le hanno certo mutuate da un canto da loro raccolto dalla flebile voce di una centenaria ma dall’ascolto di una nostra esecuzione perché anche questa è frutto del lavoro di ricostruzione di Andrea Fantacci sulle base delle poche notazioni musicali a margine del documento.
Riguardo l’origine del canto (argomento che ha giustamente incuriosito l’amico Riccardo ma, mi par d’aver capito, molto meno loro), non volendo rubare il ruolo ad Alfredo (il nostro maggiaiolo professore di storia che prima di ogni esecuzione del canto ne spiega la genesi), mi limito a dire che “Gli strepiti - ahi che rimbombano - d’armi che inondano - il tosco suol; e sentesi - che errando và - Marte terribile - or qua, e or là.” si riferiscono allo scorrazzare sul tosco (non fosco) suol delle truppe armate durante la guerra di successione polacca.

Io qui mi cheto ché la Caterina
lo disse già, io di’ di più nun dèo.
Leggete l’intervista ch’alla Lina
Colletti dette pe’ L’Europeo (*)
o i’ pensier che Santoli declina
su i’ disco La veglia (**). Nun vi lèo
i gusto d’appura’ che ’un vi racconti
novelle, allegandovi le fonti.


Giovanni Bartolomei

(*) dall’intervista “Io accuso i ladri di canzoni” rilasciata a Lina Colletti pubblicata su L’Europeo (1971)

io accuso


(**) dalla copertina del disco La veglia (1968)

La veglia

Giovanni Bartolomei - 23/3/2023 - 21:20


Con un certo ritardo cerco di dare il mio contributo “ragionato e pensato” come si addice a questo sito così ricco e prezioso. Talvolta però i contributi, liberi sì ma non sempre ragionati e documentati, rischiano di abbassare il livello documentario, storico e propositivo che lo caratterizza. Mi presento, sono Andrea Fantacci quello che, grazie alla segnalazione di una carissima amica, ha scoperto questo dibattito su un canto, frutto della mia ricerca di tantissime ore fra le carte preziose della biblioteca pubblica di Siena, come ha scritto poco sopra il nostro carissimo Giovanni Bartolomei “da Prato”, amico e sodale maggiaiolo fra i poderi della Montagnola senese. Il Singolare Maggio di Tressa, è frutto di questo lungo lavoro e noi quando lo riproponiamo lo contestualizziamo come “Maggio atipico”, raccolto dal sottoscritto nell’archivio della Biblioteca degli Intronati a Siena, scritto per qualche occasione speciale, con un testo che fa capire da subito che non si tratta di un Maggio lirico cantato dal popolo. Quando ho sentito in un disco la traccia registrata di questo canto, nelle sole 8 strofe che noi abbiamo scelto tra le 18 di cui si compone il testo originale, sono andato a vedere le note e non ho visto nessuna citazione che riconducesse al mio lavoro. Sono rimasto molto sorpreso ma quando poi ho visto quante assurdità hanno generato queste “leggerezze” delle esecutrici ed appropriatrici di documenti sonori di cui non conoscono nulla, ho capito ancor più che la superficialità e la tendenza a snaturare a prescindere qualsiasi cosa gli capiti sottomano, purtroppo portano, come diceva Caterina, a “falsarli, svuotarli e quindi distruggerli”. Vorrei sottolineare solo alcune cose sorprendenti: il primo a segnalare che il testo non poteva essere quello di un testo popolare è stato un antichista, affatto inutile in questo contesto. L’amico Riccardo cerca di rimettere ordine in un disordine culturale davvero sorprendente.
L’altro elemento di stupore me lo ha sollecitato il collegamento al Rinascimento; se è vero che i poeti improvvisatori talvolta si ricollegano alle forme metriche del ‘400, i testi dei Maggi lirici fanno riferimento al parlato dell’epoca, non certo a 300 anni prima. Sia la musica che il testo sono chiaramente barocchi e pensavo che anche questo poteva essere un ulteriore elemento di riferimento. Ultima osservazione, ma non per importanza, quando si parte da una riproposta di cui non si conosce o di cui non c’interessa nulla sapere di più, si propone una “pietanza” i cui ingredienti, la sua origine è meglio che rimangano misteriosi … ma solo per comodità.
Sono trent’anni proprio quest’anno che noi riproponiamo il Maggio lirico nelle nostre zone, una tradizione che io e Monica la mia compagna, abbiamo studiato a fondo all’Università, cantato negli anni’80 a Grosseto e che abbiamo deciso di riproporre dal 1994, con grande attenzione e rispetto nella Montagnola senese dove viviamo. La musica popolare non è materiale di seconda mano, con la quale si può fare quello che si vuole, senza alcuna attenzione, piegando il documento agli usi e agli stili più svariati. Per chi è interessato, facciamo presente che nel nostro libro sui trent’anni di Maggio “InCanti di Maggio. Trent’anni di storie sulla Montagnola Senese”, Effigi ed., Arcidosso, GR, 2023, abbiamo dedicato poche righe anche a queste problematiche … di dolente attualità.

