Solitudine, compagna…
In fondo al tuo lenzuolo c’è la nostra disfatta
la fine del pensiero, la certezza inutile
che ogni nostra rivolta era una frase fatta
gridata per confondersi a un universo futile.
Solitudine, compagna…
In fondo alla tua vita c’è la roccia perduta
la cima irraggiungibile, la distanza infinita
la nostra vita fatta, quotidiana e fottuta
il lavoro, la casa, la tristezza, la vita…
Compagna solitudine, noi partiamo in vacanza
la tua disperazione conservacela in frigo
ce ne occuperemo alla fine del rigo
dove nei nostri slogan parliamo di speranza.
Solitudine, compagna…
In fondo a quest’estate, quando ritorneremo,
fatti trovare ancòra come un’àncora rotta
ed affondando insieme potrò dirti «Porteremo
quest’ odio sociale nella storia corrotta»
Solitudine, compagna…
La storia ormai è finita e affoga dentro un pozzo
se la stanno sbranando questi quattro assassini,
l’urto sui nostri volti, la violenza del cozzo
ci ha strappato le armi e spezzato i canini.
Compagna solitudine qui son tutti colpevoli:
la repressione che ci ammazza senza pausa,
gli schiavi abbrutiti, il torpore della causa,
lo Stato assassino i boia consapevoli.
Solitudine, compagna…
Però anche noi tutti, compagni troppo stanchi
troppo occupati a cercare un domani
per difendere l’oggi dai colpi sui fianchi
per difenderci oggi, per usare le mani.
Solitudine, compagna…
Brindavamo alla chiusura del luglio libertario
alla nostra sconfitta onorevole e certa
questo treno in partenza di cui non so l’ orario
e non esce più sangue ma la ferita è aperta.
Compagna solitudine, di te posso dire “morta”
ma io non sono certo di poter respirare
questo paesaggio aspro di continuo dolore
questo cielo fumoso, questa luna contorta.
Solitudine, compagna…
In fondo al tuo lenzuolo c’è la nostra sconfitta
la fine del futuro, la perdita d’ orgoglio
la rivolta ingabbiata, c’è la morte già scritta
c’è la mia speranza impiccatasi in luglio.
In fondo al tuo lenzuolo c’è la nostra disfatta
la fine del pensiero, la certezza inutile
che ogni nostra rivolta era una frase fatta
gridata per confondersi a un universo futile.
Solitudine, compagna…
In fondo alla tua vita c’è la roccia perduta
la cima irraggiungibile, la distanza infinita
la nostra vita fatta, quotidiana e fottuta
il lavoro, la casa, la tristezza, la vita…
Compagna solitudine, noi partiamo in vacanza
la tua disperazione conservacela in frigo
ce ne occuperemo alla fine del rigo
dove nei nostri slogan parliamo di speranza.
Solitudine, compagna…
In fondo a quest’estate, quando ritorneremo,
fatti trovare ancòra come un’àncora rotta
ed affondando insieme potrò dirti «Porteremo
quest’ odio sociale nella storia corrotta»
Solitudine, compagna…
La storia ormai è finita e affoga dentro un pozzo
se la stanno sbranando questi quattro assassini,
l’urto sui nostri volti, la violenza del cozzo
ci ha strappato le armi e spezzato i canini.
Compagna solitudine qui son tutti colpevoli:
la repressione che ci ammazza senza pausa,
gli schiavi abbrutiti, il torpore della causa,
lo Stato assassino i boia consapevoli.
Solitudine, compagna…
Però anche noi tutti, compagni troppo stanchi
troppo occupati a cercare un domani
per difendere l’oggi dai colpi sui fianchi
per difenderci oggi, per usare le mani.
Solitudine, compagna…
Brindavamo alla chiusura del luglio libertario
alla nostra sconfitta onorevole e certa
questo treno in partenza di cui non so l’ orario
e non esce più sangue ma la ferita è aperta.
Compagna solitudine, di te posso dire “morta”
ma io non sono certo di poter respirare
questo paesaggio aspro di continuo dolore
questo cielo fumoso, questa luna contorta.
Solitudine, compagna…
In fondo al tuo lenzuolo c’è la nostra sconfitta
la fine del futuro, la perdita d’ orgoglio
la rivolta ingabbiata, c’è la morte già scritta
c’è la mia speranza impiccatasi in luglio.
inviata da Riccardo Venturi - 2/4/2013 - 19:39
Lingua: Spagnolo
Traducción al castellano por Riccardo Venturi
Traduzione spagnola di Riccardo Venturi
2.4.2013
Traduzione spagnola di Riccardo Venturi
2.4.2013
Mi getto molto, molto raramente a tradurre in lingua spagnola. Continuo, come dico da sempre, a inventarmela anche se inventarsi una lingua, forse, è il modo migliore per cercare di rendere parole come queste. Del resto, la prima lingua nella quale cercare di renderle non poteva altro che essere quella con cui Sole era partita dalla sua Argentina lontanissima per approdare in una Torino altrettanto lontana; e altro non potrei dire. Naturalmente, sollecito chiunque se ne senta in grado ad apportare modifiche e correzioni a questa traduzione, se le riterrà opportune; penso in particolare a Maria Cristina, ma ovviamente a qualsiasi conoscitore dell'italiano e del castigliano. Il linguaggio di Alessio Lega, qui, non è soltanto complesso; è anche, e soprattutto, spaventosamente coinvolto. Si avverte che la vicenda di Sole e Baleno deve aver toccato Alessio molto di più che per una canzone. [RV]
SOLEDAD, COMPAÑERA...
