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Il Prigioniero

Luigi Dallapiccola
Lingue: Italiano, Latino


Luigi Dallapiccola

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Una delle sezioni, o percorsi, più importanti delle CCG/AWS è senz'altro rappresentata dalla "Musica classica contro la guerra". Siamo lieti di inserirvi questo importantissimo libretto d'opera dell'atto unico "Il Prigioniero" di Luigi Dallapiccola, tra i maggiori compositori italiani del '900, da sempre impegnato in tematiche sociali e antimilitariste. Il testo del libretto in pdf (conversione in HTML) si trova sul sito di Radio Rai Tre.[RV]


Il Prigioniero
Opera in un prologo e un atto proprio
da La torture par l’esperance di Villiers de l’Isle-Adam
e da La lègende d’Ulenspiegel et de Lamme Goedzak di Charles de Coster

Luigi Dallapiccola [1904-1975].
Luigi Dallapiccola [1904-1975].


Musica e libretto di Luigi Dallapiccola, 1904-1975
Prima rappresentazione: Firenze, Teatro Comunale, 20 maggio 1950

Personaggi e Vocalità 
il carceriere: Tenore
il grande Inquisitore: Tenore
il prigioniero: Baritono
la madre: Soprano
un sacerdote: Tenore
un sacerdote: Baritono

coro interno

Epoca: la seconda metà del secolo XVI

N.B. Le parti del carceriere e del grande inquisitore devono essere sostenute dallo stesso interprete.


dlpprigDallapiccola compose la partitura del "Prigioniero" tra il gennaio 1944 e il maggio 1948: tuttavia, secondo una prassi per lui usuale, la realizzazione musicale fu preceduta da una lunga fase di studio del soggetto. I primi progetti per un lavoro ambientato nel mondo delle prigioni discendono infatti dall’impressione profonda suscitata in lui dalla lettura, nel 1939, del racconto "La torture par l’esperance", tratto dai "Nouveaux contes cruels" di Villiers de l’Isle-Adam; impressione che si sommava a quella suscitata dagli eventi politici europei di quegli anni e, in particolare, dalla proclamazione delle leggi razziali, alle quali il musicista oppose innanzitutto la serie deiCanti di prigionia. Più tardi egli volle espressamente che il ciclo di composizioni ispirate al tema della prigionia (i "Canti di prigionia", tre preghiere di altrettanti reclusi illustri, e l’operaIl prigioniero, appunto), suscitando interrogativi allora più che mai attuali sul valore della libertà dell’uomo, risultassero un partecipato inno in sua difesa, connotato in modo il più possibile universale (e per questo non esitò a trasformare il rabbino Asher Abarbanel, protagonista del racconto di Villiers, in una vittima anonima della tirannia e della persecuzione). Il libretto delPrigionierosi presenta come sintesi originale di numerose fonti, variamente utilizzate nella struttura definitiva dell’opera in un prologo e un atto unico, costituito da quattro scene e due intermezzi corali. In esso è delineata l’ultima tortura inflitta a un prigioniero, condannato a morte dall’Inquisizione di Spagna e giustiziato dopo essere stato indotto a sperare nella riacquisizione della libertà e dopo averne assaporato l’illusione. È la trama del racconto di Villiers, che Dallapiccola utilizza come fonte primaria e sulla quale innesta altre sollecitazioni letterarie: quella deLa rose de l’infantedi Victor Hugo per la descrizione della figura proterva di Filippo II, che sta al centro del prologo; quella della "Leggenda d’Ulenspiegel" di Charles de Coster per buona parte della scena seconda, in cui è rievocata l’epopea fiamminga dei Pezzenti; alcuni versetti salmodici per i due intermezzi; l’Implorazionetratta da una raccolta di poesie per l’infanzia di Lisa Pevarello per la preghiera del protagonista «Signore, aiutami a camminare». Né mancano situazioni drammatiche dettate da alcune esperienze personali, riconducibili agli eventi del periodo bellico, tra le quali perfino gli echi dei bollettini di guerra trasmessi da Londra per i resoconti dei combattimenti dei pezzenti contro l’esercito di Filippo II.

