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Carceri ca me teniti carceratu

anonimo
Lingua: Italiano (Pugliese Salentino)


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[Anni 30?]
Canto raccolto dal ricercatore Brizio Montinaro e da Roberto Licci (Canzoniere Grecanico Salentino) nel 1978 a San Foca di Melendugno, Lecce, dalla voce di Niceta Petrachi, detta Teta, conosciuta anche come “la Simpatichina”
Testo e traduzione italiana trovati su La Putea. Cultura e artigianato del Salento
Interpretata dagli Aramiré, compagnia di musica salentina, nel loro disco intitolato “Mazzate Pesanti”.
L’ultima strofa tra parentesi è presente nella versione dei Gèkos, gruppo di giovani salentini che cerca di “rifondare” il folk di quella terra con la musica reggae, jazz, ska e blues.
Il testo potrebbe aver ispirato (o essere stata ispirata da) una canzone napoletana risalente al 1933 intitolata “Carcere”, scritta da Libero Bovio con musica di Ferdinando Albano: anche questa inizia infatti con il verso “Carcere ca mme tiene carcerato” e l’intera prima strofa è molto simile alle prime due del canto salentino…
Carceri ca me teniti carceratu
pe contentezza de li mei nemici,
cacciame fore ca a cqua intra patu
quantu te cuntu l'error ca fici.

De quindici anni ca stau carceratu
nessuno m'ha mandatu nu salutu,
mancu de li cancelli su chiamatu
credu lu nome miu ca s'ha perdutu.

Oh, quando sentu li cancelli sbattere
m'ene lu chiantu e pensu a casa mia,
le mei sorelle an brazze me pjara
e me minara su la mamma mia.

Oh mamma, se sapessi le galere
dici poi, fiju miu, commu hai campatu,
de fore ntorniciatu de bandiere
de intra c'è l'infernu naturale.

Oh mamma ce su brutte le galere
ci le vidi spaventu ni rimane
nu senti né orologi né campane
sulu rumori de ferri e catene.

[Famme na grazia bedda mia
cu me saluti la vagnona mia
e li dici ca nui fummu sventurati
li dici ca nui fummu sventurati.]

inviata da Bernart Bartleby - 3/12/2013 - 18:00



Lingua: Italiano

Traduzione italiana (salvo l’ultima strofa tra parentesi)
CARCERI CHE MI TENETE CARCERATO

Carceri che mi tenete carcerato
per la gioia dei miei nemici
cacciatemi fuori che qui dentro patisco
così ti spiego l'errore che feci.

Sono quindici anni che sono carcerato
nessuno mi ha mandato un saluto
nemmeno dai cancelli sono chiamato
credo che il mio nome si sia perduto.

Oh, quando sento i cancelli sbattere
mi viene il pianto e penso a casa mia
le mie sorelle mi presero in braccio
e mi diedero in braccio alla mamma mia.

Oh mamma, se tu sapessi le galere
Diresti, figlio come hai potuto vivere
all'esterno attorniato da bandiere
dentro l'inferno naturale.

Oh mamma, come sono brutte le galere
se le vedi ne rimani spaventata
non senti né orologi né campane
solo rumore di ferri e catene.

inviata da Bernart Bartleby - 3/12/2013 - 18:02


Propongo una traduzione migliore della penultima strofa:

Oh mamma, se tu sapessi le galere
Diresti: "Figlio come hai potuto vivere?"
All'esterno è tutto imbandierato
ma dentro c'è l'inferno vero e proprio.

Bernart Bartleby - 4/12/2013 - 10:18


Potrebbe anche trattarsi del contrario: nulla impedisce che essendo quella napoletana d'autore "recente", siano stati questi ad ispirarsi a quella salentina! Va detto comunque che quella salentina ha vari punti in comune con alcuni canti siciliani del carcere "Carzari ca si fattu cruci cruci" ecc. La Sicilia ha il più vasto repertorio di canti del carcere! Dunque potrebbe anche trattarsi di una ispirazione (sia quella napoletana che quella salentina) da antichi canti del carcere siciliani!

Gattopardo - 25/9/2016 - 09:12




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