“Non sono passati poi tanti anni
Da quei giorni visti per noi in bianco in nero
Le foto, i volti, il sangue, il piombo
Il ricordo dei camerati uccisi non è mai morto!
Giustizia!
Hardcore!
Giustizia!
Io mi ricordo di Mikis Mantakas, del 7 gennaio del Settantotto
Anni di piombo e stragi di stato: uccidere un fascista non era reato
Paolo Di Nella, Francesco Cecchin, Acca Larentia e Primavalle
Di Sergio Ramelli e di Mario Zicchieri, mi brucia il ricordo e ardono i cuori!
Prove sparite e indagini insabbiate
Esecutore il compagno e mandante lo stato
Non basteranno l’odio e l’umiliazione
Per fermarmi e non voglio più tacere!
Da tutte le strade, da tutte le piazze
Migliaia di giovani non se ne andranno
Per chi ha lottato e non si arrese
Il grido: «Presente!» e le braccia tese!
Io voglio giustizia!
Io voglio giustizia!
Io voglio giustizia!
Io voglio giustizia!”
Da quei giorni visti per noi in bianco in nero
Le foto, i volti, il sangue, il piombo
Il ricordo dei camerati uccisi non è mai morto!
Giustizia!
Hardcore!
Giustizia!
Io mi ricordo di Mikis Mantakas, del 7 gennaio del Settantotto
Anni di piombo e stragi di stato: uccidere un fascista non era reato
Paolo Di Nella, Francesco Cecchin, Acca Larentia e Primavalle
Di Sergio Ramelli e di Mario Zicchieri, mi brucia il ricordo e ardono i cuori!
Prove sparite e indagini insabbiate
Esecutore il compagno e mandante lo stato
Non basteranno l’odio e l’umiliazione
Per fermarmi e non voglio più tacere!
Da tutte le strade, da tutte le piazze
Migliaia di giovani non se ne andranno
Per chi ha lottato e non si arrese
Il grido: «Presente!» e le braccia tese!
Io voglio giustizia!
Io voglio giustizia!
Io voglio giustizia!
Io voglio giustizia!”
inviata da DonQuijote82 - 18/4/2013 - 23:31
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Agguato
Appena usciti dalla sede, cinque giovani militanti di destra furono investiti dai colpi di diverse armi automatiche sparati da un gruppo di fuoco di 5 o 6 persone; uno di loro, Franco Bigonzetti, ventenne iscritto al primo anno di medicina e chirurgia, fu ucciso sul colpo. Vincenzo Segneri, seppur ferito ad un braccio, riuscì a rientrare nella sede del partito, dotata di porta blindata, assieme ad altri due: Maurizio Lupini e Giuseppe D'Audino, rimasti illesi.
L'ultimo del gruppo, Francesco Ciavatta, liceale diciottenne, pur essendo ferito, tentò di fuggire attraversando la scalinata situata al lato dell'ingresso della sezione ma, seguito dagli aggressori, fu colpito nuovamente alla schiena; morì in ambulanza durante il trasporto in ospedale.
Nelle ore seguenti, col diffondersi della notizia dell'agguato, una sgomenta folla, composta soprattutto da attivisti missini romani, si radunò sul luogo.
In seguito, per motivi ed in circostanze non chiari, scaturirono dei tafferugli che provocarono l'intervento delle forze dell'ordine con cariche e lancio di lacrimogeni. Le apparecchiature video di giornalisti RAI furono danneggiate. Si dice che tutto fosse cominciato poiché un giornalista, distrattamente (alcuni sostengono l'intenzionalità dell'atto, ma sembra improbabile), avrebbe gettato un mozzicone di sigaretta nel sangue rappreso sul terreno di una delle vittime della sparatoria.[1]
Per far fronte al tafferuglio creatosi, il Capitano dei Carabinieri Edoardo Sivori sparò ad altezza d'uomo, centrando in piena fronte il diciannovenne Stefano Recchioni, militante della sezione di Colle Oppio e chitarrista del gruppo di musica alternativa Janus[2], a cui il cantautore Fabrizio Marzi dedicò nel 1979 la canzone "Giovinezza"; il giovane morì dopo due giorni di agonia.
Alcuni mesi dopo l'accaduto il padre di Ciavatta, portiere di uno stabile in Via Deruta 19, si suicidò per la disperazione bevendo una bottiglia di acido muriatico.
