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Italia mia

Philippe Verdelot
Lingua: Italiano


Philippe Verdelot

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[1528]
Testo: Francesco Petrarca , Rerum Vulgarium Fragmenta (Canzoniere CXXVIII)
Musica: Philippe Verdelot
Il testo del madrigale è tratto da The Lied And Art Song Texts Page, il database mondiale della canzone artistica di tutte le epoche

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Inizia con questo madrigale di Philippe Verdelot lo scanning sistematico di uno straordinario sito di cui si sentirà molto parlare nelle CCG nel tempo a venire: Il Lied And Art Song Texts Page, il vero archivio mondiale in rete del Lied e della canzone d'arte. Solo per darne un'esatta dimensione, il sito, aggiornato ogni giorno, contiene a tutt'oggi (31 agosto 2006) 18.203 testi in 22 lingue, con 4058 traduzioni in 12 lingue. Si potrebbe affermare, anche con una punta di orgoglio da parte nostra, che è per la canzone d'arte ciò che le CCG sono per la canzone antibellica e antimilitarista.

Uno scanning completo di un sito di tali dimensioni potrà effettuarsi soltanto lentamente e con attenzione. Siamo però del tutto certi che nella canzone d'arte di tutte le epoche si celino molti testi che hanno piena cittadinanza nelle CCG. Iniziamo con questo madrigale che ci riporta in pieno alle guerre combattute sul suolo italiano nella prima metà del XVI secolo, quando l'Italia era il campo di battaglia privilegiato di tutte le potenze europee.

E' un periodo tragico, culminato con il Sacco di Roma del 1527 e con l'assedio di Firenze del 1530; un periodo in cui, nonostante le terribili condizioni, l'Italia continua ad essere il faro culturale dell'Europa intera, e che produce i più grandi artisti e i più grandi geni dell'umanità (si pensi soltanto a Leonardo e a Michelangelo). L'Italia domina anche nel campo musicale; logico, quindi, che un importante musicista francese come Philippe Verdelot, nato a Les Loges nel 1485 circa, scelga l'Italia come paese di elezione.

Fu attivo dapprima a Venezia; un ritratto del 1511, descritto da Giorgio Vasari ma mai identificato con certezza, sembra essere l'unico di Verdelot. Passò poi a Firenze, dove dal 1523 al 1525 fu maestro di cappella del Battistero; nel 1526 collaborò con Niccolò Machiavelli alle musiche di scena per La Mandragola. Le notizie sulla sua morte sono incerte. Secondo alcune fonti, morì proprio durante l'assedio di Firenze del 1530, per il quale musicò questo struggente madrigale contro la guerra, anzi contro le guerre che stavano distruggendo il paese. Le notizie di Verdelot si perdono effettivamente da quel momento. Partigiano antimediceo, con il ritorno della Signoria a Firenze sicuramente dovette lasciare la città anche in caso di sopravvivenza. Altre fonti lo danno per morto dieci anni dopo, verso il 1540; altre ancora addirittura nel 1552.

Assieme a Costanzo Festa, Philippe Verdelot è considerato unanimente l'iniziatore dell'arte del madrigale, emerso nel 1520 in seguito alla coalescenza di altri tipi di canto a cappella come la frottola, la canzone e la laude. I madrigali di Verdelot sono considerati omofonici e usano raramente la coloratura. Verdelot compose anche mottetti e messe cantate.

Italia mia, bench' el parlar sia indarno
A le piaghe mortali
Che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
Piacem' almen che e' mia sospiri sien quali
Sper' il Tever e l'Arno,
E'l Po dove doglioso et grave hor' seggio.
Rector' del cielo, io cheggio
Che la pietà che ti condusse in terra
Ti volga al tuo dilett' almo paese;
Vedi, Signor' cortese
Di che levi cagion, che crudel guerra
I cori, che indur' et serra
Marte superb' et fero.
Apri tu Padre e intenerisci et snoda,
Ivi fa che el tuo vero,
Qual'io mi sia, per la mia lingua s'oda.

inviata da Riccardo Venturi - 31/8/2006 - 00:37



Lingua: Italiano

Sicuramente non dispiacerà una versione del testo in prosa italiana corrente:
Italia mia, benché sia inutile parlare alle tue ferite mortali che nel tuo bel corpo vedo così gravi, mi piace almeno che i miei sospiri siano, spero, quali (= che scorrano come…) il Tevere e l’Arno, e il Po presso il quale dolente e mesto adesso seggo. Rettore (= Signore) del cielo, io chiedo che la pietà che ti condusse in terra (= che fece discendere Gesù tra gli uomini) ti rivolga al paese diletto dalla tua anima. Vedi, Signor cortese, con quali futili cause, con quale crudele guerra Marte superbo e fiero addensa e serra le schiere; scioglile tu, Padre, addolciscile e disfale. Fa’ qui che la tua Verità, per quanto mi sia (concesso) si oda con le mie parole.

inviata da Riccardo Venturi - 31/8/2006 - 03:33




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