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חַד גַּדְיָא

anonimo
Lingua: Aramaico


Lista delle versioni e commenti


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(anonimo)


Khad gadyà
Di origine probabilmente medievale
Prima attestazione: Praga, 1590
Su melodie popolari di origine franco-tedesca

chadgadyah


Veramente, un Khad gadyà ce lo avevamo già in questo sito: la versione modificata, o riscrittura, o “détournement” che dir si voglia di Chava Alberstein, del 1989, canzone pluribandita e multicensurata in tutto lo Stato d'Israele. Nella pagina dedicata a questa canzone, naturalmente, si fa compiuta menzione del “Khad gadyà” originale, canto che fa parte nientemeno che della liturgia del Seder, la festa rituale che segna l'inizio del Pesach, la Pasqua ebraica. In particolare, il Khad gadyà è cantato proprio al termine del Seder, e non è improbabile che gli strali piovuti sulla versione di Chava Alberstein siano dovuti anche alla parodia fatta di un canto liturgico.

Avevo quindi pensato di inserire il Khad gadyà originale a corredo di quella pagina; ma non è e non può essere la stessa cosa. Così come viene generalmente inteso, il canto del Capretto (uno degli esempi più tipici di canto a ripetizione progressiva) possiede una simbologia che lo autorizza pienamente ad avere una “sua” pagina nel sito (simbologia cui, del resto, era stato accennato anche nella pagina sulla riscrittura della Alberstein). In base a tale simbologia, tutte le figure del canto ripercorrerebbero la storia delle dominazioni e delle schiavitù patite dalla Terra d'Israele: il Capretto sarebbe il popolo ebraico, il Gatto l'Assiria, il Cane Babilonia, il bastone la Persia, il fuoco la Macedonia, l'acqua l'Impero Romano, il bove i Saraceni, il macellatore i Crociati, e l'Angelo della Morte i Turchi. Alla fine, Dio ritorna per rimandare gli ebrei in Israele. Anche i due soldi che sono il prezzo del capretto, i due zuzim, nasconderebbero le due tavole di pietra date da Dio a Mosè sul monte Sinai, oppure sarebbero un riferimento a Mosè e Aronne.

Si tratta di un'interpretazione antica: fu formulata da Philip Nicodemus Albrecht nel 1731, in un pamphlet pubblicato a Lipsia, e divenne immediatamente assai popolare tanto da essere identificata con il canto. Peraltro, l'interpretazione delle varie figure è variabile rispetto a quella data sommariamente in questa introduzione. Non è un caso se ci troviamo in area tedesca: in realtà, il testo del Khad Gadyà comparve per la prima volta in una Haggadà stampata a Praga nel 1590, accompagnata da una traduzione in tedesco, mentre la melodia originale sembra derivare da motivi popolari medievali di area franco-tedesca (in particolare, essa mostra decise assonanze con quella della filastrocca (pure a ripetizione progressiva, attestata per la prima volta a stampa nel 1609) Der Bauer schickt den Jokel aus, che veniva cantata tradizionalmente in occasione della festa di S.Lamberto, il 17 settembre, a sua volta derivata dalla filastrocca francese La vieille paysanne et son cochon. L'inclusione nella liturgia del Seder avvenne poco dopo, agli inizi del XVII secolo: si tratta dell'inclusione più recente nel complesso liturgico del Pesach.

Non mancano, naturalmente, interpretazioni allegoriche di diversa natura, anche se alcuni punti hanno valore generale. Ad esempio, i due soldi (zuzim) menzionati in ogni strofa corrisponderebbero alla tassa di mezzo sciclo imposta (secondo Esodo 30:13) su ogni ebreo di sesso maschile; i due soldi sarebbero quindi il prezzo di ogni Ebreo. Il rabbino Kenneth Brander, coautore di un articolo pubblicato sul Journal of Jewish Music and Liturgy nel 1994, riassume le interpretazioni di tre famosi rabbini riguardo al canto:

- Secondo Jacob Emden (1975), il canto sarebbe un'enumerazione dei tranelli e dei pericoli che l'anima deve affrontare durante la vita;

- Secondo Jonathan Eybeschuetz (1690-1764) il canto sarebbe una storia abbreviata di Israele a partire dall' “Accordo dei Due Pezzi” di cui al libro del Genesi : 15 (i due zuzim) attraverso la schiavitù d'Egitto (il gatto) ed il bastone di Mosè, fino al conquistatore romano Tito (l'Angelo della Morte);

- Secondo Moser Sofer, o Hatim Sofer (1762-1839), il canto descriverebbe il rituale del Pesach nel Tempio di Gerusalemme, vale a dire il capretto acquistato per il sacrificio pasquale, il gatto che -secondo il Talmud- apparirebbe in sogno come presagio del canto del Seder, il cane che abbaia dopo la mezzanotte che segna il limite temporale del Seder stesso, l'acqua usata dal sacerdote per pulire l'altare e per lavarsi le mani la mattina di Pesach, i bovi sacrificali portati da molti al Tempio, e l'Angelo della Morte che, ancora una volta, sarebbe l'Impero Romano che distrusse il Secondo Tempio.