Soledad, compañera...
Al final de tu sábana hay nuestra derrota
el fin del pensamiento, la certidumbre inútil
de que toda nuestra revuelta era una frase hecha
gritada para mezclarse con un universo fútil.
Soledad, compañera...
Al final de tu vida hay la roca perdida,
la cumbre inalcanzable, la distancia infinita
nuestra vida ya hecha, ordinaria y jodida
el trabajo, la casa, la tristeza, la vida...
Compañera Soledad, partimos de vacaciones
y tu desesperación, guárdanosla en la nevera.
Nos ocuparemos de ella al fin de la línea
en nuestros eslóganes en que hablamos de esperanza.
Soledad, compañera...
Al final de este verano, cuando volvamos,
déjate hallarte otra vez como un ancla rota
y yo podré decirte mientras nos hundamos juntos:
Llevaremos este odio social a la historia corrupta.
Soledad, compañera...
Ya acabó la historia, y muere ahogada en un pozo
y se la están devorando estes cuatro asesinos,
el choque en nuestras caras, la violencia del impacto
nos ha quitado las armas y quebrado los caninos.
Compañera Soledad, aqui todos están culpables:
la represión que nos mata sin interrupción,
los esclavos embrutecidos, la causa entorpecida,
el Estado asesino, los verdugos conscientes.
Soledad, compañera...
Pero nosotros también, compañeros tan cansados
y demasiado ocupados con la busca del futuro
para defender el presente de los golpes a los costados,
para defendernos hoy, para usar las manos.
Soledad, compañera...
Brindábamos por la clausura del julio libertario
por nuestra derrota honorable y segura
este tren en salida de que ignoro el horario
y no sale más sangre, pero la herida está abierta.
Compañera Soledad, puedo decir que estás "muerta",
pero yo no estoy tan seguro de poder respirar
este paisaje áspero de pena incesante,
este cielo humoso, esta luna torcida.
Soledad, compañera...
Al final de tu sábana hay nuestra derrota,
la fin del futuro, la pérdida del orgullo
la revuelta enjaulada, hay la muerte ya escrita,
hay mi esperanza que se ahorcó en julio.
Soledad, compañera...
Al final de tu sábana hay nuestra derrota
el fin del pensamiento, la certidumbre inútil
de que toda nuestra revuelta era una frase hecha
gritada para mezclarse con un universo fútil.
Soledad, compañera...
Al final de tu vida hay la roca perdida,
la cumbre inalcanzable, la distancia infinita
nuestra vida ya hecha, ordinaria y jodida
el trabajo, la casa, la tristeza, la vida...
Compañera Soledad, partimos de vacaciones
y tu desesperación, guárdanosla en la nevera.
Nos ocuparemos de ella al fin de la línea
en nuestros eslóganes en que hablamos de esperanza.
Soledad, compañera...
Al final de este verano, cuando volvamos,
déjate hallarte otra vez como un ancla rota
y yo podré decirte mientras nos hundamos juntos:
Llevaremos este odio social a la historia corrupta.
Soledad, compañera...
Ya acabó la historia, y muere ahogada en un pozo
y se la están devorando estes cuatro asesinos,
el choque en nuestras caras, la violencia del impacto
nos ha quitado las armas y quebrado los caninos.
Compañera Soledad, aqui todos están culpables:
la represión que nos mata sin interrupción,
los esclavos embrutecidos, la causa entorpecida,
el Estado asesino, los verdugos conscientes.
Soledad, compañera...
Pero nosotros también, compañeros tan cansados
y demasiado ocupados con la busca del futuro
para defender el presente de los golpes a los costados,
para defendernos hoy, para usar las manos.
Soledad, compañera...
Brindábamos por la clausura del julio libertario
por nuestra derrota honorable y segura
este tren en salida de que ignoro el horario
y no sale más sangre, pero la herida está abierta.
Compañera Soledad, puedo decir que estás "muerta",
pero yo no estoy tan seguro de poder respirar
este paisaje áspero de pena incesante,
este cielo humoso, esta luna torcida.
Soledad, compañera...
Al final de tu sábana hay nuestra derrota,
la fin del futuro, la pérdida del orgullo
la revuelta enjaulada, hay la muerte ya escrita,
hay mi esperanza que se ahorcó en julio.
