Tam u Královýho Hradce
lítaly tak koule prudce
z kanonů a flintiček
do ubohých lidiček.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Kmáni, šarže, oficíři,
kobyly i kanonýři,
po zemi se válejí,
rány je moc pálejí.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Vzdor hroznému dešti kulek,
fójervertr Franz Jabůrek
s luntem u kanonu stál
a pánvičku pucoval.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
A už střílel jako blázen,
Prajzi měli horkou lázeň.
Celej rozbil regiment,
Jabůrek, ten saprment.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Vtom ho zahlíd’ Kronprinz Fridrich:
“Her je, den Kerl erschiess ich!”
A už hází, potvůrka,
rachejtle na Jabůrka.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
A hned prajští kanonýři
na Jabůrka všichni míří.
Každej ho chtěl trefiti,
princi se zavděčiti.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
První kartáč, můj ty smutku,
vjel mu hubou do žaludku.
On však honem ho vyndal
a už zase střílel dál.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Praskla puma velmi prudce,
utrhla mu obě ruce.
On rychle boty sundal
a nohama ládoval
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Vtom jeden prajzský frajvilík
šrapnelem mu hlavu ufík.
Ač už na to neviděl
na Prajzy přeci střílel
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Jabůrkovi letí hlava
zrovna kolem jenerála.
A křičí: já melduju,
salutovat nemohu.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Když pak pum a kulek více,
trefilo ho do munice.
Tu se teprv toho lek
a s kanonem pryč utek.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Dej mu pánbůh věčnou slávu
"von" má ale žádnou hlavu
nedělá si z toho nic
bezhlavejch "von" těch je víc.
lítaly tak koule prudce
z kanonů a flintiček
do ubohých lidiček.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Kmáni, šarže, oficíři,
kobyly i kanonýři,
po zemi se válejí,
rány je moc pálejí.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Vzdor hroznému dešti kulek,
fójervertr Franz Jabůrek
s luntem u kanonu stál
a pánvičku pucoval.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
A už střílel jako blázen,
Prajzi měli horkou lázeň.
Celej rozbil regiment,
Jabůrek, ten saprment.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Vtom ho zahlíd’ Kronprinz Fridrich:
“Her je, den Kerl erschiess ich!”
A už hází, potvůrka,
rachejtle na Jabůrka.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
A hned prajští kanonýři
na Jabůrka všichni míří.
Každej ho chtěl trefiti,
princi se zavděčiti.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
První kartáč, můj ty smutku,
vjel mu hubou do žaludku.
On však honem ho vyndal
a už zase střílel dál.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Praskla puma velmi prudce,
utrhla mu obě ruce.
On rychle boty sundal
a nohama ládoval
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Vtom jeden prajzský frajvilík
šrapnelem mu hlavu ufík.
Ač už na to neviděl
na Prajzy přeci střílel
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Jabůrkovi letí hlava
zrovna kolem jenerála.
A křičí: já melduju,
salutovat nemohu.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Když pak pum a kulek více,
trefilo ho do munice.
Tu se teprv toho lek
a s kanonem pryč utek.
A u kanonu stál
a pořád ládo -ládo -
a u kanonu stál
a furt jen ládoval.
Dej mu pánbůh věčnou slávu
"von" má ale žádnou hlavu
nedělá si z toho nic
bezhlavejch "von" těch je víc.
inviata da Riccardo Venturi - 27/3/2014 - 16:53
Lingua: Italiano
Traduzione italiana di Riccardo Venturi
27-29 marzo 2014
Con alcuni interventi di Stanislava Šebková
Tradurre dal ceco è per me un'impresa molto più epica delle gloriose gesta belliche del cannoniere Jabůrek, con il quale forse ho in comune il fatto di essere „senza testa“ (qui nel senso di „sconsiderato“). Ma ritenevo che questa canzoncina popolare non potesse passare senza una traduzione; mi piglierò quindi le meritate rampogne della Stanislava (la quale, naturalmente, ha il diritto e il dovere di metter le mani nella traduzione, come e quando lo ritenga necessario), ma intanto credo che si possa almeno capire che cosa la canzoncina dica, e quanto prenda per i fondelli tutte le „canzon di gesta“; e si capisce come proprio dalle terre boeme sia venuto fuori il soldato Švejk (credo fra l'altro, se ben mi ricordo, che il cannoniere Jabůrek sia nominato anche nel capolavoro di Jaroslav Hašek; ma anche se non lo fosse, è come se lo fosse lo stesso). Naturalmente, una traduzione del genere (e, forse, nessuna traduzione) può riprodurre esattamente l'impasto linguistico del testo originale, coi diminutivi (le „pallette“ e i la „povera genterella“ della prima strofa, ad esempio) e, soprattutto, con le tonnellate di parole tedesche „cechizzate“ che erano tipiche del linguaggio militare (e non) della Boemia austroungarica del 1866. Per far rendere un po' conto della cosa ho preparato una specie di appendice contenente tutti i germanismi del testo con i corrispondenti tedeschi; c'è veramente da sbizzarrirsi. Va da sé che la traduzione è orrendamente letterale; a quanto ne so, almeno in rete, dovrebbe essere pure la prima in una qualsiasi lingua, anche se della canzone esiste certamente una versione in lingua ucraina (toh...) e una in tedesco, „Freiherr von Jabuhreck“. Ci stiamo lavorando. [RV]
27-29 marzo 2014
Con alcuni interventi di Stanislava Šebková
Si vedano anche le Note alla traduzione. Gli interventi di Stanislava Šebková sono indicati in corsivo.
Tradurre dal ceco è per me un'impresa molto più epica delle gloriose gesta belliche del cannoniere Jabůrek, con il quale forse ho in comune il fatto di essere „senza testa“ (qui nel senso di „sconsiderato“). Ma ritenevo che questa canzoncina popolare non potesse passare senza una traduzione; mi piglierò quindi le meritate rampogne della Stanislava (la quale, naturalmente, ha il diritto e il dovere di metter le mani nella traduzione, come e quando lo ritenga necessario), ma intanto credo che si possa almeno capire che cosa la canzoncina dica, e quanto prenda per i fondelli tutte le „canzon di gesta“; e si capisce come proprio dalle terre boeme sia venuto fuori il soldato Švejk (credo fra l'altro, se ben mi ricordo, che il cannoniere Jabůrek sia nominato anche nel capolavoro di Jaroslav Hašek; ma anche se non lo fosse, è come se lo fosse lo stesso). Naturalmente, una traduzione del genere (e, forse, nessuna traduzione) può riprodurre esattamente l'impasto linguistico del testo originale, coi diminutivi (le „pallette“ e i la „povera genterella“ della prima strofa, ad esempio) e, soprattutto, con le tonnellate di parole tedesche „cechizzate“ che erano tipiche del linguaggio militare (e non) della Boemia austroungarica del 1866. Per far rendere un po' conto della cosa ho preparato una specie di appendice contenente tutti i germanismi del testo con i corrispondenti tedeschi; c'è veramente da sbizzarrirsi. Va da sé che la traduzione è orrendamente letterale; a quanto ne so, almeno in rete, dovrebbe essere pure la prima in una qualsiasi lingua, anche se della canzone esiste certamente una versione in lingua ucraina (toh...) e una in tedesco, „Freiherr von Jabuhreck“. Ci stiamo lavorando. [RV]
IL CANNONIERE JABŮREK
Laggiù a Sadowa 1
le palle volavan violente
dai cannoni e dai fucili
verso la povera gente.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Fanti, graduati, ufficiali,
cavalli e cannonieri
sul campo sono stesi,
le ferite gli brucian tanto.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Nonostante la tremenda pioggia di proiettili
il cannoniere Jabůrek
stava al cannone con la miccia
e puliva lo scudello. 2
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
E sparava come un matto,
i prussiani 3 si facevano un bagno caldo. 4
Disintegrò tutto un reggimento
Jabůrek, quel diavolo. 5
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
All'improvviso lo scorse il Kronprinz 6 Federico:
„Eccoci qua, ho colpito quel tizio!“ 7
E si mette a tirare, quella donnicciola, 8
dei petardi a Jabůrek.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
E ora i cannonieri prussiani
mirano tutti su Jabůrek.
Ognuno lo voleva colpire
per ingraziarsi i prìncipi.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
La prima palla, per la miseria!,
gli entrò nello stomaco dalla bocca.
