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Ἐπὶ ἀσπαλάθων

Giorgos Seferis / Γιώργος Σεφέρης


Giorgos Seferis / Γιώργος Σεφέρης

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(Giorgos Seferis / Γιώργος Σεφέρης)


Epí aspaláthon
31 του Μάρτη 1971
31 marzo 1971
Ποίημα του Γιώργου Σεφέρη
Poesia di Giorgos Seferis
Testo dal blog Latistor

aspalati


Credo che questa Sugli aspalti, che è l'ultima poesia di Seferis, dovrebbe trovare posto tra gli Extra delle CCG. È una denuncia della dittatura dei Colonnelli, che all'epoca in cui furono scritti questi versi, nel marzo del '71, stava per entrare nel suo quinto anno e della quale il poeta – morto il 20 settembre – non vedrà la fine. È rievocato, grazie al riaffiorare di un antico ricordo della Repubblica di Platone, il leggendario castigo inflitto dal popolo al tiranno parricida e fratricida Ardieo, che venne scuoiato e gettato vivo sugli aspalti (o aspàlati, specie di arbusti spinosi dai fiori gialli). – Così periscano tutti i tiranni – sembra dire. [L.L.]
Ἦταν ὡραῖο τὸ Σούνιο τὴ μέρα ἐκείνη τοῦ Εὐαγγελισμοῦ
πάλι μὲ τὴν ἄνοιξη.
Λιγοστὰ πράσινα φύλλα γύρω στὶς σκουριασμένες πέτρες
τὸ κόκκινο χῶμα κι ἀσπάλαθοι
δείχνοντας ἕτοιμα τὰ μεγάλα τους βελόνια
καὶ τοὺς κίτρινους ἀνθούς.
Ἀπόμακρα οἱ ἀρχαῖες κολόνες, χορδές μίας ἄρπας ἀντηχοῦν ἀκόμη...

Γαλήνη.
- Τί μπορεῖ νὰ μοῦ θύμισε τὸν Ἀρδιαῖο ἐκεῖνον;
Μία λέξη στὸν Πλάτωνα θαρρῶ, χαμένη στοῦ μυαλοῦ τ' αὐλάκια·
τ' ὄνομα τοῦ κίτρινου θάμνου
δὲν ἄλλαξε ἀπὸ ἐκείνους τοὺς καιρούς.
Τὸ βράδυ βρῆκα τὴν περικοπή:
«Τὸν ἔδεσαν χειροπόδαρα» μᾶς λέει
«τὸν ἔρριξαν χάμω καὶ τὸν ἔγδαραν
τὸν ἔσυραν παράμερα, τὸν καταξέσκισαν
ἀπάνω στοὺς ἀγκαθερούς ἀσπάλαθους
καὶ πῆγαν καὶ τὸν πέταξαν στὸν Τάρταρο, κουρέλι».

Ἔτσι στὸν κάτω κόσμο πλέρωνε τὰ κρίματά του
ὁ Παμφύλιος Ἀρδιαίος ὁ πανάθλιος Τύραννος.

31 τοῦ Μάρτη 1971

inviata da L.L. - 24/7/2016 - 23:05



Lingua: Italiano

Trad. Filippo Maria Pontani da: Memoria di Seferis. Studi critici, Firenze, Olschki, 1976.

SUGLI ASPALTI

Sugli aspalti...
(Plat. Resp. 616)

Bello era il Sunio il giorno dell'Annunciazione
primavera di nuovo.
Un po' di foglie verdi attorno a pietre rugginose
la terra rossa, e aspalti
esibivano pronti gli aghi lunghi i fiori gialli.
Lontano le colonne antiche, corde d'una cetra ancora suonano...

Pace.
Perché mi risovvenni d'Ardieo?
Fu, credo, una parola di Platone, persa nei meandri del cervello:
il nome del cespuglio giallo
non mutò da quel tempo.
La sera, il testo: «Lo legarono
mani e piedi – ci dice –
lo gettarono al suolo e lo scuoiarono,
lo tirarono via lo dilaniarono
sugli aspalti spinosi
e infine lo scagliarono nel Tartaro, un relitto».

Così pagò nel mondo di sotterra i suoi delitti
Ardieo di Pamfilia, il miserabile tiranno.

31 marzo 1971

inviata da L.L. - 24/7/2016 - 23:25




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