Lingua: Francese
Version française – Soledad, ma sœur – Marco Valdo M.I. – 2013
Chanson italienne – Soledad, Hermana... – Alessio Lega – 1998
Chanson italienne – Soledad, Hermana... – Alessio Lega – 1998
« Cette chanson fut écrite au lendemain de la nouvelle du suicide de Maria Soledad Rosas, justement la « Camarade Solitude ». J'y suis très attaché, mais je ne la propose jamais, ni dans les disques ni dans les concerts car elle touche le fond d'une douleur sans fond. Ce fond qui fait qu'aucun anarchiste ne se sent jamais entièrement seul, car il y a les autres anarchistes où qu'il aille et la solidarité est folle. Mais d'un autre côté, lorsqu'un de nous s'en va, la blessure ne peut pas se cicatriser et continue à saigner. Et ensuite peut-être est-elle trop désespérée… et ça me brise de faire des chansons sur les faits sociaux sans un minimum d'espoir. »
Alessio Lega, 11 Juillet 1998
La chronique.
7 Mars 1998. Toute la presse de la péninsule donne nouvelle de l'arrestation de trois « écoterroristes – squatteurs - anarchistes des centres sociaux turinois, accusés d'être les auteurs d'attentats dans le Val de Susa contre le TAV : Edoardo Massari, Silvano Pelissero, María Soledad Rosas (24 ans, argentine de Buenos Aires).
28 Mars 1998. L'anarchiste d'Ivrea, Edoardo Massari (Baleno) est trouvé pendu à un drap de la cellule dans laquelle il est enfermé dans la prison turinoise des Vallettes.
29 Mars-7 avril 1998. Se succèdent des manifestations et des cortèges à Turin et dans d'autres villes italiennes pour protester contre l’énième suicide d'État et pour la libération de Soledad et de Pelissero qui font en prison la grève de la faim. À la manifestation du 4 avril à Turin, des milliers d'anarchistes provenant de toute l'Italie demandent la libération des détenus.
11 Juillet 1998. Dans une communauté, où elle est obligée de rester après sa libération de la prison, Soledad est trouvée morte, pendue à son drap comme son compagnon Baleno.
Alessio Lega, 11 Juillet 1998
La chronique.
7 Mars 1998. Toute la presse de la péninsule donne nouvelle de l'arrestation de trois « écoterroristes – squatteurs - anarchistes des centres sociaux turinois, accusés d'être les auteurs d'attentats dans le Val de Susa contre le TAV : Edoardo Massari, Silvano Pelissero, María Soledad Rosas (24 ans, argentine de Buenos Aires).
28 Mars 1998. L'anarchiste d'Ivrea, Edoardo Massari (Baleno) est trouvé pendu à un drap de la cellule dans laquelle il est enfermé dans la prison turinoise des Vallettes.
29 Mars-7 avril 1998. Se succèdent des manifestations et des cortèges à Turin et dans d'autres villes italiennes pour protester contre l’énième suicide d'État et pour la libération de Soledad et de Pelissero qui font en prison la grève de la faim. À la manifestation du 4 avril à Turin, des milliers d'anarchistes provenant de toute l'Italie demandent la libération des détenus.
11 Juillet 1998. Dans une communauté, où elle est obligée de rester après sa libération de la prison, Soledad est trouvée morte, pendue à son drap comme son compagnon Baleno.
Camarades,
La rage me domine en ce moment. J'ai toujours pensé que chacun est responsable de ce qu'il fait, pourtant cette fois, il y a des coupables et je veux dire à très haute voix qui ont été ceux qui ont tué Edo : l'État, les juges, les magistrats, le journalisme, le T.A.V., la Police, la prison, toutes les lois, les règles et toute cette société esclave qui accepte ce système.
Nous avons toujours lutté contre ces obligations et c'est pour cela que nous avons fini en prison.
La prison est un lieu de torture physique et psychique, ici on ne dispose d'absolument rien, on ne peut décider à quelle heure se lever, que manger, avec qui parler, qui rencontrer, à quelle heure voir le soleil. Pour tout, il faut faire une « requête », même pour lire un livre.
Bruit de clés, de grilles qui s'ouvrent et se ferment, voix qui ne disent rien, voix qui font écho dans ces couloirs froids, chaussures de gomme pour ne pas faire de bruit et être épiés dans les instants moins imaginables, la lumière d'une pile qui le soir contrôle ton sommeil, courrier contrôlé, mots défendus. Tout un chaos, tout un enfer, toute la mort.
Ainsi ils te tuent tous les jours, petit à petit pour te faire sentir plus encore la douleur, par contre Edo a voulu en finir immédiatement avec ce mal infernal. Lui au moins, il s'est permis d'avoir un dernier geste de liberté minimale, de décider quand en finir avec cette torture.
Entre temps, ils me punissent et ils me mettent en isolement, ceci ne veut pas seulement dire ne voir personne, ceci veut dire n'être informée de rien, n'avoir rien, même pas une couverture, ils ont peur que je me tue ; selon eux, c'est un isolement de précaution, ils le font « pour me sauvegarder » et ainsi ils se déresponsabilisent, même si je décide d'en finir avec cette torture. Ils ne me laissent pas pleurer en paix, ils ne me laissent pas avoir une dernière rencontre avec mon Baleno.
J'ai 24 heures par jour, un surveillant pénitentiaire à pas plus de 5 mètres de distance.
