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À la P'tite

Patrick Denain & Daniel Dénecheau
Lingua: Francese


Lista delle versioni e commenti


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Écrite et chantée par Patrick Denain et Daniel Dénecheau
Scritta e cantata da Patrick Denain e Daniel Dénecheau



Buonasera a tutti voi! Eccomi di nuovo qua con una canzone che, forse, non vi potreste procurare molto facilmente e che ho preparato un po' dato che non la si trova neppure in rete e ho dovuto ricopiarla di sana pianta dal volume di canti di una corale che ho a casa. Gli autori, Patrick Denain e Daniel Dénecheau, sono due cantanti popolari e fisarmonicisti del Nord (Denain si chiama anche una città del dip. del Nord), hanno tutti e due due un bel paio di baffoni e può darsi che scrivano anche delle belle canzoni, però non le conosco a parte questa e un'altra, che sto pure preparando.

Questa qua parla del vecchio carcere minorile di Parigi, che si chiamava le “Prisons de la Roquette” perché, appunto, si trovava nella rue de la Roquette nell' 11° Arrondissement, vicino al cimitero del Père-Lachaise. A dire il vero, come si può anche vedere dalla fotografia che ho preso da Wikipedia, il vero nome sarebbe stato “Maisons des jeunes détenus”, Casa dei giovani detenuti; però ce ne voleva a chiamarla “casa”. Le prigioni furono cominciate a costruire nel 1826 sotto re Carlo X, e furono “aperte al pubblico” nel 1830. Esattamente l'11 settembre 1830, tanto per sottolineare una certa data che sembra entri parecchie volte nella Storia.

Contemporaneamente al carcere minorile (vi venivano rinchiusi ragazzi dai 14 ai 20 anni di età), fu decisa anche la costruzione, nel medesimo luogo, di un altro carcere; non bastavano le galere, evidentemente, dato che a Parigi ne esistevano già una dozzina circa. Il secondo carcere fu aperto nel 1836, di modo che tutta la zona era diventata un'enorme area carceraria. Fatto importante, il secondo carcere era stato destinato ai condannati a morte: da una parte i ragazzi e dall'altra i prigionieri destinati a essere ghigliottinati. Ben presto le due prigioni furono chiamate l'una la “Petite Roquette”, la “Roquettina” per i detenuti minorenni, e l'altra la “Grande Roquette”, la “Roquettona” per i condannati a morte.

Dopo anni e anni di “servizio”, la Grande Roquette fu chiusa nel 1899. Sulla piazza antistante, Place de la Roquette, erano stati ghigliottinati fino a quel momento 69 prigionieri, tra cui una donna. In effetti, uno dei “compiti” specifici della Grande Roquette era proprio quello di essere l'unico carcere parigino abilitato a ospitare le donne condannate alla pena capitale.

La “Petite Roquette”, ovvero la “P'tite”, il carcere minorile, rimase invece in attività molto più a lungo. A partire dal 1935, oltre che per i minorenni, fu destinato anche a carcere femminile. Tra i suoi “ospiti” vi fu anche il grande scrittore Jean Genet, che vi fu rinchiuso all'età di 15 anni. Nel 1939 passò la legge che proibiva le esecuzioni capitali in pubblico, e quindi altre due donne furono ghigliottinate all'interno del carcere (Georgette Monneron nel 1942, madre infanticida, e Marie-Louise Giraud, condannata a morte nel 1943 per aborto clandestino sotto il regime di Pétain). Lo stesso regime fascista e collaborazionista di Pétain furono rinchiuse alla Petite Roquette circa 4000 donne impegnate nella Resistenza.

Il carcere della Petite Roquette è stato chiuso nel 1974 e demolito completamente nel 1975. Al suo posto, e qui devo dire con decisione assai saggia, è stato costruito il più grande giardino pubblico di Parigi, detto Square de la Roquette. Come ingresso al giardino, però, è stato mantenuto l'antico cancello del carcere per ricordare che cosa c'era prima.

Non so esattamente se la canzone di Denain e Dénecheau sia stata composta prima o dopo la chiusura del carcere, cioè: se descrive qualcosa di attuale, o se si tratta di una specie di “chanson historique”. In ogni caso, parla con precisione di che cosa avveniva dentro quel luogo destinato a rinchiudere dei ragazzini. E' scritta in un jargon molto crudo e pesante che ho provato a rendere in qualche modo, probabilmente senza riuscirci. Però la devo ancora finire, la traduzione, e la metterò presto. Saluti cari a tutti, avv. Jeanne Auban Colvieil da Arles (Francia).
Ceux qui ding' qu'ont pas dix-huit ans,
on les envoie pour quelque temps
expier leur mauvaise counduite
à la P'tite.

