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Notre-Dame-des-Landes n’est pas compensable !

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[2014]


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Au fil des cinquante années pendant lesquelles les projets d’aéroport ont successivement été lancés puis abandonnés, le bocage de Notre-Dame-des-Landes est devenu un habitat naturel privilégié pour les espèces protégées, en particulier grâce à la qualité de son eau.

Les études qui ont été conduites à la demande des promoteurs du projet n’ont relevé qu’une toute petite partie des mares et espèces présentes dans cette zone humide. Des naturalistes en lutte (abonnés, voir ici) ont donc entrepris de compléter cette étude. Étant donné leurs résultats, il semblerait raisonnable qu’une nouvelle étude plus précise et plus indépendante soit conduite. C’est le sens du courrier que la Société herpétologique de France a envoyé au ministre Philippe Martin le 3 février dernier.

Par ailleurs, le principe général des mesures compensatoires est discutable : peut-on compenser monétairement la destruction d’habitats naturels qui deviennent rares ? Que devient la protection des espèces s’il suffit de procéder à un rapide recensement et à quelques déplacements (à titre expérimental et sans suivi) pour s’affranchir des obligations légales ?
Les opposants au projet d’aéroport ont lancé un appel contre ces mesures.

Au-delà de la lutte qui a lieu à Notre-Dame-des-Landes, ces logiques de compensation soulèvent de réels problèmes écologiques et juridiques. Comme l’écrit Dominique Méda à la fin du chapitre 9 de La Mystique de la croissance : « La valeur accordée à la nature ne peut se limiter à une estimation monétaire des services rendus ou des dégradations produites. Elle doit également pouvoir être reconnue et respectée hors de toute entreprise de monétarisation. »



Notre Dame des Landes 2013. Report dalla lotta contro l’aeroporto in Francia
Les fauvettes grisettes
Bondrées et pipistrelles
Les Lulus alouettes
Et toutes les littorelles
Les hiboux des marais
Les petits fluteaux nageants
Les pélodytes ponctués
Les humains barbotants



Il y en a qui ont l’air de penser
Qu’on n’est pas indispensables
C’est d’eux qu’on va se dispenser :
On n’est pas compensables ! (bis)

Les salamandres tachetées
Les grenouilles agiles
Tous les tritons marbrés
Et même l’orvet fragile
Les dormantes noctules
Les chevêches d’Athéna
Toutes les blanches spatules
Grenouilles de lessona

Les tritons de blasius
L’aquatique crossope
Les nombrils de Vénus
Et les loutres d’Europe
Les linottes mélodieuses
Et les grands rhinolophes
Les luttes ingénieuses
Des humains philosophes

Il y en a qui ont l’air de penser
Qu’on n’est pas indispensables
C’est d’eux qu’on va se dispenser :
On n’est pas compensables ! (bis)


Buissons de piment royal
Agrions de mercure
Grassettes du Portugal
En un mot : la nature
Pique-Prunes, Muscardins,
Campagnols amphibies…
Ce qui était commun
Devient rare aujourd’hui.

Tous les pluviers dorés
Les crapauds épineux
Les grands tritons crêtés
Les petits veaux qui font meuh
Tous les jaunes bruants
Les lézards à deux bandes
Les humains paysans
De Notre-Dame-des-Landes

Il y en a qui ont l’air de penser
Qu’on n’est pas indispensables
C’est d’eux qu’on va se dispenser :
On n’est pas compensables ! (bis)

inviata da adriana - 22/2/2014 - 11:51


adriana - 31/1/2018 - 08:02


DIVERSI PAESI EUROPEI INASPRISCONO LE PENE PER I MILITANTI AMBIENTALISTI
Gianni Sartori

In Europa le iniziative degli ambientalisti non sembrano aver incontrato più di tanto il sostegno delle popolazioni. In compenso su di loro si va abbattendo la repressione. E si registrano le prime defezioni come nel caso dell'autoscioglimento di Letzte Generation. Le generazioni future forse non ringrazieranno.

Mentre caldo torrido e tempeste improvvise allietano l'estate della masse popolari europee, nel Vecchio Continente si inasprisce la repressione contro i militanti ecologisti. Dalla Gran Bretagna alla Francia, all'Austria, alla Germania...(e si presume che l'Italia finirà per allinearsi).

Roger Hallam era già conosciuto come uno dei fondatori del movimento “Just Stop Oil” e di “Extinction Rebellion”. Dal 18 luglio anche per essere uno dei cinque ecologisti (gli altri sono Daniel Shaw, Louise Lancaster, Lucia Whittaker De Abreu e Cressida Gethin) condannati a pene spropositate (quattro e cinque anni di detenzione) per “complotto inteso a provocare perturbazione dell'ordine pubblico”.

In quanto avrebbero preso parte a una riunione Zoom al fine di radunare attivisti per bloccare la M25, la grande circonvallazione di Londra. Operazione posta in essere il 7 novembre 2022 e durata circa quattro giorni.

Allo scopo di gettare l'allarme sulle nuove licenze per l'estrazione di petrolio e di gas che il governo stava per concedere.

