Benché sia un po’ confusa la mia mente
Pur qualche cosa posso ricordare
Di quel che mi succede nel presente
e nel passato quel che venni a fare.
Me la passavo assai discretamente
Quand’ero a casa col mio lavorare
Ma il mio benstar però poco è durato
E sotto le armi anch’io venni chiamato.
Ed all’83 fui destinato
Tosto spedito fui presso i confini
E quindi in poco tempo fui arrivato
In un paese in mezzo agli Appennini.
La guerra ancor non era dichiarata
Ogni soldato sta sui propri confini
Intanto che l’Italia e l’Austria ragiona
Gran discussioni trovasi a Vienna e a Roma.
Là dentro si discute e si ragiona
L'uno vuol questo e l’altro non consente
Al fin de' conti l’ora triste suona
e della guerra ognun di noi sta dolente.
Incomincia il cannone che scuote e tuona
E che in lontananza ognun lo sente
L’eco rimbomba e fa tremar la terra
Ecco l’Europa che è tutta in guerra.
A tanti padri il petto gli si serra
madri spose e ragazze in compagnia
Pensando che i suoi cari vanno in guerra
Contro i cannoni e la fucileria.
Ogni soldato la propria arma afferra
Tanto a cavallo che di fanteria
Anche l’83 dei primi è stato
Di quelli che la frontiera hanno varcato.
Diversi paesetti fu occupato
Il primo Tezze, questo è il proprio nome
Benché di poche case sia formato
Il quale è privo pur della stazione.
Grigno rimane assai distaccato
Si unisce a questi con un bel stradone
Il tratto è lungo, il carico pesante
Che ci tirava a terra ad ogni istante.
Gocce di sudore ne gettai tante
Che a contarle non sarei capace
Quasi d’andar non ero più bastante
Bollivo come fossi una fornace.
Arrivammo a Grigno tutto ansante
Regna il silenzio, tutto intorno tace
Dalla stanchezza, la gran sete e fame
Mi gettai a terra come fossi un cane.
Per poche ore fermi si rimane
Sdraiati a terra come fosse un letto
Poi ci vien data una razion di pane
E l’ordine d’andare a Spedaletto.
A noi sembravano parole strane
E a tutti ci gonfiava il cuore in petto
L'ordine fu dato e non si può mentire
Zaino in spalla, e bisogna partire.
Quanto soffrii non ve lo posso dire
In quelle prime notti della guerra
Da questo e quello si sentiva dire
Io non ne posso più, mi getto a terra.
Molti miei amici li vidi svenire
E rimanere lì distesi a terra
la par soffrendo dai piedi alle spalle
Giunsi ad Ospedaletto, in quella valle.
Tristi nottate, incominciai a passarle
Ma pure eravam’ giunti agli avamposti
E pure il fischio acuto delle palle
Si sentiva essendo anche dai piccol posti.
La pioggia cade e ci bagna le spalle
Si dorme in campi, vigne, prati e boschi
Asciutti e molli si dorme per terra
Questo è il letto che abbiamo in guerra.
Il giorno dopo ognun di noi un arnese afferra
E tutti abbiamo l’occhio un po’ più sveglio
Si scavan fosse e buche per terra
Per difenderci oppur offender meglio
Ben poco si conosce ancor di guerra
Perché il nemico sembra un poco sveglio
Ma pur la vita è stata triste assai
Perché in tre mesi non ci si ferma mai.
Ricognizioni se ne fece assai
Esplorando quei paesi dei dintorni
I quali assai discreti li trovai
E la gente pur volea il nostro soggiorno.
Eppure a Strigno non venite mai?
A me disse una vecchietta un giorno.
Ma la sua volontà fu appagato:
Due giorni dopo ci fu l’avanzata.
Era d’agosto una bella giornata
Dopo la pioggia d’una notte intera
La quale di vedetta avevo passata
In mezzo a un campo dove alcun riparo non c’era.
Ogni ufficiale ci chiama all’adunata
Fan cercar quei che presenti non c'era.
Lo zaino in spalla, ch’era affardellato
Il cuor fa sospirare a ogni soldato.
L'ordine di partire poi ci han dato
Siamo discesi giù per una collina
Poi a disfar le tende ci han portato
E verso Strigno poi ci si incammina.
Questo la sera era già occupato
E sempre più in là il nemico si confina
Quelle pattuglie che erano appostate
Furon scacciate a suon di fucilate.