Andrea e Monica Fantacci - 10/4/2023 - 19:32


Buongiorno a tutti, scrivo a nome delle Dé Soda Sisters, perché siamo venute a conoscenza, grazie alla segnalazione di Lorenzo Masetti, di questa discussione scatenata dal fatto che questo brano sia stato inserito in questo sito, cosa che non abbiamo richiesto in prima persona, ma di cui ringraziamo i curatori del sito.
Abbiamo aspettato un po’ perché non sapevamo se fosse stato meglio rispondere oppure no, ma poi ci siamo dette che anche noi volevamo dire la nostra, visto che venivamo incolpate di leggerezza e di altro.
Siamo rimaste colpite da ciò che una semplice esecuzione e inserimento in un disco di un brano come lo abbiamo appreso, abbia scatenato questo malcontento. Ci teniamo però a precisare alcune cose.
Nonostante possa essere stato pensato da qualcuno, non sappiamo in base a quali elementi, noi non siamo etnomusicologhe, musicologhe, esperte e studiose di musica antica. Lasciamo fare questo lavoro a chi ha le esperienze, la formazione, la professionalità per farlo. Due di noi, io che sono Lisa e Veronica, abbiamo oltre la musica, anche altri lavori che riguardano altre sfere dell’esistenza.
Benedetta lavora nell’ambito dell’insegnamento musicale oltre a suonare, ma nessuna di noi ha la velleità di ergersi a conoscitrice ad alti livelli e studiosa della musica popolare.
Detto questo alcune di noi hanno frequentato negli anni dei maggi e questo canto fu ascoltato ad un maggio nella Comune di Bagnaia vicino Ancaiano. Le cose che sono state riportate ai concerti sul canto sono esattamente quelle che sono state dette in quella occasione dai maggiaioli anziani che insegnarono a una di noi il canto in questione. L’innamoramento è stato a prima vista e abbiamo deciso di riproporre il brano esattamente così come ci era stato insegnato: nella melodia e nelle parole.
A dire il vero, abbiamo fatto delle ricerche, ma non abbiamo trovato altre notizie sul canto e quindi abbiamo pensato che le cose riportate fossero vere.
Mai avremmo pensato di offendere il lavoro di qualcuno esperto in materia.

Ciò che di più ci dispiace è leggere tali opinioni sul nostro conto:

“Sono rimasto molto sorpreso ma quando poi ho visto quante assurdità hanno generato queste “leggerezze” delle esecutrici ed appropriatrici di documenti sonori di cui non conoscono nulla, ho capito ancor più che la superficialità e la tendenza a snaturare a prescindere qualsiasi cosa gli capiti sottomano, purtroppo portano, come diceva Caterina, a “falsarli, svuotarli e quindi distruggerli”.

La musica popolare non è materiale di seconda mano, con la quale si può fare quello che si vuole, senza alcuna attenzione, piegando il documento agli usi e agli stili più svariati.”

Perché a parte tutto, ci sembrano giudizi anche troppi duri nei nostri confronti.

Ci dispiace molto di aver offeso la memoria e il lavoro di esperti e studiosi su tale canto. Ci avrebbe fatto piacere magari ricevere una comunicazione diretta su questo, perché siamo sempre state aperte alle critiche e alle precisazioni e abbiamo una mail che ci permette di ricevere messaggi e di rispondere a tutti.

Ripeto ancora che non siamo ricercatrici di musica popolare, ci siamo sempre limitate a riproporre canti che qualcuno ci insegnava, il tutto nella più sincera buona fede.
Poi il nostro progetto può anche non piacere.
Per fortuna ognuno è libero di sentire quello che vuole e di recarsi ai concerti e ai maggi che preferisce.
Un ultima precisazione.
I nostri modi sono anche ironici perché in Toscana si usa anche lo sfottò che alleggerisce le tematiche più pesanti. Il “soporifero” era infatti un modo scherzoso di presentare un canto che si differenzia da quelli precedenti in scaletta, dove presente il tamburo e suoni più concitati.

Detto questo invitiamo Andrea e Monica Fantacci e chiunque altro abbia qualcosa da dirci sul nostro repertorio e le nostre scelte o i nostri errori, di scriverci alla nostra mail: desodasisters@gmail.com, saremo liete di ricevere i vostri consigli.

Grazie a tutti per la lettura!
Lisa per le Dé Soda Sisters

Dé Soda Sisters - 24/4/2023 - 17:34




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