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Strina du Judeu

Nicola Palumbo
Lingua: Italiano (Calabrese Laghitano-Vachitano)


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Interpretata da / Performed by Massimo Ferrante (Jamu, 2009)


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[Fine del XIX Secolo / Inizio del XX]
Testo / Lyrics / Paroles / Sanat: Nicola Palumbo
(Su commissione di Francesco Martillotti [1831-1913], detto “Pugliano”)
Musica / Music / Musique / Sävel: ?
Album / Albumi: Massimo Ferrante, Jamu [2009]
Incisioni / Recorded by / Enregistrements / Tallenteet:
- Compagnia Calabrese di Canto Popolare [?]
- Massimo Ferrante, Jamu, 2009 ; Canzuni – Songs, 2022
- Gerardo Vespucci
- Suonatori Libertari Calabresi (SLC), Quannu veni l’Anarchia, 2014 (ried. 2020)
- Federica Greco e Paolo Presta, A 'sta frinesta, 2022



“Vorrei che ammutolissero i potenti
e la strada pulissero con la lingua
davanti il più straccione dei pezzenti.”

La storia della Strina du Judeu è complessa. In questa pagina, che non è di ieri, cerchiamo di ricostruirla un po’ servendoci di varie fonti, vale a dire del materiale già presente, di un articolo di Angelo Pagliaro su “A – Rivista Anarchica” (n° 387, marzo 2014) e, last but not least delle indicazioni, correzioni e osservazione forniteci direttamente (settembre 2024) da Massimo Ferrante -che, ovviamente, ringraziamo parecchio.

Lago ('U Vacu), Cosenza.
Lago ('U Vacu), Cosenza.


Prima di ogni cosa, che cos’è esattamente una strina? Riportiamo qui tre testimonianze, o analisi storiche, provenienti da fonti diverse:

"La strina (strenna) è una tradizione folklorica calabrese – particolarmente radicata a Lago (U' Vacu) ‎di Cosenza - costituita da un canto accompagnato dalla musica del “sazeri” (mortaio in ferro per ‎frantumare i cristalli di sale), della fisarmonica, del tamburello e della chitarra. La strina è tipica del ‎periodo natalizio ma in alcune zone si usa anche durante il Carnevale.‎ La strina laghitana, o “vachitana" è poesia scritta e cantata in dialetto da compositori e musicisti ‎locali, nel periodo compreso tra Natale e i primi di febbraio. Il canto veicola, analizza e commenta ‎con sarcasmo, eventi sociali e politici manifestati in paese. I temi sono morali, politici, sociali, ‎esistenziali, nostalgici e amorosi. Nel passato venivano cantate nelle botteghe degli artigiani e nelle ‎case di laghitani che accettavano il rischio di coinvolgimento in denunce da parte di coloro che ‎erano finiti citati nel testo, ("c'avianu mpacchiati alla strina"). La disponibilità dei proprietari veniva ‎indicata con un ramoscello di ulivo o una lanterna accesa sulla porta di casa.‎" [Bernart - Materiale originale della vecchia pagina]

“Il paesino di Lago, in provincia di Cosenza, conta circa tremila residenti ed è molto conosciuto in Calabria per la tradizione della strina e, in generale, per un peculiare e (per me) molto positivo individualismo di molti dei suoi cittadini, in accordo al quale seguono più fedelmente ciò che balena loro nella mente piuttosto che idee-forma precostituite. La “strina” (strenna) comunque appartiene a una tradizione folklorica più ampia del solo paese di Lago e generalmente ha carattere di questua (cantarla e poi ricevere del cibo), di lode per il gesto di accoglienza di qualcuno che ti ospita, oppure di buon augurio. A Lago invece assume connotazioni diverse quali quelle di una poesia dal sapore ironico e sarcastico. I testi analizzano e commentano eventi recenti, sia di costume che politici. Conosciamo strine di denuncia, di protesta, di rimprovero o di scherno mirate a “colpire” il diretto avversario ma anche terzine d'amore appassionato rivolte a ragazze.” - Angelo Pagliaro, da "A-Rivista Anarchica"

