Difendi l'allegria

C'est arrivé ainsi : il y a quelques années, en écrivant des chansons pour son nouvel album (« Mala testa », qui est sorti cette année), Alessio Lega a imaginé de reprendre un poème de l'Uruguayen Mario Benedetti et d'en faire une chanson. À dire vrai, même l'original espagnol devrait être mis en musique quelque part ; Alessio nous y a mis une musique, il faut le dire, décidément gaie. Une de celles qui entrent dans la tête et font chantonner à l'arrêt de l'autobus ou sous la douche, et peut-être même changer de canal quand elle vient en tête pendant que passent à la télévision je ne sais quel très triste politicien ou quelque président octogénaire qui parle de cohésion et de chagrins. Maintenant, il faut dire que Mario Benedetti était un génie ; penser à la joie comme une tranché pour défendre de tous les(et, souvent, sournois) attaques quotidiennes qui lui sont lancées, souvent même déguisées en joie (il suffit de penser aux joies berlusconiennes…), c'est, en effet, simplement génial ; et génial, a été la transposition italienne d'Alessio Lega, une chansonnette qui – dans un pays faussement joyeux comme l'Italie est absolument nécessaire.

Une série pyrotechnique d'images qui, subitement, cessent de l'être seulement et vont au nœud de la question dans un pays et dans un monde qui rit, rit, rit et tout ce grand rire pue la tristesse, la tragédie, la mort. Ainsi, Mario Benedetti et Alessio Lega ont vraiment creusé une belle tranché pour défendre la joie, la vraie ; il s'agirait maintenant d'aller à l'attaque, cependant ; la guerre de tranchée, comme l'enseigne l'histoire, à la fin use. Défendez la joie, par exemple, en attaquant les « caméras amies » placées partout dans les villes et dans les villages sous prétexte de la « sécurité », la chose qui plus a tué la joie dans ces temps. Juste pour donner un exemple pratique ; un autre est donné également par Alessio Lega, en introduisant, au terme de la chanson, une catégorie de personnes qui, professionnellement, devraient faire « rire ». Et ainsi, pour réaffirmer le concept, j'ai ajouté, sous le texte de la chanson, l'effigie d'un de ces très tristes artisans du rire. Un au hasard. [RV]

Voici, mon ami Lucien l'âne, une chanson d'Alessio Lega. Et, comme tu le sais, j'ai beaucoup d'attention pour tout ce que publie Alessio Lega. Je sais la chose curieuse de consacrer tant d'attention à un artiste assez peu connu dans nos régions, mais que veux-tu, moi, j'aime bien Alessio Lega. D'abord, car je l'aime bien ce chanteur, auteur, compositeur, grand connaisseur de la chanson française qui vaille. Ainsi, je l'aime – pour ainsi dire – en général...

Mais enfin, Marco Valdo M.I. mon ami, tu ne peux quand même pas aimer en général Alessio Lega, cette mauvaise tête d'anarchiste-chanteur.

Certes, Lucien l'âne mon ami. Je te dirai ceci, concernant Alessio Lega et même, en général : il vaut mieux une tête d'anarchiste-chanteur qu'une gueule de maître-chanteur. Dès lors, je te le concède : pas en général, en civil. Mais à présent, si tu le veux, venons-en à la canzone… Elle se veut une « ode à la joie » Ode an die Freude, en moins grandiose.

Il faut l'espérer, dit Lucien l'âne en éclatant d'un rire éclatant.

Cesse de te moquer, Lucien l'âne mon ami, la musique de Beethoven n'est pas si mal que ça… Même si je t'accorde que le texte de Schiller commence vraiment à dater… Donc, je te disais qu'Alessio Lega a fait une chanson pour défendre la joie et plus exactement, dans laquelle il incite à défendre la joie. La joie concrète, cette joie qui donne des couleurs à la vie quotidienne, à cette vie unique qui est la tienne, la mienne, celle de tout le monde. C'est une chanson en quelque sorte philosophique, une chanson épicurienne avec la joie d'être comme principe de vie. Une vie tranquillement défendue contre les pesanteurs et les grandiloquences , une incitation à la sérénité volontaire.

Pour être épicurien, ce doit l'être, si j'en crois ton commentaire. Voyons voir tout ça, reprenons notre tâche et tissons le linceul de ce vieux monde tristounet, triste, racorni entre l'ennui et le rire forcé et cacochyme.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane.

Pavane per Charlie Hebdo.
di Alessio Lega



A me proprio l’idea del “tanto peggio” a tutti i costi non mi commuove…

A me, dal fondo di ghiaccio costernazione e rabbia in cui m’ha gettato la mattinata di mercoledì, ha fatto piacere vedere una mobilitazione così collettiva in difesa della satira tignosa, scorretta, aggressiva di “Charlie Hebdo”… quella satira che - molti si sono affannati a ripeterlo - pareva ogni tanto un po’ pesante, “louche” dicono i francofoni con la loro bella lingua. Ma è necessario, se si vuole essere cattivi, per colpire al cuore del “buon senso” bisogna colpire molte volte a cazzo. Tanto si tratta di disegni e nuvolette, mica muore nessuno.

