Privesc din Doftana prin gratii de fier
Departe, în zare, un petic de cer.
E cerul sub care închisă şi ea
Se mistuie-n chinuri tovarăşa mea.
Puternici şi tineri şi plini de avânt,
Cerut-am noi muncă şi-un loc pe pământ,
Dar nu ne lăsară ciocoii pe noi
Şi-n lupta cea grea am căzut amândoi.
Acum stau în fiare bătut şi flămând,
Ea zace bolnavă abia răsuflând.
Călăii ne-omoară în ghearele lor,
Să nu ne întoarcem ‘napoi la popor.
Azi spargeţi-mi zidul şi lanţul sfăr'maţi,
Să zbor ca un şoim peste ‘nalţii Carpaţi.
Să strâng înc-o dată tovarăşa mea
Şi iar să m-arunc în lupta cea grea!
Departe, în zare, un petic de cer.
E cerul sub care închisă şi ea
Se mistuie-n chinuri tovarăşa mea.
Puternici şi tineri şi plini de avânt,
Cerut-am noi muncă şi-un loc pe pământ,
Dar nu ne lăsară ciocoii pe noi
Şi-n lupta cea grea am căzut amândoi.
Acum stau în fiare bătut şi flămând,
Ea zace bolnavă abia răsuflând.
Călăii ne-omoară în ghearele lor,
Să nu ne întoarcem ‘napoi la popor.
Azi spargeţi-mi zidul şi lanţul sfăr'maţi,
Să zbor ca un şoim peste ‘nalţii Carpaţi.
Să strâng înc-o dată tovarăşa mea
Şi iar să m-arunc în lupta cea grea!
inviata da Riccardo Venturi - 6/10/2014 - 14:12
Lingua: Italiano
Traduzione italiana di Riccardo Venturi
6 ottobre 2014
6 ottobre 2014
GUARDO DALLA DOFTANA
Guardo dalla Doftana attraverso grate di ferro
Lontano, all'orizzonte, un pezzetto di cielo.
È il cielo sotto il quale, rinchiusa anche lei,
Si logora in sofferenze la compagna mia.
Giovani, gagliardi e pieni di entusiasmo
Abbiam chiesto lavoro e un posto sulla terra,
Ma non ci han lasciati stare, quei servi,
E nella lotta dura ci siam gettati entrambi.
Ora sto in catene, stanco e affamato,
Lei giace malata e appena può respirare.
Quei boia ci ammazzano coi loro artigli
Perché non siamo restituiti al popolo.
Spaccatemi, oggi, il muro e sbriciolate la catena,
Affinché io voli come un falco sugli alti Carpazi.
Così che io possa abbracciare ancora la mia compagna
E gettarmi di nuovo nella lotta dura!
Guardo dalla Doftana attraverso grate di ferro
Lontano, all'orizzonte, un pezzetto di cielo.
È il cielo sotto il quale, rinchiusa anche lei,
Si logora in sofferenze la compagna mia.
Giovani, gagliardi e pieni di entusiasmo
Abbiam chiesto lavoro e un posto sulla terra,
Ma non ci han lasciati stare, quei servi,
E nella lotta dura ci siam gettati entrambi.
Ora sto in catene, stanco e affamato,
Lei giace malata e appena può respirare.
Quei boia ci ammazzano coi loro artigli
Perché non siamo restituiti al popolo.
Spaccatemi, oggi, il muro e sbriciolate la catena,
Affinché io voli come un falco sugli alti Carpazi.
Così che io possa abbracciare ancora la mia compagna
E gettarmi di nuovo nella lotta dura!
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Versuri / Testo / Lyrics: Teodor (Fedia) Rudenko
Muzica / Musica / Music:
Cântec popular rusesc
Canto popolare russo
Russian folksong
Durante il regime comunista rumeno, la canzone Privesc din Doftana ha avuto praticamente lo status di un secondo inno nazionale. E si capisce: il terribile carcere della Doftana, situato a Telega nel distretto di Prahova, è stato il luogo dove, nel periodo tra le due guerre e dopo gli scioperi del 1933, era stato rinchiuso tutto il movimento antifascista e comunista rumeno. Ci sono passati Gheorghe Gheorghiu Dej e, certo, Nicolae Ceauşescu; nelle sue celle di poco più di due metri, dei bugigattoli maleodoranti e oscuri, si formò la caratteristica di “luogo della memoria” di tutto il comunismo rumeno che lo rese, durante il regime, un museo.