Quattro sono i personaggi principali dell’opera, affidati a tre parti vocali: la madre (figura d’invenzione del musicista, la cui maternità tragica ha un antecendente diretto in quella della madre della "Favola del figlio cambiato" di Gian Francesco Malipiero), il prigioniero, il carceriere e il grande Inquisitore (questi ultimi affidati a un solo interprete). A questi si affiancano le parti secondarie dei due sacerdoti e la parte muta di fra Redemptor (ossia del frate che si aggira per i corridoi della prigione con terribili arnesi di tortura). Ai primi spetta costituire l’ossatura drammatica dell’opera, mentre le parti secondarie risultano una proiezione del carceriere e del grande Inquisitore, il volto più spietato dell’Inquisizione. Dallapiccola orienta il montaggio librettistico delle fonti letterarie verso la definizione di una vera azione drammatica. La sequenza coerente delle scene, il divenire dell’azione motivata nel dialogo, l’alternanza di dialoghi e pezzi chiusi nella prima parte, fanno pensare a una struttura in linea con l’impostazione tradizionale dell’opera italiana. Nel prologo la madre rievoca un sogno terribile, nel quale Filippo II gli si era presentato con le fattezze della morte. La vicende dell’atto unico si svolge nella seconda metà del XVI secolo, a Saragozza, in una cella del palazzo dell’Inquisizione di Spagna. Nella prima scena, la madre incontra per l’ultima volta il figlio prigioniero, e assiste al racconto del sollievo dalle torture, ricevuto dall’appellativo del carceriere, «fratello». Nella seconda scena il carceriere riferisce al prigioniero del successo dell’insurrezione dei pezzenti nelle Fiandre, infondendogli speranze di libertà. Nella terza scena il prigioniero, rimasto solo e con la porta della cella aperta, tenta la via della fuga attraverso i lunghissimi sotterranei dell’Official, dove si imbatte in Fra Redemptor e nei sacerdoti. Allorché ha scoperto l’uscita e crede di essere libero (quarta scena), trova il grande Inquisitore che lo attende per condurlo al rogo. Il piano drammatico perseguito da Dallapiccola si incrina tuttavia nelle ultime due scene, allorché il fallito tentativo di riconquista della libertà da parte del prigioniero provoca l’annullamento del dialogo, l’incomunicabilità tra vittima e carnefice, in seguito alla definitiva presa di coscienza dell’ultima, tremenda tortura. E dal momento che l’azione non risolve, non sfocia nel’affermazione di nessuna tesi, essa stessa diventa paradossale emblema del problema della libertà e della sua crisi nel mondo moderno. Il significato dell’opera si risolve così nell’antitesi diretta delle due parole chiave del dramma del prigioniero: «fratello», la parola dell’inganno e della prigionia nella speranza che il carceriere rivolge al protagonista, e «libertà», la parola dell’illusione e dell’interrogativo senza risposta sul quale emblematicamente essa si chiude. A queste due parole chiave rimandano alcuni dei materiali musicali fondamentali dell’opera (che Dallapiccola, ormai orientato verso una piena adozione della tecnica dodecafonica, distingue in serie dodecafoniche complete e «combinazioni dodecafoniche variate»); la «serie della speranza», cantata dal prigioniero nel racconto alla madre e la «serie della libertà» che, insieme alla «serie della preghiera» sulle parole «Signore aiutami a camminare», hanno funzione di motivi conduttori; e il tema «fratello», la combinazioni dodecafonica che nello stridore della sua stessa struttura compendia il problema centrale dell’opera. È dalle relazioni che il musicista instaura tra questi materiali «neutri e nello stesso tempo polivalenti», che la composizione del "Prigioniero" si configura come un lavoro di frammentazione e combinazione dei motivi seriali, orientato a creare una catena continua di associazioni di tipo simbolico. Agli occhi di Dallapiccola, infatti, la dodecafonia non si configurava come un codice e un sistema, ma come un’esperienza espressiva puramente interiore, con la quale egli non esita a fondere criteri tonali, stile mottettistico e serialità, in una musica che si fa sempre più concentrata ed essenziale, memore delle scoperte di Anton Webern.