Sitôt décarrés du panier,
les gaffes les font déshabiller
et sous une douche les précipitent
à la P'tite.

Puis d'la taule i' r'vêtent le complet.
Bois, broc, béret et gilet
leur sont donnés d' façon gratuite
à la P'tite.

Harnachés, le gaffe les conduit
de riffl' dans un sombre réduit.
C'est en cellotte que l'on habite,
à la P'tite.

Quand d'aucuns se r'trouvent là seulos,
y en a qui éclatent en sanglots.
Mais la plupart s'y font bien vite,
à la P'tite.

Toute la journaille, sans regimber,
du cuivre il leur faut ébarber.
Gratter, c'est la règle prescrite,
à la P'tite.

Du boulot, cette crèche sans pitié
d' son montant leur donne à la moitié.
Pour l'État l'aut' part est souscrite,
à la P'tite.

Comme croûte une soupe à la noix,
vestos, riz, patates, lentilles, pois,
et le dimanche de la viande pas cuite,
à la P'tite.

Quand ils sont pris à bavarder,
ou bien encore à bombarder,
on leur fourre pour huit jours de suite,
à la P'tite.

Quand l' gaffe les appelle au parloir,
que c'est leur dab' qui vient les voir,
ils sont bien contents d'sa visite,
à la P'tite.

Comme y a des gaffes à l'intérieur
et des griftons à l'extérieur,
faut êt' marl' pour se faire la fuite,
à la P'tite.

Quand les sens viennent les agiter,
i' s' tapent des rassis sans compter.
À ce truc-là ils s'attigent vite,
à la P'tite.

C'est pas en m'nant les gosses dur'ment
qu'on obtiendra leur amendement.
C' régime à la haine les incite,
à la P'tite.

inviata da Avv. Jeanne Auban Colvieil, Arles (France) - 5/2/2016 - 20:35



Lingua: Italiano

Traduzione in italiano di Jeanne Auban Colvieil
5.II.16
(Ci ho messo anche qualche piccola nota)
ALLA “PETITE”

Quelli che, cazzo, non hanno ancora diciott'anni
li si manda per un po' di tempo
a espiare la loro cattiva condotta
alla “Petite”.

Appena scaricati dal cellulare
i guardiani li fanno spogliare
e li spediscono di corsa sotto la doccia
alla “Petite”.

Poi li bardano completamente da carcerati,
cucchiaio di legno, bicchiere, berretto e gilé
glieli danno a gratis
alla “Petite”.

Così bardati, il guardiano armato
li porta in un un bugigattolo buio.
E' in cella che si abita
alla “Petite”.

Quando si ritrovano là, soli,
qualcuno scoppia a singhiozzare.
Ma quasi tutti ci si abituano presto,
alla “Petite”.

Tutta la giornataccia, senza far storie,
bisogna alleggerirli degli spiccioli,
fregare soldi è la regola prescritta
alla “Petite”.

Per il lavoro, questo asilo spietato
del dovuto gliene dà la metà;
per lo Stato l'altra metà è obbligatoria
alla “Petite”.

Come sbobba, una minestra di noci [1],
legumi secchi [2], patate, lenticchie, piselli
e la domenica carne cotta male [3],
alla “Petite”.

Quando sono sorpresi a chiacchierare
oppure a fare troppo casino,
li si mette in isolamento per otto giorni di fila,
alla “Petite”.

Quando il guardiano li chiama al parlatorio,
ché c'è il babbo che viene a vederli,
sono ben contenti della sua visita,
alla “Petite”.

E siccome ci sono guardiani all'interno
e soldati all'esterno
bisogna essere davvero dei dritti per scappare
dalla “Petite”.

Quando sono agitati dai sensi
si tirano seghe a tutt'andare,
è una roba che praticano spesso,
alla “Petite”.

Non è trattando i ragazzi duramente
che li si farà ravvedere,
questo trattamento li incita all'odio,
alla “Petite”.

[1] La soupe à la noix si fa con delle noci tritate, un uovo, crema fresca e brodo di pollo; ma non credo che la servissero ai ragazzi in galera fatta in questo modo, sarà stata sicuramente una zuppaccia fatta chissà come.

[2] I “vestos” sono proprio i legumi secchi da galera (un miscuglio di ceci, fagioli e altre cose fatti seccare quarant'anni prima o roba del genere). Si tratta veramente di un termine carcerario, tant'é che dicendo a qualcuno “as-tu mangé des vestos?” gli si chiede se è stato in carcere, in realtà.

[3] Veramente il testo dice “viande pas cuite”, ovvero carne non cotta, ma non credo che nemmeno alla Roquette servissero carne cruda...

inviata da Avv. Jeanne Auban Colvieil, Arles (France) - 5/2/2016 - 21:27




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