يَا عَالَمْ فِيك القتال له جَايْزَة
وفيك الحگرة فَايْزَة
ومن كل ماضي أحكام
فيك ليام من لَحْزَانْ حَايزة
كَ لَبْحُورْ دموع الصبيان دايزة
ارواحهم سارت لله
عاشت وفنات ف الظلام يا عالم
فيك يتعلمو لَحْسَانْة
بْلاَ مُوسْ . . بْلا َمَا فْ رْيُوسْ لْيْتـَامَى . . .
وشلى كلام يا عالم
الدنيــــــا سكتـــــــــات لَعْدَا دَارْت ْمَا بْغـَــــــاتْ
الدنيــــــا سكتـــــــــات الصهيون دارت ما بغات
فْ صْبـْـــرَا وُشَاتِيــــلاَ المجـــــزرة الكبــيــــرة
اطفــــــــال تذبحــــــات شيـــــوخ و عيــــالات
السوايــــع وقفـــــــات لــــــرواح تحصـــرات
السوايــــع وقفـــــــات لَكْتـُــــــوبْ تْـنْهـْبــَـات
ف صبــــرا وشاتيــــلا كَثـْـــــــرَاث لـقـتـيـلــة
ف جبــــال و وديــــان طيـــــــــور و غـابــــات
دَنـَّـة دَنـَّـة آهْ دَنـَّـة دَنـَّـة دَنـَّـة آهْ دَنـَّـة
وفيك الحگرة فَايْزَة
ومن كل ماضي أحكام
فيك ليام من لَحْزَانْ حَايزة
كَ لَبْحُورْ دموع الصبيان دايزة
ارواحهم سارت لله
عاشت وفنات ف الظلام يا عالم
فيك يتعلمو لَحْسَانْة
بْلاَ مُوسْ . . بْلا َمَا فْ رْيُوسْ لْيْتـَامَى . . .
وشلى كلام يا عالم
الدنيــــــا سكتـــــــــات لَعْدَا دَارْت ْمَا بْغـَــــــاتْ
الدنيــــــا سكتـــــــــات الصهيون دارت ما بغات
فْ صْبـْـــرَا وُشَاتِيــــلاَ المجـــــزرة الكبــيــــرة
اطفــــــــال تذبحــــــات شيـــــوخ و عيــــالات
السوايــــع وقفـــــــات لــــــرواح تحصـــرات
السوايــــع وقفـــــــات لَكْتـُــــــوبْ تْـنْهـْبــَـات
ف صبــــرا وشاتيــــلا كَثـْـــــــرَاث لـقـتـيـلــة
ف جبــــال و وديــــان طيـــــــــور و غـابــــات
دَنـَّـة دَنـَّـة آهْ دَنـَّـة دَنـَّـة دَنـَّـة آهْ دَنـَّـة
inviata da Bernart Bartleby - 14/1/2014 - 11:07
Lingua: Francese
Traduzione francese trovata qui
SABRA ET CHATILA
Dans ce monde le meurtrier est à l'honneur
Et l'injustice triomphe
Le passé regorge d'exemples
Dans ce monde les malheurs abondent
Telles les vagues
Les larmes des enfants passent
Leur âme rendue à Dieu
Elle a vécu, et s'est eteinte dans l'ombre
Dans ce monde l'abus est flagrant
Le scrupule est absent
L'orphelin est dupé
Et il y a tant à dire...
Dans ce monde le meurtrier est à l'honneur...
L'ennemi fait ce qu'il veut et le monde est muet
Le sioniste fait ce qu'il veut et le monde est muet
A Sabra et Chatila, le massacre le plus grand
Enfants égorgés
Femmes et des vieillards aussi
O melheur, O malheur
Le temps s'est arrêté, les âmes sont éttoufées
Le temps s'est arrêté, les livres sont violés
A Sabra et Chatila, grandit la tuerie
Les montagnes, les rivieres et les forêts en sont témoins
Dans ce monde le meurtrier est à l'honneur
Et l'injustice triomphe
Le passé regorge d'exemples
Dans ce monde les malheurs abondent
Telles les vagues
Les larmes des enfants passent
Leur âme rendue à Dieu
Elle a vécu, et s'est eteinte dans l'ombre
Dans ce monde l'abus est flagrant
Le scrupule est absent
L'orphelin est dupé
Et il y a tant à dire...
Dans ce monde le meurtrier est à l'honneur...