Ma lui se la tirò fuori subito
e ricominciò a sparare contro.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Una bomba scoppiò bella forte
e gli portò via tutte e due le mani.
Ma lui veloce si levò le scarpe
e caricava con i piedi.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Di colpo un volontario prussiano
con una granata gli fotté la testa.
Ma anche se non ci vedeva più
continuava a sparare ai prussiani.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
A Jabůrek gli vola la testa
proprio vicino a un generale;
e urla: „A rapporto!
Ma non posso fare il saluto.“
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Quando poi ci furono ancor più bombe e palle
fu colpito dove teneva le munizioni.
Solo allora si prese paura,
e scappò via col cannone.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Iddìo gli doni gloria eterna,
è un „von“ 9 ma non ha la testa.
Ma tanto non gliene frega niente,
di questi „von“ senza testa ce ne sono parecchi.
Laggiù a Sadowa 1
le palle volavan violente
dai cannoni e dai fucili
verso la povera gente.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Fanti, graduati, ufficiali,
cavalli e cannonieri
sul campo sono stesi,
le ferite gli brucian tanto.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Nonostante la tremenda pioggia di proiettili
il cannoniere Jabůrek
stava al cannone con la miccia
e puliva lo scudello. 2
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
E sparava come un matto,
i prussiani 3 si facevano un bagno caldo. 4
Disintegrò tutto un reggimento
Jabůrek, quel diavolo. 5
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
All'improvviso lo scorse il Kronprinz 6 Federico:
„Eccoci qua, ho colpito quel tizio!“ 7
E si mette a tirare, quella donnicciola, 8
dei petardi a Jabůrek.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
E ora i cannonieri prussiani
mirano tutti su Jabůrek.
Ognuno lo voleva colpire
per ingraziarsi i prìncipi.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
La prima palla, per la miseria!,
gli entrò nello stomaco dalla bocca.
Ma lui se la tirò fuori subito
e ricominciò a sparare contro.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Una bomba scoppiò bella forte
e gli portò via tutte e due le mani.
Ma lui veloce si levò le scarpe
e caricava con i piedi.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Di colpo un volontario prussiano
con una granata gli fotté la testa.
Ma anche se non ci vedeva più
continuava a sparare ai prussiani.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
A Jabůrek gli vola la testa
proprio vicino a un generale;
e urla: „A rapporto!
Ma non posso fare il saluto.“
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Quando poi ci furono ancor più bombe e palle
fu colpito dove teneva le munizioni.
Solo allora si prese paura,
e scappò via col cannone.
E lui stava al cannone
e sempre lo cari, cari,
e lui stava al cannone
e ancora lo caricava.
Iddìo gli doni gloria eterna,
è un „von“ 9 ma non ha la testa.
Ma tanto non gliene frega niente,
di questi „von“ senza testa ce ne sono parecchi.
NOTE alla traduzione
[1] Si veda l'introduzione sulla battaglia di Sadowa (Sadová, Hradce Králové, Königgrätz).
[2] Lo scudello è un dispositivo di carico del cannone (e del fucile classico) che, in realtà, è detto più frequentemente scudetto. Ho scelto „scudello“ perché in italiano, lo „scudetto“ ha connotazioni troppo calcistiche per figurare bene in una traduzione del genere. Tanto più che c'è pure un "cannoniere"...
[3] Nell'originale: Prajzi. Ovviamente deriva da „Preussen“ e, nel 1866, indicava ancora i prussiani „doc“. È però curioso che, nella Repubblica Ceca moderna, i „Prajzi“ (o, meglio, Prajzové) siano piuttosto gli abitanti della regione dello Hlučínsko, il cui capoluogo è appunto Hlučín, al confine con la Polonia. L'intera regione è detta ancora comunemente Prajzsko; questo perché, con gli accordi del trattato di Breslavia dell'11 giugno 1742 tra Federico II di Prussia e l'imperatrice Maria Teresa d'Austria, la regione passava appunto alla Prussia (la cosiddetta „Slesia Prussiana“). Da allora gli abitanti della regione sono i „prussiani“ e la regione stessa si chiama „Prussia“.
[4] Il senso dovrebbe essere quello di „bagno di sangue“, credo.
[5] Il ceco saprment è, a rigore, una blanda imprecazione „tabù“ per il termine religioso sakrament (confronta l'italiano „sacramentare“). E' una prassi comune in ogni lingua: l'imprecazione religiosa viene storpiata in mille modi per non pronunciare la parola sacra. Nel testo originale, l'imprecazione è usata come sostantivo in riferimento al terribile cannoniere: „quel sacramento“. Ho preferito però ricorrere al diavolo nella traduzione, mi sta più simpatico.
[6] Tedesco: "Principe della Corona". Si tratta del principe Federico Carlo di Prussia (1828-1885), che fu un distinto stratega e uomo d'arme. A Sadowa, narrano le istorie, guidò la 1a Armata e resse con valore gli austriaci in superiorità numerica fin quando non giunse in suo soccorso il cugino (e erede al trono) Federico III.
[7] Correttamente, il testo della canzone fa parlare il principe Federico Carlo in tedesco.
[8] Dare della "donnicciola" a Federico Carlo di Prussia è, ovviamente, un insulto immotivato e nazionalistico; il principe, nella realtà, fu tutt'altro.
[9] Si veda anche qui l'introduzione.
[1] Si veda l'introduzione sulla battaglia di Sadowa (Sadová, Hradce Králové, Königgrätz).
[2] Lo scudello è un dispositivo di carico del cannone (e del fucile classico) che, in realtà, è detto più frequentemente scudetto. Ho scelto „scudello“ perché in italiano, lo „scudetto“ ha connotazioni troppo calcistiche per figurare bene in una traduzione del genere. Tanto più che c'è pure un "cannoniere"...
[3] Nell'originale: Prajzi. Ovviamente deriva da „Preussen“ e, nel 1866, indicava ancora i prussiani „doc“. È però curioso che, nella Repubblica Ceca moderna, i „Prajzi“ (o, meglio, Prajzové) siano piuttosto gli abitanti della regione dello Hlučínsko, il cui capoluogo è appunto Hlučín, al confine con la Polonia. L'intera regione è detta ancora comunemente Prajzsko; questo perché, con gli accordi del trattato di Breslavia dell'11 giugno 1742 tra Federico II di Prussia e l'imperatrice Maria Teresa d'Austria, la regione passava appunto alla Prussia (la cosiddetta „Slesia Prussiana“). Da allora gli abitanti della regione sono i „prussiani“ e la regione stessa si chiama „Prussia“.
[4] Il senso dovrebbe essere quello di „bagno di sangue“, credo.
[5] Il ceco saprment è, a rigore, una blanda imprecazione „tabù“ per il termine religioso sakrament (confronta l'italiano „sacramentare“). E' una prassi comune in ogni lingua: l'imprecazione religiosa viene storpiata in mille modi per non pronunciare la parola sacra. Nel testo originale, l'imprecazione è usata come sostantivo in riferimento al terribile cannoniere: „quel sacramento“. Ho preferito però ricorrere al diavolo nella traduzione, mi sta più simpatico.
[6] Tedesco: "Principe della Corona". Si tratta del principe Federico Carlo di Prussia (1828-1885), che fu un distinto stratega e uomo d'arme. A Sadowa, narrano le istorie, guidò la 1a Armata e resse con valore gli austriaci in superiorità numerica fin quando non giunse in suo soccorso il cugino (e erede al trono) Federico III.
[7] Correttamente, il testo della canzone fa parlare il principe Federico Carlo in tedesco.
[8] Dare della "donnicciola" a Federico Carlo di Prussia è, ovviamente, un insulto immotivato e nazionalistico; il principe, nella realtà, fu tutt'altro.
[9] Si veda anche qui l'introduzione.
APPENDICE: I germanismi del testo
Come detto, i numerosissimi germanismi presenti nel testo danno alla canzone veramente tutto il "colore" di un'epoca. Alcuni (come trefiti) sono di uso comune, ma la maggior parte sono di ambito militare.
koula „palla, proiettile“: ted. Kugel
flinta „fucile, schioppo“: ted. Flinte
furt „ancora, di nuovo“: ted. fort
ládovat „caricare (un'arma)“: ted. laden
oficír „ufficiale“: ted. Offizier (fr.)
kanonýr „cannoniere, artigliere“: ted. Kanonier (fr.)
fójervertr „artigliere“: ted. Feuerwerker
lunt „miccia“: ted. Lunte
pucovat „pulire“: ted. putzen
regiment „reggimento“: ted. Regiment (fr.)
rachejtle „razzi, petardi“: ted. Raketen
trefiti „colpire“: ted. treffen
frajvilík „volontario“: ted. Freiwillig(er)
ufík „fotté, portò via“: ted. ficken
meldovat „comunicare, fare rapporto“: ted. melden
munice „munizione“: ted. Munition (fr.)