I punti cruciali del "Prigioniero" sono però sostenuti da momenti musicali puramente lirici, piuttosto che dall’intreccio drammatico e simbolico dei motivi, come la Ballata (“Vedo, lo riconosco”), che si trova al centro del prologo, e l’aria in tre strofe (“Sull’Oceano sulla Schelda”) della seconda scena. Quest’ultimo brano, in particolare, è il culmine dell’opera e il punto di volta dei sette episodi di cui essa si compone. Una funzione chiave nell’organizzazione musicale è svolta anche da forme chiuse di tipo strumentale come i tre ricercari (per i quali Dallapiccola adotta un tipo di contrappunto dodecafonico che, in teatro, ha un precedente soltanto nella tripla fuga del "Wozzeck" di Berg) e dalle interpolazioni non drammatiche, che si sovrappongono all’azione come intervento epico dell’autore (gli intermezzi corali e il coro da camera dell’ultima scena). Ai tre ricercari spetta di commentare i passi faticosi del prigioniero verso l’uscita della prigione e ricordare le ragioni che lo conducono innanzi: la fiducia nell’aiuto divino (nel primosuper«Signore aiutami a camminare», ossia sul motivo della preghiera) e la speranza datagli dal carceriere (nei due ricercari successivi super «fratello» e super «roelandt», la mitica campana di Gand che suonò il giorno della vittoria dei pezzenti). Per tutte queste ragioni, nel "Prigioniero" la musica instaura col testo un rapporto intermittente: ora di piena adesione (ad esempio nella determinazione dei vari motivi drammatici e musicali), ora di totale dissociazione, là dove è la musica a ricordarci il carattere illusorio delle speranze del prigioniero e a far scendere una cappa di pessimismo senza vie di uscita sulle sue azioni. E per questo "Il Prigioniero" appartiene a pieno titolo a quella categoria di lavori teatrali novecenteschi che perseguono la dissociazione di musica e dramma ai fini di una mediazione conoscitiva, qui sperimentata in un teatro fortemente tragico e personalmente sofferto, altamente aggiornato sul piano del linguaggio musicale, il cui significato è distillato da una fittissima trama simbolica.

Fonte: Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi
Prologo
Si alza subito la tela, dietro cui appare un velario nero. Davanti al velario appare la Madre vestita di nero. Soltanto il suo volto bianchissimo, illuminato spietatamente, risulterà visibile allo spettatore.

LA MADRE
Ti rivedrò, mio figlio! Ti rivedrò...
Ma una voce nel cuor mi sussurra:
“Questa è l’ultima volta!”

Ti rivedrò, mio figlio!
Da più mesi mi struggo
ne la brama di te,
e l’affanno per te,
e l’accorato amor di te, mio figlio,
mio solo bene!
(dopo una pausa; smarrita)
Il mio sogno... il mio sogno...
Tutte le notti m’opprime...
sempre uguale...(visionario)
A poco a poco s’aprono le nebbie
del sonno. Ecco: agli occhi m’appare
un antro quasi buio, interminabile.
Lontano, in fondo, una figura, un’ombra,
uno spettro..., - non so -, avanza su di me
lentissimo, pauroso.
Tento di volger gli occhi...tento di non vedere...
Ma c’è qualcosa assai di me più forte
che tien le mie pupille aperte e fisse.

[Ballata](1)

Vedo! Lo riconosco! (Porta un farsetto nero.
Il toson d’oro al collo brilla sinistro.) Avanza.
Le sue labbra di ferro non san che sia il sorriso;
sembra un rintocco funebre il suo pesante passo.
Gli balena negli occhi il riflesso dei roghi
che a volte alimentò col proprio fiato. Tace.

Non sugli uomini impera, ma sopra un cimitero (2)
il Re che turba il mondo col suo fantasticare.
È lui, Filippo, il Gufo, figlio dell’Avvoltoio,
poggia la fronte pallida a una vetrata. Infine
solleva il braccio destro in alto, mormorando:
“Dio Signore è del cielo; Io son Re sulla terra.”

Son risalite intanto
le nebbie del mio sonno.
A poco a poco il Gufo
muta i suoi lineamenti:
svaniti gli occhi, quasi per magia,
son restate le occhiaie bianche e vuote...
Si scavano le guance ed i capelli
cadono... Ad un tratto
non è più Re Filippo che mi fissa:
è la Morte!
Sgomenta, caccio un grido:
“Mio figlio! Mio figlio!”

Primo Intermezzo Corale
IL CORO INTERNO

(troncando l’ultima parola della Madre)

Fiat misericordia tua, Domine, super nos.
Quemadmodum speravimus in Te.
Sacerdotes tui induantur justitiam.
Er sancti tui exultent.
(Si apre lentamente il velario nero).