Après ce qui s'est passé, les politiciens des Verts sont venus me présenter leurs condoléances et pour me tranquilliser, ils n'ont pas eu de meilleure idée que me dire : « Maintenant sûrement, tout se résoudra plus rapidement, après ces événements, tous suivront le procès avec une grande attention, peut-être t'accorderont-ils même l'assignation à domicile ». Après ce discours, j'étais sans mots, ébahie, cependant j'ai pu répondre qu'il y avait besoin de la mort d'une personne pour émouvoir un salopard, dans ce cas le juge.
J'insiste, en prison, ils ont tué d'autres personnes et aujourd'hui, ils ont tué Edo, ces terroristes qui ont la licence de tuer.
Je chercherai la force quelque part, je ne sais où, sincèrement je n'ai plus envie, cependant je dois continuer, je le ferai pour ma dignité et au nom d'Edo.
L'unique chose qui me tranquillise est de savoir qu'Edo ne souffre plus. Je proteste, proteste avec tant de rage et tant de douleur.
Sole
(la source est Anarcopedia. La lettre n'est pas datée mais semble écrite peu après le suicide d'Edoardo « Baleno » Massari, survenu le 28 Mars 1998.)
La rage me domine en ce moment. J'ai toujours pensé que chacun est responsable de ce qu'il fait, pourtant cette fois, il y a des coupables et je veux dire à très haute voix qui ont été ceux qui ont tué Edo : l'État, les juges, les magistrats, le journalisme, le T.A.V., la Police, la prison, toutes les lois, les règles et toute cette société esclave qui accepte ce système.
Nous avons toujours lutté contre ces obligations et c'est pour cela que nous avons fini en prison.
La prison est un lieu de torture physique et psychique, ici on ne dispose d'absolument rien, on ne peut décider à quelle heure se lever, que manger, avec qui parler, qui rencontrer, à quelle heure voir le soleil. Pour tout, il faut faire une « requête », même pour lire un livre.
Bruit de clés, de grilles qui s'ouvrent et se ferment, voix qui ne disent rien, voix qui font écho dans ces couloirs froids, chaussures de gomme pour ne pas faire de bruit et être épiés dans les instants moins imaginables, la lumière d'une pile qui le soir contrôle ton sommeil, courrier contrôlé, mots défendus. Tout un chaos, tout un enfer, toute la mort.
Ainsi ils te tuent tous les jours, petit à petit pour te faire sentir plus encore la douleur, par contre Edo a voulu en finir immédiatement avec ce mal infernal. Lui au moins, il s'est permis d'avoir un dernier geste de liberté minimale, de décider quand en finir avec cette torture.
Entre temps, ils me punissent et ils me mettent en isolement, ceci ne veut pas seulement dire ne voir personne, ceci veut dire n'être informée de rien, n'avoir rien, même pas une couverture, ils ont peur que je me tue ; selon eux, c'est un isolement de précaution, ils le font « pour me sauvegarder » et ainsi ils se déresponsabilisent, même si je décide d'en finir avec cette torture. Ils ne me laissent pas pleurer en paix, ils ne me laissent pas avoir une dernière rencontre avec mon Baleno.
J'ai 24 heures par jour, un surveillant pénitentiaire à pas plus de 5 mètres de distance.
Après ce qui s'est passé, les politiciens des Verts sont venus me présenter leurs condoléances et pour me tranquilliser, ils n'ont pas eu de meilleure idée que me dire : « Maintenant sûrement, tout se résoudra plus rapidement, après ces événements, tous suivront le procès avec une grande attention, peut-être t'accorderont-ils même l'assignation à domicile ». Après ce discours, j'étais sans mots, ébahie, cependant j'ai pu répondre qu'il y avait besoin de la mort d'une personne pour émouvoir un salopard, dans ce cas le juge.
J'insiste, en prison, ils ont tué d'autres personnes et aujourd'hui, ils ont tué Edo, ces terroristes qui ont la licence de tuer.
Je chercherai la force quelque part, je ne sais où, sincèrement je n'ai plus envie, cependant je dois continuer, je le ferai pour ma dignité et au nom d'Edo.
L'unique chose qui me tranquillise est de savoir qu'Edo ne souffre plus. Je proteste, proteste avec tant de rage et tant de douleur.
Sole
(la source est Anarcopedia. La lettre n'est pas datée mais semble écrite peu après le suicide d'Edoardo « Baleno » Massari, survenu le 28 Mars 1998.)
Ariane, ma sœur, de quel amour blessée
Vous mourûtes aux bords où vous fûtes laissée !
Ainsi, mon ami Lucien l'âne, c'est la Phèdre, la grande Phèdre et son amour désespéré qui ouvre mon commentaire. C'est elle qui incarne Soledad, quelque part au sommet de la tragédie française, quelque part dans les plus hautes aires de la littérature dramatique. Soledad ! Camarade ! Nous dirons toujours et ton destin et ton amour. Nous dirons notre mépris – ô non, pas notre haine, comment haïr ceux qui ne comptent pas aux rangs de la dignité humaine, à quoi bon et comment haïr des raclures de temps... Mais ces deux vers de Jean Racine, qui les écrivit il y a quelques siècles, racontant les tourments d'une princesse de bien des siècles avant lui encore, disent ô Soledad : ta vie, ton amour et ta mort. Regarde ceci :
« Soledad, ma sœur, de quel amour blessée
Vous mourûtes aux bords où vous fûtes laissée ! »
J'ajouterais : Jamais tes assassins
N'atteindront les ciels où tu reposes enfin.