Come detto, i numerosissimi germanismi presenti nel testo danno alla canzone veramente tutto il "colore" di un'epoca. Alcuni (come trefiti) sono di uso comune, ma la maggior parte sono di ambito militare.
koula „palla, proiettile“: ted. Kugel
flinta „fucile, schioppo“: ted. Flinte
furt „ancora, di nuovo“: ted. fort
ládovat „caricare (un'arma)“: ted. laden
oficír „ufficiale“: ted. Offizier (fr.)
kanonýr „cannoniere, artigliere“: ted. Kanonier (fr.)
fójervertr „artigliere“: ted. Feuerwerker
lunt „miccia“: ted. Lunte
pucovat „pulire“: ted. putzen
regiment „reggimento“: ted. Regiment (fr.)
rachejtle „razzi, petardi“: ted. Raketen
trefiti „colpire“: ted. treffen
frajvilík „volontario“: ted. Freiwillig(er)
ufík „fotté, portò via“: ted. ficken
meldovat „comunicare, fare rapporto“: ted. melden
munice „munizione“: ted. Munition (fr.)
Riccardo Venturi - 30/3/2014 - 17:53
Lingua: Francese
Version française – LE CANNONIER JABŮREK – Marco Valdo M.I. – 2014
à partir de la traduction italienne de Riccardo Venturi
d'une chanson tchèque – Kanonýr Jabůrek – Anonyme – 1884
à partir de la traduction italienne de Riccardo Venturi
d'une chanson tchèque – Kanonýr Jabůrek – Anonyme – 1884
Le Cannonier Jabůrek est une chanson populaire tchèque, mais peut-être ici vaudrait-il mieux utiliser le vieil adjectif « bohême », qui fut écrite et publiée en 1884. Les événements de cette chanson satirique, qui ironise férocement à propos des « incroyables héroïsmes » qui se produisent régulièrement dans les batailles (on pense, chez nous, à la célèbre béquille d'Enrico Toti qui a rempli nos routes et nos places de monuments béquillards…), se placent quelques années aupraravant lors de la célèbre bataille qui pour nous s'appelle « de Sadowa », pour les tchèques « de Hradce Králové » et pour les Allemands « de Königgrätz ». Ce fut la bataille décisive de la guerre austro-prussienne (mais elle vaudrait mieux dire « austro-prusso-italienne » , vu que le nouveau Royaume d'Italie s'était allié aux Prussiens en fonction antiautrichienne ; la célèbre « Guerre des sept semaines » ) et se conclut le 3 Juillet 1866 par la victoire prussienne. … [R.V.]
Voici , Lucien l'âne mon ami, une superbe chanson et anonyme de surcroît et même, fort ancienne... Elle devrait bien te rappeler – comme elle me l'a fait – la chanson de Chveik et celle du Drapeau, qui elle-même était une parodie du Clairon de Déroulède. J'ajouterais pour la bonne bouche également, celle du Sergent Flagada...
Dès lors, dit Lucien l'âne en brayant d'un rire large, à ce propos, il me semble qu'il faut – rendons à César, etc – rendre à Jabůrek son antériorité et son indiscutable préséance. En somme, étant à Sadowa, il serait le père ou le grand-père putatif de ces chansons-là. Ceci dit, je ne sais trop où lui-même avait pêché sa propre histoire.
Là, je t'arrête, Lucien l'âne mon ami. Peut-être l'auteur anonyme de ce Cannonier de 1884 connaissait-il le Clairon de 1875, tous deux faisant héroïquement face aux Prussiens et comme tu le sais, l'Europe est petite et l'on va vite d'un bout à l'autre, surtout les chansons qu'on se passe de bouche à oreille. D'autant plus que ces deux chansons sont plus liées qu'il n'y paraît à première vue... L'une – celle du Cannonier Jabůrek se réfère à la bataille de Sadowa de 1866
où la Prusse l'emporte sur l'Empire autrichien ; la seconde, celle du Clairon, se réfère à la bataille jumelle de Sedan de 1870 et là, la Prusse l'emporte sur l'Empire français... Ces deux empires vont disparaître rapidement : la Confédération germanique, qui avait remplacé le Saint Empire Romain de la Nation Germanique est dissous – même s'il reste l'Empire d'Autriche-Hongrie, mais très amoindri; l'Empire français disparaît pour recéder la place à une République... Tandis que la Prusse, à la suite de Sadowa, va donner consistance au rêve d'Otto von Bismarck et déboucher ainsi sur une série de Reichs successifs... À la suite de Sadowa naît ce qu'on appelle la « petite Allemagne », opération amorcée au début du siècle avec le Zollverein (Union douanière...), « petite Allemagne » qui à son tour engendrera la « grande Allemagne » et au-delà, la « petite Europe » (Union douanière, puis les Sept États... ; puis, la grande Europe (actuellement les vingt-sept États)... Manœuvre qui est toujours en cours avec une inertie de deux cents ans... Deux siècles obstinément allemands. Comme tu le vois, Sadowa signifie bien plus qu'on ne croit et le Cannonier Jabůrek pourrait être bien plus politique qu'on ne croit. Imagine ceci : un Tchèque anonyme réévoquant Sadowa près de vingt ans après... Et la question est : qu'est-ce qui a bien pu l'y amener... Quel mystérieux pressentiment ?
J'ai bien l'impression, en effet, que ce Cannonier nous mettait, en quelque sorte, préventivement en garde contre les « von » et leurs ambitions séculaires.
Et puis, il y a toute cette discussion, tressée de compliments mérités (ô combien!) au traducteur qui a fait passer cette histoire du tchèque à l'italien et sans lequel j'aurais pour toujours ignoré cette chanson... Moi qui voue une admiration amusée à Jaroslav Hasek et au brave soldat Chveik, qui a guidé toute ma vie dès lors qu'on me confrontait à une autorité quelconque. En somme, « Oui, Chef ! C'est vous qui tenez le revolver ! » et moi, j'ai comme il se doit pour un « somaro » toujours préféré exécuter un ordre idiot plutôt que d'être exécuté à sa place. Quoique... Comme tu le sais, le « somaro » contrarié a dans un premier temps de résistance des penchants de Bartelby - « J'aimerais mieux pas » ; ensuite, il lui prend une solide tendance à l'inertie – il dit oui, mais ne fait pas ; au-delà, comme Chveik, il disparaît du paysage...
Certes, une telle discussion peut passionner, mais je ne vois pas directement en quoi elle t'intéresse pour la version que tu as composée en français, vu qu'elle porte sur le tchèque, langue dont tu ignores à peu près tout, sauf qu'elle existe.
En effet, je ne connais pas un mot de tchèque et je ne me risquerais pas à commencer à l'apprendre... J'ai déjà tant de mal avec le français. Donc, d'emblée, comme je te l'ai dit plus avant, je me suis mis à traduire à partir de la traduction de Riccardo Venturi. J'admets que – à force de traduire de l'italien vers le français – ma connaissance de l'italien s'élargit et que sans véritablement connaître cette langue, j'arrive à voir ce dont il est question et à en recréer une version – disons, à notre usage à tous deux – en langue française. Mais c'est une version et je tiens à ce mot qui m'offre toute liberté de création, de recréation et de récréation. Ce qui est le but ultime. De sorte que – et j'en viens à la savante discussion sur la complexité relative des langues et le sens caché des mots et des phrases... Je l'ai trouvée passionnante et je l'ai parcourue avec un vif intérêt... Mais après avoir établi ma version. Quant à la conclusion que j'en ai tirée... C'est qu'en effet, il n'y a pas – pour les dilettantes comme nous – la moindre chance de prétendre traduire une chanson... Nous ne sommes pas outillés pour le faire ; comme je te l'ai dit, il reste notre bricolage et notre bon plaisir. Et comme disait Bruno Bettelheim, ci-devant psychanalyste et pédiatre, à une de ces mères qui le consultait à propos des diverses manières d'élever son enfant : « Faites comme vous voulez, Madame. De toute façon, ce sera mauvais ! ». Cependant, une dernière remarque qui pourrait paraître incongrue à certains : c'est que la rime souvent m'est du plus grand secours. Elle force le sens des choses... Elle oblige à concentrer le regard et la pensée sur l'objet final... Sur ce que va entendre le lecteur de la chanson.
