Esco la mattina e tocco il vento
il mondo intorno a me è ancora spento
inciampo nel mio viso uguale ad ogni giorno
solo un bacio e penso già al ritorno
esco e cambiano i colori
freddi cancelli chiusi e torri di cemento
guardano dall'alto aspettandomi
in una luce vecchia già da un'ora
esco la mattina e tocco il vento
poi trovo te compagno e in un momento
saremo soli eppure insieme ad altri cento
sento più rabbia che dolore in questo vento
la fabbrica in silenzio
toglie il respiro col suo fumo denso
parole non dette, speranze cancellate
e nomi di uomini sparsi tra le pagine di un giornale
e la fabbrica rimane in silenzio
non sarà più come prima, nemmeno per un momento
persa tra i tubi arrugginiti
come perso tu che eri uomo
ora sei due righe di un giornale
esco la mattina e tocco il vento
non sarà più come prima, nemmeno un momento
la fabbrica che ha chiuso è un mostro in silenzio
un mondo si è illuso
entro e cammino lungo i tubi
è il tempo che se ne va
la vita che sogni, è quella che rubi
forse solo una paga in meno
forse una fabbrica vale una vita
ma se la vita non vale di più
questa è una mattina nebbiosa
esco la mattina e tocco il vento
la fabbrica che ha chiuso è un mostro in silenzio
non sarà più come prima, nemmeno per un momento
il mondo intorno a me è ancora spento
inciampo nel mio viso uguale ad ogni giorno
solo un bacio e penso già al ritorno
esco e cambiano i colori
freddi cancelli chiusi e torri di cemento
guardano dall'alto aspettandomi
in una luce vecchia già da un'ora
esco la mattina e tocco il vento
poi trovo te compagno e in un momento
saremo soli eppure insieme ad altri cento
sento più rabbia che dolore in questo vento
la fabbrica in silenzio
toglie il respiro col suo fumo denso
parole non dette, speranze cancellate
e nomi di uomini sparsi tra le pagine di un giornale
e la fabbrica rimane in silenzio
non sarà più come prima, nemmeno per un momento
persa tra i tubi arrugginiti
come perso tu che eri uomo
ora sei due righe di un giornale
esco la mattina e tocco il vento
non sarà più come prima, nemmeno un momento
la fabbrica che ha chiuso è un mostro in silenzio
un mondo si è illuso
entro e cammino lungo i tubi
è il tempo che se ne va
la vita che sogni, è quella che rubi
forse solo una paga in meno
forse una fabbrica vale una vita
ma se la vita non vale di più
questa è una mattina nebbiosa
esco la mattina e tocco il vento
la fabbrica che ha chiuso è un mostro in silenzio
non sarà più come prima, nemmeno per un momento
inviata da Bernart - 18/5/2013 - 10:02
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Parole e musica di Evasio Muraro
Dal disco “Canzoni per uomini di latta”
Una canzone che è diventato l’“inno” del comitato dei lavoratori “esodati” di Lodi, che l’hanno adottata per raccontare in un video la loro incredibile storia, una storia i cui protagonisti sono, da una parte, circa 400.000 lavoratori, gente che si è rotta la schiena per quasi 40 anni e poi è stata “invitata”, “incentivata”, per uscire dal ciclo produttivo; dall’altra, un governo di tecnici, quello del professor Monti - tutta gente “preparata, competente, seria e sensibile” - che nel 2011 ha attuato una riforma delle pensioni semplicemente dimenticandosi di tutti quei lavoratori già espulsi (sempre in seguito ad una ristrutturazione aziendale o ad un accordo sindacale garantiti dallo Stato, o ad un accordo economico con il datore di lavoro) che però, proprio in virtù delle nuove norme, si sono visti posticipare drasticamente il momento della pensione, rimanendo nel frattempo senza alcun reddito.
Un fatto di una gravità inaudita, una rottura del patto sociale tra Stato e cittadini di proporzioni gigantesche, con conseguenze disastrose, che credo non abbia precedenti...