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Ichanara

Ahmed il Lavavetri
Lingua: Italiano



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[6 ottobre 2015]
Con la musica di complicità:
Cuor senza sangue
Capdevielle-Di Giovanni
Eseguita da Emma Shapplin
(In Carmine Meo, 1997)

"L'antico canto anarchico", -dice Ahmed il Lavavetri-, "è tanto irripetibile quanto, attualmente, urgente. Naturalmente esso non può e non potrà mai più essere quello classico, pietrogoriano, roboante, squisitamente innestato su forme solenni e, diciamolo francamente, chiesastiche; è una stagione che tale deve restare. La stagione dell'oggi, però, molto avrebbe da imparare da que' tempi lontani; ed è così che, cambiate le mutande (mutatis mutandis), deve porsi questo mio tentativo di moderno canto anarchico, endofasico e popolaresco al tempo stesso, e ad un tempo altrettanto medesimo chiarissimo ed oscuro. Sommesso e infuocato, solitario e sociale, collettivo e individualista; tali vorrebbero essere le sue motivazioni più profonde, tenendo anche conto di un tasso alcolico non indifferente e della naturale propensione al lirismo adolescenziale -che del testo è caratteristica saliente di un po' tutta l'anarcheria originaria. Ichanara è la terra spromessa e sfatata dei fantàsimi dell'unopercento; Ichanara è una gatta nera che, come la Pampalea antichissima (Παμπάλαια, tantè che propriamente si dovrebbe leggere "Pampàlea"), percorre dormendo l'universo mondo fino al bar che lo termina; Ichanara è il centimetro che viene dopo Utopia; Ichanara è la notte fonda in un quartiere disperato e bellissimo. Ichanara, infine, sarà la vostra morte e la nostra vita; nulla di astioso, né di irreale in questa affermazione, bensì presa d'atto e coscienza del divenire inarrestabile. L'associazione al sublime e batterizzato canto del Cuor senza sangue, conclude Ahmed, "è anch'essa antica e si pregia dell'inattualità più conchiusa e della teoria irrefrenabile dell'opposta e convessa apparenza che sottintende il cerchio che s'allarga infinitamente invece di serrarsi."

Avanza nel tempo con passo di fango e di pietra,
Valente di fuoco, d'oscuri rifugi e di pene silente.
Di dure prigioni, di vita e di morte intrecciate,
Di eterne rivolte puntate al potere che tuona.
Oppressi di tempi lontani si volgon dal sole,
Oppressi di tempi presenti soverchian la notte ;
Le plebi nel buio dei venti che soffian ribaldi,
La guerra che striscia serpente di secco deserto.
Corriamo ad alture gelate ed a sogni disciolti
E il mare è una gatta che sfida tetra lamarina ;
E' nera di pece e per dove cammina nel niente
Si senton bisbigli, la voce ribelle ognora si sente.
E per Ichanara è duro il cammino, ingobbito,
Più oltre del vero e del falso, più avanti nel gorgo ;
Tra le giungle urbane e i passi di Guadalajara,
Tra monti innevati e foreste pluviali di lutto
Si disvela il tutto ; sospesi tra l'ieri e il domani,
Ancora inviolati ed in lotta contro la palude ;
Tra fabbriche ottuse, galere, sconfitte, rialzi,
Tra ciò che non cessa e ciò che spariamo di pace
Tant'è che l'imbelle speranza si muta alfine in sparanza ;
Tra marce in catene e l'alito sozzo del giudice,
Tra la solitudine invitta e la mano del compagno ;
Tra il boia che officia ed un lurido dio di vendetta,
Tra il bello che non si compiace, ma arma si fa maledetta.
Così ad Ichanara noi andiamo come ad un ultimo fiato ;
Sopra i galeoni o coi piedi, con macchine rotte e singulti.
Così ad Ichanara noi andiamo come ad una nuova vita,
Di terra e di fango, di fuoco, di carne bollente infinita.

inviata da A.i.L. - 7/10/2015 - 01:01




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