Giuseppe Di Vittorio contadino
nato in Puglia, figlio di braccianti
nei campi a lavorare da bambino
Un quaderno sempre tra le mani
i risparmi per un vocabolario
cercava ogni parola sconosciuta
e voglia di capire e voglia di sapere
lo accompagnarono per tutta la strada
sono gli anni in cui nasce il sindacato
con quell'idea di rivoluzione
le camere del lavoro difese a caro prezzo
e l'Italia vergognosa del ventennio
e mille e mille lotte a fianco dei lavoratori
in quelle storie raccontate in bianco e nero
affogati di miseria ma sempre con la cinghia stretta
ma la schiena di quel popolo era diritta
Diceva che nessuno dovrebbe più morire
per un po' d'olio ed un pezzo di pane
era un figlio del bisogno, un figlio della lotta
una visione laica della Costituente
nei fatti di Ungheria e dell'armata rossa
disse con forza a Togliatti segretario
tra i carri armati russi e gli operai ungheresei
il sindacato sta di fianco agli operai
e su quel treno da Lecco fino a Roma
listato a lutto con le bandiere rosse
ogni fermata era una veglia con la gente che piangeva
l'ultimo abbraccio ad un grande sognatore
quanta miseria quante briciole
quante lacrime tradite
siamo pieni solamente di ferite
Giuseppe Di Vittorio ci prenderebbe a sberle
per l'onestà cui abbiamo rinunciato
per ogni passo indietro per ogni compromesso
non abbiamo imparato dal passato
ma riposa pure in pace e non ti preoccupare
verrà presto una nuova primavera
un canto in lontanza via via sempre più forte
un nuovo giorno di Pane e libertà
un nuovo giorno di Pane e libertà
nato in Puglia, figlio di braccianti
nei campi a lavorare da bambino
Un quaderno sempre tra le mani
i risparmi per un vocabolario
cercava ogni parola sconosciuta
e voglia di capire e voglia di sapere
lo accompagnarono per tutta la strada
sono gli anni in cui nasce il sindacato
con quell'idea di rivoluzione
le camere del lavoro difese a caro prezzo
e l'Italia vergognosa del ventennio
e mille e mille lotte a fianco dei lavoratori
in quelle storie raccontate in bianco e nero
affogati di miseria ma sempre con la cinghia stretta
ma la schiena di quel popolo era diritta
Diceva che nessuno dovrebbe più morire
per un po' d'olio ed un pezzo di pane
era un figlio del bisogno, un figlio della lotta
una visione laica della Costituente
nei fatti di Ungheria e dell'armata rossa
disse con forza a Togliatti segretario
tra i carri armati russi e gli operai ungheresei
il sindacato sta di fianco agli operai
e su quel treno da Lecco fino a Roma
listato a lutto con le bandiere rosse
ogni fermata era una veglia con la gente che piangeva
l'ultimo abbraccio ad un grande sognatore
quanta miseria quante briciole
quante lacrime tradite
siamo pieni solamente di ferite
Giuseppe Di Vittorio ci prenderebbe a sberle
per l'onestà cui abbiamo rinunciato
per ogni passo indietro per ogni compromesso
non abbiamo imparato dal passato
ma riposa pure in pace e non ti preoccupare
verrà presto una nuova primavera
un canto in lontanza via via sempre più forte
un nuovo giorno di Pane e libertà
un nuovo giorno di Pane e libertà
inviata da donquijote82 - 3/5/2014 - 15:26
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Nebbia bassa
feat. Modena City Ramblers
Giuseppe Di Vittorio, nato a Cerignola-Puglia-l'11 agosto 1892, è stato un politico, sindacalista e antifascista italiano. Fra gli esponenti più autorevoli del sindacato italiano del secondo dopoguerra, a differenza di molti altri sindacalisti non aveva origini operaie ma contadine, nato in una famiglia di braccianti, il gruppo sociale più numeroso alla fine dell'ottocento in Puglia.
