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Se il papa è andato via

anonimo
Lingua: Italiano


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Canta Elena Sofia Ricci nei panni di Cristina Arquati, da "In nome del popolo sovrano".




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Sbatti il mostro in prima pagina OST
(Nicola Piovani)
Vanini
(Friedrich Hölderlin)


‎[1849]‎
Testo trovato su Il Deposito
Spesso l’autore viene indicato in Goffredo Mameli (sì, quello del “Canto degli italiani”) che morì ‎proprio nel 1849 in seguito alle ferite riportate nella difesa della Repubblica.‎
Tuttavia la paternità non è certa e, anzi, molto discussa per cui ho preferito attribuire il brano ad ‎anonimo.‎
La canzone (con un testo leggermente rimaneggiato e ridotto) fa parte della colonna sonora del film ‎‎“In nome del popolo sovrano” diretto da Luigi Magni nel 1990, con Alberto Sordi e Nino Manfredi.‎
L’arrangiamento musicale per il film è di Nicola Piovani.‎




Canto della seconda Repubblica Romana, quella del 1849, quando una rivolta costrinse Pio IX alla ‎fuga e consegnò il potere ad un triumvirato (Mazzini, Saffi ed Armellini) e ad un’assemblea ‎parlamentare che varò una Costituzione molto avanzata in cui si sancivano la libertà di culto, la ‎laicità dello Stato, l’abolizione della pena di morte e della tortura, l’abolizione della censura, la ‎libertà di opinione, l’istituzione del matrimonio civile, il suffragio universale (maschile), ‎l'abolizione della confisca dei beni, l’abrogazione della norma pontificia che escludeva le donne e i ‎loro discendenti dalla successione familiare, la riforma agraria e il diritto alla casa, tramite la ‎requisizione dei beni ecclesiastici, la divisione dei poteri, l'abolizione della leva obbligatoria…‎
Durò appena 5 mesi, essendo schiacciata dall’intervento dei francesi di Napoleone III alleato del ‎papa.‎
Se il Papa è andato via
buon viaggio e così sia

Al Campidoglio il Popolo‎
dica la gran parola:‎
daghe i Romani vogliono,‎
non piú triregno e stola!‎

Se il Papa è andato via
buon viaggio e così sia

Non morirem d'affanno
perchè fuggì un tiranno
perchè si ruppe il canapo
che ci legava al pie'‎

Se il Papa è andato via
buon viaggio e così sia

Viva l'Italia e il Popolo
e il Papa che va via
se andranno in compagnia
viva anche gli altri re

Se il Papa è andato via
buon viaggio e così sia

Addio, Sacra Corona
Finí la Monarchia
Or ch'é sovrano il Popolo
Mai piú ritorni un re. ‎

inviata da Dead End - 27/6/2012 - 15:35



Lingua: Italiano

La versione dal film “In nome del popolo sovrano”‎
SE IL PAPA È ANDATO VIA

Se il papa è andato via,
buon viaggio e così sia!‎
buon viaggio e così sia!‎
Non morirem d'affanno,
perchè fuggì un tiranno!‎
perchè fuggì un tiranno!
Perchè si ruppe il canapo
che ci legava il piè!‎
Perchè si ruppe il canapo
che ci legava il piè!

Viva l'Italia e il popolo,
e il papa che va via!‎
e il papa che va via!‎
Addio santa corona,
finì la monarchia!‎
finì la monarchia!
Or che sovrano è il popolo,
mai più ritorni un re!‎
Or che sovrano è il popolo,
mai più ritorni un re!

O popoli fratelli
oppressi da mill'anni
oppressi da mill'anni
Buttate giù i cancelli,
scacciate i re tiranni!‎
scacciate i re tiranni!
Mai più sui troni siedano
imperatori o re!‎
Mai più sui troni siedano
imperatori o re!‎

inviata da Dead End - 27/6/2012 - 15:36


Grande notizia, grande rammarico, grande coraggio, grande viltà, grandi servizi giornalistici, gran parlare, grandi approfondimenti, grandi dietrologie, grande inquietudine...