"Ogni anno, verso la fine di dicembre, quando la fredda luna inargenta il cielo ‎nelle serate laghitane, si odono le chitarre che accennano il ritornello della "strina". Per la gente del paese e delle contrade il motivo musicale della "strina", antico e durevolmente ‎concreto, è capace di generare allegria in ogni casa. ‎Cosí, ormai per tradizione, esso accomuna e rappresenta, con il paesaggio, la gente e la sua cultura.‎ Le origini della "strina" rimangono affidate al mistero della musica piú antica. Le prime tracce sono ‎forse riscontrabili nella remota storia greca, secondo la quale aedi e rapsodi tramandavano da una ‎generazione all’altra i racconti, spesso d’ispirazione mitologica, che essi cantavano ‎accompagnandosi con la lira.‎ Uno dei molti esempi di questa tendenza ci è offerto dai giambi di Archiloco di Paro, i quali ‎venivano accompagnati dal suono di uno strumento a corda chiamato dagli antichi giambica ‎triangolare ed erano declamati da un certo Simonide di Zacinto. ‎Questi vati, poeti, epici e citaredi, cantavano di consueto davanti a un pubblico eterogeneo e ‎ordinario, nel corso di manifestazioni semplici e dimesse. Il "cantastrine" laghitano di oggi, accompagnandosi con la chitarra, canta le sue "strine" portandole ‎di casa in casa agli amici, esibendosi anche lui davanti al modesto pubblico d’ogni giorno.‎ In quanto alla tecnica, gli esperti suonatori della "strina" affermano che la chitarra deve essere ‎pizzicata con le dita come era pizzicata la lira di una volta.‎ Il motivo musicale della "strina" laghitana, dunque, sembrerebbe aver sapore di classico popolare, ‎forse richiamando quello degli aedi e dei rapsodi dell’antica Grecia. […]‎ La "strina" interpretava istinti, pensieri e sentimenti, in ogni gamma possibile, e li affidava all'estro ‎e al capriccio popolare. Il bisogno di forme espositive piu' consone alla diversita` dei contenuti ha ‎permesso di variare l'impiego dell'endecasillabo sdrucciolo d'origine con la libera alternanza di ‎sillabe nelle posizioni toniche e atone del ritmo giambico. Affidati a schemi meno riduttivi, gli argomenti preposti aumentarono, spaziando da espressioni di ‎disagio esistenziale e di aspirazioni ideali a studio di natura e descrizione del soggettivo. Si hanno cosi´ esempi efficaci di "strine" atte a rimproverare garbatamente o mirate a schernire il ‎diretto avversario; strofe canzonatorie e umoristiche; versi sarcastici volti a ridicolizzare; terzine ‎d'amore appassionato verso una ragazza; testi di argomento politico; inni alla propria terra; ‎rappresentazioni anticipatrici della sceneggiata; satire mordaci contro le donne: alcune generiche e ‎non offensive, altre con diretti riferimenti all'onore muliebre. […] ‎‎- Strina Laghitana)

Venendo alla Strina du Judeu (comune anche la grafia: ...d’u Judeo), si integrano qui le fonti di cui sopra con le indicazioni fornite da Massimo Ferrante.

La Strina du Judeo ha un carattere fortemente libertario, anzi: anarchico. Anarchico era sicuramente il laghitano Francesco Michelangelo Martillotti, o Martillotto, detto “Ciccozzu” (diminutivo di Francesco, come fosse “Ceccozzo”) nato nel 1831 e morto nel 1913, più noto con il soprannome di “Pugliano”. In un anno imprecisato a cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo fu lui a commissionare il testo della Strina du Judeo al medico del paese (evidentemente una persona colta, dotata di maggiori capacità scrittorie), il dott. Nicola Palumbo. Non si spiegherebbe altrimenti tale richiesta su commissione. Difficile ottenere altre notizie su Francesco Martillotti, e pressoché impossibile reperirne sul dott. Palumbo; ma l’attribuzione del testo pare certa. Tale attribuzione, secondo l’articolo di Angelo Pagliaro pubblicato su “A-Rivista Anarchica”, pare essere dovuta a Ottavio Cavalcanti (nel volume Le strine atipiche di Lago, Soveria, Mannelli, 2005).