L'ennemi fait ce qu'il veut et le monde est muet
Le sioniste fait ce qu'il veut et le monde est muet
A Sabra et Chatila, le massacre le plus grand
Enfants égorgés
Femmes et des vieillards aussi
O melheur, O malheur
Le temps s'est arrêté, les âmes sont éttoufées
Le temps s'est arrêté, les livres sont violés
A Sabra et Chatila, grandit la tuerie
Les montagnes, les rivieres et les forêts en sont témoins
inviata da Bernart Bartleby - 14/1/2014 - 11:08
Mi permetto qui di riproporre un commento che è poi andato a costituire l'introduzione a Sabra y Chatila di Alberto Cortez... Solo per dare un po' più di evidenza, e di verità, alla notizia del decesso dell'ex tutto (generale, ministro, premier,...) israeliano Ariel Sharon, che viene in questi giorni vegognosamente salutato come "uomo di pace"...
Ovviamente, non mi associo al cordoglio per la sua scomparsa.
Ovviamente, non mi associo al cordoglio per la sua scomparsa.
LA STRAGE DI SABRA E CHATILA: UN RACCONTO DI CHI C'ERA
Di Mimmo Candito
Da La Stampa del 12 gennaio 2014
L'informatrice, Rita, arrivò all'albergo poco dopo l'alba. “Pare si possa passare”, sussurò che nessuno sentisse. Lei stava con un siriano che stava con i palestinesi; e sapeva tutto. Svegliammo l'autista, partimmo subito; Rita sedeva muta in un angolo. Erano tre giorni che di Sabra e Shatila, i due più grossi campi dei palestinesi, non si sapeva più nulla; solo qualche raffica di mitra raccontava che a Beirut, comunque, si stava ancora facendo la guerra. Però da laggiù, niente.
In quell'estate calda dell'82, l'esercito di Sharon aveva attaccato con una forza d'urto massiccia, lunghe colonne di carri e di blindati, aerei, forze speciali, migliaia e migliaia di uomini che avevano chiuso a tenaglia su Beirut. La chiamavano “Operazione Pace in Galilea”, perchè chi fa la guerra mette sempre le mani avanti e dice che lo fa per la pace.
Ma la pace in quei giorni aveva trasmigrato. Con una bomba sotto la scrivania, avevano appena ammazzato Bashir Gemayel, capo della Falange maronita, ma anche nuovo presidente del Libano e, soprattutto, l'uomo d'Israele. Tutti dicevano ch'erano stati i palestinesi, bisognava far piazza pulita. Ma intanto era intevenuta l'Onu, e 15.000 fedayin se ne poterono andar via con le loro armi in (un nuovo) esilio scortati dai marines col mitra spianato e anche dai nostri bersaglieri e dai legionari di Parigi. Nell'inferno sporco e puzzolente dei campi profughi restarono, in gran parte, solo le donne e i vecchi; poi, però, anche i marines e i bersaglieri e i legionari se ne tornarono a casa, e Beirut, allora, fu tutta nelle mani di Sharon (sì anche dei maroniti, e dei morabitun, e di Amal, e dei drusi di Jumblatt; ma quello che conta era che c'erano a tenaglia i carri di Tsahal e i suoi soldati con la kippa. E loro erano la guerra e la pace).
Entrare nei due campi non fu facile: c'erano carri di David a ogni incrocio, e soldati israeliani, e blindati con la stella gialla. L'autista però conosceva i vicoli puzzolenti della città come casa sua, e riuscì a far fessi i guardiani. E ci trovammo nell'inferno degli uomini.
In un silenzio che anche i passi sulla terra battuta parevano un oltraggio, le piccole case di fango e di legno erano diventate cimiteri muti d'una strage senza perdono. C'erano cadaveri ovunque, soprattutto quello che restava di corpi che, prima, erano stati donne e bambini. Le donne, oscene nella violenza di cosce nude squarciate dallo stupro, le gonne tirate su di strappo fino alla gola, le bocche dilatate in un urlo che ancora l'eco pareva sospeso nell'aria; i bambini, macchie di carne nera che il caldo putrefaceva, qualcuno ancora infilzato da un coltellaccio, molti ridotti a brandelli senza profilo. Le mosche ronzavano avide sui cadaveri sparsi, Rita aveva gli occhi sgranati che nemmeno parlavano.
Incontrammo qualche vecchia che piangeva in silenzio, e vagava senza parole. C'erano solo i cadaveri e loro e nessun altro.