Suvvia! "Se il papa è andato via, buon viaggio e così sia!"‎

Dead End - 11/2/2013 - 22:57


POPE FRANCIS: QUESTIONS REMAIN OVER HIS ROLE ‎DURING ARGENTINA'S DICTATORSHIP

Jorge Bergoglio was head of the Jesuit order in the 1970s when the church backed military ‎government and called for patriotism


Uki Goni and Jonathan Watts ‎
The ‎Guardian, Thursday 14 March 2013


Despite the joyful celebrations outside the Municipal Cathedral in Buenos Aires yesterday, the news ‎of Latin America's first pope was clouded by lingering concerns about the role of the church – and ‎its new head – during Argentina's brutal military dictatorship.‎
The Catholic church and Pope Francis have been accused of a complicit silence and worse ‎during the "dirty war" of murders and abductions carried out by the junta that ruled Argentina from ‎‎1976 to 1983.
The evidence is sketchy and contested. Documents have been destroyed and many of those who ‎were victims or perpetrators have died in the years that followed. The moral argument is clear, but ‎the reality of life at that time put many people in a grey position. It was dangerous at that time to ‎speak out and risk being labelled a subversive. But many, including priests and bishops, did so and ‎subsequently disappeared. Those who stayed silent have subsequently had to live with their ‎consciences — and sometimes the risk of a trial.‎
Its behaviour during that dark period in Argentine history was so unsaintly that in 2000 the ‎Argentine Catholic church itself made a public apology for its failure to take a stand against the ‎generals. "We want to confess before God everything we have done badly," Argentina's Episcopal ‎Conference said at that time.‎
In February, a court noted during the sentencing of three former military men to life imprisonment ‎for the killings of two priests that the church hierarchy had "closed its eyes" to the killing of ‎progressive priests.‎
As head of the Jesuit order from 1973 to 1979, Jorge Bergoglio – as the new pope was known until ‎yesterday – was a member of the hierarachy during the period when the wider Catholic church ‎backed the military government and called for their followers to be patriotic.‎
Bergoglio twice refused to testify in court about his role as head of the Jesuit order. When ‎he eventually appeared in front of a judge in 2010, he was accused by lawyers of being evasive.‎
The main charge against Bergoglio involves the kidnapping of two Jesuit priests, Orland Yorio and ‎Francisco Jalics, who were taken by Navy officers in May 1976 and held under inhumane ‎conditions for the missionary work they conducted in the country's slums, a politically risky activity ‎at the time.‎
His chief accuser is journalist Horacio Verbitsky, the author of a book on the church called "El ‎Silencio" ("The Silence"), which claims that Bergoglio withdrew his order's protection from the two ‎priests, effectively giving the military a green light for their abduction.

The claims are based on conversations with Jalics, who was released after his ordeal and later ‎moved to a German monastery.‎
Bergoglio has called the allegations "slander" and holds that, on the contrary, he moved behind the ‎scenes to save the lives of the two priests and others that he secretly hid from the death squads. In ‎one case, he claims he even gave his identity papers to one dissident who looked like him so that he ‎could flee the country.‎
For some, that makes him a hero. Other are sceptical. Eduardo de la Serna, co-ordinator of a left-‎wing group of priests who focus on the plight of the poor, told Radio del Plate that: ‎‎"Bergoglio is a man of power and he knows how position himself among powerful people. ‎I still have many doubts about his role regarding the Jesuits who went missing under the ‎dictatorship."
Many in the church are keen to move on from that dark period in the history of Argentina and the ‎church. They say the new pope helped to heal the wounds of the dirty war and to restore the ‎credibility of the Catholic hierarchy.‎
‎"As archbishop, he faced a monumental task, and he was even accused of collaboration with the ‎dirty war, which he strenuously denied and was ultimately cleared. If he can restore the credibility ‎of the church there [in Argentina], he can handle the scandals that have befallen the church ‎worldwide because he knows how to connect to the people" said Ramon Luzarraga, theologian-in-‎residence at the University of Dayton.‎
But the issue is unlikely to go away any time soon, particularly while high-profile trials are still ‎taking place. This week a Buenos Aires court sentenced the "Last Dictator" Reynaldo Bignone to ‎life in jail for crimes relating to the disappearance of 23 people, including two pregnant women, ‎when he was in power in the 1980s.