Un caso analogo quello di altri due militanti ecologisti che nell'aprile 2023 erano stati condannati a tre anni di carcere dopo essersi arrampicati sul Ponte Queen Elizabeth rimandovi sospesi per circa 37 ore, bloccando di fatto la circolazione.

Non si tratta di episodi destinati a rimanere isolati. Di fronte alla crisi climatica (e a tutto il resto: estinzione delle specie, deforestazione, migrazioni indotte dai cambiamenti climatici, carestie, guerre a macchia di leopardo, genocidi più o meno mascherati di palestinesi, curdi, mapuche, adivasi, indios...) è probabile che le azioni di protesta vadano intensificandosi. Comportando fatalmente qualche “disturbo della quiete pubblica”. O se vogliamo qualche contrattempo per l'ordinaria opera di estrazione del profitto dalle attività quotidiane. Non sia mai, devono aver pensato le autorità britanniche introducendo (nel 2023) il Public Order Act. Con cui si andava criminalizzare ogni azione ritenuta atta a perturbare l'ordine pubblico. A discrezione delle forze dell'ordine in base al successivo (2024) Police, Crime, Sentencing and Courts Act.

E se Londra non lesina nelle condanne, Parigi non è da meno.

Vedi quanto avviene con le proteste contro la A69, una lingua d'asfalto di 53 chilometri in costruzione tra Castres e Toulouse. Progetto sostenuto dai politici locali e definito “un ecocidio economicamente scandaloso” dagli ambientalisti che - nonostante l'asprezza della repressione – continuano a opporsi.

In base ai dati forniti l'8 agosto dal Coordinamento anti-repressione, un collettivo che raccoglie i vari gruppi attivi contro la A69 (tra cui Attac, il Groupe national de surveillance des arbres- GNSA e La Voie est libre-LVEL, le organizzazioni in cui è maggiore il numero degli arrestati) dalle prime iniziative del febbraio 2023 centinaia di persone sono state fermate, 130 quelle indagate, 60 i processi (tra quelli già avviati e quelli a venire).

Sette militanti si trovano in carcere e 44 sotto controllo giudiziario, 27 quelli con foglio di via.

Tra le persone per cui la sentenza è già stata emessa, una è stata posta in libertà dopo 4 mesi di detenzione, un'altra è stata condannata a sei mesi. Per altri quattro condannati la pena si è trasformata in arresti domiciliari con braccialetto elettronico. In qualche caso la perquisizione, l'interrogatorio e l'arresto si sarebbero svolti con modalità discutibili. Alcuni hanno denunciato maltrattamenti e anche “fratture al volto che hanno richiesto interventi operatori” come confermato dai certificati medici.

Vista la situazione generale, non si può dire cada come un fulmine inaspettato a ciel sereno (direi ci sta visto che si parla di clima) il comunicato del 6 agosto di Letzte Generation, il ramo austriaca di “Ultima Generazione” (il collettivo disobbedienza civile resistenza nonviolenta sorto in Germania). Con cui annunciava, a tre anni dalla nascita, l' autoscioglimento. Sia per non meglio specificati “dissensi interni” (probabilmente sulle modalità di intervento), sia – soprattutto direi – per problemi finanziari (gli avvocati costano).

“Avevamo continuato nonostante la violenza subita, le minacce di morte, gli arresti e il carcere, l'odio nei nostri confronti e le multe che ormai raggiungono le decine di migliaia di euro – spiegavano nel comunicato. Ma ora, non vedendo la possibilità di conseguire risultati “sospendiamo le nostre proteste”.

Proteste avviate nel 2021 contro la costruzione di un grande tunnel autostradale nel centro di Vienna. In seguito avevano occupato le piste e le strade degli aeroporti austriaci per protestare contro l'impiego delle energie fossili e la catastrofe climatica. Stando alle dichiarazioni della portavoce Marina Hagen-Canaval alcune centinaia di persone (oltre 600) avrebbero preso parte alle diverse azioni di protesta (calcolando solo quelle del 2023 e del 2024 almeno 378). In questi tre anni, secondo Letzte Generation, il governo austriaco avrebbe “brillato per totale incompetenza”. Ma, sempre a loro avviso “anche la società ha fallito visto che parte della popolazione continua a sostenere l'uso dei combustibili fossili”.

Tuttavia per quanto ora si sentano “profondamente tristi”, sono anche convinti di “aver piantato i semi di una futura sollevazione pacifica politicizzando migliaia di persone”.

Va ricordato che alcuni militanti austriaci (tra cui Martha Krumpeck) rimangono ancora in carcere e molti altri rischiano la medesima sorte (o comunque multe pesantissime) in caso di condanna. Attualmente sarebbero 230 le cause penali in corso e quasi 4mila le denunce amministrative (civili). Per un totale di 1060 arresti.

Per cui “utilizzeremo le nostre rimanenti risorse finanziarie per coprire le spese legate alla nostra difesa nei tribunali”.

Fermo restando che “Noi rimaniamo in collera. La resistenza continua”.

Gianni Sartori

12/8/2024 - 14:50




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