Padre, occhi gialli e stanchi,
nelle sopracciglia il suo dolore da raccontarmi...
Madre, gonna lunga ai fianchi,
nelle sue guance gli anni e i pranzi coi parenti...
Non mi senti? O non mi ascolti,
mentre piango ad occhi chiusi sotto al letto.
Padre, e se mi manchi
è perché ho dato più importanza ai miei lamenti...
Madre, perché piangi?
ma non mi hai detto tu, che una lacrima è un segreto?
Ed io ci credo, ma non ti vedo
mentre grido e canto le mie prime note!
Ma se, una canzone che stia al posto mio non c'è,
eccola qua: è come se, foste con me!
Padre, mille anni,
e quante bombe sono esplose nei tuoi ricordi!
Madre, tra i gioielli,
sono ancora il più prezioso tra i diamanti?
Ma non mi ascolti, non mi senti,
mentre parto sulla nave dei potenti!
Ma se, una canzone che stia al posto mio non c'è,
eccola qua: è come se, foste con me!
Ma se, una canzone che stia al posto mio non c'è,
eccola qua: è come se, foste con me!
Padre, occhi gialli e stanchi,
cerca ancora coi tuoi proverbi a illuminarmi...
Madre, butta i panni,
e prova ancora, se ne hai voglia a coccolarmi,
perché mi manchi,
e se son stato così lontano è stato solo per salvarmi!
Così lontano è stato solo per salvarmi!
Così lontano è stato solo per salvarmi!
Ma se, una canzone che stia al posto mio non c'è,
eccola qua: è come se, foste con me!
È come se, foste con me!!
È come se, foste con me!!
nelle sopracciglia il suo dolore da raccontarmi...
Madre, gonna lunga ai fianchi,
nelle sue guance gli anni e i pranzi coi parenti...
Non mi senti? O non mi ascolti,
mentre piango ad occhi chiusi sotto al letto.
Padre, e se mi manchi
è perché ho dato più importanza ai miei lamenti...
Madre, perché piangi?
ma non mi hai detto tu, che una lacrima è un segreto?
Ed io ci credo, ma non ti vedo
mentre grido e canto le mie prime note!
Ma se, una canzone che stia al posto mio non c'è,
eccola qua: è come se, foste con me!
Padre, mille anni,
e quante bombe sono esplose nei tuoi ricordi!
Madre, tra i gioielli,
sono ancora il più prezioso tra i diamanti?
Ma non mi ascolti, non mi senti,
mentre parto sulla nave dei potenti!
Ma se, una canzone che stia al posto mio non c'è,
eccola qua: è come se, foste con me!
Ma se, una canzone che stia al posto mio non c'è,
eccola qua: è come se, foste con me!
Padre, occhi gialli e stanchi,
cerca ancora coi tuoi proverbi a illuminarmi...
Madre, butta i panni,
e prova ancora, se ne hai voglia a coccolarmi,
perché mi manchi,
e se son stato così lontano è stato solo per salvarmi!
Così lontano è stato solo per salvarmi!
Così lontano è stato solo per salvarmi!
Ma se, una canzone che stia al posto mio non c'è,
eccola qua: è come se, foste con me!
È come se, foste con me!!
È come se, foste con me!!
inviata da Alberta Beccaro - Venezia - 4/4/2013 - 13:41
Il post "Giulia", pubblicato nel settembre 2005, basato da Cesare Cremonini sui racconti di guerra del padre Giovanni (protagonista della canzone):
Testo integrale del blog "Giulia":
Testo integrale del blog "Giulia":
GIULIA
27 September 2005 @ 08:00
Cosa fa di un uomo un uomo?
Domanda noiosa non trovate?
Me ne stavo tranquillo a scrivere ieri pomeriggio, con Moreno, il mio cane, e Giovanni, mio padre, uno a fianco all'altro, entrambi addormentati.
E dire che era stato mio padre ad insistere tanto per mangiare i suoi famosi "spaghetti alla Cremonini!" Un ragù di pomodoro, salsiccia, e olio extravergine di oliva rigorosamente offerto da uno dei suoi malati, che viene aggiunto sulla pasta bianca e al dente già versata in abbondanza nel piatto.
Gli ho chiesto, mentre mi preparava il piatto: "Perchè metti il sugo dopo la pasta?" e lui mi ha detto "perchè è meglio!".
Non è vero. Ma io sapevo cosa voleva dire.
"Nel settembre 1939 Hitler invase la Polonia, avendo prima firmato un'alleanza militare con l'Unione Sovietica di Stalin.
Di fronte a questo ulteriore "atto di forza", le potenze occidentali, Francia e Gran Bretagna, dichiararono guerra alla Germania, ma non riuscirono ad impedire la conquista, da parte dei tedeschi, della Polonia, e della Norvegia."
[Era tempo che desideravo una lezione di storia da parte di mio padre..]
"Nella primavera del 1940, Hitler volse l'esercito tedesco contro la Francia, che in poche settimane venne spazzato via. Il 10 giugno 1940, quando ormai la Francia era allo stremo, l'Italia fascista di Mussolini dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. (Che pazzi!!)
