Perdona quest’alba che nasce
sempre soave
anche se madre di un giorno sbagliato
un giorno fatto di male
Sogno d’amore di un fiore nemmeno sbocciato
da solo perduto lasciato
dimenticato
nell’ombra del piede impietoso che l’ha calpestato
Maria come ali nel cielo
a volare per poco
perdona quei giorni di gelo di buio e paura
eterni a lasciare nel cuore l’odore di mura
Fermata nel volo da occhi che in fetida pozza
celavano mani dannate di lorda carezza
che il sole hanno tolto dal viso
e nascosto in un sacco
guidate dal verme che striscia
e che tace vigliacco
E perdona il tramonto che tinge incurante i suoi quadri
sulla tela di un mondo fuggito quando tremavi
perdona la notte Maria che per fare le stelle
prende tra tutte le stelle quelle più belle
Perdona quel mondo che ha offeso
il tuo piccolo cuore
ti chiedo perdono Maria per un luogo infangato
ti piango sorriso innocente
che mai ho incontrato
piango una figlia di tutti lasciata al dolore
Perdona, io uomo tra tanti
non so perdonare.
sempre soave
anche se madre di un giorno sbagliato
un giorno fatto di male
Sogno d’amore di un fiore nemmeno sbocciato
da solo perduto lasciato
dimenticato
nell’ombra del piede impietoso che l’ha calpestato
Maria come ali nel cielo
a volare per poco
perdona quei giorni di gelo di buio e paura
eterni a lasciare nel cuore l’odore di mura
Fermata nel volo da occhi che in fetida pozza
celavano mani dannate di lorda carezza
che il sole hanno tolto dal viso
e nascosto in un sacco
guidate dal verme che striscia
e che tace vigliacco
E perdona il tramonto che tinge incurante i suoi quadri
sulla tela di un mondo fuggito quando tremavi
perdona la notte Maria che per fare le stelle
prende tra tutte le stelle quelle più belle
Perdona quel mondo che ha offeso
il tuo piccolo cuore
ti chiedo perdono Maria per un luogo infangato
ti piango sorriso innocente
che mai ho incontrato
piango una figlia di tutti lasciata al dolore
Perdona, io uomo tra tanti
non so perdonare.
inviata da Bernart Bartleby - 25/2/2018 - 17:02
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Versi di Alfiere di Sabbia, pseudonimo di ???
Musica e voce e chitarra di Diego Turatto, cantautore di Este, Padova
Testo trovato su Rosso Venexiano
Si trattava di Maria Teresa Novara, di tredici anni, residente a Bricco Barrano, frazione di Cantarana, ma che nel periodo scolastico per comodità si trasferiva presso gli zii dato che nel suo paesino non c'erano le scuole medie.
Mentre gli inquirenti svolgevano indagini in modo inconcludente [...], i balordi nel frattempo avevano portato la ragazzina nell'abitazione di uno di loro, una cascina denominata Barbisa, a Canale d'Alba, in provincia di Cuneo, distante una dozzina di chilometri dal luogo del rapimento. Resisi conto che la famiglia non poteva pagare il riscatto sperato, decisero di monetizzare comunque la ragazzina. A Canale e dintorni erano tantissimi i più o meno facoltosi che non si facevano scrupoli ad avere rapporti sessuali con una tredicenne, senza curarsi dell'età e senza curarsi del fatto che fosse prigioniera. Anche perché Calleri, con la sua astuzia montanara l'aveva costretta a scrivere ai genitori una lettera in cui diceva: non preoccupatevi, tornerò ricca: quei farisei decisero pertanto che era una prostituta, un essere umano di serie C, indegno di suscitare compassione.
Trascorsero otto mesi: i balordi, dopo aver tentato un furto a Torino, per sfuggire alle forze dell'ordine si gettarono nel Po. Travolto dalla corrente Calleri annegò. Mentre il suo complice, Luciano Rosso riusciva ad attraversare il fiume prima di venire catturato, ma si guardò bene dal rivelare la presenza della prigioniera (sei anni dopo, nonostante le prove schiaccianti a suo carico, beneficiò dell'idiozia di una giuria che lo assolse per insufficenza di prove, ma più tardi la corte d'appello di Torino lo condannò a 14 anni)
Intanto Maria Teresa era chiusa in uno sotterraneo buio, con poca aria, poca acqua, senza cibo.
Mentre, con la solita solerzia, gli inquirenti aspettarono vari giorni prima di perquisire la casa del balordo, nessuno dei pedofili che avevano approfittato della ragazzina, nessuno degli abitanti del paese dove notoriamente tutti sanno si diede pena di avvisare le autorità che nella cascina era rinchiusa una persona. Eppure, sarebbe stato facilissimo farlo, anche in modo anonimo, con una lettera, o tramite un prete. Ma loro, con spietata crudeltà, preferirono tacere, sicuramente anche per evitare il rischio che la ragazzina sopravvivendo potesse riconoscerli e denunciare i loro abusi. Pur sapendo che Maria Teresa stava morendo prigioniera, il silenzio assassino non fu interrotto da nessun canalese.
Maria Teresa trascorse quei giorni quasi sempre dormendo, finché gli inquirenti giunsero alla cascina, riuscendo incredibilmente a non trovarla. In seguito a questo, qualcuno chiuse il tubo di aereazione del cunicolo, sicché l'asfissia completò ciò che stavano compiendo otto giorni di inedia. Quando gli inquirenti tornarono cercando eventuale refurtiva, spostando una cassetta di bottiglie vuote, scoprirono una botola, la discesero trovandosi in una specie di stanzetta, su un lettino mezzo sfondato più simile alla cuccia di un cane, il corpo ancora caldo di una fanciulla deceduta da pochissimo. Una catena di circa un metro legava una caviglia, di fianco alla branda un bottiglione d'acqua vuoto, accanto al corpo un biglietto: Sono Maria Teresa Novara, voglio essere riportata nel paese dei miei genitori.
Dato che si era prostituita, della sua atroce fine non si fece un caso. Il giornale Famiglia Cristiana trovò solo da moralizzare sul fatto che nello sgabuzzino furono trovate riviste pornografiche (fumetti di Diabolik), indicandole come causa del degrado della fanciulla (dimenticandosi che era prigioniera e schiava). L'onorevole Beppe Nicolai, non trovò di meglio che compiere un interrogazione parlamentare per chiedere che venissero presi provvedimenti per interrompere lo spontaneo pellegrinaggio alla casa in cui Maria Teresa era morta, non vergognandosi di parlare di adolescenti uccisi dal vizio.
Uno del posto alcuni anni dopo scrisse un libro, ma senza poter indicare i nomi, e sul caso scese l'oblio del tempo e della colpevole indifferenza.
I pedofili assassini la fecero franca, Nessuna giustizia potrà forse mai più raggiungerli, anche perché alcuni di loro dovevano essere potentissimi: il procuratore di Asti Mario Bozzola, fu sempre lasciato solo nelle indagini, ed in seguito subì persecuzioni che lo seguirono fin dopo il pensionamento.
Ma che sulla tomba di ciascuno di loro MALEDETTO! scriva la mano di Dio."
(da Torino nel cuore)
A Maria Teresa Novara, vittima innocente di pedofili, di "gente perbene" e di malagiustizia