*

ATTO UNICO
Scena Prima


Un’orribile cella nei sotterranei dell’Official di Saragozza. Un giaciglio di paglia, un cavalletto, un fornello, una brocca. In fondo, una porta di ferro. È il crepuscolo: la cella è quasi buia. Sul giaciglio sta il Prigioniero. Accanto a lui, la Madre.

IL PRIGIONIERO
(come continuando una narrazione)

Ero solo. Tutto era buio.
Buio era in questa cella.
Buio era nel mio cuore.
No, non sapevo ancora
di poter soffrir tanto
e non morire...

LA MADRE
(con angoscia repressa)

Figlio... figliolo...

IL PRIGIONIERO
Temevo il sonno, quasi per timore
dovesse esser eterno;
temea la veglia, anch’essa piena d’ombre
e di visioni...

LA MADRE
(come sopra)

Mio figlio...

IL PRIGIONIERO

... quando il Carceriere
pronunciò finalmente una parola:
“Fratello”. Dolcissima parola
che mi diede ancor fiducia nella vita.

LA MADRE
(fra sé; mormorando)

(... che ti diede ancor fiducia nella vita?)

IL PRIGIONIERO

Come dire
di dove venga la speranza! Come
s’insinui nel nostro cuore?
“Fratello”. Dolcissima parola
che mi ridiede il senso della luce.

LA MADRE
(come sopra)

(... che ti ridiede il senso della luce?)

IL PRIGIONIERO

Dopo torture che non so narrare,
dopo che corda e morsa e cavalletto
tutto il mio corpo avevano piagato...

LA MADRE
(prorompendo)

Figlio, figliolo mio!...

IL PRIGIONIERO
(continuando)

... udivo alfine una parola amica:
“Fratello”. Dolcissima parola...
Da quella sera ho ripreso a pregare...

LA MADRE
(fra sé; mormorando)

(... da quella sera hai ripreso a pregare?)

IL PRIGIONIERO
(continuando)

E prego sempre, quando cade il giorno:
Signore, aiutami a camminare,
così lunga è la via che mi pare
di non poterla finire.
Signore, aiutami a salire. (3)

LA MADRE
(fra sé)

Che mi ricordano queste parole?
Mi fan pensare ad un tempo lontano:
Così pregavi quand’eri bambino...
Triste è riandare al tempo tuo felice...

(disperatamente)Figlio! figliolo! che più ci è rimasto
di allora?
(lo abbraccia)
(si ode un rumore al dì là della porta)

IL PRIGIONIERO
(senza muoversi)

È il Carceriere.
(si apre la porta nel fondo)

LA MADRE

È questo, dimmi, proprio
l’ultimo nostro addio?
(Il Prigioniero non risponde e resta immobile. La Madre esce).

*

Scena Seconda

IL PRIGIONIERO

Solo. Son solo un’altra volta.
Solo coi miei pensieri. O madre mia!...

IL CARCERIERE
(appare improvvisamente nel vano della porta, tenendo in manouna lampada accesa)

Fratello...

IL PRIGIONIERO
(sempre immobile)
Questa voce..., quest’unica parola
nel silenzio e nel buio...

IL CARCERIERE
(avanza di qualche passo)
(con infinita dolcezza)

Fratello... spera...

IL PRIGIONIERO
(sempre immobile)

Udire infine una parola umana
là dove tutto tace...

IL CARCERIERE
(è avanzato intanto di qualche passo; ma è ancora lontano dal Prigioniero)

Spera, fratello, spera ardentemente;
devi sperare sino a spasimarne:
devi sperare ad ogni ora del giorno;
vivere devi per poter sperare.
(Avanza ancora di qualche passo. È ormai vicino al Prigioniero.)

Fratello...
(all’orecchio del Prigioniero; quasi segretamente)
Nelle Fiandre
divampa la rivolta...

IL PRIGIONIERO
(scuotendosi)

Ah!...

IL CARCERIERE

Nelle strade di Gand tumultua il popolo...

IL PRIGIONIERO
(animandosi)

Ah!...

IL CARCERIERE

Carlo strappò la lingua di sua madre
il dì che tolse la fiera campana
a Grand, che forte parlava alle Fiandre,
Roelandt, l’orgoglio di tutta una terra. (4)

IL PRIGIONIERO

Roelandt, com’eri solenne nell’aria
mentre il tuo morto scandivi pacata:
Quando rintocco vuol dir che c’è incendio;
Quando rintocco il paese è in rivolta...