Conquistata la Francia la Germania cercò, inutilmente, di invadere la Gran Bretagna, mentre in Africa l'Italia perdeva la colonia etiopica a vantaggio degli inglesi. Nell'ottobre del 1940 l'Italia intraprese la conquista della Grecia, quella in cui ogni estate si riversano migliaia di nipoti con relative fidanzate o a caccia dells tesse..), partendo dalla colonia albanese; ma, di fronte ai disastri militari italiani, dovette intervenire la Wermacht tedesca, che, in pochi giorni, conquistò la Jugoslavia e invase la Grecia."
Sul finire del 1942, nel pieno della seconda guerra mondiale, Giovanni, il mio Babbo, viveva a Bologna, una Bologna ancora fascista, città di una Italia irragionevolmente alleata di Hitler in quegli anni, in una piccola e buia camera di una pensione-collegio che condivideva con alcuni fra quelli che sarebbero divenuti più tardi i suoi compagni di studi all'università e amici di una vita. Frequentava il quarto anno al liceo scientifico "Augusto Righi", imponente costruzione fascista, e a pranzo, quando era destinato a loro il compito di aiutare le suore cuoche nella cucina del collegio, si preparavano di nascosto gli "spaghetti alla Cremonini".
Beppe, il suo amico, gli diceva sempre: "Giovanni, 'sa fèt!? Il sugo lo metti nella pentola, guarda che è meglio!". Ma per farlo di nascosto bisognava non perdere tempo. E poi figurati, uno orgoglioso come il mio Babbo non avrebbe mai dato ascolto a nessuno. Il mio babbo era stato spedito al liceo senza sapere quanto il destino lo avrebbe premiato in seguito.
Era il primogentio di otto figli, e i suoi genitori, contadini di S. Giovanni in Persiceto (Bo), per non creare problemi a nessuno, impauriti della gelosia o dell'invidia che poteva nascere in una cosi larga famiglia, seppur con tanti sforzi perchè intenzionati a farli studiare, erano riusciti a sistemare ogni pargolo al di sopra dei 14 anni, sotto un tetto diverso. Uno a Cremona, uno a Bologna, uno a Milano ecc... ecc...
"Giovanni, tu andrai in un collegio a Bologna!". Il collegio, tra i più severi, (le uniche ore libere erano le otto e le nove del mattino di sabato, da destinare alla lettura di noiosi libri religiosi nella biblioteca di Via Irnerio) era il "S. Cuore di Gesù", in via Goffredo.
E cosi fu.
Giovanni quella sera, sotto le miliardi di stelle luminose che illuminanavano la campagna emiliana, si pose la fatidica domanda: "cosa voglio fare da grande?", ma non seppe darsi risposta... chi non sapeva cosa fare, in quel periodo, o chi voleva sfuggire alle esibizionistiche parate militari, a cui Mussolini costringeva la maggiorparte dei giovinastri nati tra il 20 ed il 24, spesso finiva servo nella casa del Signore.
In altre parole diventava prete.
Ruolo ben più rispettato nei tempi che furono, rispetto ad adesso..
E per qualche tempo, quello che anni dopo fu chiamato bonariamente dai suoi amici di bevuta "il dottor Latin Lover" si vedeva già a dir Messa.
Per fortuna (altrimenti niente Squerez, né Bagus, né Maggese), Giovanni cambiò in fretta idea, forse "paralizzato" dalla bellezza fin a quel momento soltanto sognata, delle ragazze di città nelle domeniche di primavera. Almeno questo era quello che aveva sentito pronunciare da suo padre, origliando, una sera, le conversazioni di una partita a carte durata un pò troppo, nella sala da pranzo.
Ma era vero. Il sole, nei sabati soleggiati, attacchi aerei permettendo, le illuminava e colorava di fuoco i loro occhi intensi, e i dolci colli su cui poggia S. Luca facevano da specchio alle loro forme.
Giovanni nel 1942 era un ragazzo gentile, dolce, bello, forte, con un naso identico al mio, e un pò imbranato come molti uomini ancora non del tutto uomini, ma che ne hanno soltanto il profumo.
La mattina si alzava presto, perchè dalla sua camera vedeva Giulia, la figlia della bibliotecaria, mettere ordine ai cartelli di entrata e ai libri fuoriposto, prima dell' ora di apertura. Le aveva anche parlato, un paio di volte, nelle ore libere del Sabato, e come scusa aveva sempre utilizzato quella di chiedere chiarimenti sugli autori dei libri scolastici. (??!!)
Come me, il mio Babbo, le amava un pò tutte, le donne, molto più dei libri scolastici immagino. Amava le donne perchè profumano, perchè ridono come i bambini, e perchè sanno accarezzarti la testa con la grazia di una mamma. E come me, il mio Babbo, la mamma l'aveva lasciata presto.
Era bella, contadina e artigiana, Bologna, in quel periodo, e nessuno ancora, fra gli studenti che erano nati e cresciuti in campagna come il mio babbo, conosceva bene il suono delle sirene che di li a poco avrebbero messo in allarme la città avvisando dell'arrivo degli aerei incursori.
Mio padre per non partire per la guerra si era fatto ingessare le braccia durante il servizio di leva (con relative parate), da un amico di suo padre non ancora medico, che chissà quante altre vite ha salvato in quegli anni.
Fu una bella fortuna, perchè molti di quei ragazzi che partirono non tornarono. E chi tornava, spesso non era tutto intero.
Ma Giovanni potè restare Giovanni.
