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‎¿Dónde están?‎

Patricio Manns
Lingua: Spagnolo


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‎[1999]‎
Scritta da Patricio Manns e Ian Moya
Nell’album antologico dal vivo intitolato “América novia mía” registrato nel 2000 con il gruppo Parabellum.‎
Testo trovato su Cancioneros.com


‎¿Dónde están
los cementerios que la luna vio
cavar secretamente en el horror
de un tiempo pleno de furor?

‎¿Dónde están
los indefensos que mató aquel mal,
bajo la escoria de qué basural,
bajo un secreto tan brutal?

‎¿Dónde están
sus cuerpos rotos y su soledad,
sus almas muertas lejos del calor
de sus amores?

Yo les pregunto: ¿dónde están?
Yo me pregunto: ¿dónde están?

‎¿Dónde están?
Qué enorme ausencia nos abrió ese ayer,
qué indiferencia antes de padecer,
qué odio imposible de entender.

‎¿Dónde están
los cementerios que la luna vio
cavar secretamente en el horror
de un tiempo pleno de furor?‎

inviata da Bernart - 4/11/2013 - 10:05



Lingua: Italiano

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
24 gennaio 2014
DOVE SONO?

Dove sono
i cimiteri che la luna vide
scavare in segreto nell'orrore
di un tempo pieno di furore?

Dove sono
gli indifesi uccisi da quel male
sotto lo schifo di chissà quale letamaio,
sotto un segreto tanto brutale?

Dove stanno
i loro corpi spezzati, la loro solitudine,
le loro anime morte lontane dal calore
dei loro amori?

Io vi domando: dove sono?
Io mi domando: dove sono?

Dove sono?
Quale enorme assenza ci ha aperto quell'ieri,
quale indifferenza prima di soffrire,
quale odio impossibile da capire.

‎Dove sono
i cimiteri che la luna vide
scavare in segreto nell'orrore
di un tempo pieno di furore?

24/1/2014 - 14:35



Per dare loro un volto



Non so esattamente per quale motivo Bernart, a suo tempo, abbia scelto la terribile immagine degli antropologi forensi argentini che recupera i resti di Adriana Mitrovich e Horacio Ferreyra; ma l'orrore dell'immagine, a mio parere, non deriva soltanto dagli scheletri. E' un'immagine che mi ha ricordato, e precisamente, una sorta di scavo archeologico. Qualcosa di un tempo lontanissimo, preistorico. Invece si tratta di nemmeno quarant'anni fa, di un'epoca che la mia generazione dell'età di mezzo ricorda anche fin troppo bene. Ho ritenuto allora necessario dare un volto a Adriana e Horacio. Erano due studenti universitari di Tucumán; il 28 aprile 1977 il padre di Adriana accompagnò la figlia a studiare a casa dell'amico; di entrambi non si seppe più niente fino al ritrovamento delle loro ossa.

Come tanti giovani argentini, perché l'orrore nell'orrore è che la giunta militare si accanì soprattutto contro la generazione degli studenti medi e universitari, sterminando la gioventù di un paese intero, Adriana e Horacio furono rinchiusi, torturati e uccisi. Qui, in un articolo di "Tucumán Hoy", la loro storia. La canzone di Patricio Manns è anche per loro, ed in questo si comprende bene la scelta di Bernart.

Non è archeologia. E' qualcosa che non deve cessare di essere ricordata. Non deve essere cancellata dalla memoria, dato che in qualche altra parte del mondo sta avvenendo tuttora. Ce lo dicono anche Adriana e Horacio, sepolti assieme come agli albori del mondo, giovani e invincibili.

Riccardo Venturi - 24/1/2014 - 14:54


Com'è vero quello che scrivi, Riccardo!
Io sento le stesse cose, letteralmente le "sento", prima della coscienza, prima del pensiero. Ogni tanto sento il bisogno quasi fisico di andare al muro della memoria e guardare i loro visi, spesso tanto giovani, pronunciare i loro nomi, immaginare le loro vite, anche attraverso ciò che mani amorose hanno lasciato scritto di loro. Ma soprattutto guardarli negli occhi, dolci, seri, sorpresi, gioiosamente ignari o tristi, quasi presaghi del futuro terribile che li aspetta; tutti ugualmente fissi in un eterno presente ad accusare in eterno chi ha cercato di cancellarli dalla storia.

Maria Cristina - 25/1/2014 - 19:19


B.B. - 11/8/2020 - 14:19




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