May No Others Suffer Like This
The Nuns of Drapchi Prison / Le monache del carcere di DrapchiLingua: Inglese
Song of sadness in our hearts
We sing this to our brothers and friends
What we Tibetans feel in this darkness will pass
The food does not sustain body or soul
Beatings impossible to forget
This suffering inflicted upon us
May no others suffer like this
In the heavenly realm, the land of snows
Land of unending peace and blessings
May Avalokiteshvara Tenzin Gyatso*
Reign supreme throughout all eternity.
We sing this to our brothers and friends
What we Tibetans feel in this darkness will pass
The food does not sustain body or soul
Beatings impossible to forget
This suffering inflicted upon us
May no others suffer like this
In the heavenly realm, the land of snows
Land of unending peace and blessings
May Avalokiteshvara Tenzin Gyatso*
Reign supreme throughout all eternity.
* The Dalai Lama, who is known as the embodiment of the Tibetan deity of compassion Avalokiteshvara.
inviata da Riccardo Venturi - 17/1/2007 - 23:08
Lingua: Italiano
Versione italiana di Riccardo Venturi
17 gennaio 2007
17 gennaio 2007
CHE NESSUN ALTRO POSSA SOFFRIRE COSI'
Una canzone triste nei nostri cuori
cantiamo ai nostri fratelli ed amici.
Ciò che noi Tibetani sentiamo dentro passerà,
il cibo non sostenta il corpo o l'anima,
percosse impossibili da dimenticare,
questa sofferenza che ci viene inflitta.
Che nessun altro possa soffrire così
nel regno celeste, la terra delle nevi,
terra dell'infinita pace e beatitudine.
Possa Avalokiteshvara Tenzin Gyatso*
regnare supremo per l'eternità.
Una canzone triste nei nostri cuori
cantiamo ai nostri fratelli ed amici.
Ciò che noi Tibetani sentiamo dentro passerà,
il cibo non sostenta il corpo o l'anima,
percosse impossibili da dimenticare,
questa sofferenza che ci viene inflitta.
Che nessun altro possa soffrire così
nel regno celeste, la terra delle nevi,
terra dell'infinita pace e beatitudine.
Possa Avalokiteshvara Tenzin Gyatso*
regnare supremo per l'eternità.
* Il Dalai Lama, considerato reincarnazione del dio Avalokiteshvara.
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La liberazione della monaca 34enne tibetana Phuntsog Nyidron, poi partita in esilio negli Stati Uniti, segna in Tibet la fine della prigionia per un coraggioso e determinato gruppo di donne noto come le "Monache Cantanti" del carcere di Drapchi. Tutte le monache erano state imprigionate ad un'età tra i quindici ed i vent'anni per le loro proteste pacifiche contro la dominazione cinese in Tibet, e tutte sono state sottoposte a percosse, torture ed al totale isolamento carcerario. Sono divenute famose come "monache cantanti" dopo che sono riuscite a registrare segretamente delle canzoni sul Dalai Lama e sul futuro del Tibet su una musicassetta fatta uscire clandestinamente dalla prigione e giunta all'estero con mezzi di fortuna.
Una copia del verbale della sentenza pronunciata nei confronti di 14 monache per "crimini controrivoluzionari"è stata recentemente resa nota. Nel documento appare evidente che gli atti nonviolenti di sfida del gruppo di donne, uniti alla loro fedeltà al Dalai Lama, sono stati considerati dalle autorità cinesi come gravi minacce.
La difesa delle monache, secondo la quale la registrazione delle canzoni in carcere sarebbe "avvenuta per commemorare la loro vita [assieme] in carcere", fu respinta dalla Corte in data 22 settembre 1993. I giudici concludono che le 14 monache hanno "registrato 'canzoni reazionarie e indipendentiste tibetane' con atteggiamento di arroganza controrivoluzionaria" e "allo scopo di ostacolare la rivoluzione". Affermano inoltre che esse "hanno tenuto un comportamento criminale e abominevole", passando poi alle sentenze pronunciate nei confronti di ognuna di esse.
La pena più severa (8 anni) è stata comminata a Phuntsog Nyidron, già in carcere per una precedente condanna a 9 anni. Ngawang Sangdrol, sua ex compagna di cella, all'epoca sedicenne, è stata condannata a 6 anni ulteriori. Nel 2003, al momento della sua liberazione e della sua partenza per gli Stati Uniti, aveva passato circa 21 anni in carcere.
L'ex monaca garu Ngawang Sangdrol, che sta adesso studiando l'inglese a New York, ha detto: "Abbiamo registrato le canzoni perchè volevamo che le nostre famiglie sapessero che eravamo ancora vive, e che il popolo tibetano venisse a conoscenza della nostra situazione e dell'amore che portiamo al nostro paese. Speravamo che avrebbero raggiunto le nostre famiglie, ma ovviamente non ne potevamo essere certe. Finché non sono arrivata negli Stati Uniti, non avevo la minima idea che le nostre canzoni erano state ascoltate da tutto il mondo mentre eravamo ancora in prigione. Ascoltarle adesso mi rende molto triste, perché ricordo le nostre amiche che sono morte in carcere."
Nel febbraio 1994, un anno dopo le nuove sentenze per la registrazione delle canzoni, la monaca garu Gyaltsen Kelsang ha avuto un collasso cardiocircolatorio dopo una sessione di esercitazioni militari comminate dalle autorità carcerarie come punizione per le monache ed altre prigioniere di Drapchi. Gyaltsen Kelsang è stata trasportata in ospedale, paralizzata ad entrambi gli arti inferiori, e rilasciata sulla parola del medico nel dicembre 2004. E' morta a casa due mesi dopo, all'età di 26 anni.
Nel giugno 1998, cinque monache sono morte a Drapchi dopo cinque settimane di crudeli maltrattamenti in seguito a una serie di proteste pacifiche avvenute in carcere un mese prima. Tutte le monache erano amiche ed erano state incarcerate ad un'età compresa tra i 19 e i 25 anni per la loro resistenza pacifica alla dominazione cinese in Tibet. I loro nomi erano: Drugkyi Pema (al secolo Dekyi Yangzom), Tsultrim Zangmo (al secolo Choekyi Zangmo), Lobsang Wangmo (al secolo Tsamchoe Drolkar), Tashi Lhamo (al secolo Yudron Lhamo) e Khedron Yonten (al secolo Tsering Drolkar).
Le monache di Drapchi erano note per la loro amicizia e solidarietà, e talvolta hanno messo la loro stessa vita in pericolo per proteggere le loro amiche e compagne di cella. Ngawang Sangdrol ricorda quel che avvenne dopo le proteste del maggio 1998 a Drapchi, quando tutti i prigionieri furono duramente percossi e torturati dopo che, all'alzabandiera del vessillo cinese, avevano gridato slogan in favore del Dalai Lama. Disse: "A un certo punto, diverse guardie si sono messe a tirarmi calci in testa e a bastonarmi, mentre stavo svenendo. Più tardi, ho sentito che un'altra monaca, Phuntsog Peyang, mi si era gettata addosso per proteggermi, pensando che sarei stata uccisa. A quel punto anche lei fu percossa duramente. Probabilmente mi ha salvato la vita." La determinazione delle monache ed il loro rifiuto di sottomettersi alle autorità carcerarie è chiaramente espresso nella sentenza.