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Finisterre

Michele Gazich
Lingua: Italiano


Michele Gazich

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2014
Album: "Una storia di mare e di sangue"
Una storia di mare e di sangue

Natale 1963. Vincenza (Vizze) Buliumbassich, la mia bisnonna, consegna al maggiore dei suoi figli le sue memorie, scritte in veneto, su un quaderno comune. Le importanti testimonianze sono poi state consegnate a mio padre, che, a sua volta, le ha passate a me, qualche anno fa. Parole di mare e di sangue, scritte senza nessuna pretesa letteraria e dunque perfette e ardenti nella volontà di preservare una storia di famiglia. Una storia insieme particolarissima e comune, come tutte le storie della gente povera. Una storia di mare e di sangue è stata ispirata e guidata da quel quaderno; è un omaggio a quella grazia preziosa e involontaria. La scrittura e la composizione di Una storia di mare e di sangue mi ha accompagnato per tanti anni. Con il mio violino sempre in spalla, sono tornato in tutti i luoghi dove la mia famiglia ha vissuto: ho studiato tradizioni musicali, colte e popolari, di queste terre. Ho incontrato altri strumenti, altri stili musicali, ma soprattutto luoghi e persone. Ho cantato in lingue che credevo di avere dimenticato e ho ripercorso la storia del mio sangue”.

Ma  il sogno americano si interrompe improvvisamente quando  il bisnonno perderà la vista lavorando in miniera, storia raccontata in  Finisterre, con l’amara conclusione  “ … uomo cieco non ha pane …” di un sogno mai decollato.

La seconda parte del disco ci regala poi “Finisterre”, altro brano cardine del disco, in cui si intrecciano ricordi familiari, e suggestioni come il Cammino di Santiago. E’ insomma un brano di catarsi… 
È quasi un interludio, un momento di riflessione sul sentirsi privare di un senso, nel caso del mio bisnonno della vista, quando “fa male quel che dava gioia”. Il brano riflette anche sulla “carità dei sani”, il bonario sorriso di chi sta bene e vuole far sentire un’ipocrita partecipazione a chi soffre di qualche disabilità; ogni persona in queste condizione ha ricevuto più volte nella propria vita. “Finisterre” è anche un “blues”: naturalmente utilizzo questo termine in senso lato; non ho scritto un blues in senso formale; non lo farei mai, anche se amo molto questo genere musicale, perché non sono nato sulle sponde del Mississippi! “Blues”, come dicevo sopra, nel senso di tentativo di descrizione e infine di esorcismo e di catarsi, come tu hai ben osservato, del male di vivere: il clarinetto e la viola, strumenti scuri in un pezzo senza luce, definiscono il mio lamento. 
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Uomo cieco non ha occhi
In ginocchio nella notte
Uomo cieco non ha specchi
Uomo cieco è in catene

Gemma non dà foglia
Gemma muore gemma
Il buio ingoia il lampo
Gemma bestemmiata

Finisterre
Fa male quel che dà la gioia
Finisterre
Sangue secco sui miei occhi

Uomo cieco non ha soldi
Ha la carità dei sani
Uomo cieco non va in guerra
Uomo cieco non ha pane

Fiordo di colore
Lama di dolore
Scava questa terra scura
Tagliami, abbagliami

Finisterre
Fa male quel che dà la gioia
Finisterre
Candela per la mia fame

inviata da Donquijote82 - 18/6/2014 - 09:33




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