Qui s’incomincian le tristi nottate
Siam sotto al tiro dell’artiglieria
Più qua e più là scoppiavan le granate
Passan sopra la testa e vanno via.
Pur delle case n’hanno bombardate
Povera gente ha dovuto andar via
Scappavan tanto nudi che vestiti
Povera gente eran tutti impauriti.
Il 23 d’agosto siam partiti
Senza saper se si facea ritorno
Siamo arrivati a Spera assai avviliti
Carichi come muli e con affanno.
La notte eravam tutti ringrulliti
Dal freddo che credete era un malanno
E la fame ancor più c’ha tormentato
Perché da tanto tempo non avevam mangiato.
Alle due poi c’hanno svegliato
Già s’era molli di guazza e infreddoliti
S'era ridotti in un cattivo stato
Di sotto terra si pareva usciti
Una razione di lessa poi c’han dato
E di far silenzio pur c’hanno avvertito
Queste parole il fante le indovina
C’è l’avanzata prossima e vicina.
Per certe brutte strade s'incammina
Per macchie fossi e piccoli sentieri
Siamo discesi giù per una collina
E siamo giunti dove s’era ieri.
Mentre la prim’alba si avvicina
E siamo giunti dove s’era ieri
Dove un forte nemico su di un monte
A colpi ci fe’ fare il dietro fronte.
Piovean granate che parea una fonte
Però gran danno non ce lo arrecava
Per noi più gran riparo era il monte
La testa quasi a terra si ficcava
Le mani sul fucile sempre pronte
Benché il nemico assai lontano stava
Alfine un ponte s’è trovato
Così dalle granate c’ha salvato.
Quant’era meglio che non fossi nato
Piuttosto che trovarmi a queste prove
Quasi due anni è che son soldato
Otto mesi in guerra, il resto altrove.
Fra le altre cose un fante sfortunato
Perché mi son trovato sempre a tristi prove
Patir la fame sete ed ogni stento
Specie a trovarmi in combattimento.
Ora ci sono abituato e non lo sento
come nei primi tempi della guerra
Tanto restare all’acqua oppure al vento
Dormire sulla paglia oppure in terra.
Pur nella vita mia verrà il momento
Che i sacrifici sentirò della guerra
E se fortuna avrò di non morire
Pur ritornando c’avrò da soffrire.
Troppo mi ci vorrebbe per finire
Di raccontar la vita della guerra
Chi non la prova non la può capire
Fosse il più intelligente della terra
Cosa lo conterei anche il morire?
Così morendo ogni soffrir si serra
Ma il peggio è continuando questa via
Che allunga sempre la nostra agonia.
Lasciamo queste cose, andiamo via
E riparliamo un po’ dell’avanzata
Che da quel ponte siam venuti via
Abbiamo camminato una mezza giornata
Senza mettere un piede sulla via
Varcando fossi e vigne all’impazzata
Si varca un fiume, si entra in un canale
Come in Maremma alla caccia al cignale.
Appena quelle sponde noi si sale
Già l’avanguardia fa le fucilate
Il nemico scappa è naturale
Ma si rivolta con le fucilate
Sopra di noi facea un fuoco infernale
Più qua e più là scoppiavan le granate
L’una dopo l’altra ci picchiava accanto
Tra fuoco e fumo copria tutto quanto.
La testa alzavo allor di tanto in tanto
Per conoscere l'effetto del cannone
Scorsi una casa, un campanile accanto
Che era sepolto da un gran polverone.
Era scoppiata una granata accanto
Sopra a un tetto, su nel cornicione
Di un bel palazzo che nel centro stava
Fortuna che nessuno l’abitava.
Per caso della gente passeggiava
Nei pressi di quel luogo disgraziato
Dove più la mitraglia grandinava
Tanto sui tetti come nel selciato
Un povero barbiere che se ne stava
Con altra gente presso un porticato
Arriva all’improvviso una granata
Tutta la gente fu terrorizzata.
Certo la peggio sorte fu toccata
Al povero barbiere che fu colpito
Da una di quelle scheggie di granata
Che si scagliò scoppiando in quel granito.
Tutta la testa sua fu fracassata
E anche in altri posto fu ferito
Fra il dolore degli astanti, la famiglia al pianto
La sera fu portato al camposanto.
Siamo arrivati a Borgo, dopo tanto
Un bel paese, pure un po’ elegante
E’ circondato da un bel verde manto
Quasi nascosto in mezzo alle piante
C’è una catena di montagne accanto
Fabbriche d’ogni specie ce n'è tante
Ma or si trovano in tristi condizioni
Perché si trovano in mira dei cannoni.
