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Thapsos

Riccardo Tesi & Banditaliana


Riccardo Tesi & Banditaliana

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[2000]
Scritta da Riccardo Tesi e Carlo Muratori
Written by Riccardo Tesi and Carlo Muratori
Album: Thapsos
Dischi del Manifesto, 2000




Sale su dal profondo.
di Riccardo Venturi

Questo sito ha dieci anni, e dieci anni fa ero Thapsos...

Ma andiamo con il famoso minimo d'ordine, certo.

Che cos'è Thapsos? Thapsos saliva su dal profondo, e quelle sillabe, Θαψός che bisognerebbe pronunciare con l'accento sulla “o”, Thapsòs e non Thàpsos, riescono ancora a farmi salire su parecchie cose. Thapsos è il tempo che scorre. Thapsos è una sovrapposizione. Thapsos è anche lo schermo di un computer quando ancora non si sapevano molte cose che sarebbero accadute dopo; ma questo, dicono, è normale. Thapsos è, infine, persino lo stridente stupore di un incontro lontano.

Thapsos è un antichissimo villaggio, situato su un'isola che isola non è più. Col tempo è stata unita alla terraferma da una sottile striscia di terra, formando quella che adesso è nota come “Penisola di Magnisi”, sulla costa a mezza strada tra Augusta e Siracusa. Il villaggio di Thapsos, di cui restano le rovine, è uno dei più importanti siti archeologici protostorici siciliani; risale alla media Età del Bronzo. Per capire meglio l'importanza che avrebbe, gli studiosi parlano addirittura di “Cultura di Thapsos”.

Inserito in ciò che era un ambiente naturale straordinario, Thapsos sarebbe dovuto essere il centro storico-culturale principale di tutta l'area. Ma sono soltanto sassi e rovine, improduttive pietre. Anni fa, l'intera aerea fu sottoposta a una pesantissima industrializzazione: il petrolchimico Montedison di Priolo Gargallo. In pratica, Thapsos e la Penisola di Magnisi si sono venuti a trovare nella zona industriale a nord di Siracusa, tra cemento, acciaio e petrolio. Tra fumi, miasmi e ciminiere. Thapsos è stata ucciso, e solo da poco -sembra- si è ricominciato a “valorizzarlo”; a lungo l'area archeologica non è stata neppure visitabile liberamente. Ma cosa si vorrà “valorizzare” in una situazione del genere, non è chiaro. Siamo nella stessa area, del resto, dove anche un intero paese, Marina di Melilli, fu raso al suolo per far posto all'espansione saturante del polo petrolchimico siracusano.



Se Marina di Melilli fu distrutta e i suoi abitanti evacuati con la forza (alcuni si erano opposti, e l'ultimo abitante, Salvatore Gurreri, fu addirittura assassinato brutalmente), ci si può facilmente immaginare cosa importasse delle rovine di una civiltà fuori dal tempo. Il polo petrolchimico è enorme; in particolare, sulla Penisola di Magnisi sorse un impianto di estrazione del bromo dalle acque marine, la Espesi, poi chiuso negli anni '70 per dissesto finanziario. Alla fine degli anni '70, sul territorio costiero tra Augusta e Siracusa non c'era più un metro quadrato libero. Al posto di Thapsos: Enichem, Montedison, Rasiom (del famoso cavalier Moratti, quello dell'Inter), Liquigas, Chimica Augusta, Condea, Isab. Tutto sacrificato nel nome di quel mix tra affari, “sviluppo”, necessità di posti di lavoro, mafie e politiche; oltre a Thapsos, finiscono in quell'inferno anche i resti di Megara Iblea. La situazione odierna è che due terzi delle industrie chimiche sono chiuse, e la disoccupazione dopo l'illusione della “grande industria” si è accompagnata, come a Taranto con l'ILVA, ad una mortalità record per cause tumorali nella zona, ed in particolare per il tumore polmonare. Nelle urine della popolazione di Priolo Gargallo si riscontra una quantità di mercurio al di sopra della soglia consentita. La percentuale di bambini malformati nell'area è dell' 1,89% rispetto all'1,54% che è la media nazionale italiana; ma si sono avuti dei picchi, come nel 2000, quando a Augusta è nato il 5,6% di bambini che presentano malformazioni. Particolarmente orrende le malformazioni agli organi genitali, che interessano il 214 per mille dei neonati. Si tratta di dati dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità.

Si tratta, in pratica, del capitalismo e della sua industria chimica. Si tratta del ricatto del “lavoro”, lavoro che poi, come sempre, è stato eliminato quando il mercato non ha più ritenuto convenienti i prodotti di quella data area. Si tratta della nascita e della morte di una classe operaia. Si tratta, infine, di un'amara vendetta; ora che la chimica agonizza, si torna a cercare di riqualificare la costa per farne delle “località balneari” in mezzo alle ciminiere; e ci si accorge di Thapsos in una terra in cui persino una chiesa è dedicata a “San Giuseppe Operaio”.

Nel 2000, per i “Dischi del Manifesto”, il toscano Riccardo Tesi e la sua Banditaliana (con Maurizio Geri che sono lieto di conoscere di persona) realizzano, a dir poco, un capolavoro assoluto. Un disco che prende nome da Thapsos, e che è aperto proprio dalla canzone, stupenda, che qui si presenta. Il cui testo è stato scritto dal siciliano Carlo Muratori.

E' una canzone che torna alle radici del tempo, dove il ricordo sembra scorrere fino nelle sue pieghe più remote; come se, davanti allo scempio di Thapsos, il Ricordo e la Storia fossero la medesima cosa. Il Ricordo, la Storia e il Mare.