Il testo e il titolo

A mia conoscenza, non è stato possibile reperire un testo (manoscritto o a stampa) della Strina du Judeu. Ci si basa quindi sulle trascrizioni più recenti. Pur essendo un testo “d’autore”, sia pure un particolare testo commissionato per riflettere il carattere del committente -che voleva dare di sé un’immagine segnatamente “truce” di anarchico individualista- la Strina ha subito il consueto processo di popolarizzazione, con tutti gli “accidenti” del caso (varianti e aggiunte). Le varianti lessicali, o almeno quelle che è stato possibile accertare dalle varie esecuzioni del canto, non sono invero molte, e se ne dà qui conto in delle note. La questione delle aggiunte è, invece, più complessa. Secondo Massimo Ferrante, le strofe che vanno dalla quartultima alla penultima sarebbero state aggiunte negli anni ‘70 del XX secolo da Giulio Palange (noto scrittore, saggista, drammaturgo e regista calabrese) e cantate dalla Compagnia Calabrese di Canto Popolare; secondo altre ipotesi, però, aggiunge Massimo Ferrante, tali strofe sarebbero in realtà originali. C’è da dire, in effetti, che tali strofe sono quelle da cui promana maggiormente, e con particolare virulenza, il carattere anarchico del personaggio e, di conseguenza, del canto stesso; si potrebbe dire che tali strofe “fanno il canto” e gli danno il suo speciale carattere libertario. Per il resto, forse per scioccare l’uditorio, il personaggio appare più come un asociale individualista, che non vuole e non ha amici, a cui dei poveri non importa nulla e che è stato addirittura “sbirru di la pulizia”. La questione di tali strofe rimane aperta.

La “riscoperta” del canto (sulla cui melodia non si hanno notizie riguardanti l’eventuale autore) pare essere dovuta a Gerardo Vespucci, dal quale Massimo Ferrante afferma di aver sentito il canto poi inserito ed arrangiato nel suo albumo Jamu del 2009. Qui ascoltiamo Gerardo Vespucci in una sua esecuzione della Strina:



Massimo Ferrante, a partire dal 2009, ha realmente popolarizzato il canto in tutta Italia (album, spettacoli ecc.); per questo la pagina, in un primo momento, gli era stata attribuita (“primo momento” che, va detto, è durato più di undici anni, secondo le inveterate tradizioni di questo sito). Pur riportando il canto a colui che appare come il suo autore effettivo, va dato atto a Massimo Ferrante (che è un cantante e musicista straordinario) di aver letteralmente “tirato fuori” la Strina du Judeu da un’appartata zona della Calabria settentrionale.

Questo per introdurre un po’ la questione del testo, e in particolare di quello presentato in questa pagina. Lo abbiamo voluto restaurare nella sua interezza, compresa la “strofa introduttiva” che precede il testo vero e proprio, e che -almeno dalle fonti sonore disponibili, non è stata mai cantata (o recitata) nelle esecuzioni moderne. Ma quale testo presentare? A parte le varianti e la strofa introduttiva, le varie fonti scritte disponibili in Rete sono rese con grafie discordanti assai. Questo riflette, senz’altro, anche la provenienza differente degli interpreti, pur tutti della zona: Gerardo Vespucci, ad esempio, è di Belmonte Calabro (a breve distanza da Lago), mentre Massimo Ferrante è di Ioggi, sempre in provincia di Cosenza, una frazione del comune di Santa Caterina Albanese. Sempre che non esista un testo scritto originale, occorrerebbe sicuramente sentire la canzone da un Laghitano, e tutti sanno quanto le parlate possano differire, più o meno lievemente, anche tra paesi e località vicine. Per non riempire la pagina di varianti di un testo che, fondamentalmente, rimane sempre lo stesso, abbiamo quindi optato per un procedimento arbitrario: in linea di massima abbiamo seguito il canto di Massimo Ferrante nella “versione completa” che usualmente esegue durante le sue esibizioni (anche la versione presente nell’album Canzuni – Songs del 2022):



Tale versione è comunque, qua e là, integrata con altre (ad esempio per le lezioni “rotacizzate” di parole come ara, aru e corici (Vespucci). In altri casi si è preferito trascrivere le dizioni di Massimo Ferrante dalla suddetta versione, dizioni che -tra le altre cose- in alcuni punti differiscono dalla versione incisa nel 2009 nell’album Jamu. Tale versione, come anche riportato in note, omette la strofa finale che invece è normalmente cantata da Ferrante. Il testo è stato poi presentato in una grafia maggiormente “fonetica”, dando conto ad esempio della retroflessa (cacuminale) nei gruppi [ tṛ ] e [ ḍḍ ], meno pronunciata che in siciliano ma comunque presente. Dal testo ho eliminato anche la maggior parte degli apostrofi (verso i quali, lo riconosco, nutro una personale e particolare avversione), mantenendoli soltanto quando rappresentano una reale apocope.