Privesc din Doftana deve essere quindi affrontato secondo questa doppia ottica, senza aderire però a nessuna delle due. E' un canto di galera scritto da una persona che vi era rinchiusa per le sue idee, e punto. E, in seguito, divenne un canto ufficiale di un regime che, a sua volta, rinchiudeva in galera altre persone per le loro idee, e altro punto. E' uno dei non rarissimi esempi che testimoniano del labile confine che esiste tra torturati e torturatori. Durante gli anni del regime comunista, tutti i ragazzi rumeni (alunni, “pionieri”, universitari) venivano condotti a visitare la Doftana mentre in altri carceri si riservava lo stesso trattamento ai prigionieri. Le galere sono soltanto galere, che lo siano della “borghesia” o del “proletariato”. E Privesc din Doftana, in Romania, è stato proposto come vero e proprio inno del proletariato rivoluzionario.
Ho parlato prima di prendere questa canzone per quello che è, pur non nascondendo affatto ciò che divenne; così non nasconderò il mio totale rifiuto di aderire alla sua distruzione attuale. Distruzione che è, più che altro, della realtà storica. Specificato l'uso propagandistico e di regime di questa canzone (destino, del resto, comune a tante altre che sono presenti in questo sito), sfogliando le pagine rumene che ne parlano viene fuori che la Doftana degli anni '30 fosse quasi il giardino dell'Eden in una Romania idilliaca. Si legge ad esempio in una di queste pagine: “I detenuti della Doftana avevano lo status e i diritti di prigionieri politici: ricevevano pacchi, avevano accesso ai libri, conversavano tra di loro. Quando entravano in sciopero della fame, i giornali scrivevano di loro e i diversi comitati del MOPR avviavano campagne interne e internazionali. Organizzavano cellule di partito a livello gerarchico, con Dej e Ilie Pintilie alla testa. Secondo quel che dicevano loro stessi, trasformarono il carcere in 'università', dove studiavano con ardore Stalin. Il loro 'eroismo' era quello del complotto e del risentimento sociale. Erano rinchiusi perché partecipavanno a una cospirazione continua contro lo stato di diritto. Erano condizionati totalmente dalla mistica stalinista, rivoluzionari di professione che detestavano l'ordine costituzionale democratico e la libera piazza.”
Non esito a definire simili affermazioni come pienamente fasciste. Lo “stato di diritto” e l' “ordine costituzionale democratico” erano quelli del Re Carol e del maresciallo Antonescu, quello che si faceva chiamare conducător (traduzione rumena precisa di “duce” o di “caudillo”) e la cui figura, dopo la caduta del regime comunista, è stata naturalmente sottoposta a piena riabilitazione. La Romania era uno stato parafascista e alleato della Germania hitleriana, che affiancò nell'Operazione Barbarossa (l'invasione dell'Unione Sovietica). I livelli di corruzione erano spaventosi, così come la forza e l'influenza dei movimenti antisemiti: secondo Whisley, addetto militare statunitense a Bucarest nel 1934, la Romania era una “dittatura Regale”. Non stupisce certamente che, nella Romania di oggi, dopo quarant'anni di regime comunista, l'azione revisionista marci a pieno regime; ma la Doftana era una schifosa galera dove si rinchiudeva, si torturava e si ammazzava.
Inserendo questa canzone, la verità appare più semplice di quanto sembri, e può essere così sintetizzata: Oggi a me, domani a te. E' una canzone dove i prigionieri dell'ieri parlano prima di diventare i carcerieri del domani. Non si tratta, in fondo, di un procedimento dissimile da quello delle tante canzoni sulla Shoah che fanno parte del patrimonio storico e culturale degli attuali oppressori e sterminatori dei Palestinesi.
Così chiede di essere ascoltata e letta Privesc din Doftana. Del resto, pare che Ceauşescu e signora, al momento di essere sbrigativamente fucilati, morirono cantando assieme l'Internazionale; o provateci un po' voi a "revisionare" l'Internazionale, se vi riesce. [RV]