Tant que j'y pense, dit Lucien l'âne, comme tu me parles d'élevage des enfants, je voulais faire une remarque incidente à propos de la liberté. Ce qui importe n'est pas tant la liberté elle-même que la capacité à user de la liberté dont on dispose aussi grande ou aussi petite qu'elle soit.
C'est, en effet, tout le sens du cycle du Cahier ligné... et du rapport à la liberté dans le cas du prisonnier-blessé...
Je t'interromps, car sur ce sujet il y a tant à dire et que là tout de suite, on n'a pas que ça à faire... Voyons ta version de la chanson et reprenons notre tâche, qui comme celle de l'anonyme auteur consiste à tisser le linceul de ce vieux monde plein de balles, de bombes, de boulets, d'obus, de fusées et d'autres engins destructeurs, militarisé à outrance et cacochyme.
Heureusement !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
Voici , Lucien l'âne mon ami, une superbe chanson et anonyme de surcroît et même, fort ancienne... Elle devrait bien te rappeler – comme elle me l'a fait – la chanson de Chveik et celle du Drapeau, qui elle-même était une parodie du Clairon de Déroulède. J'ajouterais pour la bonne bouche également, celle du Sergent Flagada...
Dès lors, dit Lucien l'âne en brayant d'un rire large, à ce propos, il me semble qu'il faut – rendons à César, etc – rendre à Jabůrek son antériorité et son indiscutable préséance. En somme, étant à Sadowa, il serait le père ou le grand-père putatif de ces chansons-là. Ceci dit, je ne sais trop où lui-même avait pêché sa propre histoire.
Là, je t'arrête, Lucien l'âne mon ami. Peut-être l'auteur anonyme de ce Cannonier de 1884 connaissait-il le Clairon de 1875, tous deux faisant héroïquement face aux Prussiens et comme tu le sais, l'Europe est petite et l'on va vite d'un bout à l'autre, surtout les chansons qu'on se passe de bouche à oreille. D'autant plus que ces deux chansons sont plus liées qu'il n'y paraît à première vue... L'une – celle du Cannonier Jabůrek se réfère à la bataille de Sadowa de 1866
où la Prusse l'emporte sur l'Empire autrichien ; la seconde, celle du Clairon, se réfère à la bataille jumelle de Sedan de 1870 et là, la Prusse l'emporte sur l'Empire français... Ces deux empires vont disparaître rapidement : la Confédération germanique, qui avait remplacé le Saint Empire Romain de la Nation Germanique est dissous – même s'il reste l'Empire d'Autriche-Hongrie, mais très amoindri; l'Empire français disparaît pour recéder la place à une République... Tandis que la Prusse, à la suite de Sadowa, va donner consistance au rêve d'Otto von Bismarck et déboucher ainsi sur une série de Reichs successifs... À la suite de Sadowa naît ce qu'on appelle la « petite Allemagne », opération amorcée au début du siècle avec le Zollverein (Union douanière...), « petite Allemagne » qui à son tour engendrera la « grande Allemagne » et au-delà, la « petite Europe » (Union douanière, puis les Sept États... ; puis, la grande Europe (actuellement les vingt-sept États)... Manœuvre qui est toujours en cours avec une inertie de deux cents ans... Deux siècles obstinément allemands. Comme tu le vois, Sadowa signifie bien plus qu'on ne croit et le Cannonier Jabůrek pourrait être bien plus politique qu'on ne croit. Imagine ceci : un Tchèque anonyme réévoquant Sadowa près de vingt ans après... Et la question est : qu'est-ce qui a bien pu l'y amener... Quel mystérieux pressentiment ?
J'ai bien l'impression, en effet, que ce Cannonier nous mettait, en quelque sorte, préventivement en garde contre les « von » et leurs ambitions séculaires.
Et puis, il y a toute cette discussion, tressée de compliments mérités (ô combien!) au traducteur qui a fait passer cette histoire du tchèque à l'italien et sans lequel j'aurais pour toujours ignoré cette chanson... Moi qui voue une admiration amusée à Jaroslav Hasek et au brave soldat Chveik, qui a guidé toute ma vie dès lors qu'on me confrontait à une autorité quelconque. En somme, « Oui, Chef ! C'est vous qui tenez le revolver ! » et moi, j'ai comme il se doit pour un « somaro » toujours préféré exécuter un ordre idiot plutôt que d'être exécuté à sa place. Quoique... Comme tu le sais, le « somaro » contrarié a dans un premier temps de résistance des penchants de Bartelby - « J'aimerais mieux pas » ; ensuite, il lui prend une solide tendance à l'inertie – il dit oui, mais ne fait pas ; au-delà, comme Chveik, il disparaît du paysage...
Certes, une telle discussion peut passionner, mais je ne vois pas directement en quoi elle t'intéresse pour la version que tu as composée en français, vu qu'elle porte sur le tchèque, langue dont tu ignores à peu près tout, sauf qu'elle existe.
En effet, je ne connais pas un mot de tchèque et je ne me risquerais pas à commencer à l'apprendre... J'ai déjà tant de mal avec le français. Donc, d'emblée, comme je te l'ai dit plus avant, je me suis mis à traduire à partir de la traduction de Riccardo Venturi. J'admets que – à force de traduire de l'italien vers le français – ma connaissance de l'italien s'élargit et que sans véritablement connaître cette langue, j'arrive à voir ce dont il est question et à en recréer une version – disons, à notre usage à tous deux – en langue française. Mais c'est une version et je tiens à ce mot qui m'offre toute liberté de création, de recréation et de récréation. Ce qui est le but ultime. De sorte que – et j'en viens à la savante discussion sur la complexité relative des langues et le sens caché des mots et des phrases... Je l'ai trouvée passionnante et je l'ai parcourue avec un vif intérêt... Mais après avoir établi ma version. Quant à la conclusion que j'en ai tirée... C'est qu'en effet, il n'y a pas – pour les dilettantes comme nous – la moindre chance de prétendre traduire une chanson... Nous ne sommes pas outillés pour le faire ; comme je te l'ai dit, il reste notre bricolage et notre bon plaisir. Et comme disait Bruno Bettelheim, ci-devant psychanalyste et pédiatre, à une de ces mères qui le consultait à propos des diverses manières d'élever son enfant : « Faites comme vous voulez, Madame. De toute façon, ce sera mauvais ! ». Cependant, une dernière remarque qui pourrait paraître incongrue à certains : c'est que la rime souvent m'est du plus grand secours. Elle force le sens des choses... Elle oblige à concentrer le regard et la pensée sur l'objet final... Sur ce que va entendre le lecteur de la chanson.
Tant que j'y pense, dit Lucien l'âne, comme tu me parles d'élevage des enfants, je voulais faire une remarque incidente à propos de la liberté. Ce qui importe n'est pas tant la liberté elle-même que la capacité à user de la liberté dont on dispose aussi grande ou aussi petite qu'elle soit.
C'est, en effet, tout le sens du cycle du Cahier ligné... et du rapport à la liberté dans le cas du prisonnier-blessé...
Je t'interromps, car sur ce sujet il y a tant à dire et que là tout de suite, on n'a pas que ça à faire... Voyons ta version de la chanson et reprenons notre tâche, qui comme celle de l'anonyme auteur consiste à tisser le linceul de ce vieux monde plein de balles, de bombes, de boulets, d'obus, de fusées et d'autres engins destructeurs, militarisé à outrance et cacochyme.
Heureusement !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
LE CANNONIER JABUREK
Là-bas à Sadowa
Les balles, les obus faisaient du dégât
Un véritable ouragan
S'abattait sur ces pauvres gens.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Fantassins, gradés, officiers,
Chevaux et canonniers
Sur le champ s'étendent partout
Les blessures les brûlent d'un coup.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Malgré la terrible pluie de projectiles
Le canonnier Jabůrek, tranquille,
Mettait la mèche au canon
Et nettoyait son écusson.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Il tirait comme un dément,
Les Prussiens en prenaient plein la gueule.
