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Dopo la pioggia

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1997
Fuori Dal controllo
fdc

Dopo la pioggia, contenuta nell’album “Fuori dal controllo” del 1997, contiene in sé la storia, non narrata ma evocata, di Maria Goretti. I riferimenti vanno cercati tra i versi: l’accenno alla “carnale violenza” ed alla “serpe che striscia / di Maria fra le cosce”, ma anche la contestualizzazione, la malaria, il ponte di nebbia sono un richiamo alle paludi pontine teatro del fatto di sangue.
Maria Goretti fu uccisa a 12 anni, pugnalata con un punteruolo da un vicino di casa che tentò di violentarla, nel luglio del 1902.
Il contesto in cui si svolge il fatto è quello delle Ferriere di Conca, in provincia di Latina, pianure malariche dove la famiglia Goretti si trasferisce dalla nativa Corinaldo, in provincia di Ancona.
In realtà l’omicidio di Maria è un fatto di cronaca non diverso dai molti che i registri dei tribunali dell’epoca riportano: Maria era una bambina povera, analfabeta e denutrita, già segnata dalle condizioni di vita malsane e dal lavoro nei campi, Alessandro Serenelli, l’assassino, un giovane contadino anch’egli analfabeta, esasperato dalle durissime condizioni di lavoro tantoché durante il processo affermò di preferire il carcere alla vita che aveva condotto sino ad allora.


Ma la storia di Maria diventa emblematica, non tanto per l’attribuzione di santità che le viene fatta, ma perché è un chiaro esempio di strumentalizzazione del corpo, della sessualità e della capacità di scelta della donne, perpetrato da più attori, in tempi diversi, fino ad oggi.
La prima strumentalizzazione, biologica, del corpo di Maria fu fatta quando la bambina non era ancora morta. In ospedale, durante la sua agonia inutilmente prolungata dai medici che la operarono consapevoli di non poterla salvare, venne intercettata dai padri Passionisti i quali estorsero il perdono all’assassino prevedendo la possibilità di montare un caso di beatificazione.
La seconda strumentalizzazione, giuridica, fu quella del processo al Serenelli, al quale Maria era il convitato di pietra, processo la cui ricostruzione risulta contraddittoria ed omessa in alcuni atti, nel quale più che la colpevolezza di Serenelli, già reo confesso, si iniziò a costruire il mito della santità di Maria. Il processo fatto da uomini, non condannò per l’assassinio di Maria in quanto persona, ma per l’attentato alla sua verginità, di cui il corpo di Maria venne considerato mero contenitore e la cui protezione fino alla morte un atto praticamente dovuto.
La terza strumentalizzazione, assolutoria, fu proprio nella presunta conversione di Serenelli, assistito nel carcere di Noto dal vescovo in persona, il quale costruì sul corpo di Maria e sul suo presunto perdono accordato in sogno, la propria redenzione.
La quarta strumentalizzazione, politica, fu quella conseguente all’avvio della causa di canonizzazione nel 1935. Mussolini in persona seguì ed agevolò i lavori sostenendo la causa. Aveva bisogno di una santa popolare, in cui la gente potesse riconoscersi, che avesse una funzione consolatoria per la popolazione delle paludi Pontine, veri e propri deportati delle bonifiche in una migrazione coatta programmata dal governo fascista verso le terre da mettere a coltivazione e rendere produttive.
La quinta strumentalizzazione, fisica, è legata alla canonizzazione e concerne la reinvenzione dell’immagine di Maria. Non essendovi foto, venne commissionato al pittore Soffredini il ritratto di Maria: egli ne fece cinque diversi, tra cui fu prescelto quello che la ritrae bionda ed angelica, come si pensa debba essere una santa.
La sesta strumentalizzazione, religiosa, è scritta nella motivazione di canonizzazione, emessa nel 1950 da Pio XII. Come sottolinea l’antropologa Ida Magli la Goretti non fu santificata perché vittima di violenza, ma per martirio. Il suo merito sta nella difesa della verginità, un invito alle donne a farsi ammazzare pur di conservarsi pure. La storica Lucetta Scaraffia nel volume scritto a quattro mani con Gabriella Zarri “Women and faith” sostiene che negli anni Cinquanta era necessaria una figura di riferimento femminile come quella di Maria Goretti come esemplio di cattolicesimo ortodosso per le giovani donne. In questo periodo le sante utilizzate come modello di comportamento furono infatti Maria e Rita da Cascia. La prima come modello di adolescente, la seconda il modello di moglie e madre, entrambe costruite per ridurre la sfera d’azione delle donne alla casa e all’altare e per negarne l’autoderminazione del corpo e del pensiero.
L’ultima strumentalizzazione, verbale, è quella delle parole messe in bocca alla bambina, diventate una sorta di motto pedagogico indirizzato alle giovani donne: “la morte ma non il peccato”. Perché il corpo delle donne resta territorio di altri, che delegano alle donne solo la scelta di morire.

di Maila Pentucci
Gang Communia
Nella notte che avanza
con la febbre dell’ora
ci divora la fine
c’innamora il silenzio
ma c’è un graffio sul cuore
che sembra un indizio
è sangue che splende
è il segnale d’inizio
è la sponda che frana
è il ponte di nebbia
è la piena dell’odio
è l’inferno che scoppia
quando intorno è malaria
quando intorno è mattanza
quando il tempio è violato
è carnale violenza

Quando il giorno arriverà
sarà sale sulla neve
sarà goccia sulla roccia
sarà dopo la pioggia
dopo la pioggia sarà

C’è una serpe che striscia
di Maria fra le cosce
c’è un Cristo assassino
che dal sangue rinasce
c’è che stiamo sbandando
nella notte che avanza
c’è che stiamo chiamando
e nessuno ci ascolta

Quando il giorno arriverà
sarà sale sulla neve
sarà goccia sulla roccia
sarà dopo la pioggia
dopo la pioggia sarà.

inviata da dq82 - 8/12/2016 - 16:12




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