Così se leggo di tanti che ora prendono le distanze da quelli che esprimono solidarietà mi girano le palle. Abbondano ora i “voi non li avete mai letti”, “voi non sapevate manco chi erano”, “troppo facile ora”… come dire che ci sono degli autonominati “guardiani del tempio” che diffidano i falsi amici dell’ultima ora. La ronda dei partigiani DOC.
Poi ci sono quelli che invece chiedono “quel sangue era dunque così puro?” Quelli che conoscono gli scheletri nell’armadio di Charlie, i dispetti, gli ostracismi, le lotte interne, i partiti presi… d’altronde quale gruppo, redazione, comitato - anche libertario - non ne ha?

Io li conosco da sempre quelli di Charlie - mi sono occupato di fumetti per quindici anni - non li conosco tutti, certo, e non le singole posizioni di ognuno, e vi dico anche che i miei preferiti di quella banda erano già morti da tempo come Reiser, il genio della sgradevolezza, o se n’erano già andati da un pezzetto (qualcuno anche sbattendo la porta): Cavanna, il Prof. Choron con i suoi deliri libertari e poetici.

A me, che li conosco, sembra amaro ma consolante che tanti che non ne sapevano niente fino a ieri, oggi si sentano colpiti, incuriositi, commossi, sconvolti.
A me in generale fa piacere persino quando vedo una maglietta con la A cerchiata indossata da un quindicenne in Metrò… e anche se so che magari è solo un fatto di moda, preferisco quella moda lì a quella della svastica. A me fa piacere, non ingenera fastidio che De André - un libertario - sia diventato post mortem il cantautore più amato del nostro immemore paese. Non mi illudo che questo ne cambi la secolare miseria, morale e reale, ma di certo non la peggiora.

Che poi, chi ha detto che dal simbolo non si possa risalire la corrente?
Io sono diventato quello che penso anche perché ho ascoltato certe canzoni che all’inizio m’affascinavano per pure ragioni estetiche (come se esistesse una bellezza solo estetica).

E così viva i “Siamo tutti Charlie”, e non penso affatto che a quella redazione decimata farebbe più piacere muoversi nell’indifferenza e nei cinque minuti di silenzio per i morti, mentre prepara il prossimo, il più difficile numero della sua storia. I nuovi amici di Charlie magari sono dei falsi amici, interessati, disonesti, tardivi… ma tutti? proprio tutti? possiamo esserne sicuri? Io dico benvenuti, benarrivati, non è mai tardi, nessuno è soprannumerario nel mio mondo, ciascuno è insperato e necessario. Sopratutto dopo che ce ne hanno ammazzati un po’. Il tempo poi saprà liberarci lui degli eventuali sciacalli.

E non penso neanche che i fascisti di Dio che hanno sparato abbiano fatto un grande affare, hanno fatto un orrore ma anche una cazzata.
Da una parte noi riscopriremo e rinfocoleremo la nostra critica all’autoritarismo, al pensiero unico, alla peste clericale fanatica, non faremo sconti agli oppressi di oggi se il loro scopo è quello di diventare gli oppressori di domani. Noi diamo la nostra solidarietà alle vittime, il cuore è sempre con loro, ma la nostra testa sceglie come alleati solo i liberatori e non mai gli oscurantisti.

Ma i fascisti e leghisti nostrani? Gli orridi lepeniani? Quelli che oggi senza nessun titolo si fanno partigiani di Charlie?
State tranquilli compagni, le vignette irreligiose e libertarie sono le sole armi intelligenti, bruciano le mani degli stronzi, nessuno se le può manipolare a piacimento. Dicono quello che vogliono dire.
E se per incredibile piaggeria e miopia stupidissima i quotidiani come Libero o Il Giornale o La Padania (ah, no, la Padania no… eh eh) le riprendessero… pensa che risate vedere i fascisti, i razzisti, i preti pedofili, il Papa, Dio stesso - nelle sue numerose versioni - sbeffeggiati a morte proprio su quelle pagine. Le vie dei buffoni sono infinite!
Chissà, magari qualche giovane confuso e rabbioso, ma non ancora perduto, che per noi è irraggiungibile, potrebbe persino essere toccato da un minuto di illuminazione, scoprire l’esercizio della critica, iniziare un percorso di consapevolezza… i miracoli della cultura sono gli unici nei quali non dico di credere ma quanto meno di sperare.

Non sparate ai poeti, ai pittori, ai comici, agli artisti, non perché siano sacri - per carità, sacra è la vita tutta e fascista è la morte - ma perché è come saltare su una pozzanghera. I poeti esplodono, si scompongono, si sdoppiano, vi contagiano… da tutte le parti: rendono gli assassini più orrendi e gli xenofobi più palesi e grotteschi. C’è tanta vita esplosa sotto quelle raffiche infami che la morte non sa proprio che farci e ci rimanda quei disegni macchiati di sangue davanti agli occhi sconvolti e alla bocca che vuole ridere.

In alto i cuori, anche se un po’ sforacchiati.
Siamo tutti Charlie. Viva la vita.
La lotta continua.