Vai amico, ti stanno aspettando
Davanti a una banca o in una stazione
Su una strada, in una camera di albergo
Nei cortili di una prigione
Ti stanno aspettando
Hanno caricato l'orologio ed il fucile
E aspettano che arrivi all'appuntamento
Non ti guarderanno in faccia prima di sparare
Faranno come se tutto fosse già successo
Vai amico, ti stanno aspettando
Le carabine puntate e la coscienza bianca
E dietro gli occhi la parete di cera
Su cui è scritto "Ordine"
Ti stanno aspettando, è ora che ti muova
Non puoi cercare di scappare
Sono loro che fanno girar le carte
T'hanno preparato l'appuntamento
Quando hanno voluto stringere la rete
Lo sanno bene che devi arrivare
T'hanno sempre guardato
Dal giorno in cui sei nato
Dal primo orfanotrofio al primo riformatorio
Dalla casa nel ghetto al lavoro rifiutato
Perché “non mi fido di un ex carcerato”
Dalla prima fame, dal primo furto
Dal primo ingaggio, dalla prima pistola
Ti stanno aspettando...
Ora la macchina è pronta, la pistola è carica
Ma i loro fucili sono già puntati
La miseria sarà ammazzata ancora una volta
E nessuno ha mai voluto che tu cambiassi strada
Quindi non aspettare, amico, hanno fretta
E non ci sono più carte da giocare
Gli sciacalli del buonsenso, i drogati dell'ordine
Oggi voglion vedere il sangue alla televisione
Le bestie feroci hanno fame, vogliono carne da mangiare
Davanti a una banca o in una stazione
Su una strada, in una camera di albergo
Nei cortili di una prigione
Ti stanno aspettando
Hanno caricato l'orologio ed il fucile
E aspettano che arrivi all'appuntamento
Non ti guarderanno in faccia prima di sparare
Faranno come se tutto fosse già successo
Vai amico, ti stanno aspettando
Le carabine puntate e la coscienza bianca
E dietro gli occhi la parete di cera
Su cui è scritto "Ordine"
Ti stanno aspettando, è ora che ti muova
Non puoi cercare di scappare
Sono loro che fanno girar le carte
T'hanno preparato l'appuntamento
Quando hanno voluto stringere la rete
Lo sanno bene che devi arrivare
T'hanno sempre guardato
Dal giorno in cui sei nato
Dal primo orfanotrofio al primo riformatorio
Dalla casa nel ghetto al lavoro rifiutato
Perché “non mi fido di un ex carcerato”
Dalla prima fame, dal primo furto
Dal primo ingaggio, dalla prima pistola
Ti stanno aspettando...
Ora la macchina è pronta, la pistola è carica
Ma i loro fucili sono già puntati
La miseria sarà ammazzata ancora una volta
E nessuno ha mai voluto che tu cambiassi strada
Quindi non aspettare, amico, hanno fretta
E non ci sono più carte da giocare
Gli sciacalli del buonsenso, i drogati dell'ordine
Oggi voglion vedere il sangue alla televisione
Le bestie feroci hanno fame, vogliono carne da mangiare
inviata da Riccardo Venturi - 15/12/2014 - 12:20
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Scritta dal Collettivo Víctor Jara:
Chiara Riondino
David Riondino
Gaia Gualtieri
Massimo Fagioli
Daniele Trambusti
Silvano Panichi
In album : "Non vi mettete a spingere" [1979]
Questa è, al tempo stesso, una canzone a caldo e a freddo. Parla, in senso generale, di vite, di scelte e di lotte; e di disperazioni, e di galere, e di rivolte. Parla pure, però, di un fatto ben preciso; accadde a Firenze, in piazza Leon Battista Alberti, il 29 ottobre 1974. Quarant'anni fa.
In questo sito, a pensarci bene, di canzoni che parlano di banditi ce ne sono parecchie; abbastanza per tirarci su un “percorso”, probabilmente. Oggi però non si parla di romantici e lontani “fuorilegge” o “outlaws”, si parla di due proletari armati per i quali la morte, come la canzone dice esattamente, era già preparata e da servire con cura. Si chiamavano Luca Mantini, 25 anni all'epoca, di Firenze; e Giuseppe Romeo, detto Sergio, vent'anni, di Aiello del Sabato in provincia di Avellino. Si parlerà anche, più in avanti, della sorella di Luca.
So bene di addentrarmi in un terreno pericoloso, di quelli che possono far sobbalzare parecchie “anime candide”, vere o finte, specialmente in questi tempi. Ne sono perfettamente cosciente, ed aggiungo pure che, se non lo avevo fatto prima, è solo perché la canzone del Collettivo Víctor Jara non è stata presente in Rete fino al 27 agosto 2014, quando l'ha messa sul Tubo Daniele Trambusti, un membro stesso del Collettivo.
