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L’era mai success

El Pinza
Lingua: Italiano (Lombardo Milanese)


El Pinza

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[196?]

Singolo:L’era mai success

57

El Pinza – L’Era Mai Success / La Seduta (196? – 7″)

Di Riccardo Pelucchi
Da Orrore a 33 giri

Negli anni del boom economico (vero o fasullo) l’Italia pare essere effettivamente il paese della dolce vita: sole, belle donne e tutti a spasso a bordo di una fiammante FIAT 600 (rigorosamente bianca).
Tra le taverne milanesi però c’era chi tra un vinello e l’altro gettava una sguardo disilluso su questo miracolo italiano, andando a creare una sorta di scuola d’avanspettacolo teatrale comico: Nanni Svampa, Dario Fo, Enzo Jannacci, Cochi e Renato, Rudy Send (Alessandro Sempio) e Luciano Sada noto come El Pinza. Tra stornelli e cabaret, il dialetto come forma espressiva popolare diventa il medium perfetto per veicolare il loro spirito dissacrante, riuscendo a dire cose che in italiano sarebbero state assai poco politically correct.
El Pinza fu una figura centrale di questo proto-movimento contro-culturale essendo il proprietario di diverse osterie-cabaret milanesi (l’Osteria Briosca sui Navigli, il 13 e la Brioschina) nonché autore di numerosi sketch tra la commedia e il cantautorato folk dialettale.
Questo “L’Era Mai Success” oltre a parodiare la canzone “Montecarlo” di Johnny Dorelli del 1961, con la quale si dipingeva il Principato come un luogo ameno tra sole, mare e vita notturna, invitando la propria amata a trasferirsi in quel paradiso (dimenticandosi – guarda caso – di citare gli indubbi vantaggi fiscali), è soprattutto un attacco al perbenismo della “gente che conta”, il racconto di un uomo semplice come noi, ritratto di una Milano che non esiste più ma che vive nel cuore dei milanesi.
Il protagonista ci racconta che, arrivato a Montecarlo, nel fior fiore della crème della crème europea non trattiene l’intestino e non trovando un bagno se la fa addosso (si sa che i ricchi non fanno la cacca), ma la satira non viene solo dal tema scatologico, dal linguaggio scurrile o dalla buffa descrizione delle prodezze dell’io narrante. L’attacco è diretto alla gente “bene”, agli arricchiti, alla loro esistenza di apparenza, alle loro ipocrisie (“Oh mon dieu, che tanf si sent / ma se l’è el rigiur de la mer, la dis la gente” – l’odore non può venire da Montecarlo, deve essere stato portato dal mare) e con i loro valori sovvertiti (“ho nanca truà on cess / … / gh’era nanca un urinari” – arrivi a Montecarlo e non trovi neppure un cesso?): non a caso a Milano quelli così vengono definiti “merdun”.
Un impeto di rivincita in cui il cantante milanese DOC sbugiarda la spocchia e la boria di “quei che cunta”, spesso abitanti dello staterello sulla Costa Azzurra solo per evadere il fisco locale, facendosi giudice popolare di una realtà che, a dispetto del passare degli anni, rimane sempre più attuale (e Gianfranco Fini ne sa qualcosa)
Il lato B è solo un compitino per riempire la seconda facciata del disco, una storiella da fine serata in osteria quando oramai tutti sbronzi si cantava di figa o di merda; facile immaginare il tema de “La Seduta” nella quale vengono narrate didascalicamente le gesta di una signorina che si siede sulla tazza del bagno a defecare, giusto per infrangere il mito che le donne (apparentemente come i ricchi) non fanno la cacca.
L’era mai success
Hoo nanca trovaa on cess
Me son cagaa adòss
a Montecarlo
 
Merda a non finir
Spuzza da impazzir
Se voltaven tucc
A Montecarlo
 
Gh’era il vent a l’incontrari
Gh’era nanca on orinari
 
Merda in di mudand
Merda in mezz a i gamb
Hoo impienii de merda
Montecarlo
 
Sur la Promenade
A gh’eran di grand cagad
Scarligaven tucc
A Montecarlo
 
Pure in ‘riva al mar
L’era on patenoir
Patenoir de merd – naturalmon –
A Montecarlo
 
Oh mon dieu che tanf si sente
Me s’eri ciocch de la merd – la dis – la gente
 
Merda in di calzett
Merda in del culett
L’era pien de merda
Montecarlo
 
El Ranieri con la Grace
Non si danno ormai più pace
 
Dicon le rivist
Adesso che hanno vist
“Ma che paes de merda
Montecarlo”
 
Ma mi ghe vegni pù
a Montecarlo
Ma mi ghe vegni pù
a Montecarlo

inviata da adriana - 3/9/2017 - 15:50




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