I suo genitori lavoravano la terra dei marchesi Rubino-Rossi di Cerignola. Costretto a fare il bracciante,a causa della morte del padre per un incidente sul lavoro nel 1900, dopo aver imparato a leggere e a scrivere sommariamente, teneva un quaderno in cui annotava termini ignoti che udiva, mettendo da parte faticosamente i soldi per acquistare un vocabolario.
Già negli anni dell'adolescenza, a 12 anni circa,aveva iniziato una intensa attività politica e sindacale con Aurora Tasciotti, a 15 anni fu tra i promotori del Circolo giovanile socialista della città,mentre nel 1911 passò a dirigere la Camera del Lavoro di Minervino Murge.
Di Vittorio si sposò due volte: la prima con Carolina Morra, sindacalista e bracciante, dalla quale ebbe due figli, Baldina e Vindice e dopo essere rimasto vedovo si risposò con la giovane giornalista Anita Contini che aveva trent'anni meno di lui.
Al centro dei problemi del lavoro c'era allora in Italia, come oggi, la Questione Meridionale. Nel 1912 Di Vittorio entrò nell'Unione Sindacale Italiana, arrivando in un anno nel Comitato Nazionale. Così come alcuni membri del Sindacalismo Rivoluzionario, egli fu "interventista" riguardo alla prima guerra mondiale, a detta di Randolfo Pacciardi, smentito da Di Vittorio stesso in un'intervista a Felice Chilanti.
Di Vittorio, a cui amici ed avversari riconobbero unanimi un grande buonsenso ed una ricca umanità, seppe farsi capire, grazie al suo linguaggio semplice ed efficace, sia dalla classe operaia, in rapido sviluppo nelle città, sia dai contadini ancora fermi ai margini della vita economica, sociale e culturale del Paese. Lui stesso era un autodidatta, entrato nella lotta sindacale e politica giovanissimo inizialmente come socialista e successivamente come comunista, dal 1924, tre anni dopo la scissione di Livorno del 1921.
L'entrata in politica.
La sua elezione a deputato avviene in circostanze del tutto eccezionali. Esse ci offrono un quadro della situazione non solo personale ma ci indicano lo scontro sociale in atto tra la fine del 1920 e la metà del 1921. Grazie alla conoscenza di Giuseppe Di Vagno , in Puglia, che lo presenta poi a Bruno Buozzi, allora entrambi membri del Partito Socialista Italiano al Parlamento, diventa anche lui membro del PSI.Con lo stesso gruppo del 1921 viene eletto deputato mentre è tenuto nelle carceri di Lucera, in seguito avrebbe diretto anche la Camera del Lavoro di Bari, dove organizzò la difesa della sede dell'Associazione, sconfiggendo gli squadristi fascisti di Caradonna, insieme con ex Ufficiali legionari di Fiume, socialisti, comunisti, anarchici e Arditi del Popolo. Con la scissione di Livorno, aderisce al Partito Comunista Italiano, dove rimarrà tutta la vita.
Con l'avvento del Fascismo in Italia e disciolti i partiti e i sindacati,viene condannato dal tribunale speciale fascista a 12 anni di carcere; nel 1925 riuscì a fuggire in Francia dove aveva rappresentato la disciolta Confederazione Generale Italiana del lavoro nell'internazionale dei sindacati rossi. Dal 1928 al 1930 soggiornò in Unione Sovietica e rappresentò l'Italia nella neonata Internazionale contadina per poi tornare a Parigi ed entrare nel gruppo dirigente del PCI clandestino. In questo periodo cominciarono i dissapori con il segretario del PCI, sulla figura guida di Stalindel"Movimento Operaio internazionale"e sul suo diktat, accettato da Togliatti, contro i socialfascisti. Di Vittorio quindi si pose contro la similitudine voluta da Stalin nell'equiparare il Nazi-Fascismo alla Socialdemocrazia, anche perchè considerava l'unità politica della sinistra (socialisti e comunisti) ancora attuale, in nome di un socialismo democratico, marxista ma rispettoso della libertà.