La questione della natura dei dialetti calabresi settentrionali non si pone. Dico questo perché, nel famoso “primo momento” di questa pagina, durato undici anni, essa era stata attribuita al “napoletano”. I dialetti calabresi settentrionali, senz’altro, differiscono in molti caratteri da quelli più meridionali (che si apparentano ai dialetti siciliani), e presentano delle caratteristiche che li avvicinano di più ai confinanti dialetti campani meridionali; ma non sono “napoletani”. Dire che in provincia di Cosenza si parla il “napoletano” può essere una specie di “vox populi” più o meno diffusa, ma non rispecchia la realtà linguistica di quei parlari. Si tratta di dialetti calabresi.

Il testo così restituito, ripeto, è arbitrario. Ciononostante, ritengo che rispecchi bene le dizioni modernamente più comuni e, in particolare, quella di Massimo Ferrante. Naturalmente, ogni altra eventuale restituzione è valida. La “strofa introduttiva” iniziale è stata riportata in corsivo e indentata, così come indentate sono riportate le presunte “strofe aggiuntive” dalla quartultima alla penultima, che comunque fanno parte del testo e ne formano il carattere. Su tale testo restituito sono condotte le traduzioni presenti in questa pagina.

La questione del titolo è pure controversa. Ferma restando la “strina”, lo si vede sia come “...du Judeu” e “du Judeo”. Abbiamo dato preferenza alla prima, anche perché, nella prima strofa, “Judeu” stabilisce la rima con “meu”. Un appunto sull’epiteto di “Giudeo” affibbiato al protagonista-committente (un’ingiuria che può essere stata ben reale). E’ opportuno qui quanto scritto da Angelo Pagliaro nell’articolo più volte citato:

In Calabria, l'avversione nei confronti dei giudei era sostanzialmente alimentata dalla tradizione teologica bizantina e lo stesso San Nilo riteneva, in merito a questioni di giustizia, che ci sarebbero voluti sette ebrei per eguagliare un cristiano. Gli ebrei, inoltre, erano considerati “miserabili”, “senza religione” e “uccisori di Dio”. A partire da quest'ultimo periodo, invece, quella dei giudei appare come una realtà ben integrata nel contesto storico-culturale regionale e il sentimento di antisemitismo spesse volte richiamato appare, come ha precisato il professor Cesare Colafemmina, eminente studioso delle realtà ebraiche dell'Italia meridionale, “più un prodotto di cultura ecclesiastica che un fatto spontaneo”.
Stasira si prisenta a vua Puglianu
U capu camurrista [1] du paisu
Ccu nu purmune sfattu e l'altru sanu.

Lu nome m'hannu misu de Judeu
Pecchì rispiettu un puortu a nissunu,
Mancu ara carne e né aru sangu meu.

Nimici tiegnu assai ppe ssu paise,
Amici nu nde ciercu e nu nde vuogliu;
E chini tocca a mmia ce fa li spise.

Ca sugnu sempri all'erta ppe cantari,
Ogni parola è cchiù i na curtellata,
Ca nu spreggiu a sangu sa lassari.

Ca ìu e na sula cosa tṛuovu sfiziu,
C'ha ḍḍi vinì nu forti terremuotu,
O puramenti u juornu du jiudiziu.

Di povari nun tiegnu cumpassioni,
Di ricchi ni scippera li custuni [2]
E ccu li santi un tiegnu divozioni.

Nimicu di guvierni viecchi e nuovi,
Su statu sbirru di la pulizia,
E ḍḍuvi tu m'attacchi un mi ce tṛuovi.

Vulera [3] vid' i prieviti vrusciari
Dintṛa li fiammi [4] di lu paradisu,
E ppe lu pentimientu jiastimari.