Non un bandito, ma due. Furono ammazzati come cani dai carabinieri, durante una rapina a una filiale della “Cassa di Risparmio”. Quel giorno, il 29 ottobre 1974, avevo undici anni, e abitavo a nemmeno un chilometro e mezzo da quel posto; vidi tornare a casa mio padre, che ci era passato tornando a casa senza sapere niente e con un cadavere ancora là, terreo in volto. Erano tempi strani e particolari. Era lo stesso padre, il mio, che ugualmente terreo aveva voluto spiegarmi, pochi mesi prima venendomi a riprendere a scuola, che cosa era accaduto quella mattina a Brescia usando parole chiare: maledetti fascisti. Nello stesso 1974, undicenne, si era ripetuto tutto in agosto, con la bomba sul treno Italicus. Essere un ragazzino nel 1974 in Italia significava questo: essere messo a confronto con uno stato assassino e con chi si rivoltava. Così, nessuno si stupiva se lo stesso ragazzino, e non era il solo, i giorni successivi leggeva i manifesti, scritti a mano e attaccati sui muri di Firenze, che parlavano di quei fatti. Desiderando sapere, in modo forzatamente imperfetto; formandosi però qualcosa che cominciava a incanalarsi verso una coscienza ben precisa.
Del Collettivo George Jackson, della politicizzazione dei detenuti nelle galere, delle rivolte carcerarie, dei Nuclei Armati Proletari, ne avrei saputo meglio negli anni a venire. Quando tutto era già finito, e finito con la morte di quasi tutto e con la galera di chi era sopravvissuto. Più tardi ne avrei conosciuti di persona alcuni, come Pasquale Abatangelo che quel giorno era pure in piazza Alberti; per questo sono solito dire, perché sono cose che mi innestano molto pudore, che c'ero e non c'ero al tempo stesso. C'ero fisicamente, non c'ero come coscienza che non potevo avere, o che era in una fase embrionale pur accettando la mia “testa strana” anche da piccolo. Solo pochi anni fa la storia dei NAP è stata raccontata per esteso, in modo esatto, da una persona che neppure era nata all'epoca: Valerio Lucarelli, poco più che trentenne, nel volume “Vorrei che il futuro fosse oggi”.
Il “bandito”, quindi, come entità tutt'altro che astratta, “romantica”, lontana. Tutta una serie di banditi, e nel senso proprio del termine. Proletari e sottoproletari la cui coscienza si era formata nelle galere. Lo stesso Luca Mantini, finito alle Murate nel 1972 dopo gli scontri, avvenuti a Prato, durante un comizio fascista del MSI in quella “campagna elettorale” che vide anche l'assassinio poliziesco di Franco Serantini, aveva scelto di essere rinchiuso tra i “detenuti comuni”. Non a caso, nel 1973, fonda a Firenze il Collettivo intitolato a George Jackson. E non a caso, tra le letture fondanti, ci sono i “Dannati della Terra” di Frantz Fanon. Non a caso viene scelta la lotta armata. Non a caso vengono quasi tutti sterminati. Che sia durante una rapina di autofinanziamento, quella dove “li stavano aspettando”, che sia a bruciapelo, su un pianerottolo, durante una “retata antiterrorismo” di questure con licenza di uccidere, sia in mezzo a una strada. Achtung Banditen.
Aveva 22 anni Annamaria Mantini, la sorella di Luca, nome di battaglia “Luisa”, quando fu ammazzata a tradimento da un agente del questore Santillo, l'8 luglio 1975 a Tor di Quinto, a Roma. Un colpo di pistola in piena fronte dopo che gli agenti si erano appostati per un giorno e mezzo. Un altro fiorentino volle parlare della sua vicenda, adombrandola come “Viola”, nell'ultima sua opera pubblicata. Una sorta di romanzo in versi che comparve nel 1985 nella “Medusa” di Mondadori, per scomparire dalle librerie poco dopo. Per scomparire praticamente del tutto, fino a tempi recenti:
avvicinandomi alla parola fine della stesura
che credo sia quella definitiva, stilato
un "intervento" ecco ore diciotto dell'8 luglio
(...)
Ora che s'è fatto silenzio,
a denti stretti ciao - ma ciao dove
se non su questo pianeta che tu bella
infioravi? Luce succo esalati come
scoppia la melagrana al troppo sole.
Tu clandestina.
( ... )
S'è acceso all'orizzonte il faro
che illumina San Miniato musiva,
le verdi colline del Fiore sulla sera.
Egli ha detto: « Aiutami, insieme daremo
voce e lume alla sua storia. Ci spenderò,
io, nel trascriverla, il resto della vita».
E tu non gioire dagl'inferi
del loro cordoglio, bella, del loro
vecchio cuore ... Sei stata di questo
pianeta Italia molecola impazzita,
nel tuo occhio trapassano a fissarlo,
i suoi lutti recenti le quotidiane sozzure.
Massima la "sopraffazione di classe", certo,
come le lotte operaie le feste la poesia.
Tu, esemplare d'allucinata speranza, stolta
vestale della felicità ché Morte d'entro 'l cor
me tragge un core. « Ma cosa citi? Il referente
è altrove », dài, protesta, «e che squallido epifonèma.»
Natascia ha poi detto: «Era l'allodola venuta
a posarsi sul gàttice infido, così è caduta».
