Sulla Basilica di Santa Croce
il sole scarica senza pietà
sopra il suo tufo batte feroce
come un gioiello scrostato sta
La pietra sgretolata geme
tutto un disegno di facce e mostri
nel nostro tempio barocco freme
sbriciola i giorni, si affaccia ai chiostri
È come l'anima butterata
come il progetto che s'incasina
la nostra sete che non ha data
la nostra attesa che non s'inchina
Tutto un destino nella facciata
che perdi l'occhio, che non abbracci
la Santa Croce sta stritolata
da cento vicoli presa nei lacci
Dopo la guerra, i muratori
senza lavoro, senza più pane
volsero i passi contro i signori
vollero uscirsene dalle tane
Se alfine il sangue ci ha liberato
versato invano in terre straniere
dopo il fascismo qualcosa è nato
aprite della fame le galere
I contadini e gli artigiani
il venticinque settembre vanno
chi senza gambe chi senza mani
chi per speranza chi con affanno
Ma non c'è pace per chi lavora
e Santa Croce sprezzante resta
mentre la folla minaccia e implora
lei senza voce gira la testa
Verso il Palazzo dei Celestini
tutto il corteo s'era riversato
calate i prezzi degli olii e i vini
rendete il pane a chi l'ha sudato
Fuori il prefetto, il prefetto scappa
venga qualcuno che ci risponda
ed il Palazzo dentro una cappa
di odio armato tace e sprofonda
È un chiuso chiostro è una fortezza
architettonica e misteriosa
serra un quadrato di azzurra brezza
un colonnato che silenzioso
La villa comunale lì vicino
dove un bambino che ci giocava
colpito a caso il nostro destino
e l’innocenza ferita stava
Fu aperto il fuoco sopra la folla
sparsero sangue sopra il selciato
Francesco Schifa dalle budella
la baionetta gli aprì il costato
Sugli altri cristi che poverelli
il piombo ha sempre l'ultima parola
fu ucciso Oronzo Zingarelli
e un tal Fatano di nome Nicola
Due giorni dopo i funerali
da Porta Napoli mossero lenti
e della folla si aprì le ali
dall'obelisco, fuori dai denti
E dai paesi circonvicini
per un dolore che non si estingue
degli artigiani dei contadini
dal novecentoquarantacinque
Ora i turisti che se ne vanno
da Santa Croce all'Anfiteatro
più numerosi anno per anno
per Lecce Vecchia, l'Arco di Prato
Con un sussulto di orgoglio e amore
e quanti giorni che fanno l'età
e quanto sangue e quanto splendore
hanno impastato la mia città.
il sole scarica senza pietà
sopra il suo tufo batte feroce
come un gioiello scrostato sta
La pietra sgretolata geme
tutto un disegno di facce e mostri
nel nostro tempio barocco freme
sbriciola i giorni, si affaccia ai chiostri
È come l'anima butterata
come il progetto che s'incasina
la nostra sete che non ha data
la nostra attesa che non s'inchina
Tutto un destino nella facciata
che perdi l'occhio, che non abbracci
la Santa Croce sta stritolata
da cento vicoli presa nei lacci
Dopo la guerra, i muratori
senza lavoro, senza più pane
volsero i passi contro i signori
vollero uscirsene dalle tane
Se alfine il sangue ci ha liberato
versato invano in terre straniere
dopo il fascismo qualcosa è nato
aprite della fame le galere
I contadini e gli artigiani
il venticinque settembre vanno
chi senza gambe chi senza mani
chi per speranza chi con affanno
Ma non c'è pace per chi lavora
e Santa Croce sprezzante resta
mentre la folla minaccia e implora
lei senza voce gira la testa
Verso il Palazzo dei Celestini
tutto il corteo s'era riversato
calate i prezzi degli olii e i vini
rendete il pane a chi l'ha sudato
Fuori il prefetto, il prefetto scappa
venga qualcuno che ci risponda
ed il Palazzo dentro una cappa
di odio armato tace e sprofonda
È un chiuso chiostro è una fortezza
architettonica e misteriosa
serra un quadrato di azzurra brezza
un colonnato che silenzioso
La villa comunale lì vicino
dove un bambino che ci giocava
colpito a caso il nostro destino
e l’innocenza ferita stava
Fu aperto il fuoco sopra la folla
sparsero sangue sopra il selciato
Francesco Schifa dalle budella
la baionetta gli aprì il costato
Sugli altri cristi che poverelli
il piombo ha sempre l'ultima parola
fu ucciso Oronzo Zingarelli
e un tal Fatano di nome Nicola
Due giorni dopo i funerali
da Porta Napoli mossero lenti
e della folla si aprì le ali
dall'obelisco, fuori dai denti
E dai paesi circonvicini
per un dolore che non si estingue
degli artigiani dei contadini
dal novecentoquarantacinque
Ora i turisti che se ne vanno
da Santa Croce all'Anfiteatro
più numerosi anno per anno
per Lecce Vecchia, l'Arco di Prato
Con un sussulto di orgoglio e amore
e quanti giorni che fanno l'età
e quanto sangue e quanto splendore
hanno impastato la mia città.
inviata da Alessio Lega (per tramite di R.V.) - 25/9/2015 - 23:53
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[2014]
Parole e musica di Alessio Lega
Lyrics and Music by Alessio Lega
Paroles et musique: Alessio Lega
La musica è liberamente ispirata alla canzone di rivendicazione irlandese James Larkin.
