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Das Barlach-Lied

Wolf Biermann
Lingua: Tedesco


Wolf Biermann

Lista delle versioni e commenti


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Die hab' ich satt!
(Wolf Biermann)
Ermutigung
(Wolf Biermann)
So soll es sein - So wird es sein
(Wolf Biermann)


[1968]
Text und Musik: Wolf Biermann
Lyrics and Music: Wolf Biermann
Testo e musica: Wolf Biermann
Album: Chausseestraße 131


Chausseestraße 131


chausmikron.


- Die hab' ich satt!
- Das Barlach-Lied
- Deutschland: Ein Wintermärchen (1. Kapitel)
- Ballade auf den Dichter François Villon
- Deutschland: Ein Wintermärchen (Fortsetzung)
- Wie eingepfercht in Kerkermauern
- Zwischenlied
- Frühling auf dem Mont Klamott
- Moritat auf Biermann seine Oma Meume in Hamburg
- Großes Gebet der alten Kommunistin Oma Meume in Hamburg
- So soll es sein - So wird es sein


Chausseestraße 131 è stato il primo album inciso da Wolf Biermann e ha una storia leggendaria: poiché Biermann era bandito nella DDR, e quindi aveva il divieto ufficiale di registrare le sue canzoni, mise su uno studio improvvisato nel suo appartamento. Con l'aiuto di alcuni amici e di sua madre, riuscì a procurarsi apparecchiature come un microfono di alta qualità e un registratore da studio contrabbandato dalla Germania occidentale, in modo da poter incidere le sue canzoni. La storia narra però che il microfono fosse di qualità anche fin troppo buona, ed ultrasensibile: in breve, mentre Biermann registrava, captava anche i rumori di strada tipo le automobili che passavano e, a volte, anche il canto degli uccellini. Dopo qualche tentativo di eliminare questi rumori di sottofondo, andato a vuoto, Biermann decise di fare di necessità virtù e registrò le canzoni com'erano, con tutti i rumori; e fu un colpo di genio, dato che la cosa rendeva perfettamente le condizioni particolari in cui l'album era stato registrato, il confino domestico e la clandestinità totale dell'artista. La „naturalità“ totale di tutto ciò non ha cessato di rivelare la sua efficacia a 45 anni di distanza: Chausseestraße 131, si può dire, è nato già come album storico, anche al di là dello stesso, elevatissimo, valore dei testi (la musica ha, come lecito attendersi, un valore secondario, quasi di semplice sottofondo come gli stessi rumori di strada). Lo si potrebbe definire un album per parole, rumori e voce: la voce rauca e sporca di Biermann. Si tratta anche di una testimonianza precisa di un fatto: pur essendo ufficialmente bandito e esiliato in casa, Biermann non era affatto tagliato fuori dagli eventi che riusciva a seguire e a cantare con precisione. Chausseestraße 131, ben oltre le „evoluzioni“ dell'uomo e dell'artista Wolf Biermann nel tempo, ha passato l'esame del tempo e rimane un capolavoro assoluto della canzone d'autore, non soltanto tedesca; un album che ebbe una grande influenza in tutta Europa (ed il suo anno di pubblicazione, il 1968, la dice tutta).