Due anni prima le armate nazi-fasciste intrapresero quella che sarebbe divenuta la loro Waterloo: andarono alla conquista della Russia, ovviamente accompagnati dalle (ben meno preparate e convinte) forze italiane.
"Chi miracolosamente tornò, da quella campagna, era senza piedi, senza braccia, senza volto, senza anima, pazzo." - diceva mio Padre tra una forchettata e l'altra. Quegli spaghetti, "alla Cremonini" erano senza dubbio buoni, anche se pesanti e pieni di cipolla. Io lo ascoltavo mentre lui mi raccontava tutte queste cose, e me le raccontava come se non fosse un evento, che mi stesse raccontando della sua vita. Ma un evento lo era, perchè mio padre ha passato molto più tempo nel suo studio medico, e molto meno a raccontarsi, se non attraverso lunghe preghiere della buonanotte.
Passarono 10 mesi e mio padre sembrava davvero sempre più ingenuamente convinto che la parola Giulia si addicesse al suo futuro, alle sue ambizioni, al suo carattere gentile, generoso, e certamente egocentrico, ma affascinante.
Un sabato mattina si svegliò felice (era possibile essere felici anche durante il fascismo, anche durante le guerre, anche di fronte alla morte, se si ha vita da vendere), e pronto alle sue due ore libere. Mise le "scarpe di ieri", e corse giù per le scale di legno saltando gli scalini due alla volta, già pregustando i mille suoni che si odono attravesando Via Irnerio la mattina. In più la sua felicità era una felicità coltivata dalla strana sensazione di non sentire le sirene di allarme da più di una settimana. Ma il suo volto, impregnato di euforia venne resettato d'un colpo dalla tragica visione di un vuoto a lui non familiare. Gli avevano rubato i libri. Il suo posto letto non distava molto dalla biblioteca, cosi, seppur turbato iniziò a camminare svelto lungo il marciapiede. Nei suoi pensieri stava camminando verso Giulia.
Erano già le 8, 30.
Con che scusa avrebbe introdotto Giulia in una conversazione senza libri, questo gli sembrava un dubbio molto più importante di come avrebbe giustificato ai suoi la faccenda.
Mentre camminava a passo svelto calpestando le ombre e gli specchi di luce che dipingevano strane forme sul marciapiede, sognava il viso di Giulia, e il suo marcato accento Bolognese. "Non riesco a non pensarti!. Le dirò cosi" diceva fra sè e sè.
E tra un pensiero romantico ed uno sognante eccolo arrivare alla biblioteca. Prima di entrare si era specchiato sulla porta a vetri che segnava l'inizio del silenzio, e l'importanza dei gesti e del saper sussurrare (dote rara al giorno d'oggi), dal rumore ed il caos di Via Irnerio.
Giulia quel Sabato mattina era ancora più bella e pareva ancora più ricca di segreti. Le sue mani erano leggere, ma parevano esser fatte di petali di rosa, e alla vista di Giovanni due fossette si erano subito fatte notare su entrambe le guance. Giulia aveva 18 anni, ma pareva già una signorina con quel suo fare aggraziato.
Il mio Babbo aveva 17 anni, e pareva per una volta più sicuro di sè.
"Non riesco a non pensarti!"
Giulia rimase ferma immobile per altri 2 secondi, prima di voltarsi, senza aver ancora respirato. Per poi tornare al suo banco, vicino alla madre.
Ma prima dargli le spalle, con gli occhi luminosi ancora ben aperti, aveva offerto a mio padre un sorriso nuovo, che lui non aveva mai visto dal vivo prima di allora.
La giornata passò sveltissima. Le 10 arrivarono in un lampo, ma mio padre uscì dalla biblioteca felice, e iniziò a correre a più non posso, cosi forte che a momenti non andava a sbattere su uno di quegli innumerevoli alberi che avvolgono Via Irnerio.
Il sorriso di Giulia era stato il sorriso più atteso della sua vita. Ed era apparso all'improvviso, nel silenzio di una biblioteca, dove non vola una mosca. Ma nel suo giovane cuore ululavano i lupi, suonavano le fanfare, ballavano ubriachi di gioia mille ballerini russi.
"Nel Giugno del '41 la Germania iniziò l'invasione dell'Unione Sovietica, sostenuta anche in quest'opera dall'esercito italiano. Le armate nazi-fasciste (irragionevolmente guidate da un ormai da tempo fuori controllo Adolf Hitler), giunsero fino a Mosca, Leningrado e Stalingrado, ma nel febbraio 1943 subirono una pesante sconfitta che le costrinse a ritirarsi disordinatamente verso ovest. In Oriente, frattanto, il Giappone nel dicembre 1941 aveva aggredito gli statunitensi, provocandone l'intervento in guerra."
"Nel settembre 1943 l'Italia, dopo aver perso anche la colonia libica, venne occupata per la parte meridionale dagli alleati anglo-americani.
Così il 25 luglio di quell'anno il re fece arrestare Mussolini, nominando Badoglio capo del governo e il fascismo venne dichiarato decaduto.
Lo stesso governo Badoglio l'8 settembre 1943 firmò l'armistizio con gli alleati e subito dopo fuggì, assieme alla corte, a Brindisi nel territorio controllato dagli americani, mentre l'esercito tedesco invadeva l'Italia del centro-nord."