Il nemico non ha punta compassione
Né delle donne né degli innocenti
Che spesso ne massacra col cannone
E tanti cuori li fa star dolenti.
L’artiglieria nemica è in posizione
Lancia granate giù tutti i momenti
Chi si spaventa, e chi riman ferito
E chi nel cimitero vien seppellito.
Vorrei spiegarvi tutto a dito a dito
Di ciò che in questi posti ora succede
Ma ora non posso, qui faccio finito
Lasciando in altro tempo il passo al piede
Invio a tutti un saluto infinito
E spero che tutti l’accetterete con fede
Alla famiglia, ai parenti e amici
Sperando di vederci un dì felici.
Pur qualche cosa posso ricordare
Di quel che mi succede nel presente
e nel passato quel che venni a fare.
Me la passavo assai discretamente
Quand’ero a casa col mio lavorare
Ma il mio benstar però poco è durato
E sotto le armi anch’io venni chiamato.
Ed all’83 fui destinato
Tosto spedito fui presso i confini
E quindi in poco tempo fui arrivato
In un paese in mezzo agli Appennini.
La guerra ancor non era dichiarata
Ogni soldato sta sui propri confini
Intanto che l’Italia e l’Austria ragiona
Gran discussioni trovasi a Vienna e a Roma.
Là dentro si discute e si ragiona
L'uno vuol questo e l’altro non consente
Al fin de' conti l’ora triste suona
e della guerra ognun di noi sta dolente.
Incomincia il cannone che scuote e tuona
E che in lontananza ognun lo sente
L’eco rimbomba e fa tremar la terra
Ecco l’Europa che è tutta in guerra.
A tanti padri il petto gli si serra
madri spose e ragazze in compagnia
Pensando che i suoi cari vanno in guerra
Contro i cannoni e la fucileria.
Ogni soldato la propria arma afferra
Tanto a cavallo che di fanteria
Anche l’83 dei primi è stato
Di quelli che la frontiera hanno varcato.
Diversi paesetti fu occupato
Il primo Tezze, questo è il proprio nome
Benché di poche case sia formato
Il quale è privo pur della stazione.
Grigno rimane assai distaccato
Si unisce a questi con un bel stradone
Il tratto è lungo, il carico pesante
Che ci tirava a terra ad ogni istante.
Gocce di sudore ne gettai tante
Che a contarle non sarei capace
Quasi d’andar non ero più bastante
Bollivo come fossi una fornace.
Arrivammo a Grigno tutto ansante
Regna il silenzio, tutto intorno tace
Dalla stanchezza, la gran sete e fame
Mi gettai a terra come fossi un cane.
Per poche ore fermi si rimane
Sdraiati a terra come fosse un letto
Poi ci vien data una razion di pane
E l’ordine d’andare a Spedaletto.
A noi sembravano parole strane
E a tutti ci gonfiava il cuore in petto
L'ordine fu dato e non si può mentire
Zaino in spalla, e bisogna partire.
Quanto soffrii non ve lo posso dire
In quelle prime notti della guerra
Da questo e quello si sentiva dire
Io non ne posso più, mi getto a terra.
Molti miei amici li vidi svenire
E rimanere lì distesi a terra
la par soffrendo dai piedi alle spalle
Giunsi ad Ospedaletto, in quella valle.
Tristi nottate, incominciai a passarle
Ma pure eravam’ giunti agli avamposti
E pure il fischio acuto delle palle
Si sentiva essendo anche dai piccol posti.
La pioggia cade e ci bagna le spalle
Si dorme in campi, vigne, prati e boschi
Asciutti e molli si dorme per terra
Questo è il letto che abbiamo in guerra.
Il giorno dopo ognun di noi un arnese afferra
E tutti abbiamo l’occhio un po’ più sveglio
Si scavan fosse e buche per terra
Per difenderci oppur offender meglio
Ben poco si conosce ancor di guerra
Perché il nemico sembra un poco sveglio
Ma pur la vita è stata triste assai
Perché in tre mesi non ci si ferma mai.
Ricognizioni se ne fece assai
Esplorando quei paesi dei dintorni
I quali assai discreti li trovai
E la gente pur volea il nostro soggiorno.
Eppure a Strigno non venite mai?
A me disse una vecchietta un giorno.
Ma la sua volontà fu appagato:
Due giorni dopo ci fu l’avanzata.