L'album inizia con il grido di Die hab' ich satt! („Mi sono rotto“), scritta alcuni anni prima, nel 1963. La canzone si rivolge a tutti i diversi tipi di persone deboli e vigliacche che sostengono un sistema ingiusto: le „donne che mi accarezzano fredde“, i „falsi amici che mi adulano e che dagli altri si aspettano coraggio mentre loro se la fanno addosso”, la “tribù di burocrati che si mette a ballare con zelo sulla schiena della gente”, gli “insegnanti flagello dei giovani”, i “poeti che si fanno le seghe a poetare sulla patria perduta”, e così via. Si tratta di uno dei commenti più originali e duri sulla Germania Est degli anni '60, ma negli anni della contestazione fu presa come una protesta dal valore universale, cosa del tutto naturale. Das Barlach-Lied (“La canzone di Barlach”) descrive la delusione che aspetta ogni artista non conformista sotto ogni regime oppressivo; si tratta di una canzone poetica che si serve della figura dello scultore Ernst Barlach, perseguitato dai nazisti, per stabilire un contatto con il presente. La vena ironica e sarcastica di Biermann diviene feroce nei tre brani successivi: in Deutschland: Ein Wintermärchen (“Germania: una fiaba invernale"), un testo recitato in diretto riferimento al poemetto di Heinrich Heine, Biermann chiama la Germania il “grasso culone del mondo” (gioco di parole sull'espressione Arsch der Welt, alla lettera “culo del mondo” ma che, come l'espressione italiana “in culo al mondo” significa lontana da ogni cosa, in mezzo al nulla), e Berlino il suo “buco diviso con peli di filo spinato”. Nella Ballade auf den Dichter François Villon (“Ballata sul poeta François Villon”), che inframezza il recitativo, Biermann fa girare il suo alter ego sotto al muro di Berlino per dare noia ai Vopos. Wie eingepfercht in Kerkermauern (“Come murato in galera”) descrive la reclusione domestica e l'esilio interno a Berlino: una canzone particolarmente amara e triste. Nella canzone successiva, Zwischenlied (“Interludio”), Biermann dichiara che, nonostante qualche canzone venata di tristezza, non si sente disperato in questi “tempi belli e commoventi” e, come se volesse rafforzare tale visione, Biermann canta Frühling auf dem Mont Klamott (“Primavera sul monte Klamott”). Da tenere presente, però, che il cosiddetto “Monte Klamott”, nel mezzo di Berlino, è un'altura che è stata formando ammassando l'enorme quantità di macerie della città distrutta dopo la II Guerra mondiale (sull'altura è stato poi costruito un parco). Nel Moritat auf Biermann seine Oma Meume in Hamburg (“Moritat su nonna Meume Biermann di Amburgo”) e nel Großes Gebet der alten Kommunistin Oma Meume in Hamburg (“Orazione di nonna Meume, vecchia comunista di Amburgo”), Biermann parla delle sue radici e di come da esse sia stato influenzato; la seconda delle due canzoni presenta l'indimenticabile immagine della vecchia nonna che prega Dio perché faccia vincere il comunismo. Il brano finale dell'album, So soll es sein - So wird es sein (“Così dev'essere, così sarà”), è come una sorta di testamento dell'allora trentunenne Biermann.





Ernst Barlach (1870-1938) in un francobollo della DDR.
Ernst Barlach (1870-1938) in un francobollo della DDR.


Ernst Barlach, nato a Wedel, nella Germania settentrionale, il 2 gennaio 1870, è stato uno dei maggiori scultori espressionisti tedeschi; oltre a ciò, fu un apprezzato scrittore e drammaturgo. Il legame tra Biermann e Barlach appare molteplice: anche Barlach ebbe una componente amburghese (avendovi studiato, a partire dal 1888, alla Scuola di Arti e Mestieri). Artisticamente, subì la grande influenza sia di Vincent Van Gogh, sia dell' Art Nouveau e dello Jugendstil. Temi preferiti di Barlach (influenzati anche da un suo soggiorno in Russia, nel 1906), furono i contadini e i poveri, il misticismo popolare, la solidarietà e la religiosità arcaica; non a caso una delle sue sculture più famose ritrae una semplice raccoglitrice di erbe selvatiche Die Krautpflückerin).

Ernst Barlach: La raccoglitrice di erbe
Ernst Barlach: La raccoglitrice di erbe


Nel 1909 soggiornò per un periodo a Firenze, attratto da Giotto e da Arnolfo di Cambio; di tendenze pacifiste, all'inizio della Grande Guerra fece un breve voltafaccia mostrando entusiasmo per lo scoppio del conflitto. Entusiasmo che svanì ben presto: Barlach tornò quindi alla sua linea, rigorosamente pacifista. Sul breve sostegno dato all'inizio da Barlach alla guerra sono state avanzate le ipotesi più disparate, ma l'artista non fornì mai spiegazioni diffuse. Quel che probabilmente lega di più Biermann a Barlach, e che lo spinse a scrivere questa canzone a lui ispirata, è l'isolamento all'interno di un regime dittatoriale. Per il suo pacifismo, infatti, Ernst Barlach divenne automaticamente, per il regime nazista, un artista „degenerato“: le sue opere furono messe al bando, e i suoi lavori, sia figurativi che letterari, furono confiscati o distrutti. Morì il 24 ottobre 1938 a Rostock, dove viveva confinato in casa.