"Iniziò così la guerra di Resistenza in Italia, che vide contrapporsi le truppe irregolari partigiane ai soldati tedeschi occupanti e al risorto esercito fascista della Repubblica Sociale Italiana di Mussolini.
Frattanto l'Armata Rossa sovietica avanzava da est e gli alleati erano sbarcati in Normandia.
Tra le undici e mezzogiorno del 25 Settembre 1943 Bologna subisce l'incursione aerea più disastrosa di tutta la guerra: 120 aerei sganciano in centro e in periferia un enorme carico di Bombe.
Il sistema di allarme antiaereo si dimostra inefficiente: le sirene suonano quando gli aerei incursori sono già sulla città.
Il mio Babbo, in quel giorno e a quell'ora era appena entrato nella cappella del collegio, quando si udirono i primi assordanti boati delle prime bombe sganciate sulla periferia, fuori Corticella.
Poco dopo le sirene. Le insegnanti e le suorine del S. Cuore radunarono tutti i bambini ed i ragazzi del collegio, e li misero in fila per 4 pronti a dirigersi al rifugio anti bombe mano allestito vicino a Porta D'Azeglio, rigorosamente mano nella mano.
Era un rifugio discretamente sicuro, costruito appositamente per le scuole inferiori. Gli studenti del dormitorio erano tutti in silenzio, nessuno di loro fiatava. E mio padre, messo in coda insieme ai più grandi, teneva per mano il suo amico Beppe, con cui era solito preparare "gli spaghetti alla Cremonini" nei giorni in cui era destinato a loro il turno di aiuto in cucina.
Le suorine furono le prime ad entrare nel rifugio, perchè avrebbero recitato insieme ai più piccoli il rosario e le preghiere durante il periodo di bombardamento.
Poi entravano i più piccoli, accompagnati dagli insegnanti, poi gli alunni più grandi, tra cui Beppe e mio padre.
"120 aerei facevano sentire il loro "ronzio" anche 9 metri sotto terra. E ogni 4 secondi netti una bomba faceva tremare la terra. C'erano bambini che piangevano, e bambini che stavano in silenzio. Nessuno diceva qualcosa, e questo rumoroso silenzio veniva interrotto soltanto dagli "amen" sommessi delle suorine. C'era un forte odore di bruciato che entrava dalle fessure delle porte di ingresso. Non si sentivano nè grida ne lamenti provenire dall'esterno, solo grossi botti, come se fosse un continuo crollo di montagne. Sembrava non dovesse finire più.
Dopo un'ora e mezza le sirene smisero di suonare ed il ronzio si fece sempre più lontano. Poi l'ultimo "amen" delle suorine, che furono anche le prime ad uscire dal rifugio. Poi i più piccoli, poi gli insegnanti, e per finire il gruppo di mio padre, che era rimasto mano nella mano con Beppe per tutto il tempo. L'ordine fu di non uscire dal collegio fino a nuovo ordine. Cosa voleva dire, e il perchè di quell'ordine il mio babbo non lo sapeva, ma il suo pensiero, addolorato e confuso, vagava tra le poche vie di Bologna che aveva visto, in cerca del viso di Giulia. Dalla finestra di camera sua si vedeva fumo e quel che restava della biblioteca.
"Il 21 aprile 1945 gli anglo-americani entrano a Bologna e si aprono definitivamente la strada verso la valle del Po. Le bande partigiane, contemporaneamente, attaccano le città ancora occupate, dove la popolazione civile insorge contro i nazisti e i fascisti. Entro il 25 aprile i centri maggiori (Milano, Bologna, Genova, Venezia) vengono liberati, alcuni giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate. "
Il mio Babbo quel giorno uscì finalmente dal collegio. Tutti i ragazzi di Bologna uscirono dai collegi. Tutti i negozianti uscirono dai negozi. Tutti i panettieri dai loro forni, tutti i calzolari, tutti gli insegnanti, tutte le mamme, tutti i babbi. Tutti. Per andare ad acclamare gli alleati Inglesi e Americani. Per andare ad abbracciare i partigiani. E tutti urlavano, tutti facevano festa, anche quelli che prima di allora si erano dichiarati fascisti. Anche quelli che non sapevano niente. Anche quelli che non avevano niente. Anche quelli che abitavano in campagna.
Il Babbo era mano nella mano con il suo di babbo, e guardava sfilare i carri armati stracolmi di soldati e di gente che sventolava cappelli di lana.
C'era tanta gente. E Giovanni cercava tra la folla il viso di Giulia, le sue mani, ed era sicuro che quando l'avrebbe rivista si sarebbero anche abbracciati, questa volta, perchè tutti in quel giorno si abbracciavano! Ed era sicuro che avrebbe rivisto quel sorriso e quelle fossette.
Ma non incontrò nè i suoi occhi, nè il suo sorriso.
"Nel giorno della liberazione i parenti di alcune vittime delle rappresaglie nazifasciste cominciarono ad appendere le immagini dei loro cari nell'angolo di Palazzo D'Accursio. Nel maggio 1945 ebbe termine la guerra in Europa con la conquista dell'intera Germania da parte degli eserciti alleati. Il Giappone continuò la guerra ancora fino ad agosto, quando le due bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki posero fine al conflitto mondiale."