Era d’agosto una bella giornata
Dopo la pioggia d’una notte intera
La quale di vedetta avevo passata
In mezzo a un campo dove alcun riparo non c’era.
Ogni ufficiale ci chiama all’adunata
Fan cercar quei che presenti non c'era.
Lo zaino in spalla, ch’era affardellato
Il cuor fa sospirare a ogni soldato.
L'ordine di partire poi ci han dato
Siamo discesi giù per una collina
Poi a disfar le tende ci han portato
E verso Strigno poi ci si incammina.
Questo la sera era già occupato
E sempre più in là il nemico si confina
Quelle pattuglie che erano appostate
Furon scacciate a suon di fucilate.
Qui s’incomincian le tristi nottate
Siam sotto al tiro dell’artiglieria
Più qua e più là scoppiavan le granate
Passan sopra la testa e vanno via.
Pur delle case n’hanno bombardate
Povera gente ha dovuto andar via
Scappavan tanto nudi che vestiti
Povera gente eran tutti impauriti.
Il 23 d’agosto siam partiti
Senza saper se si facea ritorno
Siamo arrivati a Spera assai avviliti
Carichi come muli e con affanno.
La notte eravam tutti ringrulliti
Dal freddo che credete era un malanno
E la fame ancor più c’ha tormentato
Perché da tanto tempo non avevam mangiato.
Alle due poi c’hanno svegliato
Già s’era molli di guazza e infreddoliti
S'era ridotti in un cattivo stato
Di sotto terra si pareva usciti
Una razione di lessa poi c’han dato
E di far silenzio pur c’hanno avvertito
Queste parole il fante le indovina
C’è l’avanzata prossima e vicina.
Per certe brutte strade s'incammina
Per macchie fossi e piccoli sentieri
Siamo discesi giù per una collina
E siamo giunti dove s’era ieri.
Mentre la prim’alba si avvicina
E siamo giunti dove s’era ieri
Dove un forte nemico su di un monte
A colpi ci fe’ fare il dietro fronte.
Piovean granate che parea una fonte
Però gran danno non ce lo arrecava
Per noi più gran riparo era il monte
La testa quasi a terra si ficcava
Le mani sul fucile sempre pronte
Benché il nemico assai lontano stava
Alfine un ponte s’è trovato
Così dalle granate c’ha salvato.
Quant’era meglio che non fossi nato
Piuttosto che trovarmi a queste prove
Quasi due anni è che son soldato
Otto mesi in guerra, il resto altrove.
Fra le altre cose un fante sfortunato
Perché mi son trovato sempre a tristi prove
Patir la fame sete ed ogni stento
Specie a trovarmi in combattimento.
Ora ci sono abituato e non lo sento
come nei primi tempi della guerra
Tanto restare all’acqua oppure al vento
Dormire sulla paglia oppure in terra.
Pur nella vita mia verrà il momento
Che i sacrifici sentirò della guerra
E se fortuna avrò di non morire
Pur ritornando c’avrò da soffrire.
Troppo mi ci vorrebbe per finire
Di raccontar la vita della guerra
Chi non la prova non la può capire
Fosse il più intelligente della terra
Cosa lo conterei anche il morire?
Così morendo ogni soffrir si serra
Ma il peggio è continuando questa via
Che allunga sempre la nostra agonia.
Lasciamo queste cose, andiamo via
E riparliamo un po’ dell’avanzata
Che da quel ponte siam venuti via
Abbiamo camminato una mezza giornata
Senza mettere un piede sulla via
Varcando fossi e vigne all’impazzata
Si varca un fiume, si entra in un canale
Come in Maremma alla caccia al cignale.
Appena quelle sponde noi si sale
Già l’avanguardia fa le fucilate
Il nemico scappa è naturale
Ma si rivolta con le fucilate
Sopra di noi facea un fuoco infernale
Più qua e più là scoppiavan le granate
L’una dopo l’altra ci picchiava accanto
Tra fuoco e fumo copria tutto quanto.
La testa alzavo allor di tanto in tanto
Per conoscere l'effetto del cannone
Scorsi una casa, un campanile accanto
Che era sepolto da un gran polverone.
Era scoppiata una granata accanto
Sopra a un tetto, su nel cornicione
Di un bel palazzo che nel centro stava
Fortuna che nessuno l’abitava.
Per caso della gente passeggiava
Nei pressi di quel luogo disgraziato
Dove più la mitraglia grandinava
Tanto sui tetti come nel selciato
Un povero barbiere che se ne stava
Con altra gente presso un porticato
Arriva all’improvviso una granata
Tutta la gente fu terrorizzata.