Vulera vid'i jiudici 'n galera,
Li tṛibunali diventà cantina,
E i corici vinnuti ‘ntṛa la fera.

‎Vulera c'ammutassiru i putienti ,
C'a stṛata annittassiru [5] ccu la lingua
Davanti u cchiù štṛazzuni di pizzienti.

‎Si chissu un ci arrivassi a lu vidiri
Mi fazzu u stessu ssa bella cantata,
Cchiù scuru i menzannotti un pò viniri.‎
[1] “Camurrista” qui sta evidentemente per “attaccabrighe.” (Pagliaro). Cfr. l'uso di "fare camorra" (presente anche in Toscana!) per "fare casino, confusione" ecc.

[2] Alla quinta terzina, al posto di “custuni” (costole) andrebbe letto “cugliuni”, cioè: ai ricchi strapperei i coglioni. Custuni è una variazione introdotta dai SLC, molto probabilmente per esigenze legate alle loro esecuzioni pubbliche. (Pagliaro) Da notare (v. video) che Massimo Ferrante, nella versione incisa in Canzoni - Songs, ha restaurato la dizione cugliuna.

[3] Massimo Ferrante, in questa strofa e nelle due successive, pronuncia [vulerra] . Uso antichissimo dell’originario piuccheperfetto indicativo latino, volueram “avevo voluto” in senso di condizionale presente, comune anche allo spagnolo.

[4] Var. vampi.

[5] Var. pulizzassiru.

inviata da Bernart + RV - 21/5/2013 - 10:02




Lingua: Italiano

Traduzione italiana / Traduzione italiana / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Miguel Guillermo Martínez Ball [2011]
--> Kelebek Blog



Viene mantenuta la traduzione di Miguel Martínez (2011), dal suo blog Kelebek (“Farfalla”, in turco). Miguel Martínez, nel 2011, si era attenuto alla versione cantata da Massimo Ferrante nell’album Jamu, priva dell’ultima strofa; questa era stata integrata da “Bernart” (in seguito noto come “BB”). Viene mantenuta ovviamente tale integrazione. La traduzione della “strofa introduttiva” è invece di Riccardo Venturi (18-9-2024). Il layout del testo è stato fatto corrispondere a quello dell'originale, così come qui presentato.
Strenna del Giudeo

Stasera si presenta a voi Pugliano
Il principale attaccabrighe del paese,
Con un polmone sfatto e l’altro sano.

Il nome mi hanno dato di giudeo
perché rispetto non porto a nessuno,
nemmeno alla carne e al sangue mio.‎

Ho molti nemici in questo paese,
amici non ne cerco e non ne voglio
e chi mi tocca ne fa le spese.‎

Sono sempre all’erta per cantare,
ogni parola è più di una coltellata
che uno sfregio a sangue sa lasciare.‎

Io ad una sola cosa trovo sfizio:
che deve venire un forte terremoto
oppure il giorno del giudizio.‎

Dei poveri non ho compassione,
ai ricchi strapperei le costole,
e per i santi non ho devozione.‎

Nemico dei governi vecchi e nuovi,
sono stato sbirro della polizia
e dove tu mi leghi non mi trovi.‎

Vorrei vedere i preti bruciare
nelle fiamme del paradiso
e per il pentimento bestemmiare.‎

Vorrei vedere i giudici in galera,
i tribunali diventare cantina
e i codici venduti nelle fiere.‎

Vorrei che ammutolissero i potenti
e la strada pulissero con la lingua
davanti il più straccione dei pezzenti.‎

E se tutto ciò non dovesse capitare
Mi faccio lo stesso questa bella cantata
Che tanto più buio che a mezzanotte non può venire.‎

inviata da Bernart - 21/5/2013 - 10:05




Lingua: Italiano

English version / Versione inglese / Version anglaise / Englanninkielinen versio:
Riccardo Venturi, 8-8-2024 13:33


Versione di Federica Greco e Paolo Presta, 2022
Strina of “The Jew”

I am Pugliano, here tonight for you,
The main troublemaker in the village,
With one bad lung and the other healthy.

They call me “The Jew”,
Because I don’t show respect to anyone,
Not even to my own flesh and blood.