Il désintégra tout un régiment
Jabůrek, ce diable.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Le Kronprinz Frédéric l'a repéré
« Et hop, j'ai touché ce mec ! »
Cette femmelette avait visé
Particulièrement Jabůrek.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Et alors les canonniers prussiens
Visent tous Jabůrek avec entrain.
Chacun voulait le frapper
Pour les bonnes grâces du souverain.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
La première balle, quelle misère, le touche
Entre dans son estomac par la bouche.
Mais il la retire vite
Et recommence à tirer de suite.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Un obus éclate soudain
Et lui emporte les deux mains.
Mais à l'instant, il ôte ses souliers
Et charge avec les pieds.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
D'un coup, un volontaire prussien
D'une grenade l'a décapité.
Mais même s'il n'y voyait plus rien
Il continuait à tirer
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Jabůrek voit sa tête partir dans le décor
Jusque aux pieds d'un général étonné.
Il hurle alors : « Au rapport !
Impossible de vous saluer. »
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Quand les obus et les balles, par malheur,
Le frappent où il tenait ses munitions.
Seulement alors il prend peur,
Et s'enfuit avec son canon.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Dieu le prenne en sa plus grande gloire
C'est un « von », sans avoir toute sa tête
Mais de toute façon, ça ne le frappe pas
Des « von » sans tête, il y en a des tas.
Là-bas à Sadowa
Les balles, les obus faisaient du dégât
Un véritable ouragan
S'abattait sur ces pauvres gens.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Fantassins, gradés, officiers,
Chevaux et canonniers
Sur le champ s'étendent partout
Les blessures les brûlent d'un coup.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Malgré la terrible pluie de projectiles
Le canonnier Jabůrek, tranquille,
Mettait la mèche au canon
Et nettoyait son écusson.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Il tirait comme un dément,
Les Prussiens en prenaient plein la gueule.
Il désintégra tout un régiment
Jabůrek, ce diable.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Le Kronprinz Frédéric l'a repéré
« Et hop, j'ai touché ce mec ! »
Cette femmelette avait visé
Particulièrement Jabůrek.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Et alors les canonniers prussiens
Visent tous Jabůrek avec entrain.
Chacun voulait le frapper
Pour les bonnes grâces du souverain.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
La première balle, quelle misère, le touche
Entre dans son estomac par la bouche.
Mais il la retire vite
Et recommence à tirer de suite.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Un obus éclate soudain
Et lui emporte les deux mains.
Mais à l'instant, il ôte ses souliers
Et charge avec les pieds.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
D'un coup, un volontaire prussien
D'une grenade l'a décapité.
Mais même s'il n'y voyait plus rien
Il continuait à tirer
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Jabůrek voit sa tête partir dans le décor
Jusque aux pieds d'un général étonné.
Il hurle alors : « Au rapport !
Impossible de vous saluer. »
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Quand les obus et les balles, par malheur,
Le frappent où il tenait ses munitions.
Seulement alors il prend peur,
Et s'enfuit avec son canon.
Il était à son canon
Et toujours le chargeait, le chargeait
Il était à son canon
Et encore le chargeait.
Dieu le prenne en sa plus grande gloire
C'est un « von », sans avoir toute sa tête
Mais de toute façon, ça ne le frappe pas
Des « von » sans tête, il y en a des tas.
inviata da Marco Valdo M.I. - 2/4/2014 - 22:59
Lingua: Ucraino
ПРИ КАНОНІ СТОЯВ (ФУРТ-ФУРТ) - La versione ucraina
ПРИ КАНОНІ СТОЯВ (ФУРТ-ФУРТ) - The Ukrainian version.
ПРИ КАНОНІ СТОЯВ (ФУРТ-ФУРТ) - The Ukrainian version.
Український варіянт, що наведений тут у виконанні гурту "Львівські музики"(Володимир Ковальчук, Богдан Жовтуля, Тарас Тимошенко, Іван Мазур), є народним переспівом відомої чеської жартівливої пісні, написаної у 1888 році про каноніра Франца Ябурека (Kanonýr Franz Jabůrek). У ній події відбуваються під час Австрійсько-Пруської війни 1866 року. А точніше- під час битви при Садовій (при Кьоніггреці). У чеському варіянті жартівливо розповідається як хоробрий солдат Австро-Угорської армії Ябурек постійно стріляє по ворогові з гармати, не зважаючи на руки, ноги, голову, що поступово відриваються надлітаючими кулями, аж доки не летить на небо... Пісня швидко набула широкої популярності серед народів Австро-Угорщини. Також вона виконується і у "Швейку" Ярослава Гашека.
Так як багато українців були солдатами Австро-Угорської армії, то під час Першої світової війни та Визвольних змагань, і по войні її вже виконували українською мовою. Також, за словами Івана Малковича, ця пісня (коли є веселіша компанія) співалася і в розлогішому варіянті, а число куль, що відтинали від хороброго каноніра не тільки "руки-ноги", але й щось сороміцьке, могла сягати і 60. Це вже залежно від фантазії та кількості випитого співаками.
This is Ukrainian version of the Czech comic song "Kanonýr Jabůrek" (1888). The song is about Austro-Prussian War time battle of Königgrätz where brave Austro-Hungarian cannoneer Franz Jabůrek was bravely shooting from his canon despite the loss of arms, legs head till he died and flew to the sky. Here you may enjoy Ukrainian version of this song sang by Ukrainian band "Львівські музики" (Musicians from Lviv). - YouTube
Так як багато українців були солдатами Австро-Угорської армії, то під час Першої світової війни та Визвольних змагань, і по войні її вже виконували українською мовою. Також, за словами Івана Малковича, ця пісня (коли є веселіша компанія) співалася і в розлогішому варіянті, а число куль, що відтинали від хороброго каноніра не тільки "руки-ноги", але й щось сороміцьке, могла сягати і 60. Це вже залежно від фантазії та кількості випитого співаками.
This is Ukrainian version of the Czech comic song "Kanonýr Jabůrek" (1888). The song is about Austro-Prussian War time battle of Königgrätz where brave Austro-Hungarian cannoneer Franz Jabůrek was bravely shooting from his canon despite the loss of arms, legs head till he died and flew to the sky. Here you may enjoy Ukrainian version of this song sang by Ukrainian band "Львівські музики" (Musicians from Lviv). - YouTube
ПРИ КАНОНІ СТОЯВ (ФУРТ-ФУРТ)
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
Гостра куля летіла
йому руку відтяла
А він все ще стояв
і фурт-фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
Гостра куля летіла
йому ногу відтяла
А він все ще стояв
і фурт-фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
Гостра куля летіла
йому ногу відтяла
А він все ще стояв
і фурт-фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
Вороги вже давно
оточили його,
А він все ще стояв
і фурт фурт ладував
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
В сиру землю його
закопали давно
А він все ще стояв
і фурт-фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
Хробаки вже його
підточили давно,
А він все ще стояв
і фурт фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
Гостра куля летіла
йому руку відтяла
А він все ще стояв
і фурт-фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
Гостра куля летіла
йому ногу відтяла
А він все ще стояв
і фурт-фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
Гостра куля летіла
йому ногу відтяла
А він все ще стояв
і фурт-фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
Вороги вже давно
оточили його,
А він все ще стояв
і фурт фурт ладував
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
В сиру землю його
закопали давно
А він все ще стояв
і фурт-фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував,
Хробаки вже його
підточили давно,
А він все ще стояв
і фурт фурт ладував.
При каноні стояв,
і фурт-фурт ладував,
І фурт-фурт, і фурт-фурт,
і фурт-фурт ладував.
inviata da Riccardo Venturi - 4/4/2014 - 15:14
Ma, Rick, la metà dei tuoi germanismi, sono i francesismi. Più o meno ricoprono i posti dei latinismi in polacco...ma che, perdi il tempo a scoprì l'acqua calda (che non sia letale, speriamo!).
Vorrei dare la colpa alla primavera, ma sono un po' preoccupato, e poi che c'entra lei, poverina...
O c'entra?
Saludy! : D
Vorrei dare la colpa alla primavera, ma sono un po' preoccupato, e poi che c'entra lei, poverina...
O c'entra?
Saludy! : D
krzyś - 31/3/2014 - 02:12
Dai, scherzavo!