Certes, on mit brutalement fin à ton existence et à la sienne, mais pour toi, je mettrai une chanson de plus dans les Canzoni contro la Guerra... Oh, elle aurait déjà dû y être depuis longtemps déjà... Elle n'y est pas... Elle est de Barbara... Une de tes sœurs noires... Une voix venue du plus bel enfer. Je la mettrai, je te le promets, pour meubler le grand silence qui t'entoure. Je t'en dis deux vers ou trois...
Que disait-elle ? Et que tu as peut-être dit, peut-être pensé ? Que sais-je moi et mon ami Lucien l'âne, qu'en sait-il ? Elle disait:
En t'écoutant, dit Lucien l'âne en un discours suspendu, je songe à Lully, à Couperin, à Debussy et à leurs tombeaux, leurs tombeaux de musique... Et toi, Marco Valdo M.I., ami d'un âne gris et noir selon le temps et l'humeur, toi ici, appelant Barbara à la rescousse, tu nous fais un tombeau de mots pour la Solitude.
Oui, mais que veux-tu que je fasse d’autre ? Notre rage est infinie, mais elle ne peut remonter le temps et rétablir ce qu'il a englouti. Mais, mais, elle peut encore se faire entendre... Et puis, je crois bien que Baleno, Soledad et les autres qu'ils ont pendus, étouffés, empoisonnés, étranglés, flingués... que sais-je ? assassinés dans leurs prisons se joindraient ici à moi pour rappeler qu'ils tiennent encore serré Marco Camenisch (Achtung banditen!) – sauf à ce qu'ils l'aient lui aussi, après tant et tant d'années, purement et simplement, éliminé. Les rats... Les milliers de rats, fidèles du grand rat.
Ce monde, quand on l'examine de près, est décidément peu recommandable. Et pourtant, tout dépend du lieu et des gens qu'on y rencontre... le hasard des rencontres... Le hasard des lieux... Comme tout peut être si merveilleux, si magnifique... En fait, il suffirait de mettre fin à cette guerre de Cent Mille Ans que les riches font avec toute leur immense indignité, leur outrecuidance, leur suffisance, leur imbécillité aux pauvres à la seule fin de maintenir leur ridicule domination, d'assurer leurs privilèges, de développer leur richesse, de se pétrir d'ennui et d'avidité... triste sort ! Ainsi, Marco Valdo M.I. mon ami, tant que nous vivrons, il nous faudra poursuivre cette tâche simple, ce devoir de canuts, il faudra tisser le linceul de ce vieux monde au parfum de cadavre, trop blême, trop suffisant, trop indigne pour l'humaine nation et décidément, cacochyme.
Heureusement !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
Vous mourûtes aux bords où vous fûtes laissée !
Ainsi, mon ami Lucien l'âne, c'est la Phèdre, la grande Phèdre et son amour désespéré qui ouvre mon commentaire. C'est elle qui incarne Soledad, quelque part au sommet de la tragédie française, quelque part dans les plus hautes aires de la littérature dramatique. Soledad ! Camarade ! Nous dirons toujours et ton destin et ton amour. Nous dirons notre mépris – ô non, pas notre haine, comment haïr ceux qui ne comptent pas aux rangs de la dignité humaine, à quoi bon et comment haïr des raclures de temps... Mais ces deux vers de Jean Racine, qui les écrivit il y a quelques siècles, racontant les tourments d'une princesse de bien des siècles avant lui encore, disent ô Soledad : ta vie, ton amour et ta mort. Regarde ceci :
« Soledad, ma sœur, de quel amour blessée
Vous mourûtes aux bords où vous fûtes laissée ! »
J'ajouterais : Jamais tes assassins
N'atteindront les ciels où tu reposes enfin.
Certes, on mit brutalement fin à ton existence et à la sienne, mais pour toi, je mettrai une chanson de plus dans les Canzoni contro la Guerra... Oh, elle aurait déjà dû y être depuis longtemps déjà... Elle n'y est pas... Elle est de Barbara... Une de tes sœurs noires... Une voix venue du plus bel enfer. Je la mettrai, je te le promets, pour meubler le grand silence qui t'entoure. Je t'en dis deux vers ou trois...
Que disait-elle ? Et que tu as peut-être dit, peut-être pensé ? Que sais-je moi et mon ami Lucien l'âne, qu'en sait-il ? Elle disait:
« Car mourir pour mourir
Je ne veux pas attendre
Et partir pour partir
J'ai choisi l'âge tendre. »
Je ne veux pas attendre
Et partir pour partir
J'ai choisi l'âge tendre. »
En t'écoutant, dit Lucien l'âne en un discours suspendu, je songe à Lully, à Couperin, à Debussy et à leurs tombeaux, leurs tombeaux de musique... Et toi, Marco Valdo M.I., ami d'un âne gris et noir selon le temps et l'humeur, toi ici, appelant Barbara à la rescousse, tu nous fais un tombeau de mots pour la Solitude.