I have lots of enemies in this land,
I don’t look for friends, nor do I want them,
And if you touch me, you'll pay the expenses.

I’m always on the alert when I’m singing,
Each word stings more than a dagger
That can leave a bloody scar.

I feel pleasure only when I’m thinking
That an earthquake comes and destroys all
Or, still better, the day of the doom.

I have no pity for the poor,
I’d like to take the rich and tear their ribs,
And I have no devotion for the saints.

I’m an enemy of old and new governments,
I’ve been even a bull in the police,
You won’t find me where you tied me.

I’d like to see all the priests burn
In the flames of paradise
And hear them curse for penitence.

I’d like to see all the judges in jail,
And all the courts turn into taverns
And all the lawbooks for sale at the fairs.

I’d like the powerful to be left mute,
And forced to sweep the streets with their tongues
In front of a bunch of tattered beggars.

And even if all this would never happen,
I stay here and keep singing my strina,
Anyway, it won’t get darker than at midnight.

8/8/2024 - 13:33





Ελληνική μετάφραση / Versione greca / Greek version / Version grecque / Kreikankielinen versio:
Ρικάρδος Βεντούρης, 9-8-2024 00:11
Στρίνα του Ιουδαίου

Είμαι ο Πουλιάνο και απόψε είμαι εδώ για σας
Ο κύριος καβγάς στο χωριό
Με τον έναν πνεύμονα κατεστραμμένο και τον άλλο υγιή.

Πάντα με λέγανε τον Ιουδαίο
Γιατί δεν έχω σεβασμό για κανέναν,
Ούτε για τη σάρκα και το αίμα μου.

Εχθρούς έχω πολλούς σ’αυτό το χωριό,
Για φίλους δεν ψάχνω και δεν τους θέλω
Και αν μ’αγγίξεις θα το πληρώσεις ακριβά.

Όταν τραγουδάω προσέχω πάντα,
Κάθε λέξη πονάει σαν μαχαίρι
Που αφήνει αιματερές ουλές.

Μου αρέσει μόνο ένα πράγμα,
Να σκεφτώ έναν δυνατό σεισμό
Ή την ημέρα της κρίσεως.

Για τους φτωχούς δεν έχω συμπόνια,
Κι απ’τους πλούσιος θα έσκιζα τα πλευρά τους
Και στους αγίους δεν έιμαι αφοσιωμένος.

Φτύνω κυβερνήσεις παλιές και νέες,
Ήταν και μπάτσος στην αστυνομία
Κι όπου με δέσεις δεν θα με βρεις.

Και μακάρι να δω όλους τους παπάδες
Να καίγονται στις φλόγες του παραδείσου
Και να ορκίζονται για μετάνοια.

Τους δικαστές θα ήθελα να τους δω στη φυλακή,
Και τα δικαστήρια να έγιναν ταβέρνες
Και τους κώδικες να πωλούνταν στην αγορά.

Μακάρι οι ισχυροί να σιωπήσουν
Και σαρώσουν τις οδούς με τη γλώσσα τους
Μπροστά σ’ένα μάτσο φτωχούς ζητιάνους.

Και ακόμα αν δεν γίνουν όλα αυτά,
Εγώ παντώς τραγουδάω ο,τι θέλω,
Πιο σκοτεινό από τα μεσάνυχτα δε μπορεί να γίνει.

9/8/2024 - 00:12


Bellissima, grandissimo messaggio! Se devo proprio trovare il pelo nell'uovo dico solo che il testo differisce dal dialetto "Vachitanu". Non voglio essere purista, ma......

Bellissimo l'arrangiamento del maestro Ferrante.

FS - 19/4/2015 - 13:22


Avvertenza. Nel rifare di sana pianta (o quasi) questa pagina, ho purtroppo ed inavvertitamente cancellato un piccolo commento del suo originario contributore, Bernart. Me ne scuso davvero. A Bernart, comunque, questo canto ricordava S’i’ fosse foco. In effetti, quanto a canzone più incazzata della storia se la giocano, pur nelle differenze temporali e locali.

Riccardo Venturi - 18/9/2024 - 13:48


Massimo Ferrante presenta la Strina du Judeu a Officina Mediterranea - Puntata n° 100

Massimo Ferrante - 24/9/2024 - 10:52




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