Quel 18 settembre, Sabra e Shatila, era uno sterminato puzzolente cimitero all'aperto, dove gli 8 o 9 reporter europei e americani che, soli, riuscimmo a entrare nei campi ci facemmo raccontare da quelle vecchie impietrite un massacro che era andato avanti ininterrottamente, giorno e notte, per più di 36 ore.
Il pomeriggio del 16 settembre, Sharon aveva messo i suoi carri e i suoi uomini tutt'attorno ai due campi, che nessuno ne entrasse e nessuno ne uscisse. Poi aveva dato il via libera ai falangisti, che avevano trasformato la loro vendetta per la morte di Gemayel in un autentico genocidio, lavorando di coltello e poi di kalashnikov, indisturbati, meticolosi, casa per casa, anfratto per anfratto. Ne ammazzarono, forse, 2.200, o forse 3 mila; ma sono conti che le fosse comuni si sono portate via con sé.
Beirut, quel giorno di settembre, restò isolata, non c'erano telefoni che funzionassero, né telex. I reporter andammo a dettare i nostri articoli da un centro comunicazione militare che Sharon aveva montato su, in collina, a Baadba. Ci concessero un ponte-radio con Gerusalemme, e le centraliniste furono gentilissime anche se al Comando sapevano bene che cosa stessimo raccontando al mondo. Qualcuno di noi piangeva mentre dettava, nel buio della notte che ormai ci era scivolata addosso.
Sharon dovette sottostare a un'inchiesta internazionale, e fu condannato per avere autorizzato quelle 36 ore dell'inferno in terra. Poi lasciò l'uniforme, e passò a fare il capo di governo.
Di Mimmo Candito
Da La Stampa del 12 gennaio 2014
L'informatrice, Rita, arrivò all'albergo poco dopo l'alba. “Pare si possa passare”, sussurò che nessuno sentisse. Lei stava con un siriano che stava con i palestinesi; e sapeva tutto. Svegliammo l'autista, partimmo subito; Rita sedeva muta in un angolo. Erano tre giorni che di Sabra e Shatila, i due più grossi campi dei palestinesi, non si sapeva più nulla; solo qualche raffica di mitra raccontava che a Beirut, comunque, si stava ancora facendo la guerra. Però da laggiù, niente.
In quell'estate calda dell'82, l'esercito di Sharon aveva attaccato con una forza d'urto massiccia, lunghe colonne di carri e di blindati, aerei, forze speciali, migliaia e migliaia di uomini che avevano chiuso a tenaglia su Beirut. La chiamavano “Operazione Pace in Galilea”, perchè chi fa la guerra mette sempre le mani avanti e dice che lo fa per la pace.
Ma la pace in quei giorni aveva trasmigrato. Con una bomba sotto la scrivania, avevano appena ammazzato Bashir Gemayel, capo della Falange maronita, ma anche nuovo presidente del Libano e, soprattutto, l'uomo d'Israele. Tutti dicevano ch'erano stati i palestinesi, bisognava far piazza pulita. Ma intanto era intevenuta l'Onu, e 15.000 fedayin se ne poterono andar via con le loro armi in (un nuovo) esilio scortati dai marines col mitra spianato e anche dai nostri bersaglieri e dai legionari di Parigi. Nell'inferno sporco e puzzolente dei campi profughi restarono, in gran parte, solo le donne e i vecchi; poi, però, anche i marines e i bersaglieri e i legionari se ne tornarono a casa, e Beirut, allora, fu tutta nelle mani di Sharon (sì anche dei maroniti, e dei morabitun, e di Amal, e dei drusi di Jumblatt; ma quello che conta era che c'erano a tenaglia i carri di Tsahal e i suoi soldati con la kippa. E loro erano la guerra e la pace).
Entrare nei due campi non fu facile: c'erano carri di David a ogni incrocio, e soldati israeliani, e blindati con la stella gialla. L'autista però conosceva i vicoli puzzolenti della città come casa sua, e riuscì a far fessi i guardiani. E ci trovammo nell'inferno degli uomini.
In un silenzio che anche i passi sulla terra battuta parevano un oltraggio, le piccole case di fango e di legno erano diventate cimiteri muti d'una strage senza perdono. C'erano cadaveri ovunque, soprattutto quello che restava di corpi che, prima, erano stati donne e bambini. Le donne, oscene nella violenza di cosce nude squarciate dallo stupro, le gonne tirate su di strappo fino alla gola, le bocche dilatate in un urlo che ancora l'eco pareva sospeso nell'aria; i bambini, macchie di carne nera che il caldo putrefaceva, qualcuno ancora infilzato da un coltellaccio, molti ridotti a brandelli senza profilo. Le mosche ronzavano avide sui cadaveri sparsi, Rita aveva gli occhi sgranati che nemmeno parlavano.