Oui, mais que veux-tu que je fasse d’autre ? Notre rage est infinie, mais elle ne peut remonter le temps et rétablir ce qu'il a englouti. Mais, mais, elle peut encore se faire entendre... Et puis, je crois bien que Baleno, Soledad et les autres qu'ils ont pendus, étouffés, empoisonnés, étranglés, flingués... que sais-je ? assassinés dans leurs prisons se joindraient ici à moi pour rappeler qu'ils tiennent encore serré Marco Camenisch (Achtung banditen!) – sauf à ce qu'ils l'aient lui aussi, après tant et tant d'années, purement et simplement, éliminé. Les rats... Les milliers de rats, fidèles du grand rat.
Ce monde, quand on l'examine de près, est décidément peu recommandable. Et pourtant, tout dépend du lieu et des gens qu'on y rencontre... le hasard des rencontres... Le hasard des lieux... Comme tout peut être si merveilleux, si magnifique... En fait, il suffirait de mettre fin à cette guerre de Cent Mille Ans que les riches font avec toute leur immense indignité, leur outrecuidance, leur suffisance, leur imbécillité aux pauvres à la seule fin de maintenir leur ridicule domination, d'assurer leurs privilèges, de développer leur richesse, de se pétrir d'ennui et d'avidité... triste sort ! Ainsi, Marco Valdo M.I. mon ami, tant que nous vivrons, il nous faudra poursuivre cette tâche simple, ce devoir de canuts, il faudra tisser le linceul de ce vieux monde au parfum de cadavre, trop blême, trop suffisant, trop indigne pour l'humaine nation et décidément, cacochyme.
Heureusement !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
SOLEDAD, MA SOEUR...
Solitude, camarade…
Au bout de ton drap, il y a notre défaite
La fin de la pensée, la certitude inutile
Que notre révolte était une phrase toute faite
Criée pour se fondre dans un univers futile.
Solitude, camarade…
Au fond de ta vie, il y a la roche perdue
Le sommet inatteignable, la distance infinie
Notre vie faite, quotidienne et foutue
Le travail, la maison, la tristesse, la vie…
Camarade Solitude, nous partons en vacances
Garde-la au frigo ta désespérance
Nous nous en occuperons à la fin de la ligne
Là où dans nos slogans, nous parlons d'espérance.
Solitude, camarade…
Au bout de cet été, lorsque nous reviendrons,
Sois encore comme une ancre cassée
Et coulant ensemble, je pourrai te dire « Nous porterons
Cette haine sociale dans l'histoire corrompue »
Solitude, camarade…
L'histoire maintenant est finie et se noie dans un puits
Ils sont en train de te tuer ces quatre assassins,
Le coup sur nos visages, la violence de la collision
Nous arrache les armes et casse nos canines.
Camarade Solitude ici tous sont coupables :
La répression nous tue sans trêve,
Ses esclaves abrutis, la torpeur de la cause,
L'État assassin, les bourreaux conscients.
Solitude, camarade…
Cependant nous tous aussi, camarades trop fatigués
Trop occupés à chercher un lendemain
Pour défendre d’aujourd’hui des coups sur les flancs
Pour nous défendre aujourd'hui, pour user de nos mains.
Solitude, camarade…
Nous trinquions à la fin de notre juillet libertaire
À notre défaite honorable et certaine
Ce train en partance dont je ne connais pas l'horaire
Le sang ne coule plus mais la blessure est toujours ouverte.
Camarade Solitude, de toi, je peux dire « morte »
Mais moi, je ne suis pas certain de respirer
Ce paysage âpre de continuelle douleur
Ce ciel fumeux, cette lune tordue.
Solitude, camarade…
Au bout de ton drap, il y a notre défaite
La fin du futur, la perte de l'orgueil
La révolte en cage, il y a la mort déjà écrite
Il y a mon espérance pendue en juillet.
Solitude, camarade…
Au bout de ton drap, il y a notre défaite
La fin de la pensée, la certitude inutile
Que notre révolte était une phrase toute faite
Criée pour se fondre dans un univers futile.
Solitude, camarade…
Au fond de ta vie, il y a la roche perdue
Le sommet inatteignable, la distance infinie
Notre vie faite, quotidienne et foutue
Le travail, la maison, la tristesse, la vie…
Camarade Solitude, nous partons en vacances
Garde-la au frigo ta désespérance
Nous nous en occuperons à la fin de la ligne
Là où dans nos slogans, nous parlons d'espérance.
Solitude, camarade…
Au bout de cet été, lorsque nous reviendrons,
Sois encore comme une ancre cassée
Et coulant ensemble, je pourrai te dire « Nous porterons
Cette haine sociale dans l'histoire corrompue »
Solitude, camarade…
L'histoire maintenant est finie et se noie dans un puits
Ils sont en train de te tuer ces quatre assassins,
Le coup sur nos visages, la violence de la collision
Nous arrache les armes et casse nos canines.