Mentre mi serviva un caffè, freddo, il mio babbo trapelava sonno.
Gli spaghetti erano un pò pesanti, è vero, ma io continuavo a pensare che se sono gli "speghetti alla Cremonini" a fargli questo effetto ogni volta che li mangia, dev'essere un bello zuccone mio padre, ben più zuccone di me!
Nel Giugno del 1945 mio padre si diplomò, e nel giro di pochi anni, divenne medico, specializzandosi poi in Cardiologia, Tisiologia e Dietologia.
P.S. Questo NON è un blog contro la guerra, non è un blog contro il fascismo, non è un blog contro il nazismo, non è un blog contro niente e nessuno.
Può essere TUTTO, ma non è un blog contro qualcosa.
Domani, cioè oggi, prove per il Maggese Tour.
"Le belle donne in cerca di un vestito o di un cognome, sulle barche da sceicco sembran sole.."
Notte Bologna
27 September 2005 @ 08:00
Cosa fa di un uomo un uomo?
Domanda noiosa non trovate?
Me ne stavo tranquillo a scrivere ieri pomeriggio, con Moreno, il mio cane, e Giovanni, mio padre, uno a fianco all'altro, entrambi addormentati.
E dire che era stato mio padre ad insistere tanto per mangiare i suoi famosi "spaghetti alla Cremonini!" Un ragù di pomodoro, salsiccia, e olio extravergine di oliva rigorosamente offerto da uno dei suoi malati, che viene aggiunto sulla pasta bianca e al dente già versata in abbondanza nel piatto.
Gli ho chiesto, mentre mi preparava il piatto: "Perchè metti il sugo dopo la pasta?" e lui mi ha detto "perchè è meglio!".
Non è vero. Ma io sapevo cosa voleva dire.
"Nel settembre 1939 Hitler invase la Polonia, avendo prima firmato un'alleanza militare con l'Unione Sovietica di Stalin.
Di fronte a questo ulteriore "atto di forza", le potenze occidentali, Francia e Gran Bretagna, dichiararono guerra alla Germania, ma non riuscirono ad impedire la conquista, da parte dei tedeschi, della Polonia, e della Norvegia."
[Era tempo che desideravo una lezione di storia da parte di mio padre..]
"Nella primavera del 1940, Hitler volse l'esercito tedesco contro la Francia, che in poche settimane venne spazzato via. Il 10 giugno 1940, quando ormai la Francia era allo stremo, l'Italia fascista di Mussolini dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. (Che pazzi!!)
Conquistata la Francia la Germania cercò, inutilmente, di invadere la Gran Bretagna, mentre in Africa l'Italia perdeva la colonia etiopica a vantaggio degli inglesi. Nell'ottobre del 1940 l'Italia intraprese la conquista della Grecia, quella in cui ogni estate si riversano migliaia di nipoti con relative fidanzate o a caccia dells tesse..), partendo dalla colonia albanese; ma, di fronte ai disastri militari italiani, dovette intervenire la Wermacht tedesca, che, in pochi giorni, conquistò la Jugoslavia e invase la Grecia."
Sul finire del 1942, nel pieno della seconda guerra mondiale, Giovanni, il mio Babbo, viveva a Bologna, una Bologna ancora fascista, città di una Italia irragionevolmente alleata di Hitler in quegli anni, in una piccola e buia camera di una pensione-collegio che condivideva con alcuni fra quelli che sarebbero divenuti più tardi i suoi compagni di studi all'università e amici di una vita. Frequentava il quarto anno al liceo scientifico "Augusto Righi", imponente costruzione fascista, e a pranzo, quando era destinato a loro il compito di aiutare le suore cuoche nella cucina del collegio, si preparavano di nascosto gli "spaghetti alla Cremonini".
Beppe, il suo amico, gli diceva sempre: "Giovanni, 'sa fèt!? Il sugo lo metti nella pentola, guarda che è meglio!". Ma per farlo di nascosto bisognava non perdere tempo. E poi figurati, uno orgoglioso come il mio Babbo non avrebbe mai dato ascolto a nessuno. Il mio babbo era stato spedito al liceo senza sapere quanto il destino lo avrebbe premiato in seguito.
Era il primogentio di otto figli, e i suoi genitori, contadini di S. Giovanni in Persiceto (Bo), per non creare problemi a nessuno, impauriti della gelosia o dell'invidia che poteva nascere in una cosi larga famiglia, seppur con tanti sforzi perchè intenzionati a farli studiare, erano riusciti a sistemare ogni pargolo al di sopra dei 14 anni, sotto un tetto diverso. Uno a Cremona, uno a Bologna, uno a Milano ecc... ecc...
"Giovanni, tu andrai in un collegio a Bologna!". Il collegio, tra i più severi, (le uniche ore libere erano le otto e le nove del mattino di sabato, da destinare alla lettura di noiosi libri religiosi nella biblioteca di Via Irnerio) era il "S. Cuore di Gesù", in via Goffredo.
E cosi fu.
Giovanni quella sera, sotto le miliardi di stelle luminose che illuminanavano la campagna emiliana, si pose la fatidica domanda: "cosa voglio fare da grande?", ma non seppe darsi risposta... chi non sapeva cosa fare, in quel periodo, o chi voleva sfuggire alle esibizionistiche parate militari, a cui Mussolini costringeva la maggiorparte dei giovinastri nati tra il 20 ed il 24, spesso finiva servo nella casa del Signore.