Da questo appare chiaro il motivo fondante di questa canzone: il confino domestico e l'oppressione estrema che qualsiasi regime totalitario riserva a chi crea liberamente. E' un Barlach nei suoi ultimi anni di vita, quello ritratto nella canzone di Biermann; un artista che, quasi in un delirio, si rivolge alla madre non vedendo altro, dinanzi a sé, che una muraglia di nubi scure, torme di ratti affamati e angeli che cadono morti. Poiché Ernst Barlach era un artista venerato nella DDR (tanto da dedicargli addirittura dei francobolli, come si vede nell'immagine all'inizio di questa introduzione), la scelta di Biermann ebbe sicuramente del provocatorio: da un lato si esaltava l'artista oppresso e ridotto al silenzio dal regime nazista, dall'altro si riservava lo stesso trattamento agli artisti attuali che non si uniformavano ai dettami del regime „socialista“. In entrambi i casi quel che contava era l'arte di stato, ligia alle direttive e ben codificata. Nulla di nuovo sotto il sole. [RV]
Ach Mutter mach die Fenster zu
Ich glaub es kommt ein Regen
Da drüben steht die Wolkenwand
Die will sich auf uns legen

Was soll aus uns noch werden
Uns droht so große Not
Vom Himmel auf die Erden
Falln sich die Engel tot

Ach Mutter mach die Türe zu
Da kommen tausend Ratten
Die hungrigen sind vorneweg
Dahinter sind die satten

Was soll aus uns noch werden
Uns droht so große Not
Vom Himmel auf die Erden
Falln sich die Engel tot

Ach Mutter mach die Augen zu
Der Regen und die Ratten
Jetzt dringt es durch die Ritzen rein
Die wir vergessen hatten

Was soll aus uns noch werden
Uns droht so große Not
Vom Himmel auf die Erden
Falln sich die Engel tot.

inviata da Riccardo Venturi - 14/8/2013 - 11:18




Lingua: Italiano

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
14 agosto 2013

Ernst Barlach in vecchiaia.
Ernst Barlach in vecchiaia.
LA CANZONE DI BARLACH

Ah, madre, apri le finestre,
credo che presto pioverà.
Lassù, una muraglia di nubi
che vuol posarsi su di noi.

E che ne sarà, dunque, di noi,
minacciati da tanta sventura?
Dal cielo sulla terra
morti cadono gli angeli.

Ah, madre, apri le porte
ché vengono ratti a migliaia.
Quelli affamati in cima,
e in fondo quelli sazi.

E che ne sarà, dunque, di noi,
minacciati da tanta sventura?
Dal cielo sulla terra
morti cadono gli angeli.

Ah, madre, apri gli occhi,
la pioggia e i ratti si stanno
insinuando nelle fessure
che avevamo scordate

E che ne sarà, dunque, di noi,
minacciati da tanta sventura?
Dal cielo sulla terra
morti cadono gli angeli.

14/8/2013 - 11:32




Lingua: Francese

Version française – LA CHANSON DE BARLACH – Marco Valdo M.I. – 2014
d'après la version italienne de Riccardo Venturi
d'une Chanson allemande – Das Barlach-Lied – Wolf Biermann – 1968

Ernst Barlach dans sa vieillesse.
Ernst Barlach dans sa vieillesse.