IL CARCERIERE

Roelandt ancora risonare udrai!
Giorno di gioia alfin per tanti cuori
oppressi... Fratello,sappi a quei rintocchi
che il Santo Uffizio e Filippo tramontano!

IL PRIGIONIERO
(sempre più esaltandosi)

Ridilla ancora la parola attesa!-

IL CARCERIERE

Flessinga è conquistata dai Pezzenti; (5)
sta per cadere Veere; a Gorcum si combatte...(6)

IL PRIGIONIERO
Combattono i Pezzenti!

[Aria in tre strofe] (7)

IL CARCERIERE


Sull’Oceano, sulla Schelda,
con il sole, con la pioggia,
con la grandine e la neve,
sui vascelli - lieti in volto -
i Pezzenti passano.
Con le vele aperte ai venti,
bianchi cigni che svolazzano,
cigni della libertà!

IL PRIGIONIERO

Cigni della libertà!

IL CARCERIERE

Tre colori ha lo stendardo
che accompagna i prodi in mare:
bianco per la libertà,
è l’azzurro per la gloria,
arancione è per il Principe.
Con le vele aperte ai venti
i Pezzenti passano,
cigni della libertà.

IL PRIGIONIERO

... della libertà!

IL CARCERIERE

Volano sul fiume rapidi,
sembran nubi al vento nordico;
con la prora fendon l’onde,
mentre in alto, dalle stelle,
ai Pezzenti Iddio sorride.
Dio dei liberi, ci aiuta!
Sono i cigni candidi,
cigni della libertà!

IL PRIGIONIERO

... della libertà!

IL CARCERIERE

Il grido di vendetta scoppia in Fiandra:
vibrano i cuori come corde tese... (8)

IL PRIGIONIERO
(fra sè)

Filippo, sanguinario, dove sei?
D’Alba feroce, dove ti nascondi? (9)

IL CARCERIERE

Dopo la strage riprende la vita...
Non odi intorno voci di fanciulli?

(con accento infantile e popolaresco)
Torna, sole,sulle città liberate!
Campane, spandete nell’aria
il vostro rintocco di gioia...(10)
(contemplativo)
(Sorridono i volti ed i cuori...)

IL PRIGIONIERO
(tenta di reprendere la canzone del Carceriere; ma la voce gli sispezza in un singhiozzo. La sua espressione, che si era gradatamente addolcita, ridiventa improvvisamente feroce)

Fratello, grazie a te,
che m’hai fatto sperare!
(alza le braccia, giungendo le mani, e in tale atteggiamento rimane immobile, come assorto in una visione).

IL CARCERIERE
(dopo una pausa molto lunga, avvicinandosi al Prigioniero)Fratello...(il Prigioniero si scuote)
C’è chi veglia su te. La libertà
tanto agognata forse ti è vicina.
Abbi fede, fratello. Dormi... e spera!
(Raccatta la lampada e si appresta a uscire. Si sofferma lungamente presso la porta e volge uno sguardo al Prigioniero, che nel frattempo si sarà steso sul giaciglio. Esce lentamente).

(Da uno spiraglio, fra la porta e il muro, filtra dall’esterno, per un attimo, un raggio di luce: il riflesso della lampada del Carceriere. Il Prigioniero si scuote; ma subito si ricompone).

IL PRIGIONIERO

No, no... vaneggio. Questa debolezza
estrema mi causò tant’altre volte
visioni allucinanti.
Quel riflesso...
mai prima d’ora l’avevo notato.
Quel riflesso... La lampada...
Ho udito i passi che s’allontanavano...
Mai prima d’ora li avevo notati.
La lampada... Nel buio, all’improvviso,
piombava questa cella le altre sere.
M’ha detto: “Abbi fede, fratello.
Dormi. Spera”.
(Strisciando con estrema circospezione, si è avvicinato alla porta)
M’ha detto: “C’è chi veglia su te”.
(Tocca la porta, che cede subito alla pressione)
Ma allora, questo... non è un sogno!
“Spera!” m’ha detto... “Spera!”.
(si precipita fuori della porta)

SIPARIO RAPIDO

*

Scena Terza
Il sotterraneo dell’Official di Saragozza, illuminato appena qua e là da lampade bluastre. (Scenario girevole.) Il sotterraneo, lunghissimo e di cui non si vede la fine, dovrà far pensare a quello che la Madre, nel Prologo, racconta di aver veduto in sogno.