Come si può vedere, la “filastrocca” del Khad Gadyà nasconde una storia assai complessa, come complessa è la questione del suo linguaggio. Il Khad Gadyà è in aramaico, ma non si tratta né dell'aramaico antico parlato in Palestina ai tempi di Gesù (di cui doveva essere la lingua materna, chiunque egli sia o non sia stato), né dell'aramaico biblico in cui sono redatte cospicue parti del testo sacro. Il canto, che appare assai seriore (con tutta probabilità di origine medievale), è in realtà in una sorta di aramaico spurio, quasi un miscuglio di aramaico e ebraico. Chiunque abbia composto il testo aveva una conoscenza limitata dell'aramaico: ad esempio, il testo comincia con [khad gadyà], che è aramaico (in ebraico sarebbe [gədi ʾeḥad]), così come aramaico è il gatto [shunra] (ebraico: [hatul]) e il cane [kalba] (ebraico: [kelev]); ma, verso la fine, il macellatore rituale è l'ebraico [shohet] (aramaico: [nakhosa]) e l'Angelo della Morte è l'ebraico [malakh hamavet] (aramaico: [malach mosa]). Infine, l'”Uno e Santo, che sia benedetto” è la formula ebraica [haqadosh barukh hu] (aramaico: [qudsha bərikh hu]). In alcuni punti l'aramaico è sgrammaticato: ad esempio, “il gatto venne [forma verbale maschile] e si mangiò [forma verbale femminile] il capretto". E' possibile che la primitiva redazione del testo fosse stata concepita in aramaico per nasconderne il significato ai non ebrei, alcuni dei quali conoscevano a sufficienza l'ebraico.

Alla melodia originale del Khad Gadyà è stato già accennato, e per i motivi di cui si parlerà in seguito non ci suona troppo “familiare”:



Quella che ci suona “familiare”, è, naturalmente la melodia della “Fiera dell'Est” di Angelo Branduardi, che sarebbe in pratica una traduzione quasi esatta del Khad Gadyà (ma col “topolino” al posto del capretto) ma (almeno apparentemente) spogliata di ogni componente specificamente ebraica e simbolica (rituale o storica). La melodia rielaborata da Branduardi proviene da alcune varianti del canto, ma è di composizione autonoma; ha avuto una sorte piuttosto curiosa. In pratica, ed in estrema sintesi, è divenuta talmente famosa che non pochi la utilizzano in questi ultimi anni per cantare il Khad Gadyà originale (ed anche alcune sue parodie, come quella “destrorsa” del gruppo satirico israeliano Latma). Ed è così andata a finire che Angelo Branduardi è entrato nella liturgia del Seder di Pesach, cosa che forse non si sarebbe aspettata nemmeno lui.

Da notare comunque che il Khad Gadyà ha avuto versioni tradizionali antiche, tra le quali una in giudeo-italiano, o italkiano, e una in giudeo-arabo. Quella più famosa è pero Un kavritiko, in giudeo-spagnolo, o ladino, che viene presentata in questa pagina e che possiede pure una melodia del tutto autonoma.

Il testo che qui presentiamo, con completa puntatura tiberiense, proviene da en.wikipedia : Chad Gadya; dalla medesima fonte è ripresa la trascrizione condotta con criteri scientifici (un esempio mirabile di trascrizione corretta). Il testo è però cantato spesso con pronuncia più specificamente ebraica moderna. [RV]
חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא
דְּזַבִּין אַבָּא
בִּתְרֵי זוּזֵי

חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא
וְאָתָא שׁוּנְרָא,
וְאָכְלָה לְגַדְיָא
דְּזַבִּין אַבָּא
בִּתְרֵי זוּזֵי

חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא
וְאָתָא כַלְבָּא ,
וְנָשַׁךְ לְשׁוּנְרָא,
דְּאָכְלָה לְגַדְיָא
דְּזַבִּין אַבָּא
בִּתְרֵי זוּזֵי

חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא
וְאָתָא חוּטְרָא,
וְהִכָּה לְכַלְבָּא
דְּנָשַׁךְ לְשׁוּנְרָא,
דְּאָכְלָה לְגַדְיָא
דְּזַבִּין אַבָּא
בִּתְרֵי זוּזֵי

חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא
וְאָתָא נוּרָא,
וְשָׂרַף לְחוּטְרָא
דְּהִכָּה לְכַלְבָּא ,
דְּנָשַׁךְ לְשׁוּנְרָא,
דְּאָכְלָה לְגַדְיָא
דְּזַבִּין אַבָּא
בִּתְרֵי זוּזֵי

חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא
וְאָתָא מַיָּא,
וְכָבָה לְנוּרָא
דְּשָׂרַף לְחוּטְרָא ,
דְּהִכָּה לְכַלְבָּא
דְּנָשַׁךְ לְשׁוּנְרָא,
דְּאָכְלָה לְגַדְיָא
דְּזַבִּין אַבָּא
בִּתְרֵי זוּזֵי

חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא
וְאָתָא תוֹרָא,
וְשָׁתָה לְמַיָּא
דְּכָבָה לְנוּרָא ,
דְּשָׂרַף לְחוּטְרָא
דהִכָּה לְכַלְבָּא,
דְּנָשַׁךְ לְשׁוּנְר,
דְּאָכְלָה לְגַדְיָא
דְּזַבִּין אַבָּא
בִּתְרֵי זוּזֵי

חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא
וְאָתָא הַשּׁוֹחֵט,
וְשָׁחַט לְתוֹרָא
דְּשָׁתָה לְמַיָּא ,
דְּכָבָה לְנוּרָא
דְּשָׂרַף לְחוּטְרָא,
דְּהִכָּה לְכַלְבָּא
דְּנָשַׁךְ לְשׁוּנְרָא,
דְּאָכְלָה לְגַדְיָא
דְּזַבִּין אַבָּא
בִּתְרֵי זוּזֵי

חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא
וְאָתָא מַלְאַךְ הַמָּוֶת,
וְשָׁחַט לְשׁוֹחֵט
דְּשָׁחַט לְתוֹרָא,
דְּשָׁתָה לְמַיָּא
דְּכָבָה לְנוּרָא,
דְּשָׂרַף לְחוּטְרָא
דְּהִכָּה לְכַלְבָּא,
דְּנָשַׁךְ לְשׁוּנְרָא,
דְּאָכְלָה לְגַדְיָא
דְּזַבִּין אַבָּא
בִּתְרֵי זוּזֵי

חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא
וְאָתָא הַקָּדוֹשׁ
בָּרוּךְ הוּא
וְשָׁחַט לְמַלְאַךְ הַמָּוֶת ,
דְּשָׁחַט לְשׁוֹחֵט
דְּשָׁחַט לְתוֹרָא,
דְּשָׁתָה לְמַיָּא
דְּכָבָה לְנוּרָא,
דְּשָׂרַף לְחוּטְרָא
דְּהִכָּה לְכַלְבָּא ,
דְּנָשַׁךְ לְשׁוּנְרָא,
דְּאָכְלָה לְגַדְיָא
דְּזַבִּין אַבָּא
בִּתְרֵי זוּזֵי

חַד גַּדְיָא, חַד גַּדְיָא.

inviata da Riccardo Venturi - 13/4/2017 - 02:31




Lingua: Aramaico

Trascrizione secondo criteri scientifici
Da en.wikipedia : Chad Gadya
ĦAḎ GAḎYĀ

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā,
dəzabbīn abbā
biṯrē zūzē.

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā,
wəʔāṯā šūnrā
wəʔāḵlā ləgaḏyā
dəzabbīn abbā
biṯrē zūzē.

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā,
wəʔāṯā ḵalbā
wənāšaḵ ləšūnrā,
dəʔāḵlā ləgaḏyā
dəzabbīn abbā
biṯrē zūzē.

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā,
wəʔāṯā ħūṭrā,
wəhikkā ləḵalbā
dənāšaḵ ləšūnrā,
dəʔāḵlā ləgāḏyā
dəzabbīn abbā
biṯrē zūzē.

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā,
wəʔāṯā nūrā,
wəśārap̄ ləħūṭrā
dəhikkā ləḵalbā,
dənāšaḵ ləšūnrā,
dəʔāḵlā ləgāḏyā
dəzabbīn abbā
biṯrē zūzē.