Chausseestraße 131 a été le premier album enregistré de Wolf Biermann et a une histoire légendaire : puisque Biermann était banni dans la DDR (République Démocratique Allemande), et donc avait reçu l'interdiction officielle de publier ses chansons, enregistrées dans un studio improvisé dans son appartement. Avec l'aide de quelques amis et de sa mère, il avait réussi à se procurer des appareillages dont un microphone de haute qualité et un enregistreur de studio importé en contrebande de l'Allemagne occidentale, de façon à pouvoir enregistrer ses chansons. L'histoire rapporte même que le microphone était même de qualité trop bonne. Et tellement sensible que pendant que Biermann enregistrait, il captait aussi les bruits de la rue, les automobiles qui passaient et, parfois, même le chant des oiseaux. Après quelques tentatives d'éliminer ces bruits de fond, sans succès, Biermann décida de faire de nécessité vertu et enregistra les chansons comme elles venaient, avec tous les bruits ; et ce fut un coup de génie, vu que le procédé rendait parfaitement les conditions particulières dans lesquelles l'album avait été enregistré, le confinement domestique et la clandestinité totale de l'artiste. La « spontanéité » totale de tout cela n'a pas cessé de montrer son efficience à 45 ans de distance : Chausseestraße 131, peut-on dire, est né déjà album historique, même au-delà de la valeur des textes (la musique a, comme on peut s'y attendre, une valeur secondaire, presque de simple fond comme les bruits de rue). On pourrait le définir comme un album pour mots, bruits et voix : la voix rauque et sale de Biermann. Il s'agit même d'un témoignage précis d'un fait : même en étant officiellement banni et exilé chez lui, Biermann n'était pas du tout coupé des événements qu'il réussissait à suivre et chanter avec précision. Chausseestraße 131, bien au-delà « des évolutions » de l'homme et de l'artiste Wolf Biermann au travers du temps, a passé l'examen du temps et reste un chef-d'oeuvre absolu de la chanson d'auteur, pas seulement allemande ; un album qui eut une grande influence dans toute Europe (et son année de publication, 1968, dit tout).

L'album commence en criant Die hab' ich satt! (« J'en ai marre ! » ), chanson écrite quelques années avant, en 1963. La chanson s'adresse à tous les types de personnes faibles et lâches qui soutiennent un système injuste : les « femmes qui me caressent froides » , les « faux amis qui me flattent et qui attendent des autres du courage tandis qu'eux se tiennent à carreau », la « tribu de bureaucrates qui se mettent à danser avec zèle sur le dos des gens », les « enseignants, fléau des jeunes », les « poètes qui se masturbent à poéter sur la patrie perdue », et ainsi de suite. Il s'agit d'un des commentaires des plus originaux et les plus durs sur l'Allemagne de l'Est des années 60 ; mais aux temps de la contestation, elle fut prise pour une protestation à valeur universelle, chose entièrement naturelle. Das Barlach-Lied (« La chanson de Barlach ») décrit la déception qui attend chaque artiste non-conformiste sous tout régime oppressif ; il s'agit d'une chanson poétique qui illustre de la figure du sculpteur Ernst Barlach, persécuté par les nazis, pour établir une comparaison avec le présent. La veine ironique et sarcastique de Biermann devient féroce dans les trois morceaux suivants : dans Deutschland: Ein Wintermärchen (« Allemagne : un conte d'hiver »), un texte qui fait référence directe au poème d'Heinrich Heine, Biermann appelle l'Allemagne le « gras cul du monde » (joue de mots sur l'expression Arsch der Welt, à la lettre « cul du monde » mais qui, comme l'expression italienne (ou française) « dans le cul du monde », signifie loin de tout, au milieu de nulle part), et Berlin son « trou divisé avec des poils de barbelé ».