IL PRIGIONIERO
(striscia lungo una parete del sotterraneo... s’inginocchia)

Signore, aiutami a camminare.
Così lunga è la via che mi pare
di non poterla finire.
Signore, aiutami a salire.

[Ricercare primo super “Signore, aiutami a camminare”]

IL PRIGIONIERO
(strisciando lungo la parete)

Buio. Silenzio. Come fra le tombe.
(quasi senza fiato)Chi viene?
(Si rannicchia in un angolo buio. Passa rapidamente un Fra Redemptor [frate torturatore] che tiene in mano uno strumento di tortura. Svolta e scompare.)

Che angoscia, Iddio! Sulle carni straziate
risento il morso di quelle tenaglie...
risento il ferro... il fuoco...
(si inginocchia)
Signore, aiutami a camminare...
(tenta di alzarsi)

[Ricercare secondo super “Fratello”]

IL PRIGIONIERO

Non reggo.
Sorpreso qui, la notte,
evitar non potrei
nuovi, atroci supplizi.
Che fare? Ritornare
nella mia cella scura
ad aspettare ancora e sempre invano!

[Secondo + Primo Ricercare]

Vieni fuori! una voce disse a Lazaro
un giorno: e dalla fossa umida e buia
Lazaro apparve.
Odo una simile voce a me intorno:
dal buio mi chiama alla luce...
m'incanta, mi vuole a sé dall’ombra
con magica parola...
(Improvvisamente appaiono Due Sacerdoti)

Ohimè!(Si rannicchia di nuovo; ma non lantano dal riflesso di una lampada).

PRIMO SACERDOTE
(come continuando una conversazione.)...

La Comunione sub utraque specie...

SECONDO SACERDOTE

Silenzio...
M’era sembrato di udire...

PRIMO SACERDOTE
(calmissimo)

Che cosa!

SECONDO SACERDOTE

Come il sospiro di qualcun... che viva...

PRIMO SACERDOTE
(calmissimo)

E chi potrebbe vivere qui intorno?
I carcerati dormon nelle celle:
li aspetta all’alba assai più lungo sonno.

SECONDO SACERDOTE

Voglia il Cielo toccare i loro cuori
in quest’ultima notte...
(il Primo Sacerdote fissa a lungo il punto in cui il Prigioniero è rannicchiato).

PRIMO SACERDOTE
(disponendosi a uscire)

La Comunione sub utraque specie...

SECONDO SACERDOTE

Negano la reale Presenza...(Escono).

[Ricercare super Roelandt]

IL PRIGIONIERO
(terrorizzato)

Quegli occhi mi guardavano!
Occhi tremendi... ancor vi vedo impressi
su quest’umido muro...

[Ricercare terzo + secondo + primo]

No... no... son le pupille che ritengono
ancora quello sguardo incancellabile.
M’hanno veduto quei terribili occhi?
(riprende stancamente a strisciare lungo il muro)
Così lunga è la via che mi pare...(si ferma)
Sulle mie mani passa un soffio d’aria...
una fredda carezza... donde viene?
la porta non dev’essere lontana...
(si alza e accelera il passo)
Signore, aiutami a salire...
(accelera ancora il passo)
La porta! la porta! Sono al fine!!!
(Sopra la sua testa risuonano i pesanti rintocchi di una campana. Si ferma di scatto).
La campana di Gand!(vacillando)
la gran campana!
Roelandt, la fiera! Filippo! Filippo!
I giorni del tuo regno son contati!
(accelera il passo... è vicinissimo alla porta).

Cala rapidamente il velario nero

Secondo Intermezzo Corale

IL CORO INTERNO

Domine, labia mea aperies
Et os meum annuntiabit laudem tuam.

*

Scena Quarta (ultima)
Appare un vasto giardino, sotto il cielo stellato. Un grande cedro nel mezzo della scena. In distanza, nello sfondo, le montagne. Aria di primavera.

IL PRIGIONIERO
(precipitandosi in scena)
(fortissimo; bestiale)

Alleluja!
(si guarda intorno stupito)
Quest’aria... questa luce...La libertà!

IL CORO INTERNO
Domine... Domine...

IL PRIGIONIERO
(con devozione)

Non ho sperato invano,
non ho sperato invano...

IL CORO INTERNO

Domine, labia mea aperies...