Vasco Pratolini, Il mannello di Natascia.
Ma non è, poi, neppure questione di letteratura, sia pure della più elevata. È questione, come si mette bene in luce in questa bella e durissima canzone di un'altra epoca e forse di un altro mondo, di banditi e di risposte. Di coscienze e di prigioni. Il riconoscimento nei “dannati della terra” non rimase esercizio intellettuale e trovò applicazione nell'unico modo in cui era applicabile; e forse proprio per questo ai Nuclei Armati Proletari fu riservato il destino più terribile tra tutte le organizzazioni armate degli anni '70, un vero e proprio sterminio con ogni mezzo. Strinsero la rete, ed eseguirono. Così consegno questa storia, chiedendomi una volta di più da quale parte stia la “guerra”, ed è una domanda che tutti si dovrebbero porre al di là delle proprie opinioni personali. [RV]
da Contromaelstrom, 5 febbraio 2013
Nel 1973 nasceva il Collettivo George Jackson, nel carcere delle Murate a Firenze. Il compagno Luca Mantini militante di Lotta Continua, in carcere per scontri contro i fascisti durante un comizio del Msi, fu uno dei primi a rompere la separazione che fino ad allora esisteva tra detenuti politici e detenuti comuni. Luca ebbe la capacità e la sensibilità di vedere in alcuni giovani extralegali fiorentini (in genere rapinatori) i nuovi soggetti della trasformazione avvenuta nel mondo extralegale che produceva dei ribelli al posto dei malavitosi. Così andò in una cella dove erano i più vivaci giovani extralegali: la miscela fu esplosiva e con quei compagni di cella Luca fondò il collettivo George Jackson, riprendendo il nome di un giovane rapinatore statunitense che in carcere si policizzò diventando membro delle Pantere Nere. In seguito quei giovani extralegali daranno vita ai Nap (Nuclei armati proletari). Luca Mantini verrà ucciso il 29 ottobre 1974 durante un esproprio a una banca di piazza Alberti a Firenze insieme a un altro compagno napoletano, Giuseppe Romeo «Sergio».
I NAP nacquero nella primavera del 1974, riunendo i raggruppamenti preesistenti: a Napoli il Movimento dei proletari emarginati e a Firenze il Collettivo George Jackson. Si unirono anche le Pantere rosse, formatesi nel carcere di Perugia. I Nap iniziarono il loro intervento in un clima incandescente, la polizia sparava contro i rivoltosi e i secondini picchiavano selvaggiamente chiunque protestasse, si moltiplicava l’uso delle più dure punizioni, il letto di contenzione aveva ripreso a funzionare a pieno ritmo massacrando corpi e menti. La prima azione dei Nap fu un messaggio diffuso con altoparlanti:
“Compagni detenuti il volantino qui allegato è la trascrizione del testo megafonato la notte del primo ottobre 1974 davanti ai carceri di Milano, Roma e Napoli e seguita da un’esplosione che aveva lo scopo di distruggere le apparecchiature trasmittenti. […] Attenzione, state lontani, questa apparecchiatura e questo luogo sono minati ed esploderanno al minimo tentativo di interrompere questo messaggio. Compagni e compagne detenuti nel carcere, questo messaggio è rivolto a tutti voi dai Nuclei armati proletari che si sono costituiti in clandestinità all’esterno dei carceri per continuare la lotta dei detenuti contro i lager dello Stato borghese e la sua giustizia; il nostro è un appello alla ripresa delle lotte per il conseguimento degli obiettivi espressi nelle piattaforme dal ’69 in poi."
Una ripresa delle lotte nei carceri che ci vede uniti, ora come dal ’69 in poi, al proletariato; contro il capitalismo violento dei padroni, contro lo Stato dei padroni e il suo governo. La risposta dello Stato borghese a cinque anni di lotta dura è stata una crescente repressione e una serie di provvedimenti fascisti tra i quali il raddoppio della carcerazione preventiva e il definitivo affossamento del progetto di riforme penali. […] Noi non abbiamo scelta: o ribellarsi e lottare o morire lentamente nelle carceri, nei ghetti, nei manicomi, dove ci costringe la società borghese, e nei modi che la sua violenza ci impone. Contro lo Stato borghese, per il suo abbattimento, per la nostra auto liberazione di classe, per il nostro contributo al processo rivoluzionario del proletariato, per il comunismo, rivolta generale nelle carceri e lotta armata dei nuclei esterni. […] I nostri obiettivi immediati sono:
b) abolizione dei riformatori minorili, luoghi di violenza originaria sul giovane proletario
c) amnistia generale e incondizionata, salvo che per i reati di mafia e per la sbirraglia nera
d) abolizione immediata della recidiva
e) inchiesta da parte di una commissione non parlamentare, ma composta da compagni, avanguardie di lotta delle fabbriche e dei quartieri sulle torture, sugli abusi e sugli omicidi
f) la verità sul compagno fucilato a Firenze e sulla strage ordinata dal potere e dai suoi servi ad Alessandria.
Viva il comunismo, viva la lotta dei detenuti!
[ottobre 1974].