Dans la Ballade auf den Dichter François Villon (« Ballade sur le poète François Villon »), qui coupe le récitatif, Biermann promène son alter ego sur le mur de Berlin pour embêter les Vopos. Wie eingepfercht en Kerkermauern (« Comme muré en prison ») décrit la réclusion domestique et l'exil interne à Berlin : une chanson particulièrement amère et triste. Dans la chanson suivante, Zwischenlied (« Interlude »), Biermann déclare que, malgré certaine chanson veinée de tristesse, il ne se sent pas désespéré en ces « temps beaux et émouvants » et, comme s'il voulait renforcer cette vision, Biermann chante Frühling auf dem Mont Klamott (« Printemps sur le Mont Klamott »). Il faut garder présent (à l'esprit), cependant, que ce « Mont Klamott », au milieu de Berlin, est une colline qui a été formée en amassant l'énorme quantité de décombres de la ville détruite après la II Guerre mondiale (sur la hauteur a été ensuite édifié un parc). Dans le Moritat auf Biermann seine Oma Meume in Hamburg (« Moritat sur grand-mère Meume Biermann d'Amburgo ») [Un moritat (de Mori, mortel et Tat, fait) est à l'origine une sorte de complainte médiévale narrant des événements dramatiques, chantée par les ménestrels ou les cantastorie italiens].et dans le Großes Gebet der alten Kommunistin Oma Meume in Hamburg (« Oraison de grand-mère Meume, vieille communiste de Hambourg »), Biermann parle de ses racines et de comment elles l'ont influencé ; la deuxième des chansons présente l'inoubliable image de la vieille grand-mère qui prie Dieu pour qu'il fasse gagner le communisme. Le morceau final de l'album, So soll es sein - So wird es sein (« CE DOIT ÊTRE AINSI... CE SERA AINSI ! »), est une sorte de testament de l'alors trentenaire Biermann.


Ernst Barlach, né à Wedel, en Allemagne septentrionale, le 2 janvier 1870, a été un des sculpteurs expressionnistes allemands majeurs; en outre, ce fut un écrivain et dramaturge apprécié . Le lien entre Biermann et Barlach apparaît multiple : ainsi Barlach eut une composante hambourgeoise (en y ayant étudié, à partir de 1888, à l'École de Arts et Métiers). Artistiquement, il subit la grande influence de Vincent Van Gogh, de l'Art Nouveau et du Jugendstil. Les thèmes préférés de Barlach (influencés aussi par son séjour en Russie, en 1906), furent les paysans et les pauvres, le mysticisme populaire, la solidarité et la religiosité archaïque ; ce n'est pas un hasard si une de ses sculptures plus célèbres représente une simple cueilleuse d'herbes sauvages – Die Krautpflückerin).

En 1909, il séjourne un temps à Florence, attiré par Giotto et Arnolfo di Cambio. De tendance pacifiste,il fit au début de la Grande Guerre une brève volte-face en montrant de l'enthousiasme pour le début du conflit. Un enthousiasme qui disparut bien vite : Barlach revînt donc à sa ligne rigoureusement pacifiste. Sur le bref soutien donné au début par Barlach à la guerre, ont été avancées les hypothèses les plus disparates, mais l'artiste ne fournit jamais que des explications confuses. Ce qui probablement relie davantage Barlach à Biermann, et qui poussa ce dernier à écrire cette chanson qu'il lui a inspirée, est l'isolement au cœur d'un régime dictatorial. Pour son pacifisme, en effet, Ernst Barlach devînt automatiquement, pour le régime nazi, un artiste « dégénéré » ; ses oeuvres furent mises au ban, et ses travaux, autant figuratifs que littéraires, furent confisqués ou furent détruits. Il mourut le 24 octobre 1938 à Rostock, où il vivait confiné chez lui.

De ceci, ressort clairement le thème fondateur de cette chanson : le confinement domestique et l'oppression extrême que n'importe quel régime totalitaire réserve à celui qui crée librement. C'est un Barlach dans ses dernières années de vie que peint la chanson de Biermann ; un artiste qui, presque dans un délire, se tourne vers sa mère en voyant devant lui une muraille de nuages sombres, des groupes de rats affamés et d'anges qui tombent morts. Puisque Ernst Barlach était un artiste vénéré en RDA (jusqu'à lui consacrer des timbres, comme on le voit sur l'image au début de cette introduction), le choix de Biermann fut sûrement de la provocation : d'un côté, il exaltait l'artiste opprimé et réduit au silence par le régime nazi ; de l'autre, il réservait le même traitement aux artistes actuels qui n'adhéraient pas aux impératifs du régime « socialiste » . Dans les deux les cas ce qui comptait, c'était l'art d'État, lié aux directives et bien codifié. Rien de nouveau sous soleil. [RV]

Deux mots sur les anges qui tombent du ciel... Il me revient en mémoire une histoire tchèque de cette année-là – c'était en mil neuf cent soixante-huit, année où il t'en souvient le mois d'août vit l'arrivée en Tchécoslovaquie de centaines de milliers de soldats des pays amis qui venaient au secours du socialisme réel en danger. Peut-être les Tchèques eux-mêmes devaient-ils en appeler à leur mère « Ah, Maman... » .

