Lingua   

‘Na frasi famusa / U duci

Giuseppe Schiera
Lingua: Siciliano



Ti può interessare anche...

Jamila
(Agricantus e Francesco Bruno)
Morte in mare aperto [Lu jornu ca cantavanu li manu]
(Olivia Sellerio)
Das Tagebuch der Anne Frank [Full OST]
(Sebastian Pille)


Versi di Giuseppe “Peppe” Schiera (1898-1943), detto “Muddichedda” per la sua minuscola statura, palermitano, poeta di strada.
Negli anni 60 le filastrocche di Giuseppe Schiera vennero riprese dall’attore, cabarettista e cantastorie Giorgio Li Bassi (1945-2010), che si esibiva in applauditi spettacoli presso il locale de “I Travaglini” a Palermo.



Ho pensato di mettere arbitrariamente insieme queste due brevi filastrocche di Peppe Schiera, visto che sono incentrate sullo stesso tema, la derisione del fascismo. Gli costarono alcuni giorni di gattabuia, come frequentemente toccò nel ventennio a lui che zitto non ci stava proprio...



Chi era Giuseppe Schiera?
Così ne fa il “ritrattu” - con una filastrocca, giustappunto - Giovanni Mannino, autore de “Gemmi sicani. Grande Antologia di Poeti dialettali siciliani, dal Medioevo ai contemporanei”, da cui traggo anche i versi di Schiera che propongo:

Di strata, un’improvvisaturi forti
di strofa pupulana e tiritera,
dintra Palermu fu Giuseppi Schiera
antifascista di povira sorti.


Peppe Schiera era sostanzialmente uno sbandato, un vagabondo, uno stravagante che visse nella Palermo della prima metà del secolo scorso, un uomo quasi incolto, un illetterato figlio del popolo, che di fame visse e con essa convisse, “senza arte né parte“, si potrebbe dire.
Egli invece un’arte professò, ed era quella di improvvisare rime.
Si dice che Giuseppe Schiera fosse nato a Palermo nella borgata di Tommaso Natale nel 1898. Figlio di un bracciante, Ciccio Schiera (“che andò tre volte a nozze”) e di una casalinga Maria Marino (soprannominata “‘a cunigghia” - la coniglia - per la sua prolificità), egli visse in una famiglia eccezionalmente numerosa e disastrosamente povera.
Mise a frutto le sue capacità istrioniche di “abballavirticchiu” [letteralmente finta disputa di uomini per una donna, qui nel significato di provocatore, agitatore, piantagrane, ndr] e quelle di scatenato improvvisatore di rime.
Si esibiva prevalentemente vicino ai mercati popolari della Città, nei pressi del Teatro Biondo o del teatro Finocchiaro, a Piazza Sett’Angeli o all’angolo di Porta Carini.



Quella sua attività “poetica” era anche nota in tutti i commissariati di polizia della città, dai quali di tanto in tanto giungeva l’ordine di trarlo in arresto, soprattutto quando la Palermo del regime si vestiva in camicia nera e si apprestava a ricevere con tutti gli onori la visita di alti gerarchi o addirittura - come nel 1937 - quella dello stesso Mussolini.



Giuseppe Schiera, poeta di strada, insubordinato, antiautoritario, anarchico e antifascista (senza nemmeno saperlo), morì tragicamente sotto un bombardamento alleato il 9 maggio del 1943.
La sua aperta e coraggiosa avversione al regime, gridata incessantemente nei vicoli e nelle piazze, fu una rara scuola di libertà e di dignità umana.
(fonti: BlogSicilia e Palermo nascosta)
Prima si salutava; bonasira e bongiornu
e si mangiava tri voti lu jornu.
Ora si saluta a la romana
e si mangia ‘na vota a la simana.

***

U duci
nni cunnuci
contru u palu da luci

inviata da Bernart Bartleby - 14/8/2014 - 20:32




Pagina principale CCG

Segnalate eventuali errori nei testi o nei commenti a antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org