Camarade Solitude ici tous sont coupables :
La répression nous tue sans trêve,
Ses esclaves abrutis, la torpeur de la cause,
L'État assassin, les bourreaux conscients.
Solitude, camarade…
Cependant nous tous aussi, camarades trop fatigués
Trop occupés à chercher un lendemain
Pour défendre d’aujourd’hui des coups sur les flancs
Pour nous défendre aujourd'hui, pour user de nos mains.
Solitude, camarade…
Nous trinquions à la fin de notre juillet libertaire
À notre défaite honorable et certaine
Ce train en partance dont je ne connais pas l'horaire
Le sang ne coule plus mais la blessure est toujours ouverte.
Camarade Solitude, de toi, je peux dire « morte »
Mais moi, je ne suis pas certain de respirer
Ce paysage âpre de continuelle douleur
Ce ciel fumeux, cette lune tordue.
Solitude, camarade…
Au bout de ton drap, il y a notre défaite
La fin du futur, la perte de l'orgueil
La révolte en cage, il y a la mort déjà écrite
Il y a mon espérance pendue en juillet.
inviata da Marco Valdo M.I. - 4/4/2013 - 00:08
Compagni,
la rabbia mi domina in questo momento. Io ho sempre pensato che ognuno è responsabile di quello che fa, però questa volta ci sono dei colpevoli e voglio dire a voce molto alta chi sono stati quelli che hanno ucciso Edo: lo Stato, i giudici, i magistrati, il giornalismo, il T.A.V., la Polizia, il carcere, tutte le leggi, le regole e tutta quella società serva che accetta questo sistema.
Noi abbiamo lottato sempre contro queste imposizioni e' per questo che siamo finiti in galera.
La galera e' un posto di tortura fisica e psichica, qua non si dispone di assolutamente niente, non si può decidere a che ora alzarsi, che cosa mangiare, con chi parlare, chi incontrare, a che ora vedere il sole. Per tutto bisogna fare una "domandina", anche per leggere un libro. Rumore di chiavi, di cancelli che si aprono e si chiudono, voci che non dicono niente, voci che fanno eco in questi corridoi freddi, scarpe di gomma per non fare rumore ed essere spiati nei momenti meno pensati, la luce di una pila che alla sera controlla il tuo sonno, posta controllata, parole vietate.
Tutto un caos, tutto un inferno, tutto la morte.
Così ti ammazzano tutti i giorni, piano piano per farti sentire più dolore, invece Edo ha voluto finire subito con questo male infernale. Almeno lui si e' permesso di avere un ultimo gesto di minima libertà, di decidere lui quando finirla con questa tortura.
Intanto mi castigano e mi mettono in isolamento, questo non solo vuol dire non vedere nessuno, questo vuol dire non essere informata di niente, non avere nulla neanche una coperta, hanno paura che io mi uccida, secondo loro il mio e' un isolamento cautelare, lo fanno per "salvaguardarmi" e così deresponsabilizzarsi se anche io decido di finire con questa tortura. Non mi lasciano piangere in pace, non mi lasciano avere un ultimo incontro con il mio Baleno.
Ho per 24 ore al giorno, un'agente di custodia a non più di 5 metri di distanza.
Dopo quello che e' successo sono venuti i politici dei Verdi a farmi le condoglianze e per tranquillizzarmi non hanno avuto idea migliore che dirmi: "adesso sicuramente tutto si risolverà più in fretta, dopo l'accaduto tutti staranno dietro al processo con maggiore attenzione, magari ti daranno anche gli arresti domiciliari". Dopo questo discorso io ero senza parole, stupita, però ho potuto rispondere se c'è bisogno della morte di una persona per commuovere un pezzo di merda, in questo caso il giudice.
Insisto, in carcere hanno ammazzato altre persone e oggi hanno ucciso Edo, questi terroristi che hanno la licenza di ammazzare.
Io cercherò la forza da qualche parte, non lo sò, sinceramente non ho più voglia, però devo continuare, lo farò per la mia dignità e in nome di Edo.
L'unica cosa che mi tranquillizza sapere e' che Edo non soffre più. Protesto, protesto con tanta rabbia e dolore.
Sole
la rabbia mi domina in questo momento. Io ho sempre pensato che ognuno è responsabile di quello che fa, però questa volta ci sono dei colpevoli e voglio dire a voce molto alta chi sono stati quelli che hanno ucciso Edo: lo Stato, i giudici, i magistrati, il giornalismo, il T.A.V., la Polizia, il carcere, tutte le leggi, le regole e tutta quella società serva che accetta questo sistema.
Noi abbiamo lottato sempre contro queste imposizioni e' per questo che siamo finiti in galera.