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā,
wəʔāṯā mayyā,
wəḵāḇā lənūrā
dəšārap̄ ləħūṭrā,
dəħikkā ləḵalbā
dənāšaḵ ləšūnrā,
dəʔāḵlā ləgāḏyā
dəzabbīn abbā
biṯrē zūzē.

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā,
wəʔāṯā tōrā,
wəšāṯā ləmayyā
dəḵāḇā lənūrā,
dəšārap̄ ləħūṭrā
dəhikkā ləḵalbā,
dənāšaḵ ləšūnrā,
dəʔāḵlā ləgāḏyā
dəzabbīn abbā
biṯrē zūzē.

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā,
wəʔāṯā hašōħēṭ,
wəšāħaṯ ləṯōrā
dəšāṯā ləmayyā,
dəḵāḇā lənūrā
dəšārap̄ ləħūṭrā,
dəhikkā ləḵalbā
dənāšaḵ ləšūnrā,
dəʔāḵlā ləgāḏyā
dəzabbīn abbā
biṯrē zūzē.

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā,
wəʔāṯā malʔaḵ hammāweṯ,
wəšāħaṭ ləšōħēṭ
dəšāħaṭ ləṯōrā,
dəšāṯā ləmayyā
dəḵāḇā lənūrā,
dəšārap̄ ləħūṭrā
dəhikkā ləḵalbā,
dənāšaḵ ləšūnrā,
dəʔāḵlā ləgāḏyā
dəzabbīn abbā
biṯrē zūzē.

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā,
wəʔāṯā haqqadōš,
bārūḵ hū,
wəšāħaṭ ləmalʔaḵ hammāweṯ,
dəšāħaṭ ləšōħēṭ
dəšāħaṭ ləṯōrā,
dəšāṯā ləmayyā
dəḵāḇā lənūrā,
dəšārap̄ ləħūṭrā
dəhikkā ləḵalbā,
dənāšaḵ ləšūnrā,
dəʔāḵlā ləgāḏyā
dəzabbīn abbā
biṯrē zūzē.

ħaḏ gaḏyā, ħaḏ gaḏyā.

inviata da Riccardo Venturi - 13/4/2017 - 02:38




Lingua: Italiano

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
13-4-2017 02:41

Due parole del traduttore. Nonostante l'aramaico sia il paradigma della “lingua astrusa” (probabilmente c'entra anche lo stesso suono del nome della lingua) e che mi sia spesso divertito a “trascrivere in aramaico” il nome di chi me lo chiedeva, debbo informare che detta lingua è assai simile all'ebraico, che chi conosce l'ebraico può impararla assai facilmente, che ha una grammatica ancor più semplice di quella ebraica (che è già semplicissima) e che, soprattutto, si scrive con un normalissimo alfabeto ebraico. La presente traduzione è assolutamente letterale, ma contiene alcune note.
UN CAPRETTO

Un capretto, un capretto
che per due soldi [1]
mio padre comprò.

Un capretto, un capretto,
e venne il gatto
e si mangiò il capretto
che per due soldi
mio padre comprò.

Un capretto, un capretto,
e venne il cane
che morse il gatto
che si mangiò il capretto
che per due soldi
mio padre comprò.

Un capretto, un capretto,
e venne il bastone
che batté il cane
che morse il gatto
che si mangiò il capretto
che per due soldi
mio padre comprò.

Un capretto, un capretto,
e venne il fuoco
che bruciò il bastone
che batté il cane
che morse il gatto
che si mangiò il capretto
che per due soldi
mio padre comprò.

Un capretto, un capretto,
e venne l'acqua
che spense il fuoco
che bruciò il bastone
che batté il cane
che morse il gatto
che si mangiò il capretto
che per due soldi
mio padre comprò.

Un capretto, un capretto,
e venne il bove
che bevve l'acqua
che spense il fuoco
che bruciò il bastone
che batté il cane
che morse il gatto
che si mangiò il capretto
che per due soldi
mio padre comprò.

Un capretto, un capretto,
e venne il macellatore [2]
che macellò il bove
che bevve l'acqua
che spense il fuoco
che bruciò il bastone
che batté il cane
che morse il gatto
che si mangiò il capretto
che per due soldi
mio padre comprò.

Un capretto, un capretto,
e venne l'Angelo della Morte [3]
che macellò il macellatore
che macellò il bove
che bevve l'acqua
che spense il fuoco
che bruciò il bastone
che batté il cane
che morse il gatto
che si mangiò il capretto
che per due soldi
mio padre comprò.