Rivendicazione
Il raid fu rivendicato alcuni giorni dopo tramite una cassetta audio fatta ritrovare accanto ad una pompa di benzina; la voce contraffatta di un giovane, a nome dei Nuclei Armati di Contropotere territoriale, dichiarò:
« Un nucleo armato, dopo un'accurata opera di controinformazione e controllo alla fogna di via Acca Larenzia, ha colpito i topi neri nell’esatto momento in cui questi stavano uscendo per compiere l'ennesima azione squadristica. Non si illudano i camerati, la lista è ancora lunga. »
Le indagini
Per circa 10 anni le indagini non portarono a conclusioni: solo nel 1988 si scoprì che la mitraglietta Skorpion usata nell'azione fu la stessa usata in altri tre omicidi firmati dalle Brigate rosse, ossia quelli dell’economista Ezio Tarantelli, dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti e del senatore Roberto Ruffilli.
Furono accusati degli ex militanti di Lotta Continua: Mario Scrocca, Fulvio Turrini, Cesare Cavallari, Francesco de Martiis e Daniela Dolce.
Quest'ultima riuscì a non farsi catturare, rimanendo latitante, mentre Scrocca fu arrestato e si tolse la vita in cella il giorno dopo essere stato interrogato dai giudici.
Gli altri tre imputati, pur essendo arrestati, furono assolti in primo grado per insufficienza di prove.
Va sottolineato come l'arma impiegata nel 1978 rispunti fuori ben 7 anni più tardi (omicidio Tarantelli, 27 marzo 1985), per venire poi usata per uccidere Lando Conti (10 febbraio 1986) e Ruffilli (16 aprile 1988). Non viene quindi utilizzata negli anni in cui è più forte il terrorismo delle BR: il 1978 è l'anno del rapimento Moro, ma l'arma rispunta fuori a metà degli anni '80 nel periodo delle BR di Senzani,
[...di Senzani, quelle ampiamente infiltrate dalla camorra e guidate dai servizi segreti; l’agguato di Acca Larentia ha delle modalità che richiamano fortemente l’agguato camorristico, come anche quelle del senatore Ruffilli[senza fonte], [questo frammento, comprensibilmente, su Wikipedia non e' presente mentre compare nell'articolo da altre fonti (n.d.a.)] ]
omicidio che Giorgio Galli, uno dei massimi esperti di lotta armata, vede come un chiaro messaggio della mafia al presidente del consiglio Giulio Andreotti e al suo ministro dell'interno Antonio Gava.[3]
Altri elementi inducono a dubitare circa una responsabilità delle Brigate Rosse. L'inaudita reazione delle forze dell'ordine nell'ambito dei successivi tumulti, con Recchioni che viene ucciso dal capitano Sivori che spara volontariamente ad altezza d'uomo davanti agli occhi di molti. La "copertura" di Cossiga al suddetto capitano Sivori, che non subisce di fatto conseguenze venendo condannato solo per "eccesso colposo di legittima difesa" (Cossiga dichiarerà anni dopo di averlo coperto e di essere finito conseguentemente nel mirino dei NAR). Il fatto stesso che la sigla che rivendica un attentato così efferato scompaia nel nulla rivela una prassi assolutamente diversa da quella brigatista; gli accusati, oltretutto, non si dichiareranno prigionieri politici, a differenza di quanto facevano generalmente i terroristi "rossi".
Ancora dubbio deve sicuramente ritenersi, considerati i precedenti nella "lotta al terrorismo" europea, il suicidio di Scrocca, che sarebbe stato assolto dal processo come gli altri accusati.
È opportuno rilevare, complessivamente, come l'agguato di Acca Larentia abbia generato un'ulteriore recrudescenza nelle tensioni tra gli opposti estremismi e contribuito al mantenimento di quello stato di tensione che per molti anni ha accompagnato la storia della prima repubblica: legittimo, dunque, il dubbio che l'agguato sia stato "commissionato" ad elementi esterni al terrorismo politico, proprio con questa finalità.[4]
Il primo anniversario
La vicenda ebbe un ulteriore strascico in occasione delle manifestazioni del primo anniversario. Il 10 gennaio 1979, infatti, scoppiarono di nuovo dei tumulti durante i quali l'agente di polizia in borghese Alessio Speranza sparò al diciassettenne Alberto Giaquinto, uccidendolo: successivamente l'agente fu prosciolto dall'accusa di omicidio.
Il trentesimo anniversario
Il 7 gennaio 2008, come da tradizione, si è tenuta la fiaccolata in onore delle vittime della strage che da piazza San Giovanni attraversa la via Tuscolana fino al luogo della sparatoria, dove si ricordano i nomi dei tre ragazzi uccisi e si onora la memoria dei militanti di destra uccisi negli anni di piombo.
Dopo "30 anni di ingiustizia" (è l'espressione usate sui manifesti affissi nella capitale per pubblicizzare l'evento), il sindaco di Roma Walter Veltroni ha deciso di intitolare una strada romana alle tre vittime della strage, così come in passato per il trentennale del rogo di Primavalle era stato deciso di intitolare una strada ai due ragazzi uccisi.
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