In altre parole diventava prete.
Ruolo ben più rispettato nei tempi che furono, rispetto ad adesso..
E per qualche tempo, quello che anni dopo fu chiamato bonariamente dai suoi amici di bevuta "il dottor Latin Lover" si vedeva già a dir Messa.
Per fortuna (altrimenti niente Squerez, né Bagus, né Maggese), Giovanni cambiò in fretta idea, forse "paralizzato" dalla bellezza fin a quel momento soltanto sognata, delle ragazze di città nelle domeniche di primavera. Almeno questo era quello che aveva sentito pronunciare da suo padre, origliando, una sera, le conversazioni di una partita a carte durata un pò troppo, nella sala da pranzo.
Ma era vero. Il sole, nei sabati soleggiati, attacchi aerei permettendo, le illuminava e colorava di fuoco i loro occhi intensi, e i dolci colli su cui poggia S. Luca facevano da specchio alle loro forme.
Giovanni nel 1942 era un ragazzo gentile, dolce, bello, forte, con un naso identico al mio, e un pò imbranato come molti uomini ancora non del tutto uomini, ma che ne hanno soltanto il profumo.
La mattina si alzava presto, perchè dalla sua camera vedeva Giulia, la figlia della bibliotecaria, mettere ordine ai cartelli di entrata e ai libri fuoriposto, prima dell' ora di apertura. Le aveva anche parlato, un paio di volte, nelle ore libere del Sabato, e come scusa aveva sempre utilizzato quella di chiedere chiarimenti sugli autori dei libri scolastici. (??!!)
Come me, il mio Babbo, le amava un pò tutte, le donne, molto più dei libri scolastici immagino. Amava le donne perchè profumano, perchè ridono come i bambini, e perchè sanno accarezzarti la testa con la grazia di una mamma. E come me, il mio Babbo, la mamma l'aveva lasciata presto.
Era bella, contadina e artigiana, Bologna, in quel periodo, e nessuno ancora, fra gli studenti che erano nati e cresciuti in campagna come il mio babbo, conosceva bene il suono delle sirene che di li a poco avrebbero messo in allarme la città avvisando dell'arrivo degli aerei incursori.
Mio padre per non partire per la guerra si era fatto ingessare le braccia durante il servizio di leva (con relative parate), da un amico di suo padre non ancora medico, che chissà quante altre vite ha salvato in quegli anni.
Fu una bella fortuna, perchè molti di quei ragazzi che partirono non tornarono. E chi tornava, spesso non era tutto intero.
Ma Giovanni potè restare Giovanni.
Due anni prima le armate nazi-fasciste intrapresero quella che sarebbe divenuta la loro Waterloo: andarono alla conquista della Russia, ovviamente accompagnati dalle (ben meno preparate e convinte) forze italiane.
"Chi miracolosamente tornò, da quella campagna, era senza piedi, senza braccia, senza volto, senza anima, pazzo." - diceva mio Padre tra una forchettata e l'altra. Quegli spaghetti, "alla Cremonini" erano senza dubbio buoni, anche se pesanti e pieni di cipolla. Io lo ascoltavo mentre lui mi raccontava tutte queste cose, e me le raccontava come se non fosse un evento, che mi stesse raccontando della sua vita. Ma un evento lo era, perchè mio padre ha passato molto più tempo nel suo studio medico, e molto meno a raccontarsi, se non attraverso lunghe preghiere della buonanotte.
Passarono 10 mesi e mio padre sembrava davvero sempre più ingenuamente convinto che la parola Giulia si addicesse al suo futuro, alle sue ambizioni, al suo carattere gentile, generoso, e certamente egocentrico, ma affascinante.
Un sabato mattina si svegliò felice (era possibile essere felici anche durante il fascismo, anche durante le guerre, anche di fronte alla morte, se si ha vita da vendere), e pronto alle sue due ore libere. Mise le "scarpe di ieri", e corse giù per le scale di legno saltando gli scalini due alla volta, già pregustando i mille suoni che si odono attravesando Via Irnerio la mattina. In più la sua felicità era una felicità coltivata dalla strana sensazione di non sentire le sirene di allarme da più di una settimana. Ma il suo volto, impregnato di euforia venne resettato d'un colpo dalla tragica visione di un vuoto a lui non familiare. Gli avevano rubato i libri. Il suo posto letto non distava molto dalla biblioteca, cosi, seppur turbato iniziò a camminare svelto lungo il marciapiede. Nei suoi pensieri stava camminando verso Giulia.
Erano già le 8, 30.
Con che scusa avrebbe introdotto Giulia in una conversazione senza libri, questo gli sembrava un dubbio molto più importante di come avrebbe giustificato ai suoi la faccenda.
Mentre camminava a passo svelto calpestando le ombre e gli specchi di luce che dipingevano strane forme sul marciapiede, sognava il viso di Giulia, e il suo marcato accento Bolognese. "Non riesco a non pensarti!. Le dirò cosi" diceva fra sè e sè.
E tra un pensiero romantico ed uno sognante eccolo arrivare alla biblioteca. Prima di entrare si era specchiato sulla porta a vetri che segnava l'inizio del silenzio, e l'importanza dei gesti e del saper sussurrare (dote rara al giorno d'oggi), dal rumore ed il caos di Via Irnerio.