Un capretto, un capretto,
e venne l'Uno e Santo, [4]
che sia benedetto,
che distrusse l'Angelo della Morte
che macellò il macellatore
che macellò il bove
che bevve l'acqua
che spense il fuoco
che bruciò il bastone
che batté il cane
che morse il gatto
che si mangiò il capretto
che per due soldi
mio padre comprò.

Un capretto, un capretto.
[1] In quest'unico caso l'ordine dei versi è invertito rispetto all'originale e segue un po' la Fiera dell'Est. I “due soldi” sono nell'originale due zuzim, plurale di zuz. Lo zuz era una moneta ebraica d'argento coniata durante la rivolta di Bar Kokhba del 132 d.C., ma in generale venivano chiamate zuzim anche monete spicciole di provenienza non ebraica. Il nome è di probabile derivazione accadica e dal significato originario di “metà, divisione, unità di peso” (dal verbo zâzu “dividere”).

[2] Lo shohet è il macellatore rituale che macella gli animali secondo la corretta procedura kosher, e che è munito di adeguata istruzione e licenza rabbinica. E' necessario notare che, nel canto, viene utilizzata la forma verbale al passato [šāħaṯ ] della stessa radice di [šōħēṭ ] (che propriamente è il participio presente). Più in là, nella penultima strofa, anche l'Angelo della Morte “macella” il macellatore, con il medesimo verbo; nella traduzione si è mentenuta questa caratteristica. In pratica, pure l'Angelo della Morte macella il macellatore in modo kosher...

[3] Nella cultura ebraica, la Morte [mavet] è spesso raffigurata nelle sembianze di un angelo, che naturalmente si confonde con il Diavolo. L'Angelo della Morte, secondo la Midrash, fu creato da Dio il primo giorno della Creazione; ha dodici ali ed innumerevoli occhi. Il rabbino ungherese Lazar Grünhut ebbe ad affermare che “L'uomo, nel giorno della sua morte, cade ai piedi dell'Angelo della Morte come un animale ai piedi del macellatore”: una reminiscenza del Khad Gadyà?

[4] E' una formulazione tradizionale ebraica.

13/4/2017 - 02:41





Un kavritiko, la versione tradizionale in lingua giudeo-spagnola, o ladino.


Interpretata da Joëlle Partner


altra interpretazione
UN KAVRITIKO

Un kavritiko
ke lo merkó mi padre
por dos levanim,
por dos levanim

I vino el gato
i se komyó al kavritiko
ke lo merkó mi padre
por dos levanim,
por dos levanim.

I vino el perro
i modryó al gato
ke se komyó al kavritiko
ke lo merkó mi padre
por dos levanim,
por dos levanim.

I vino el palo
i aharvó al perro
ke modryó al gato
ke se komyó al kavritiko
ke lo merkó mi padre
por dos levanim,
por dos levanim.

I vino el fuego
i kemó el palo
ke aharvó al perro
ke modryó al gato
ke se komyó al kavritiko
ke lo merkó mi padre
por dos levanim,
por dos levanim.

I vino la agua
i amató el fuego
ke kemó el palo
ke aharvó al perro
ke modryó al gato
ke se komyó al kavritiko
ke lo merkó mi padre
por dos levanim,
por dos levanim.

I vino el buey
i bevyó la agua
ke amató el fuego
ke kemó el palo
ke aharvó al perro
ke modryó al gato
ke se komyó al kavritiko
ke lo merkó mi padre
por dos levanim,
por dos levanim.

I vino el shohet
i degoyó al buey
ke bevyó la agua
ke amató el fuego
ke kemó el palo
ke aharvó al perro
ke modryó al gato
ke se komyó al kavritiko
ke lo merkó mi padre
por dos levanim,
por dos levanim.

I vino el mal'ah hamavet
i degoyó al shohet
ke degoyó al buey
ke bevyó la agua
ke amató el fuego
ke kemó el palo
ke aharvó al perro
ke modryó al gato
ke se komyó al kavritiko
ke lo merkó mi padre
por dos levanim,
por dos levanim.

I vino el Santo,
Bindicho El,
i afastó al mal'ah hamavet
ke degoyó al shhet
ke degoyó al buey
ke bevyó el agua
ke amató el fuego
ke kemó el palo
ke aharvó al perro
ke modryó al gato
ke se komyó al kavritiko
ke lo merkó mi padre
por dos levanim,
por dos levanim.

inviata da Riccardo Venturi - 13/4/2017 - 02:50




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