Luglio 1941. Accanto ai tedeschi e contro i sovietici, Mussolini invia il Corpo di Spedizione Italiano in Russia: 58.800 soldati, 2.900 ufficiali che si portano dietro pezzi di artiglieria da campagna, anticarro, contraerei, automezzi di ogni tipo. Viene schierato nell’Ucraina meridionale alle dipendenze dei tedeschi.
Nel luglio 1942 diventa parte dell’Armir, Armata Italiana in Russia. Già a settembre dello stesso anno, lo sforzo militare del regime fascista è impressionante: 230.000 uomini, 150.000 schierati in prima linea contro i sovietici, accanto ai nazisti.
L’Armir viene destinata alla protezione del fianco sinistro delle truppe impegnate nella battaglia di Stalingrado.
Tra novembre e dicembre 1942, l’Armata Rossa lancia una potente offensiva contro italiani, tedeschi, rumeni e ungheresi. I sovietici impiegano truppe corazzate, sfondano le linee italiane, annientano la fanteria. Dal gennaio 1943 inizia la dolorosa e umiliante ritirata dell’Armir.
I soldati lasciano i luoghi di battaglia e si avviano alla lunga marcia, tra temperature impossibili, bufere e vento, incursioni frontali dei sovietici e dei partigiani nelle retrovie.
Dei 58.000 alpini partiti ne tornano solo 11.000: 25.000 vengono uccisi sulle rive del Don, 60.000 muoiono nei campi di prigionia.
Scriveva Mario Rigoni Stern.
……..Allora mi accorgo dell’uomo morto sulla soglia e vedo che lì vicino il pavimento è tutto rosso di sangue. Non so dire quello che ho provato, vergogna o disprezzo di me, dolore per loro o per me. Mi precipitai fuori come se fossi il colpevole. Vi è di nuovo adunata. Stavolta è davanti alla chiesa. Si vedono abbandonati dei camion italiani carichi di sacchi di patate secche tagliate a fette e mi riempio le tasche di queste. Sulla neve vi sono pure due botti di vino. Una è sfondata con dentro il vino gelato tutto a scaglie rosse. Mi riempio la gavetta di scaglie rosse e me ne metto qualcuna in bocca. Un ufficiale dice: – State attenti, potrebbe essere avvelenato-. Ma non era affatto avvelenato. I tedeschi si prendono tutti i prigionieri russi che abbiamo fatto, si allontanano e poi sentiamo numerose raffiche e qualche colpo. Nevica.
Nel luglio 1942 diventa parte dell’Armir, Armata Italiana in Russia. Già a settembre dello stesso anno, lo sforzo militare del regime fascista è impressionante: 230.000 uomini, 150.000 schierati in prima linea contro i sovietici, accanto ai nazisti.
L’Armir viene destinata alla protezione del fianco sinistro delle truppe impegnate nella battaglia di Stalingrado.
Tra novembre e dicembre 1942, l’Armata Rossa lancia una potente offensiva contro italiani, tedeschi, rumeni e ungheresi. I sovietici impiegano truppe corazzate, sfondano le linee italiane, annientano la fanteria. Dal gennaio 1943 inizia la dolorosa e umiliante ritirata dell’Armir.
I soldati lasciano i luoghi di battaglia e si avviano alla lunga marcia, tra temperature impossibili, bufere e vento, incursioni frontali dei sovietici e dei partigiani nelle retrovie.
Dei 58.000 alpini partiti ne tornano solo 11.000: 25.000 vengono uccisi sulle rive del Don, 60.000 muoiono nei campi di prigionia.
Scriveva Mario Rigoni Stern.
……..Allora mi accorgo dell’uomo morto sulla soglia e vedo che lì vicino il pavimento è tutto rosso di sangue. Non so dire quello che ho provato, vergogna o disprezzo di me, dolore per loro o per me. Mi precipitai fuori come se fossi il colpevole. Vi è di nuovo adunata. Stavolta è davanti alla chiesa. Si vedono abbandonati dei camion italiani carichi di sacchi di patate secche tagliate a fette e mi riempio le tasche di queste. Sulla neve vi sono pure due botti di vino. Una è sfondata con dentro il vino gelato tutto a scaglie rosse. Mi riempio la gavetta di scaglie rosse e me ne metto qualcuna in bocca. Un ufficiale dice: – State attenti, potrebbe essere avvelenato-. Ma non era affatto avvelenato. I tedeschi si prendono tutti i prigionieri russi che abbiamo fatto, si allontanano e poi sentiamo numerose raffiche e qualche colpo. Nevica.
inviata da dq82 - 1/5/2015 - 11:31
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Storie dell'altra Italia
Portata in scena e musicata da Daniele Biacchessi, Gang e Massimo Priviero in "Storie dell'altra Italia"