Pubblicata nell'album Mare Nero Ritratto di un inferno bello mosso (2017)
"Il 25 settembre 2015 ritiro il Premio Civilia 'Cantacronache', e suono al Palazzo Comunale di San Cesario.
La data, del tutto casualmente cade in un anniversario sconosciuto persino ai leccesi, ma per me straziante: il 25 settembre del 1945, esattamente 70 anni fa, dalla Prefettura sita nel Palazzo dei Celestini, che con la Basilica di Santa Croce lì affianco forma uno dei più bei monumenti del Barocco Leccese, le guardie aprirono il fuoco su una folla che chiedeva pane. Morirono 3 persone, Francesco Schifa, Oronzo Zingarelli e Nicola Fatano, povera gente cancellata dal Potere, dalla Storia e dalla memoria financo dei miei concittadini. Su questa vicenda ho scritto un canto ancora inedito del quale vi allego il testo. A loro è dedicato questo Premio." - Alessio Lega.
È difficile oggi trovare persone a Lecce che conoscano i fatti di quel settembre del quarantacinque, quando, come mai era prima avvenuto, il selciato cittadino è bagnato da sangue operaio. Sconosciuti ai più sono anche i nomi e nessuna via ricorda nella targa quelle vittime cadute per il pane e per il lavoro. Comincia la mattina del 24: cinquemila persone, piene di rabbia per la miseria e la disoccupazione che porta la fame in città, sono in piazza, raccogliendo l’invito a scioperare e manifestare lanciato da “Lega dei Muratori” e Camera del Lavoro, al loro fianco PCI, PSI, Partito d’Azione e Cln. Lo sciopero si protrae ed anche l’occupazione della Piazza: la mattina del 25 i manifestanti sono diventati diecimila e al grido di “Pane e Lavoro” arrivano al portone sbarrato del Palazzo dei Celestini, dove ha sede la Prefettura protetta da un folto schieramento di carabinieri che non riescono a sostenere l’urto della folla che penetra negli androni, alla fine fermata dall’intervento dei marinai della “San Marco”. Si odono gli spari e si vedono uomini cadere, il primo è Nicola Fatano, venditore ambulante, poi il pizzicagnolo Oronzo Zingarelli, cade pure Francesco Schifa, muratore, si contano anche dei feriti fra i quali un bambino di nove anni che sta sulla porta della propria abitazione incuriosito dal tumulto. - Diritti Distorti
Nel sentire comune, Lecce é da sempre apparsa come una città avulsa da problematiche connesse alle grandi lotte operaie, perché qualcuno ha voluto cancellare dalla memoria il ricordo di quel lontano 25 settembre 1945, giorno in cui a bagnare di sangue le vie cittadine furono le vite assassinate di Francesco Schifa, Oronzo Zingarelli e Nicola Fatano. Nessuna targa o via, infatti, come se ne vedono in ogni città che non dimentica le proprie radici e gli eventi che ne hanno contraddistinto la propria storia, ricorda quella manifestazione di protesta partita il 24 settembre, nella quale prima cinquemila poi diecimila cittadini piene di rabbia per la fame e la disoccupazione dilagante scesero in piazza, raccogliendo l’invito a scioperare e manifestare lanciato da “Lega dei Muratori” e Camera del Lavoro, al loro fianco PCI, PSI, Partito d’Azione e Cln. E dopo aver occupato la piazza al grido di “Pane e Lavoro” giunsero al portone del Palazzo dei Celestini, dove ha sede la Prefettura protetta da un folto schieramento di carabinieri che non riuscivano a sostenere l’urto della folla che penetrò negli androni. Ed é lì che i marinai della “San Marco" cominciarono a sparare e a colpire fatalmente nell'ordine: Nicola Fatano, venditore ambulante, poi il pizzicagnolo Oronzo Zingarelli, ed infine Francesco Schifa,
muratore. Diversi anche i feriti fra i quali un bambino di nove anni. Sono passati, quindi, 69 anni, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ed é giunto il momento di riaccendere il ricordo procedendo sin da oggi alla predisposizione di una commemorazione e di una targa che ricorda quei tragici eventi, almeno in occasione dei 70 anni. - Sportello dei Diritti
Alessio Lega ci ha voluto inviare questa sua canzone, scritta in realtà lo scorso anno e che avevo avuto modo di ascoltare per un'unica volta all'Istituto De Martino di Sesto Fiorentino, in occasione del 70° anniversario della strage dei lavoratori leccesi. Dopo avere cantato la canzone, ricordo, Alessio Lega si chiedeva quale titolo darle; gli avevo suggerito di chiamarla "25 settembre", forse perché mi sarebbe piaciuto che esistesse una canzone intitolata con la data del mio compleanno. Non lo nego. Alessio (che peraltro è nato il 26 settembre: quindi, auguri!) ha deciso diversamente, e va bene così per ricordare questo episodio tragico e avvilente. A proposito: la strage fu compiuta dai marinai del battaglione "San Marco", vale a dire dai marò. Ricordiamocene. [RV]