Certo la peggio sorte fu toccata
Al povero barbiere che fu colpito
Da una di quelle scheggie di granata
Che si scagliò scoppiando in quel granito.
Tutta la testa sua fu fracassata
E anche in altri posto fu ferito
Fra il dolore degli astanti, la famiglia al pianto
La sera fu portato al camposanto.
Siamo arrivati a Borgo, dopo tanto
Un bel paese, pure un po’ elegante
E’ circondato da un bel verde manto
Quasi nascosto in mezzo alle piante
C’è una catena di montagne accanto
Fabbriche d’ogni specie ce n'è tante
Ma or si trovano in tristi condizioni
Perché si trovano in mira dei cannoni.
Il nemico non ha punta compassione
Né delle donne né degli innocenti
Che spesso ne massacra col cannone
E tanti cuori li fa star dolenti.
L’artiglieria nemica è in posizione
Lancia granate giù tutti i momenti
Chi si spaventa, e chi riman ferito
E chi nel cimitero vien seppellito.
Vorrei spiegarvi tutto a dito a dito
Di ciò che in questi posti ora succede
Ma ora non posso, qui faccio finito
Lasciando in altro tempo il passo al piede
Invio a tutti un saluto infinito
E spero che tutti l’accetterete con fede
Alla famiglia, ai parenti e amici
Sperando di vederci un dì felici.
inviata da Bernart Bartleby - 5/3/2017 - 14:54
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Parole e musica di Berto Bernardini (?) e di alcuni suoi commilitoni, mentre combattevano nella Grande Guerra.
Berto era cugino di Maria Bernardini, informatrice di questo testo, e come lei originario di Pavana, frazione di Sambuca, sull'appennino pistoiese.
Testo e commento di Francesco Guccini trovati sulla rivista Il Cantastorie dell'agosto/novembre 1968.
Sullo sfondo il Mulino Chicon, antica proprietà della famiglia Guccini. “L'ultima Thule”, album di addio alle scene di Guccini, è stato lì registrato.
Il paese non ha risorse proprie, ed è sempre stata forte l’emigrazione, prima della guerra all’estero, ultimamente interna. Questo fatto, unito alla facilità di comunicazioni con i centri vicini e al turismo estivo, ha portato a una dispersione e ad una veloce scomparsa del patrimonio popolare, ricordato e conosciuto solo dai vecchi, mentre le generazioni più giovani o lo ricordano vagamente o lo ignorano del tutto. Per fare un esempio, una canzone come « La pastora e il lupo », conosciuta dai vecchi con una versione locale, viene invece cantata dai giovani con variazioni e moduli correnti, quelli cioè standardizzati dalla radio o dai fascicoletti di canti corali per gite, riunioni, eccetera; oppure, una bella versione de « L’infanticida », cantata secondo la versione locale, è stata intonata, invece che col modulo tradizionale, con lo stile del canto cosiddetto « all’italiana », tipico dei Villa, dei Tajoli, eccetera.
« La guerra di Berto », fra i canti raccolti, rappresenta un pezzo abbastanza raro ed interessante. Lo ha cantato Maria Bernardini, di anni 70; la « Guerra» fu scritto da un suo cugino, appunto Berto, con la collaborazione di alcuni commilitoni toscani, durante la prima guerra mondiale. E’ una specie di diario che comprende molti episodi e si snoda lungo un certo arco di tempo. Inviato come lettera ancora in tempo di guerra, fu imparato a memoria e spesso cantato, ma probabilmente solo nell’ambito familiare o quasi; altri paesani infatti hanno affermato di conoscerlo vagamente ma di non ricordarlo. E’ quindi un pezzo assolutamente originale. E’ composto di 29 strofe, intonate sul modello dell’ottava rima dei cantastorie toscani. C’era infatti l’abitudine di improvvisare in ottava rima, e molto diffusi erano i « fatti » dei fogli volanti, appunto in ottava rima; il testo risente di composizioni molto famose, come ad esempio la « Pia de’ Tolomei » o la « Genoveffa ». Senza essere all’altezza di queste composizioni la « Guerra » è però un canto brillante e ben condotto, specialmente se si pensa che è stato scritto da un « non professionista »; è comunque, a mio avviso, di certo superiore ai « fatti » dei cantastorie emiliani, spesso molto più superficiali e affrettati.
(Francesco Guccini)