È senz'altro vero che i polacchi come i cechi abbiano appreso il latino dai Alemanni, attraverso tante parole tedesche di origine latina ed insieme a tante altre loro proprie. Preparando la tua lista volevi dimostrare quante ce ne sono quelle provenute dalla Germania, giustamente, specialmente nell'ambito militare. Ma è altrettanto vero che ci siano in polacco parole molto simili a quelle del tuo elenco:
kula - lat.?
flinta
ładować
oficer - lat.
kanonier -lat.
lont
pucować
regiment -lat.
rakiety
trafić
meldować
amunicja -lat.
Grazie per la traduzione che comunque conferma il tuo certo gusto per il macabro :-)
È senz'altro vero che i polacchi come i cechi abbiano appreso il latino dai Alemanni, attraverso tante parole tedesche di origine latina ed insieme a tante altre loro proprie. Preparando la tua lista volevi dimostrare quante ce ne sono quelle provenute dalla Germania, giustamente, specialmente nell'ambito militare. Ma è altrettanto vero che ci siano in polacco parole molto simili a quelle del tuo elenco:
kula - lat.?
flinta
ładować
oficer - lat.
kanonier -lat.
lont
pucować
regiment -lat.
rakiety
trafić
meldować
amunicja -lat.
Grazie per la traduzione che comunque conferma il tuo certo gusto per il macabro :-)
krzyś - 31/3/2014 - 20:36
Guarda te, Riccardo, cos'hai scavato! Me la ricordo questa canzone..! Mia madre ce l'ha in un vecchio 33 giri che raccoglie varie canzoni popolari con la tematica della guerra, se non sbaglio si intitola proprio “Tam u Královýho Hradce” (di sicuro, in quel vecchio LP ci sarebbe tanto materiale per questo sito, la prossima volta che andrò a trovare la mia mamma – che, ohimé, chissà quando sarà – proverò a riascoltarlo e trascrivere qualche canzone).
Ho notato l'altro giorno un po' al volo che avevi inserito questa canzone ma quando ho riacceso il computer per fare la traduzione, ho visto che avevi già provveduto tu. E leggendo la tua traduzione devo solo chinare il capo perché io non avrei mai fatto un capolavoro pari al tuo, te lo dico con tutta sincerità. Chi non conosce il ceco non si può rendere pienamente conto dell'impresa che hai fatto, e quindi lo voglio sottolineare io qui: tradurre questo testo è di una difficoltà immensa. Se tu non mi avessi dimostrato il contrario, avrei pensato che, per un non madrelingua, capire questo testo fosse impossibile. Vabbé che i tedeschismi possono essere decifrabili per chi conosce il tedesco come te, ma poi tutti i modi di dire più strani, le espressioni antiquate o colloquiali...
Ti scrivo qualche considerazione linguistica, tanto per chiarire ancora di più qualche parola. Ma non prendere questi appunti come correzioni, è soltanto per ragionare un po' sul testo.
L'unico verso che forse cambierei per mantenere più fedeltà all'originale è il terzo verso nella seconda strofa “po zemi se válejí” - vuol dire “stanno distesi per terra”. “Válet se” è un verbo (riflessivo) che non ha proprio una traduzione univoca, bisogna vedere un po' a senso. Si usa anche per dire “oziare”; qui però evoca proprio un'immagine di corpi abbattuti a terra. (Può darsi che l'hai scambiato con válčit – far guerra, combattere?)
Nella terzultima strofa, la parola “zrovna” significa “proprio” (anche se contiene la radice -rovn- di “diritto/a”), letteralmente sarebbe “proprio accanto a un generale”, ma sono due parole di significati vicini in entrambe le lingue, e in questo caso poi si può benissimo tradurre come hai fatto tu, forse era una tua scelta linguistica...
“Tu se teprv toho lek” nella penultima strofa, contiene la parola “teprve” (qui nella forma colloquiale abbreviata) difficile da tradurre in italiano perché non ha una corrispondenza perfetta con nessuna parola. In alcuni casi si può tradurre con “appena” come hai fatto tu, ma qui, andando a senso, metterei ad esempio “solo allora se ne spaventò” o “a quel punto se ne spaventò” - significa proprio questo: fino ad allora Jabůrek compiva le sue “gesta eroiche” mentre in quel momento si prese paura.
Il modo di dire “Dej mu pánbůh věčnou slávu”, letteralmente “Iddio gli doni gloria eterna” è un po' antiquato ma a volte si usa ancora, specialmente in discorsi un po' ipocriti, quando qualcuno parla di un morto in modo non proprio positivo: cioè gli si augura gloria eterna, però... c'è qualcosa da ridire sulla sua vita.
Il penultimo verso “nedělá si z toho nic” si potrebbe forse tradurre letteralmente “non gliene frega niente” al posto del tuo impersonale “non fa niente” - il soggetto della frase è Jabůrek, e secondo me qui è una presa in giro finale del personaggio: egli non fa altro che eseguire ordini militari fino all'assurdo, di conseguenza non ha la testa (in tutti i sensi) ma questo non lo turba, anzi lui è felice e contento in questa sua condizione “senza testa”.
Come dicevo, non sono correzioni, capirai che sono davvero dei dettagli che non hanno rilevanza per il senso del testo. So che quando si lavora parecchio su una traduzione, (e tu su questa traduzione ci hai lavorato sì parecchio, si vede anche dall'introduzione e dall'apparato delle note) fa piacere poter commentare qualche punto difficile con un madrelingua. E anche a me fa piacere poter fare qualche spiegazione sul ceco in italiano, non mi capita quasi mai... :)
Per quanto riguarda i germanismi, hai perfettamente ragione, ce ne sono stati tanti (ad esempio proprio nel linguaggio militare, ma un po' in tutti i campi), ed alcuni del tuo elenco sono ancora oggi comunemente usati, tipo furt, flinta, pucovat. Poi dipende anche un po' dalle regioni, ovviamente vicino al confine tedesco o austriaco sono sempre stati usati di più, ma alcuni sono diffusi dappertutto.
La forma dell'infinito in -ti è sentita come antiquata e letteraria, oggi in pratica non si usa mai. Mentre l'altro fenomeno, la sostituzione di -ý- con -ej-, fa parte ancor oggi della lingua parlata. Avrai probabilmente notato che in Repubblica Ceca c'è una situazione di diglossia, esiste una varietà alta del ceco (usata nello scritto e nelle situazioni formali del parlato – nei mezzi di comunicazione di massa e in teoria anche nelle scuole e negli uffici, ma non sempre), e poi c'è una varietà bassa che si usa nel parlato (io, quelle volte che mi capita di parlare ceco, uso quasi sempre la varietà bassa). E questa è un'ulteriore difficoltà per quei pochi che imparano il ceco: non soltanto è già difficile di suo, con sette casi di declinazione e minimo quattro modelli di declinazione per ogni genere, cinque classi di verbi con svariate sottoclassi, verbi perfettivi e imperfettivi ecc. ecc... Quando uno anche impara tutto quanto, a parlare con la gente scopre che in realtà è una lingua che non parla nessuno (specialmente tra noi boemi, in Moravia tendono a parlare più corretto...) e quindi tutta quella marea di desinenze va imparata di nuovo in parallelo per la lingua parlata. Capirai allora che non mi capita spesso di poter fare spiegazioni sul ceco :)
Ti saluto!
Ho notato l'altro giorno un po' al volo che avevi inserito questa canzone ma quando ho riacceso il computer per fare la traduzione, ho visto che avevi già provveduto tu. E leggendo la tua traduzione devo solo chinare il capo perché io non avrei mai fatto un capolavoro pari al tuo, te lo dico con tutta sincerità. Chi non conosce il ceco non si può rendere pienamente conto dell'impresa che hai fatto, e quindi lo voglio sottolineare io qui: tradurre questo testo è di una difficoltà immensa. Se tu non mi avessi dimostrato il contrario, avrei pensato che, per un non madrelingua, capire questo testo fosse impossibile. Vabbé che i tedeschismi possono essere decifrabili per chi conosce il tedesco come te, ma poi tutti i modi di dire più strani, le espressioni antiquate o colloquiali...
Ti scrivo qualche considerazione linguistica, tanto per chiarire ancora di più qualche parola. Ma non prendere questi appunti come correzioni, è soltanto per ragionare un po' sul testo.
L'unico verso che forse cambierei per mantenere più fedeltà all'originale è il terzo verso nella seconda strofa “po zemi se válejí” - vuol dire “stanno distesi per terra”. “Válet se” è un verbo (riflessivo) che non ha proprio una traduzione univoca, bisogna vedere un po' a senso. Si usa anche per dire “oziare”; qui però evoca proprio un'immagine di corpi abbattuti a terra. (Può darsi che l'hai scambiato con válčit – far guerra, combattere?)