Dead End - 14/3/2013 - 08:36


IL LATO OSCURO DEL CARDINALE
In un libro le collusioni dell'arcivescovo di Buenos Aires con la dittatura militare


di Stella Spinelli, da Peace ‎Reporter



Il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, presidente dei vescovi argentini, ‎nonché tra i più votati, un anno fa, nel conclave Vaticano che ha scelto il successore di Giovanni ‎Paolo II, è accusato di collusione con la dittatura argentina che sterminò novemila persone. Le ‎prove del ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, sono racchiuse nel libro L’isola ‎del Silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, del giornalista argentino Horacio ‎Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più tragico del Paese sudamericano, lavorando ‎sulla ricostruzione degli eventi attraverso ricerche serie e attente. ‎
‎ ‎
I fatti riferiti da Verbitsky. Nei primi anni Settanta Bergoglio, 36 anni, gesuita, ‎divenne il più giovane Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Entrando a ‎capo della congregazione, ereditò molta influenza e molto potere, dato che in quel periodo ‎l'istituzione religiosa ricopriva un ruolo determinante in tutte le comunità ecclesiastiche di base, ‎attive nelle baraccopoli di Buenos Aires. Tutti i sacerdoti gesuiti che operavano nell’area erano ‎sotto le sue dipendenze. Fu così che nel febbraio del ’76, un mese prima del colpo di stato, ‎Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro nelle ‎baraccopoli e di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono di andarsene. ‎Non se la sentirono di abbandonare tutta quella gente povera che faceva affidamento su di loro. ‎
‎ ‎
La svolta. Verbitsky racconta come Bergoglio reagì con due provvedimenti ‎immediati. Innanzitutto li escluse dalla Compagnia di Gesù senza nemmeno informarli, poi fece ‎pressioni all’allora arcivescovo di Buenos Aires per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi ‎giorni dopo il golpe, furono rapiti. Secondo quanto sostenuto dai due sacerdoti, quella revoca fu il ‎segnale per i militari, il via libera ad agire: la protezione della Chiesa era ormai venuta meno. E la ‎colpa fu proprio di Bergoglio, accusato di aver segnalato i due padri alla dittatura come sovversivi. ‎Con l’accezione “sovversivo”, nell’Argentina di quegli anni, venivano qualificate persone di ogni ‎ordine e grado: dai professori universitari simpatizzanti del peronismo a chi cantava canzoni di ‎protesta, dalle donne che osavano indossare le minigonne a chi viaggiava armato fino ai denti, fino ‎ad arrivare a chi era impegnato nel sociale ed educava la gente umile a prendere coscienza di diritti ‎e libertà. Dopo sei mesi di sevizie nella famigerata Scuola di meccanica della marina (Esma), i due ‎religiosi furono rilasciati, grazie alle pressioni del Vaticano. ‎
‎ ‎
Botta e risposta. Alle accuse dei padri gesuiti di averli traditi e denunciati, il ‎cardinal Bergoglio si difende spiegando che la richiesta di lasciare la baraccopoli era un modo per ‎metterli in guardia di fronte a un imminente pericolo. Un botta e risposta che è andato avanti per ‎anni e che Verbitsky ha sempre riportato fedelmente, fiutando che la verità fosse nel mezzo. Poi la ‎luce: dagli archivi del ministero degli Esteri sono emersi documenti che confermano la versione dei ‎due sacerdoti, mettendo fine a ogni diatriba. In particolare Verbitsky fa riferimento a un episodio ‎specifico: nel 1979 padre Francisco Jalics si era rifugiato in Germania, da dove chiese il rinnovo del ‎passaporto per evitare di rimetter piede nell’Argentina delle torture. Bergoglio si offrì di fare da ‎intermediario, fingendo di perorare la causa del padre: invece l’istanza fu respinta. Nella nota ‎apposta sulla documentazione dal direttore dell’Ufficio del culto cattolico, allora organismo del ‎ministero degli Esteri, c’è scritto: “Questo prete è un sovversivo. Ha avuto problemi con i suoi ‎superiori ed è stato detenuto nell’Esma”. Poi termina dicendo che la fonte di queste informazioni su ‎Jalics è proprio il Superiore provinciale dei gesuiti padre Bergoglio, che raccomanda che non si dia ‎corso all’istanza. ‎