La galera e' un posto di tortura fisica e psichica, qua non si dispone di assolutamente niente, non si può decidere a che ora alzarsi, che cosa mangiare, con chi parlare, chi incontrare, a che ora vedere il sole. Per tutto bisogna fare una "domandina", anche per leggere un libro. Rumore di chiavi, di cancelli che si aprono e si chiudono, voci che non dicono niente, voci che fanno eco in questi corridoi freddi, scarpe di gomma per non fare rumore ed essere spiati nei momenti meno pensati, la luce di una pila che alla sera controlla il tuo sonno, posta controllata, parole vietate.
Tutto un caos, tutto un inferno, tutto la morte.
Così ti ammazzano tutti i giorni, piano piano per farti sentire più dolore, invece Edo ha voluto finire subito con questo male infernale. Almeno lui si e' permesso di avere un ultimo gesto di minima libertà, di decidere lui quando finirla con questa tortura.
Intanto mi castigano e mi mettono in isolamento, questo non solo vuol dire non vedere nessuno, questo vuol dire non essere informata di niente, non avere nulla neanche una coperta, hanno paura che io mi uccida, secondo loro il mio e' un isolamento cautelare, lo fanno per "salvaguardarmi" e così deresponsabilizzarsi se anche io decido di finire con questa tortura. Non mi lasciano piangere in pace, non mi lasciano avere un ultimo incontro con il mio Baleno.
Ho per 24 ore al giorno, un'agente di custodia a non più di 5 metri di distanza.
Dopo quello che e' successo sono venuti i politici dei Verdi a farmi le condoglianze e per tranquillizzarmi non hanno avuto idea migliore che dirmi: "adesso sicuramente tutto si risolverà più in fretta, dopo l'accaduto tutti staranno dietro al processo con maggiore attenzione, magari ti daranno anche gli arresti domiciliari". Dopo questo discorso io ero senza parole, stupita, però ho potuto rispondere se c'è bisogno della morte di una persona per commuovere un pezzo di merda, in questo caso il giudice.
Insisto, in carcere hanno ammazzato altre persone e oggi hanno ucciso Edo, questi terroristi che hanno la licenza di ammazzare.
Io cercherò la forza da qualche parte, non lo sò, sinceramente non ho più voglia, però devo continuare, lo farò per la mia dignità e in nome di Edo.
L'unica cosa che mi tranquillizza sapere e' che Edo non soffre più. Protesto, protesto con tanta rabbia e dolore.
Sole
(la fonte è Anarcopedia. La lettera non è datata ma sembra scritta poco dopo il suicidio di Edoardo “Baleno” Massari, avvenuto il 28 marzo 1998.)
Bernart - 2/4/2013 - 21:59
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[1998]
Testo e musica di Alessio Lega
Lyrics and music by Alessio Lega
Paroles et musique d'Alessio Lega
Letra y música de Alessio Lega
Inedito in album
"Questa canzone fu scritta all’indomani della notizia del suicidio di Maria Soledad Rosas, appunto la “Compagna Solitudine”. Ci sono attaccatissimo, ma non la propongo mai, né nei dischi né in concerto perché tocca il fondo di un dolore senza fondo. Quel fondo che fa si che nessun anarchico si senta mai del tutto solo, perché ci sono gli altri anarchici dovunque lui vada ed è pazzesca la solidarietà. Ma per converso quando uno di noi se ne va, la ferita non può rimarginarsi e butta sangue ancora. E poi è forse troppo disperata… e mi rompe fare canzoni sui fatti sociali senza un minimo di speranza." - Alessio Lega, 11 luglio 1998
La canzone risulta depositata all'Archivio Proletario Internazionale di Milano. Il testo (col titolo di "Soledad") è riportato da Santo Catanuto e Franco Schirone ne "Il canto Anarchico in Italia", pagina 360, assieme allo spartito musicale. Il testo qui presente proviene dal blog degli Anarchici Pistoiesi del 28 marzo 2012, anniversario della morte di Baleno (Edoardo Massari). [RV]
Alessio Lega, in "Umanità Nova", settimanale Anarchico, n° 24, 19 luglio 1998
La cronaca.
7 marzo 1998. Tutta la stampa della penisola dà notizia dell'arresto di tre "ecoterroristi squatter-anarchici dei centri sociali torinesi, accusati di essere gli autori di attentati in Val di Susa contro il TAV: Edoardo Massari, Silvano Pelissero, María Soledad Rosas (24 anni, argentina di Buenos Aires).
28 marzo 1998. L'anarchico di Ivrea Edoardo Massari (Baleno) viene trovato appeso ad un lenzuolo della cella in cui è rinchiuso nel carcere torinese delle Vallette.
29 marzo-7 aprile 1998. Si susseguono manifestazioni e cortei a Torino e in altre città italiane per protestare contro l'ennesimo suicidio di stato e per la liberazione di Soledad e Pelissero che stanno attuando in carcere lo sciopero della fame. Alla manifestazione del 4 aprile a Torino, migliaia di anarchici provenienti da tutta Italia chiedono la liberazione dei detenuti.
11 luglio 1998. In una comunità, dove è obbligata a rimanere dopo la sua liberazione dal carcere, Soledad viene trovata morta, impiccata al suo lenzuolo come il suo compagno Baleno.