Nella terzultima strofa, la parola “zrovna” significa “proprio” (anche se contiene la radice -rovn- di “diritto/a”), letteralmente sarebbe “proprio accanto a un generale”, ma sono due parole di significati vicini in entrambe le lingue, e in questo caso poi si può benissimo tradurre come hai fatto tu, forse era una tua scelta linguistica...
“Tu se teprv toho lek” nella penultima strofa, contiene la parola “teprve” (qui nella forma colloquiale abbreviata) difficile da tradurre in italiano perché non ha una corrispondenza perfetta con nessuna parola. In alcuni casi si può tradurre con “appena” come hai fatto tu, ma qui, andando a senso, metterei ad esempio “solo allora se ne spaventò” o “a quel punto se ne spaventò” - significa proprio questo: fino ad allora Jabůrek compiva le sue “gesta eroiche” mentre in quel momento si prese paura.
Il modo di dire “Dej mu pánbůh věčnou slávu”, letteralmente “Iddio gli doni gloria eterna” è un po' antiquato ma a volte si usa ancora, specialmente in discorsi un po' ipocriti, quando qualcuno parla di un morto in modo non proprio positivo: cioè gli si augura gloria eterna, però... c'è qualcosa da ridire sulla sua vita.
Il penultimo verso “nedělá si z toho nic” si potrebbe forse tradurre letteralmente “non gliene frega niente” al posto del tuo impersonale “non fa niente” - il soggetto della frase è Jabůrek, e secondo me qui è una presa in giro finale del personaggio: egli non fa altro che eseguire ordini militari fino all'assurdo, di conseguenza non ha la testa (in tutti i sensi) ma questo non lo turba, anzi lui è felice e contento in questa sua condizione “senza testa”.
Come dicevo, non sono correzioni, capirai che sono davvero dei dettagli che non hanno rilevanza per il senso del testo. So che quando si lavora parecchio su una traduzione, (e tu su questa traduzione ci hai lavorato sì parecchio, si vede anche dall'introduzione e dall'apparato delle note) fa piacere poter commentare qualche punto difficile con un madrelingua. E anche a me fa piacere poter fare qualche spiegazione sul ceco in italiano, non mi capita quasi mai... :)
Per quanto riguarda i germanismi, hai perfettamente ragione, ce ne sono stati tanti (ad esempio proprio nel linguaggio militare, ma un po' in tutti i campi), ed alcuni del tuo elenco sono ancora oggi comunemente usati, tipo furt, flinta, pucovat. Poi dipende anche un po' dalle regioni, ovviamente vicino al confine tedesco o austriaco sono sempre stati usati di più, ma alcuni sono diffusi dappertutto.
La forma dell'infinito in -ti è sentita come antiquata e letteraria, oggi in pratica non si usa mai. Mentre l'altro fenomeno, la sostituzione di -ý- con -ej-, fa parte ancor oggi della lingua parlata. Avrai probabilmente notato che in Repubblica Ceca c'è una situazione di diglossia, esiste una varietà alta del ceco (usata nello scritto e nelle situazioni formali del parlato – nei mezzi di comunicazione di massa e in teoria anche nelle scuole e negli uffici, ma non sempre), e poi c'è una varietà bassa che si usa nel parlato (io, quelle volte che mi capita di parlare ceco, uso quasi sempre la varietà bassa). E questa è un'ulteriore difficoltà per quei pochi che imparano il ceco: non soltanto è già difficile di suo, con sette casi di declinazione e minimo quattro modelli di declinazione per ogni genere, cinque classi di verbi con svariate sottoclassi, verbi perfettivi e imperfettivi ecc. ecc... Quando uno anche impara tutto quanto, a parlare con la gente scopre che in realtà è una lingua che non parla nessuno (specialmente tra noi boemi, in Moravia tendono a parlare più corretto...) e quindi tutta quella marea di desinenze va imparata di nuovo in parallelo per la lingua parlata. Capirai allora che non mi capita spesso di poter fare spiegazioni sul ceco :)
Ti saluto!
Stanislava - 1/4/2014 - 02:47
Fino a ieri ignoravo l'esistenza di questa canzone e anche del romanzo di Hašek. Poi oggi sono capitato da Feltrinelli e altrettanto casualmente mi è capitato tra le mani il libro in questione, e mi sono messo a cercare la canzone. Questa una (pessima) foto della pag. 331 dell'edizione universale economica Feltrinelli:
donquijote82 - 1/4/2014 - 12:28
Ho letto il "Buon soldato Sc'veik" (così veniva scritto...) quando avevo 14 anni, e proprio nell'edizione economica Feltrinelli (in due volumi) riprodotta da DQ82. Beh, si vede che, prima di rincoglionire del tutto, ancora qualche sprazzo di memoria ce l'ho; 'sto cannoniere mi ricordavo di avercelo visto. Epperforza, ci sta benissimo in uno dei più distruttivi libri contro la guerra che sia mai stato scritto! Distruttivo con la forza dell'ironia, oltretutto... Insomma, consiglio davvero a DQ82 (e a chiunque) di leggere il capolavoro di Hašek, è sinceramente uno dei libri più grandi che l'umanità abbia prodotto, a mio parere. Non solo la follia totale della guerra viene demolita, ma anche e soprattutto la stupidità del militarismo mediante l'unica cosa che ai soldati davvero interessava: far di tutto per restare vivi. Non a caso la figura del soldato Švejk venne ripresa poi da Brecht e trasferita nella II guerra mondiale...
Riccardo Venturi - 1/4/2014 - 13:49
Carissima Stanislava, 'sta traduzione è cominciata così: siccome dovevo prendere il dizionario ceco e questo era incastrato sotto una pila di libri, ho tirato e la pila di libri è crollata del tutto. Questo è stato il "benvenuto". Poi mi ci sono addannato per due giorni, letteralmente...in pratica devi sapere che è la cosa che mi piace di più fare, ovvero vedere fino a che punto sono talmente "senza testa" da mettermi a tradurre un testo del genere. Chiaramente, e come sempre, speravo in un tuo intervento; a me, alla fin fine, interessa che nel sito ci siano buone traduzioni, e con le tue osservazioni credo che la traduzione del Cannonier Jabůrek sia diventata quantomeno decente. Osservazioni, le tue, che chiaramente ho riprodotto fedelmente cambiando la traduzione: il mio principio inderogabile è che una madrelingua che, perdipiù, conosce l'italiano come te (meglio del 96% degli italiani, cioè), ha sempre ragione. E io obbedisco senza fiatare, e anche con molto piacere.
A proposito delle tue osservazioni, che ho riprodotto nella traduzione in corsivo per stabilirne bene la maternità perché è giusto così, devo dirti che hai azzeccato in pieno il mio "qui quo qua" tra válet se e válčit. Tu pensa che ci ero andato talmente diritto da dirmi pure: "Ooooooh, ecco una parola che conosco e che non devo controllare...:!"; un abbaglio colossale. Evvabbè! Solita conferma del "mai fidarsi di se stesso"! Sugli altri punti, e in particolare sul teprv e sul nedělá si z toho nic, io poi direi che di rilevanza per il testo ne abbiano eccome, e anche parecchia; è anche vero che, traducendo da una lingua con la quale non ho in fondo eccessiva familiarità (perché questa è la verità, e prima di poter dire che fo familiarità col ceco passerà molto, molto tempo ancora), tendo a non usare troppe espressioni colloquiali e modismi. E' una forma di prudenza per evitare le brutte figure che poi faccio lo stesso, naturalmente :-P
Continuerò però a "buttarmi", sennò il ceco non lo imparo mai e oggi ho imparato parecchie cose. E il dizionario l'ho messo in un posto più raggiungibile. Ti ringrazio davvero tanto, e chissà che non si possa fare ancora qualcosa sulle "canzoni del soldato Švejk"...