Mais les « anges » dans tout ça ?, demande Lucien l'âne que viennent-ils faire ?

C'est là qu'intervient mon histoire tchèque. Je ferai court, car je peux aussi la faire longue... Dans la nuit du 20 août, quand les visiteurs entrèrent dans le pays, dans une des nombreuses villes du pays, le comité du parti un peu dérouté par les événements et dans sa perplexité, ayant perdu tous ses repères et ne sachant ce qu'il allait advenir, fit appeler le rabbin. « Tu comprends, rabbin, nous n'y comprenons plus rien, nous avons peur et nous pensons que peut-être, vu ta qualité de rabbin, tu aurais d'autres moyens que nous de savoir l’avenir... » Après avoir ainsi rassuré le brave homme sur ses intentions, le comité lui demanda – confidentiellement – relativement aux visiteurs, s'ils allaient rentrer chez eux et comment.

Bonnes questions, dit Lucien l'âne, je me les serais posées aussi. Qu'a donc bien pu répondre le rabbin ?

Comme tu l'imagines, ce rabbin était un homme prudent et d'autant plus qu'il était de confession israélite, ce qui l'avait déjà exposé à bien des déboires, mais jusque là, il en avait réchappé. Donc, le rabbin après avoir longuement tourné sa langue dans sa bouche, répondit : « Eh bien, camarades, il y a deux solutions... Une solution normale et une solution miraculeuse. » « Ah, dit le comité, dis-nous d'abord la solution normale... » et c'est ici qu'interviennent les anges...« Hé, dit le rabbin, cinq cent mille anges vont descendre du ciel et emporter chacun un de nos touristes-visiteurs et le ramener chez lui... » « Oups, fit le comité... Et la solution miraculeuse, alors ? Quelle est-elle ? »... « Oh, dit le rabbin, c'est qu'ils s'en aillent d'eux-mêmes... »

À propos des anges, ne sont-ce pas les mêmes que Biermann voyait dans son délire ? Et puis, rassure-moi, c'est bien de la Tchécoslovaquie que tu parles ? Pas de l'Ukraine ? , dit en redressant subitement son vaste crâne.

Je te parle de la Tchécoslovaquie en 1968, date de la chanson. Ceci dit, c'est une parabole qui peut s'appliquer à bien des cas où il est question de visites amicales, de relations historiques, de pays frères... On peut y ajouter les hérauts de la démocratie, les soldats de la liberté, les missionnaires de la paix... et les casques de toutes les couleurs.

Attendons la suite et tissons le linceul de ce vieux monde aux penchants envahisseurs, aux « murs de nuages », aux solutions normales et miraculeuses et cacochyme.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane.
LA CHANSON DE BARLACH

Ah, Maman, ferme la fenêtre
La pluie arrive vers nous
Il y a là-bas un mur de nuages
Qui veut s'abattre sur nous

Que va-t-il advenir de nous encore
Un si grand danger nous menace
Du ciel sur la terre
Tombent les anges morts

Ah, Maman, ferme la porte
Des rats par milliers arrivent
Les affamés vont devant
Les rassasiés suivent le mouvement

Que va-t-il advenir de nous encore
Un si grand danger nous menace
Du ciel sur la terre
Tombent les anges morts

Ah, Maman, ferme les yeux
La pluie et les rats sont arrivés
Ils entrent maintenant par les fentes
Que nous avions oubliées

Que va-t-il advenir de nous encore
Un si grand danger nous menace
Du ciel sur la terre
Tombent les anges morts

inviata da Marco Valdo M.I. - 5/3/2014 - 15:27


Grazie della traduzione e delle dettagliate e preziose informazioni.

28/8/2013 - 10:18




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