IL PRIGIONIERO

Le stelle! Il cielo! questa è la salvezza...
Fuggir per la campagna... Con le prime
luci dell’alba sarò sui monti...
Il profumo dei cedri... La libertà...

IL CORO INTERNO

Et os meum annuntiabit laudem tuam...

IL PRIGIONIERO
(con immenso fervore)

Alleluja!
(Al colmo dell’estasi, si avvicina al grande cedro e, allarga le braccia in un impeto di amore per tutta l’umanità. Due braccia enormi, quasi nascoste tra i rami più bassi, lentamente si muovono e ricambiano la stretta. Il Prigioniero si trova fra le braccia del Grande Inquisitore).

IL GRANDE INQUISITORE (= Il Carceriere)

Fratello...

(Il Prigioniero, riconoscendo la voce del Carceriere, emette un suono inarticolato e resta soffocato dallo spavento.)

IL GRANDE INQUISITORE
(con l’accento della più sincera pietà e tenendo sempre abbracciato il Prigioniero)
Alla vigilia della tua salvezza
perché mai ci volevi abbandonare?
(Apre le braccia)

IL PRIGIONIERO
(dopo una lunga pausa, come colpito da improvvisa rivelazione, muove rapidamente verso il proscenio)

S’è fatta luce! Vedo! Vedo!
La speranza... l’ultima tortura...
Di quante mai sofferte, la più atroce...

(Dal fondo della scena s’alza un bagliore: Il Prigioniero si volge inorridito)

Il rogo!
(ride come un pazzo)

IL GRANDE INQUISITORE
Coraggio...

CORO DA CAMERA
(dietro la scena; collocato dalla parte opposta a quella del grande Coro)

Languendo, gemendo et genuflectendo...*

IL CORO INTERNO

Domine, labia mea aperies...

IL GRANDE INQUISITORE

Vieni...
(Con estrema dolcezza prende per mano il Prigioniero e muove con lui qualche passo).

IL PRIGIONIERO
(quasi inconsciente; sussurrato)

La libertà...

CORO DA CAMERA

O Domine Deus!
Languendo, gemendo et genuflectendo...

IL GRANDE INQUISITORE

Fratello... andiamo...
(riprende per mano il Prigioniero e con lui si avvia verso il fondo della scena).

IL CORO INTERNO

Et os meum annuntiabit laudem tuam...

IL PRIGIONIERO
(quasi incosciente; sussurrato. Ma questa volta con tono nettamente interrogativo)

La libertà?

Cala la tela.
NOTE

• cfr. L. D. Canti di prigionia (n. I; Preghiera di Maria Stuarda)

(1) Questa “Ballata” sfrutta, traducendone talora interi versi, la presentazione che Victor Hugo fa di Filippo II ne La rose de l’Infante (da La légende des siècles). Si vedano a questo proposito, i passi seguenti:

“Morne en son noir pourpoint,la toison d’or au cou...”
“Son pas funèbre est lent comme un glas de beffroi...”
“le sourire [...]
N’étant pas plus possible à ces lèvres de fer
Que l’aurore à la grille obscure de l’enfer...”
“Et sa prunelle avait pour clarté le reflet
Des bûchers sur lesquels par moments il soufflait...”
“Sa rêverie était un poids sur l’univers...”
“Charles fut le vautour, Philippe est le hibou...”
“Il colle aux vitraux blancs son front lugubre, et songe...”

E infine:

“Quand Béit-Cifrésil, fils d’Abdallah-Béit,
Eut creusé le grand puits de la mosquée, au Caire,
Il y grava: “Le ciel est à Dieu: jai la terre“.
Et, comme tout se tient, se mêle et se confond,
Tous les tyrans n’étant qu’un seul despote au fond,
Ce que dit le sultan jadis, ce roi le pense”.

(2) Philippe veut achever l’oeuvre sanglante de Charles. Le père sema la mort et l’exil; le fils a juré qu’il aimerait mieux régner sur un cimetière que sur un peupled’hérétiques.(Charles de Coster: La légende d’Ulenspiegel; Livre II; Chapitre XV).

(3) “Implorazione”,da "È arrivato il Cantastorie", poesie per fanciulli, di L. Pevarello (Casa Ed. Marzocco, Firenze).