A proposito delle tue osservazioni, che ho riprodotto nella traduzione in corsivo per stabilirne bene la maternità perché è giusto così, devo dirti che hai azzeccato in pieno il mio "qui quo qua" tra válet se e válčit. Tu pensa che ci ero andato talmente diritto da dirmi pure: "Ooooooh, ecco una parola che conosco e che non devo controllare...:!"; un abbaglio colossale. Evvabbè! Solita conferma del "mai fidarsi di se stesso"! Sugli altri punti, e in particolare sul teprv e sul nedělá si z toho nic, io poi direi che di rilevanza per il testo ne abbiano eccome, e anche parecchia; è anche vero che, traducendo da una lingua con la quale non ho in fondo eccessiva familiarità (perché questa è la verità, e prima di poter dire che fo familiarità col ceco passerà molto, molto tempo ancora), tendo a non usare troppe espressioni colloquiali e modismi. E' una forma di prudenza per evitare le brutte figure che poi faccio lo stesso, naturalmente :-P
Continuerò però a "buttarmi", sennò il ceco non lo imparo mai e oggi ho imparato parecchie cose. E il dizionario l'ho messo in un posto più raggiungibile. Ti ringrazio davvero tanto, e chissà che non si possa fare ancora qualcosa sulle "canzoni del soldato Švejk"...
Riccardo Venturi - 1/4/2014 - 14:45
Beh, lo dovrei leggere per bene anch'io il Buon soldato Švejk, è vero che in Repubblica Ceca la sua vicenda la conoscono praticamente tutti, se ne ripetono le battute, poi c'è il film.. Ma cercherò l'occasione buona per leggermelo tutto intero.
E certo, Riccardo, dopo questa ti puoi "buttare" su tutte le traduzioni dal ceco che tu vuoi :) e se hai qualche dubbio, sai a chi chiedere... :)
E certo, Riccardo, dopo questa ti puoi "buttare" su tutte le traduzioni dal ceco che tu vuoi :) e se hai qualche dubbio, sai a chi chiedere... :)
Stanislava - 1/4/2014 - 23:07
Ma io mica mi ero offeso, Krzysiek! :-P
Semplicemente volevo far notare che, anche se in gran parte di origine francese, i termini sono comunque pienamente tedeschi e sono passati in gran numero in ceco (e, vedo, anche in polacco). Come dire: l'influenza militare tedesca si è fatta sentire anche nel linguaggio...ma in fondo è anche quel che dici tu stesso :-P
Semplicemente volevo far notare che, anche se in gran parte di origine francese, i termini sono comunque pienamente tedeschi e sono passati in gran numero in ceco (e, vedo, anche in polacco). Come dire: l'influenza militare tedesca si è fatta sentire anche nel linguaggio...ma in fondo è anche quel che dici tu stesso :-P
Riccardo Venturi - 2/4/2014 - 00:00
il "Buon soldato Sc'veik" - tutti i volumi allora pubblicati da Feltrinelli- furono il mio regolamento personale che mi aiutò - divertendomi - a fare il servizio militare.
Gian Piero Testa - 2/4/2014 - 01:26
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Canzone popolare boema
A Czech folksong
Píseň tato zpívána před obrazy Kolárovými poprve v Podháji u Sedmihorských lázní od českých hostí lázeňských ve prospěch Ústřední Matice školské se značným hmotným výsledkem. Píseň popisuje událost z bitvy u Hradce Králové mezi Rakouskem a Pruskem dne 3. 7. 1866. Vznikla však až kolem roku 1884 jako parodie na staré kramářské písně. Popisovaná událost asi nemá skutečný základ. Ke vzniku vedly autora asi tyto události a fakta:1.) jistý Jabůrek, šikovatel - ohněstrůjce (Feuerwerker), se zúčastnil bojů na ostrově Visu v roce 1866. Nařídil prý nabít děla dvojitou dávkou, čímž prý zahnal na ústup celou italskou flotilu. 2.) Žitavský časopis Dampfschiff v roce 1854 přinesl zprávu o dělostřelci turecké fregaty, který se v bitvě u Sinope vyznamenal hrdinstvím, podobným kousku Jabůrkovu. Když mu nepřátelská koule roztříštila pravou ruku, uchopil doutnák levicí a z místa se nehul ani tehdy, když mu další střela utrhla i levou ruku. Vzal doutnák do zubů a chtěl v boji pokračovat. 3.) Sabinova Kronika války Prusko-Italsko-Rakouské popisuje hrdinský skutek praporečníka Kopanici, který s nasazením života zachránil prapor Gyulaiova pluku právě v bitvě 3.7. 1866 u Hradce Králové. Svejkmuzeum
Cannoneer Jabůrek (Czech: Kanonýr Jabůrek) is a cantastoria, which mocked war heroism, published in 1884.It is one of the most popular parodies to the Czech form of a cantastoria, known as kramářská píseň. The song is a story of a valiant cannoneer Jabůrek who, as the song says, took part in the battle of Hradec Králové (battle of Sadová). Even after the enemy's cannonballs tore off his both arms, he continued to load his cannon with bare feet, etc., etc. When his head was torn off, it flew to the general and said: "I am reporting, but sorry I cannot salute". No real event is described in the song, however at the times there were newspaper reports and legends about similar kind of heroism. The brave cannoneer is in the centre of the plot of a satirical radio play Jaburek by Austrian playwright Franz Hiesel. There is a tavern "U Kanonýra Jabůrka" in Sadová. - en.wikipedia
Il „Cannoniere Jabůrek“ è una canzone popolare ceca, ma forse qui sarebbe meglio utilizzare il vecchio aggettivo „boema“, che fu scritta e pubblicata nel 1884. Gli avvenimenti di questa canzonetta satirica, che prende ferocemente in giro gli „incredibili eroismi“ che avvengono regolarmente nelle battaglie (si pensi, in ambito nostro, alla famosa stampella di Enrico Toti che ha riempito le nostre strade e piazze di monumenti stampellati...), sono posti qualche anno addietro, ovvero nella famosa battaglia che per noi si chiama „di Sadowa“, per i cechi „di Hradce Králové“ e per i tedeschi „di Königgrätz“: fu la battaglia decisiva della guerra austro-prussiana (ma sarebbe meglio dire „austro-prussoitaliana“, visto che il neonato Regno d'Italia era alleato dei prussiani in funzione antiaustriaca; la famosa „guerra delle sette settimane“) e si svolse il 3 luglio 1866 con la vittoria prussiana. Nella traduzione la abbiamo chiamata „Sadowa“, con tanto di „w“ che è tradizionale in Italia; ma il villaggio presso il quale si combatté si chiama propriamente „Sadová“ (e comunque, come si è visto, i cechi la chiamano in un'altra maniera). Nell'infuriar della battaglia, l'eroico cannoniere Jabůrek fa il diavolo a quattro contro i nemici prussiani: col suo cannone non lascia scampo, annientando da solo reggimenti interi, finché i prussiani non si incazzano sul serio e cominciano letteralmente a bombardarlo. Lo fanno a pezzi, sì, ma lo Jabůrek è un osso duro sul serio. Gli tirano una palla nello stomaco facendogliela passare dalla bocca, ma lui non si scompone, se la tira via e continua a sparare. Gli fanno saltare via tutte e due le mani, e lui che fa? Si leva le scarpe e carica il cannone coi piedi. Infine gli tirano via la testa, che vola da un generale al quale il cannoniere fa rispettosamente notare di non poter fare il saluto d'ordinanza. Chiaramente, all'eroico cannoniere viene concessa la meritata ricompensa: la nobilitazione e il diritto di fregiarsi del „von“. Nell'ultimo verso, del resto, si fa perfidamente presente che di „von“ senza testa ce ne sono parecchi, nell'Impero Austroungarico e -aggiungo io- da tutte le parti. La canzone, a mio parere, è un piccolo capolavoro; riproduce fedelmente, tra le altre cose, la mistura di ceco e tedesco che si parlava nelle armate austriache, una cosa ovviamente pressoché impossibile da riprodurre (forse sarebbe possibile, mi sa, in un'eventuale traduzione in triestino; ce la vedrei benissimo). [RV]
Della canzone esistono parecchie versioni, che però non differiscono molto l'una dall'altra (per alcune parole, per la mancanza o presenza di una strofa, per la disposizione delle varie strofe). Qui abbiamo scelto una specie di versione „standard“. A parte i germanismi del testo, che le danno un inconfondibile „colore“, nel testo sono presenti alcune grafie dell'epoca (ad esempio un infinito in -ti come trefiti: ora si dice trefit; e, soprattutto, ej al posto di ý (celej per celý, bezhlavejch per bezhlavých ecc.), che è comunque tuttora una caratteristica del ceco popolare. Tali grafie sono state, ovviamente, mantenute.