Mi fece conoscere questa canzone, e l'intero album, una persona che, allora, abitò brevemente a casa mia. Pochi mesi. Teneva là anche alcuni dei suoi cd. Volevo molto bene a quella persona, allora; fu amore al primo ascolto anche per quest'album. L'oggettività mi impone di dire anche che quella persona aveva (e, presumibilmente, ha ancora) una singolare capacità nell'individuare fiori nel letame (per dirla con De André) per quanto riguarda le arti musicali e cinematografiche. Arrivai quindi, ad un certo punto, a chiamarmi anche “Thapsos”. Dieci anni fa esatti. Tanto mi ero compenetrato con questa canzone, nella quale c'è un'isola; e quando ci sono di mezzo le isole, io ci sono.

Chiamarmi “Thapsos”? Non sto a raccontare tutta la storia, sarebbe troppo lungo. Eravamo un gruppo di persone che ci eravamo conosciute, tutte, in una Internet che ora fa la stessa impressione dell'Età del Bronzo della penisola di Magnisi. Ci vedevamo, ogni sera, su un “canale IRC”; in epoca di social networks, parlare di un canale IRC potrebbe sembrare davvero tornare alla preistoria delle relazioni in Rete. Ma così è, e nascevano anche allora amori e odi, discussioni e risate, lacrime e ire, momenti di pace e momenti di guerra. Su quel canale IRC entravo con il “nickname” di “Thapsos”; così ho parlato per la prima volta anche con... beh questo non ve lo dico.



Salivo su dal profondo. Salimmo su dal profondo, e nel profondo ad un certo punto siamo più o meno tornati tutti quanti. Anche da questo deriva la mia avversione totale per “Facebook”: non mi piace suscitare artificialmente un passato che è passato. Se dev'essere, che sia il passato a voler tornare, ma che le sue traiettorie rimangano insondabili e imprevedibili. Nulla le deve toccare per capriccio. Così è accaduto per ognuna di quelle persone che conoscevo, alcune delle quali, chi in senso lato e chi in senso diretto, entrano anche con questo sito che compie, appunto, dieci anni. Nato dalla stessa cerchia, o dalla stessa materia prima, o dagli stessi incroci semisegreti. Nato anche da Thapsos; così per quella persona di cui parlavo prima, nata esattamente da quelle parti e verso la quale...no, non vi dirò nemmeno questo. Se tutto ha un senso, però, mi ricordo che l'ultima volta che ho avuto modo di parlarci, uno di quei giorni prima che costellano la vita di tutti, è stato in un locale dove si esibiva proprio l'autore del testo di questa canzone: Carlo Muratori. Così va la vita, e ho pure il fondato sospetto che debba andare proprio così e, in ogni caso, come vuole lei.

Dieci anni dopo, eccomi qua. E vorrei dedicare questa cosa in primo luogo a quella persona che mi vide entrare, una sera, scontrosamente sul canale IRC come “Thapsos”. Vorrei dedicarla a tutti coloro che ancora oggi sono qua. Vorrei dedicarla al tempo che passa, torna, ripassa e ritorna. E vorrei dedicarla ad un sogno che non muore, di cui anche questa è una parte. [RV]

Sale su, dal profondo
E il ricordo che mi assale è un brivido
Dove sei, mi confondo
Un sentiero vedo e un velo candido

Ritorna solo ciò che può
Quel che vale prima o poi quel che merita
Riluce un labbro su di me
Su un tramonto a Thapsos
Che ci insanguina

Dónde estás María
Bianche pietre ora schiacciano l'edera
Dónde estás María, dónde estás
Dónde estás María
Le ringhiere invase da bougainville
Dónde estás María, dónde estás

Batterò pietre e mandorle
Fino a sera questa sera sognerò

Ritorna quando lo vorrai
Quel tramonto resta qua
Abita a Thapsos
Rimane muto senza te
Anche il canto del mio mare
Che ci tumula.

inviata da Riccardo Venturi - 19/3/2013 - 21:07




Μετέφρασε στα Ελληνικά ο Ρικάρντος Βεντούρης
20.3.2013



Non era greca la lingua che si parlava a Thapsos; non si può sapere quale linguaggio pre-ellenico si parlasse allora. Nonostante ciò, il greco è l'unica lingua nella quale ritengo opportuno tradurre questa canzone nel decimo anniversario di questo sito. [RV]

ΘΑΨΟΣ

Ανεβαίνει απ' τα βαθιά
κι η θύμηση που με κυριεύει είναι ρίγος.
Πού είσαι; Και σαστίζω,
μονοπάτι βλέπω, και κάτασπρο πέπλο.

Μόνο ξανέρχεται ο,τι μπορεί,
αυτά που πριν ή μετά έχουν αξία
λάμπει χείλος πάνω σε μένα,
πάνω σε δύση στον Θαψό
που μας ματώνει

Dónde estás María
άσπρες πέτρες τώρα συνθλίβουν τον κισσό
Dónde estás María, dónde estás
Dónde estás María
τα κάγκελα πλημμυρισμένα με μπουκαμβίλιες
Dónde estás María, dónde estás

Θα χτυπήσω πέτρες κι αμύγδαλα
μέχρι βράδυ, θα ονειρευθώ απόψε

Επέστρεφε όταν θέλεις
η δύση εκείνη μένει εδώ
έχει σπίτι στον Θαψό
μένει βουβή χωρίς εσένα
κι η ωδή της θάλασσάς μου
που μας θάβει.

20/3/2013 - 11:36




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