Veinticuatro bofetadas.
Veinticinco bofetadas;
después, mi madre, a la noche,
me pondrá en papel de plata.
Guardia civil caminera,
dadme unos sorbitos de agua.
Agua con peces y barcos.
Agua, agua, agua, agua.
¡Ay, mandor de los civiles
que estás arriba en tu sala!
¡No habrá pañuelos de seda
para limpiarme la cara!
Veinticinco bofetadas;
después, mi madre, a la noche,
me pondrá en papel de plata.
Guardia civil caminera,
dadme unos sorbitos de agua.
Agua con peces y barcos.
Agua, agua, agua, agua.
¡Ay, mandor de los civiles
que estás arriba en tu sala!
¡No habrá pañuelos de seda
para limpiarme la cara!
inviata da Bernart - 11/9/2013 - 11:44
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Versi di Federico García Lorca dalla raccolta “Poema del cante jondo”, pubblicata nel 1931, canzone tratta dalla “Escena del teniente coronel de la Guardia Civil”
Messa in musica da Manolo Díaz de Los Aguaviva nell’album d’esordio del gruppo, “Cada vez más cerca” del 1970, dove il brano compare con il titolo di “24 Bofetadas”
Il “cante jondo” (“canto profondo”) è “un rarissimo esemplare di canto primitivo, il più vecchio di tutta l'Europa, che reca nelle sue note la nuda e commossa emozione delle prime razze orientali”. Lo scriveva lo stesso Lorca, che di questo stile vocale del flamenco andaluso era cultore. Nel 1922 organizzò insieme al compositore Manuel de Falla il memorabile Concurso de Cante Jondo a Granada.
Il mondo e la cultura dei gitani, degli zingari andalusi, stava molto a cuore a Lorca che in seguito dedicò ad essi un’intera sua opera, il “Romancero gitano”, pubblicata nel 1928. Come in questa canzone, uno degli aspetti che Lorca sottolineò maggiormente fu quello della perenne e crudele lotta dei gitani (spesso chiamati “cartagineses”) contro l’autorità e i suoi sgherri, la Guardia Civil (i “romanos”). Lorca si schierò sempre coi primi, partecipe delle loro sofferenze e della loro ribellione.
E non è un caso che nel 1936 sia stato purtroppo lui stesso vittima dei “romanos”, i falangisti di Francisco Franco.