Giulia quel Sabato mattina era ancora più bella e pareva ancora più ricca di segreti. Le sue mani erano leggere, ma parevano esser fatte di petali di rosa, e alla vista di Giovanni due fossette si erano subito fatte notare su entrambe le guance. Giulia aveva 18 anni, ma pareva già una signorina con quel suo fare aggraziato.
Il mio Babbo aveva 17 anni, e pareva per una volta più sicuro di sè.
"Non riesco a non pensarti!"
Giulia rimase ferma immobile per altri 2 secondi, prima di voltarsi, senza aver ancora respirato. Per poi tornare al suo banco, vicino alla madre.
Ma prima dargli le spalle, con gli occhi luminosi ancora ben aperti, aveva offerto a mio padre un sorriso nuovo, che lui non aveva mai visto dal vivo prima di allora.
La giornata passò sveltissima. Le 10 arrivarono in un lampo, ma mio padre uscì dalla biblioteca felice, e iniziò a correre a più non posso, cosi forte che a momenti non andava a sbattere su uno di quegli innumerevoli alberi che avvolgono Via Irnerio.
Il sorriso di Giulia era stato il sorriso più atteso della sua vita. Ed era apparso all'improvviso, nel silenzio di una biblioteca, dove non vola una mosca. Ma nel suo giovane cuore ululavano i lupi, suonavano le fanfare, ballavano ubriachi di gioia mille ballerini russi.
"Nel Giugno del '41 la Germania iniziò l'invasione dell'Unione Sovietica, sostenuta anche in quest'opera dall'esercito italiano. Le armate nazi-fasciste (irragionevolmente guidate da un ormai da tempo fuori controllo Adolf Hitler), giunsero fino a Mosca, Leningrado e Stalingrado, ma nel febbraio 1943 subirono una pesante sconfitta che le costrinse a ritirarsi disordinatamente verso ovest. In Oriente, frattanto, il Giappone nel dicembre 1941 aveva aggredito gli statunitensi, provocandone l'intervento in guerra."
"Nel settembre 1943 l'Italia, dopo aver perso anche la colonia libica, venne occupata per la parte meridionale dagli alleati anglo-americani.
Così il 25 luglio di quell'anno il re fece arrestare Mussolini, nominando Badoglio capo del governo e il fascismo venne dichiarato decaduto.
Lo stesso governo Badoglio l'8 settembre 1943 firmò l'armistizio con gli alleati e subito dopo fuggì, assieme alla corte, a Brindisi nel territorio controllato dagli americani, mentre l'esercito tedesco invadeva l'Italia del centro-nord."
"Iniziò così la guerra di Resistenza in Italia, che vide contrapporsi le truppe irregolari partigiane ai soldati tedeschi occupanti e al risorto esercito fascista della Repubblica Sociale Italiana di Mussolini.
Frattanto l'Armata Rossa sovietica avanzava da est e gli alleati erano sbarcati in Normandia.
Tra le undici e mezzogiorno del 25 Settembre 1943 Bologna subisce l'incursione aerea più disastrosa di tutta la guerra: 120 aerei sganciano in centro e in periferia un enorme carico di Bombe.
Il sistema di allarme antiaereo si dimostra inefficiente: le sirene suonano quando gli aerei incursori sono già sulla città.
Il mio Babbo, in quel giorno e a quell'ora era appena entrato nella cappella del collegio, quando si udirono i primi assordanti boati delle prime bombe sganciate sulla periferia, fuori Corticella.
Poco dopo le sirene. Le insegnanti e le suorine del S. Cuore radunarono tutti i bambini ed i ragazzi del collegio, e li misero in fila per 4 pronti a dirigersi al rifugio anti bombe mano allestito vicino a Porta D'Azeglio, rigorosamente mano nella mano.
Era un rifugio discretamente sicuro, costruito appositamente per le scuole inferiori. Gli studenti del dormitorio erano tutti in silenzio, nessuno di loro fiatava. E mio padre, messo in coda insieme ai più grandi, teneva per mano il suo amico Beppe, con cui era solito preparare "gli spaghetti alla Cremonini" nei giorni in cui era destinato a loro il turno di aiuto in cucina.
Le suorine furono le prime ad entrare nel rifugio, perchè avrebbero recitato insieme ai più piccoli il rosario e le preghiere durante il periodo di bombardamento.
Poi entravano i più piccoli, accompagnati dagli insegnanti, poi gli alunni più grandi, tra cui Beppe e mio padre.
"120 aerei facevano sentire il loro "ronzio" anche 9 metri sotto terra. E ogni 4 secondi netti una bomba faceva tremare la terra. C'erano bambini che piangevano, e bambini che stavano in silenzio. Nessuno diceva qualcosa, e questo rumoroso silenzio veniva interrotto soltanto dagli "amen" sommessi delle suorine. C'era un forte odore di bruciato che entrava dalle fessure delle porte di ingresso. Non si sentivano nè grida ne lamenti provenire dall'esterno, solo grossi botti, come se fosse un continuo crollo di montagne. Sembrava non dovesse finire più.