Incontrammo qualche vecchia che piangeva in silenzio, e vagava senza parole. C'erano solo i cadaveri e loro e nessun altro.
Quel 18 settembre, Sabra e Shatila, era uno sterminato puzzolente cimitero all'aperto, dove gli 8 o 9 reporter europei e americani che, soli, riuscimmo a entrare nei campi ci facemmo raccontare da quelle vecchie impietrite un massacro che era andato avanti ininterrottamente, giorno e notte, per più di 36 ore.
Il pomeriggio del 16 settembre, Sharon aveva messo i suoi carri e i suoi uomini tutt'attorno ai due campi, che nessuno ne entrasse e nessuno ne uscisse. Poi aveva dato il via libera ai falangisti, che avevano trasformato la loro vendetta per la morte di Gemayel in un autentico genocidio, lavorando di coltello e poi di kalashnikov, indisturbati, meticolosi, casa per casa, anfratto per anfratto. Ne ammazzarono, forse, 2.200, o forse 3 mila; ma sono conti che le fosse comuni si sono portate via con sé.
Beirut, quel giorno di settembre, restò isolata, non c'erano telefoni che funzionassero, né telex. I reporter andammo a dettare i nostri articoli da un centro comunicazione militare che Sharon aveva montato su, in collina, a Baadba. Ci concessero un ponte-radio con Gerusalemme, e le centraliniste furono gentilissime anche se al Comando sapevano bene che cosa stessimo raccontando al mondo. Qualcuno di noi piangeva mentre dettava, nel buio della notte che ormai ci era scivolata addosso.
Sharon dovette sottostare a un'inchiesta internazionale, e fu condannato per avere autorizzato quelle 36 ore dell'inferno in terra. Poi lasciò l'uniforme, e passò a fare il capo di governo.
Bernart Bartleby - 15/1/2014 - 08:09
Invito anche a leggere questa recensione (da Expanded Cinemah) di un film misconosciuto, “Sharon, The Accused” girato dal regista inglese Fergal Keane e prodotto nel 2001 dalla BBC. Una ricostruzione giornalistica impeccabile di chi fu Ariel Sharon e di cosa realmente fece quell’ “uomo di pace”…
Peccato che di quel documentario non ci sia nessuna traccia su YouTube, con tutto che sul TuTubo si trovano invece miliardi di cazzate inutili…
Di “Sharon, l’accusato” parlò persino Paolo Di Motoli in una recensione su Ha Keillah, bimestrale della comunità ebraica di Torino, ma il numero (n.5 del 2001) non è più disponibile nell’archivio on line della rivista…
Peccato che di quel documentario non ci sia nessuna traccia su YouTube, con tutto che sul TuTubo si trovano invece miliardi di cazzate inutili…
Di “Sharon, l’accusato” parlò persino Paolo Di Motoli in una recensione su Ha Keillah, bimestrale della comunità ebraica di Torino, ma il numero (n.5 del 2001) non è più disponibile nell’archivio on line della rivista…
Bernart Bartleby - 15/1/2014 - 08:36
The Accused
Nearly 40 years ago the man who after was Israel's Prime Minister, Ariel Sharon, sent Lebanese militiamen into the Palestine refugee camps of Sabra and Shatilla. When they left 36 hours later at least 800 people lay dead after a rampage of murder, torture and rape. Panorama asks whether new evidence that has come to light should lead to indictments for what happened in the camps.
Nearly 40 years ago the man who after was Israel's Prime Minister, Ariel Sharon, sent Lebanese militiamen into the Palestine refugee camps of Sabra and Shatilla. When they left 36 hours later at least 800 people lay dead after a rampage of murder, torture and rape. Panorama asks whether new evidence that has come to light should lead to indictments for what happened in the camps.
Panorama · Season 2001 Episode 15 · The Accused
Nearly 20 years ago the man who is now Israel's Prime Minister, Ariel Sharon, sent Lebanese militiamen into the Palestine refugee camps of Sabra and Shatilla. When they left 36 hours later at least 800 people lay dead after a rampage of murder, torture and rape. Panorama asks whether new evidence that has come to light should lead to indictments for what happened in the camps
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Nell’album intitolato “Ennehla Chama” (purtroppo non so trascrivere il titolo in arabo)
Testo in arabo trovato qui