Durante la guerr d' Etiopia, su indicazione del Comintern, inviò una squadra di tre persone, tre comunisti, chiamati "i tre apostoli", tra cui Ilio Barontini, esperto in questo genere di missioni, con l'incarico di organizzare la guerriglia locale contro l'invasione fascista.
Insieme ad altri antifascisti partecipò alla guerra civile spagnola e, nel 1937, diresse a Parigi un giornale antifascista,"La voce degli Italiani"a cui collaborarono personaggi come Maurizio Valenzi. Fu una delle poche voci autorevoli che si espresse contro le leggi razziali fasciste antisemite, avendo capito che, dietro l'apparenza di leggi "blande"(rispetto a quelle tedesche)avrebbero in realtà portato, col tempo, allo sterminio.
Nel 1941 fu arrestato dalla polizia del regime e mandato al confine a Ventotene. Nel 1943 fu liberato dal governo Badoglio e, negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, prese parte alla Resistenza tra le file delle Brigate Garibaldi.
Nel 1945 fu eletto segretario della CGL, che era stata ricostruita l'anno dopo prima con un accordo fra Di Vittorio, Achille Grandi e Bruno Buozzi. Quest'ultimo ucciso dai nazisti la sera prima della firma del patto, fu sostituito da Oreste Lizzardi. I tre erano rappresentanti delle principali correnti del sindacalismo italiano: comunista, cattolico e socialista. L'anno seguente, nel 1946, fu eletto deputato all'Assemblea Costituente del PCI
Il dopoguerra ed il dissenso da Togliatti per i fatti d'Ungheria del 1956
L'unità sindacale così raggiunta durò fino al 1948, quando, in occasione dello Sciopero Generale politico proclamato in seguito all'attentato a Togliatti, la componente cattolica si separò e fondò un proprio sindacato, la Cisl, presto imitata dai socialdemocratici che si raggrupparono nella UIL.
La fama ed il prestigio di Di Vittorio ebbero largo seguito tra la classe operaia ed il movimento sindacale di tutto il mondo tanto che, nel 1953, fu eletto presidente della Federazione Sindacale Mondiale.
Fu uno dei primi marxisti ad intuire la pericolosità del regime stalinista sovietico.
Nel 1956 si riacutizzò il confronto con Togliatti sull'URSS, suscitando scalpore la sua presa di posizione, difforme da quella ufficiale del PCI, contro l'intervento dell'esercito sovietico per reprimere la rivolta ungherese, tanto che lo stesso Di Vittorio in una conferenza, (come riferì anni dopo Antonio Giolitti) esclamò:
-"L'armata rossa che spara contro i lavoratori di un paese socialista! Questo è inaccettabile ! Quelli sono regimi sanguinari! Una banda di assassini!"
La pietra dello scandalo fu che Di Vittorio, allora segretario della CGL, scrisse un comunicato, votato all'unanimità dal sindacato, nel quale rimarcava tutto il suo dissenso nei confronti della repressione comunista:
-"L'intervento sovietico contraddice i principi che costantemente rivendichiamo nei rapporti internazionali e vìola il principio dell'autonomia degli Stati socialisti".Togliatti, segretario del P.C.,volle la "sconfessione del comunicato della CGL, reo di essere contro il partito e di renderlo debole agli occhi dell'Italia e del mondo.
Di Vittorio si OPPOSE alla richiesta di Togliatti, mantenendo ferma la sua idea di autonomia del sindacato nei confronti dei partiti politici.
Di Vittorio continuò a guidare la CGL fino alla morte, avvenuta nel 1957 a Lecco, dopo un incontro con alcuni delegati sindacali.
Fu un terzo infarto a stroncargli la vita a soli 65 anni.