Dopo un'ora e mezza le sirene smisero di suonare ed il ronzio si fece sempre più lontano. Poi l'ultimo "amen" delle suorine, che furono anche le prime ad uscire dal rifugio. Poi i più piccoli, poi gli insegnanti, e per finire il gruppo di mio padre, che era rimasto mano nella mano con Beppe per tutto il tempo. L'ordine fu di non uscire dal collegio fino a nuovo ordine. Cosa voleva dire, e il perchè di quell'ordine il mio babbo non lo sapeva, ma il suo pensiero, addolorato e confuso, vagava tra le poche vie di Bologna che aveva visto, in cerca del viso di Giulia. Dalla finestra di camera sua si vedeva fumo e quel che restava della biblioteca.
"Il 21 aprile 1945 gli anglo-americani entrano a Bologna e si aprono definitivamente la strada verso la valle del Po. Le bande partigiane, contemporaneamente, attaccano le città ancora occupate, dove la popolazione civile insorge contro i nazisti e i fascisti. Entro il 25 aprile i centri maggiori (Milano, Bologna, Genova, Venezia) vengono liberati, alcuni giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate. "
Il mio Babbo quel giorno uscì finalmente dal collegio. Tutti i ragazzi di Bologna uscirono dai collegi. Tutti i negozianti uscirono dai negozi. Tutti i panettieri dai loro forni, tutti i calzolari, tutti gli insegnanti, tutte le mamme, tutti i babbi. Tutti. Per andare ad acclamare gli alleati Inglesi e Americani. Per andare ad abbracciare i partigiani. E tutti urlavano, tutti facevano festa, anche quelli che prima di allora si erano dichiarati fascisti. Anche quelli che non sapevano niente. Anche quelli che non avevano niente. Anche quelli che abitavano in campagna.
Il Babbo era mano nella mano con il suo di babbo, e guardava sfilare i carri armati stracolmi di soldati e di gente che sventolava cappelli di lana.
C'era tanta gente. E Giovanni cercava tra la folla il viso di Giulia, le sue mani, ed era sicuro che quando l'avrebbe rivista si sarebbero anche abbracciati, questa volta, perchè tutti in quel giorno si abbracciavano! Ed era sicuro che avrebbe rivisto quel sorriso e quelle fossette.
Ma non incontrò nè i suoi occhi, nè il suo sorriso.
"Nel giorno della liberazione i parenti di alcune vittime delle rappresaglie nazifasciste cominciarono ad appendere le immagini dei loro cari nell'angolo di Palazzo D'Accursio. Nel maggio 1945 ebbe termine la guerra in Europa con la conquista dell'intera Germania da parte degli eserciti alleati. Il Giappone continuò la guerra ancora fino ad agosto, quando le due bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki posero fine al conflitto mondiale."
Mentre mi serviva un caffè, freddo, il mio babbo trapelava sonno.
Gli spaghetti erano un pò pesanti, è vero, ma io continuavo a pensare che se sono gli "speghetti alla Cremonini" a fargli questo effetto ogni volta che li mangia, dev'essere un bello zuccone mio padre, ben più zuccone di me!
Nel Giugno del 1945 mio padre si diplomò, e nel giro di pochi anni, divenne medico, specializzandosi poi in Cardiologia, Tisiologia e Dietologia.
P.S. Questo NON è un blog contro la guerra, non è un blog contro il fascismo, non è un blog contro il nazismo, non è un blog contro niente e nessuno.
Può essere TUTTO, ma non è un blog contro qualcosa.
Domani, cioè oggi, prove per il Maggese Tour.
"Le belle donne in cerca di un vestito o di un cognome, sulle barche da sceicco sembran sole.."
Notte Bologna
Alberta Beccaro - Venezia - 4/4/2013 - 13:56
Nuovo link YouTube per la versione solo pianoforte e voce di PadreMadre (quella precedentemente linkata è scomparsa):
https://www.youtube.com/watch?v=P6UGx8xQimA
https://www.youtube.com/watch?v=P6UGx8xQimA
Alberta Beccaro - 9/8/2014 - 12:38
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Canzone composta (musica e testo) da Cesare Cremonini all'età di vent'anni, in occasione - a suo stesso dire - della separazione dei genitori Carla e Giovanni.
Nata come struggente ballad piano e voce (in tale versione apparve in un secondo momento, nel relativo CD singolo datato 2003).
Viene peraltro pubblicata per la prima volta nel suo primo album solista Bagus (2002) in versione da studio con un arrangiamento rock molto spinto, lo stesso che verrà fedelmente riproposto negli anni dal vivo fino ad oggi.
Tranne che in un'occasione: il tour teatrale 2005 (immortalato dal CD+DVD 1+8+24 del 2006), ove Cremonini raggiunge la quadratura del cerchio con un arrangiamento orchestrale che è forse il miglior complemento per l'intenso intimismo del testo.
I versi "Padre/mille anni/e quante bombe sono esplose nei tuoi ricordi!" sono un esplicito riferimento al babbo Giovanni, medico dietologo classe 1924, ed ai pesanti bombardamenti su Bologna nella Seconda Guerra Mondiale. Bombardamenti subiti da Giovanni Cremonini in prima persona con perdite anche affettive importanti (come rivela questo intenso post intitolato "Giulia", pubblicato da Cesare nel settembre 2005 e basato interamente sui racconti di guerra paterni).