(4) Puis il (Charles V) regarda Roelandt, la belle cloche, fit pendre à son battant celuiqui avait sonné l’alarme pour appeler la ville à défendre son droit. Il n’eut point pitiéde Roelandt, la langue de sa mère, la langue par laquelle elle parlait à la Flandre;Roelandt, la fière cloche, qui disait d’elle-méme: Als men my sleat dan is ‘t brandt / Als men my luyt dan is ‘t storm in Vlaenderlandt. (Quand je tinte, c’est qu’il brûle, Quand je sonne, c’est qu’il y a tempéte au pays de Flandre). Trouvant que sa mère parlait trop haut, il enleva la cloche. Et ceux du plat pays direntque Gand était morte parce que son fils lui avait arraché la langue avec des tenailles de fer. (Charles de Coster: op. cit.; Livre I, Chap. XXVIII).

(5) Le cinq avril avant Pâques, le seigneur comte Louis de Nassau, de Culembourg, de Brederode, l’Hercule buveur, entrèrent avec trois cents autres gentilshommes en la cour de Bruxelles, chez madame la gouvernante duchesse de Parme. Allant quatre à quatre de rang, ils montèrent ainsi les grands degrés du palais. Etant dans la salle où se trouvait Madame, ils lui présentèrent une reqêute par laquelleils lui demandaient de chercher à obtenir du roi Philippe l’abolition des placards touchant le fait de la religion et aussi l’inquisition d’Espagne, déclarant que, dans nospays mécontents, ils n’en pourrait arriver que troubles, ruines et misère générale. Et cette requête fut nommée Le Compromis. Berlaymont, qui fut plus tard si traître et cruel à la terre des pères, se tenait près de Son Altesse et lui dit, se gaussant de la pauvreté de quelques-uns des nobles confédérés: “Madame, n’ayez crainte de rien, ce ne sont que gueux”. Signifiant ainsi que ces nobles s’étaient ruinés au service du roi ou bien en voulantégaler par leur luxe les seigneurs espagnols.Pour faire mépris des paroles du sieur de Berlaymont, les seigneurs déclarèrent dans la suite “tenir à honneur d’étre estimés et nommés gueux pour le service du roi et lebien de ce pays”. Ils commencèrent à porter une medaille d’or au cou, ayant d’un côté l’effigie du roi,et de l’autre deux mains s’entrelaçant à travers une besace, avec ces mots: “Fidèles auroi jusqu’à la besace”. Ils portèrent aussi à leurs chapeaux et bonnets des bijoux d’oren forme d’écuelles et de chapeaux de mendiants. (Charles de Coster, op. cit.; Livre II; Chap. VI).

(6) En ce temps, les Gueux, parmi lesquels étaient Lamme et Ulenspiegel, prirent Gorcum. (Charles de Coster, op. cit.; Livre IV; Chap. VIII).

(7) Sur l’Océan, sur l’Escaut, par le soleil, la pluie, la neige, la grêle, l’hiver et l’étéglissent les navires des Gueux. Toutes voiles dehors comme des cygnes, cygnes de la blanche liberté. Blanc pour liberté, bleu pour grandeur, orange pour le prince, c’est l’étendard des fiers vaisseaux. Toutes voiles dehors! toutes voiles deliors, les vaillants navires, les flots les heurtent, les vagues les arrosent d’écume. Ils passent, ils courent, ils volent sur le fleuve, les voiles dans l’eau, vites comme desnuages au vent du nord, les fiers vaisseaux des Gueux. Entendez-vous leur proue fendre la vague? Dieu des libres. Vive le Gueux!... De nuit et de jour, par la pluie, la grêle et la neige, ils vont! Christ leur sourit dansla nuage, le soleil et l’étoile. Vive le Gueux! (Charles de Coster, op. cit.; Livre IV; Chap. XIV).

(8) Ecoutez en Flandre, patrie aimée, éclater le cri de vengeance. On fourbit les armes,on donne le fil aux glaives. Tous se meuvent, vibrent comme les cordes d’une harpeau souffle chaud, souffle d’âmes qui sort des fosses, des bûchers, des cadavres saignants des victimes. (Charles de Coster, op. cit.; Livre IV; Chap. XVI).

(9) Philippe, roi de sang, où es-tu? D’Albe, où es-tu?(Charles de Coster, op. cit.; Livre IV; Chap. XVI).

(10) Sonnez, cloches retentissantes; Carillons, lancez dans les airs vos chansons...(Charles de Coster, op. cit.; Livre IV; Chap. XXII).L.D.

inviata da Riccardo Venturi - 18/1/2007 - 13:07




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