E non finisce qui. Un altro documento evidenzia ancora più chiaramente il ruolo di Bergoglio: ‎‎“Nonostante la buona volontà di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto pulizia al ‎suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso con gran sostegno ‎dall’esterno di certi vescovi terzomondisti hanno cominciato una nuova fase”. È il documento ‎classificato Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, ‎documento 9. Nel libro di Verbitsky sono pubblicati anche i resoconti dell’incontro fra il giornalista ‎argentino e il cardinale, durante i quali quest’ultimo ha cercato di presentare le prove che ‎ridimensionassero il suo ruolo. “Non ebbi mai modo di etichettarli come guerriglieri o comunisti – ‎affermò l’arcivescovo – tra l’altro perché no ho mai creduto che lo fossero”. ‎
‎ ‎
Ma… Ad inchiodarlo c’è anche la testimonianza di padre Orlando Yorio, morto ‎nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi pienamente dalle torture, dalla terribile esperienza vissuta ‎chiuso nell’Esma. In un’intervista rilasciata a Verbistky nel 1999 racconta il suo arrivo a Roma ‎dopo la partenza dall’Argentina: “Padre Gavigna, segretario generale dei gesuiti, mi aprì gli occhi – ‎raccontò in quell’occasione – Era un colombiano che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva ‎bene. Mi riferì che l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato che secondo il ‎governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché i nostri superiori ecclesiastici lo avevano ‎informato che almeno uno di noi era un guerrigliero. Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e ‎lo fece”. ‎
Nel libro, inoltre, Verbistky spiega come Bergoglio, durante la dittatura militare, abbia svolto ‎attività politica nella Guardia di ferro, un’organizzazione della destra peronista, che ha lo stesso ‎nome di una formazione rumena sviluppatasi fra gli anni Venti e i Trenta del Novecento, legata al ‎nazionalsocialismo. Secondo il giornalista, l’attuale arcivescovo di Buenos Aires, quando ricoprì il ‎ruolo di Provinciale della Compagnia di Gesù, decise che l’Università gestita dai gesuiti fosse ‎collegata a un’associazione privata controllata dalla Guardia di ferro. Controllo che terminò proprio ‎quando Bergoglio fu trasferito di ruolo. “Io non conosco casi moderni di vescovi che abbiano avuto ‎una partecipazione politica così esplicita come è stata quella di Bergoglio”, incalza Verbitsky. “Lui ‎agisce con il tipico stile di un politico. È in relazione costante con il mondo politico, ha persino ‎incontri costanti con ministri del governo. ‎
‎ ‎
Oggi. Nonostante non abbia mai ammesso le sue colpe, il presidente dei vescovi ‎argentini ha spinto la Chiesa del paese latinoamericano a pubblicare una sorta di mea culpa in ‎occasione del 30esimo anniversario del colpo di Stato, celebratosi lo scorso marzo. “Ricordare il ‎passato per costruire saggiamente il presente” è il titolo della missiva apostolica, dove viene chiesto ‎agli argentini di volgere lo sguardo al passato per ricordare la rottura della vita democratica, la ‎violazione della dignità umana e il disprezzo per la legge e le istituzioni. “Questo, avvenuto in un ‎contesto di grande fragilità istituzionale – hanno scritto i vescovi argentini – e reso possibile dai ‎dirigenti di quel periodo storico, ebbe gravi conseguenze che segnarono negativamente la vita e la ‎convivenza del nostro popolo. Questi fatti del passato che ci parlano di enormi errori contro la vita e ‎del disprezzo per la legge e le istituzioni sono un’occasione propizia affinché come argentini ci ‎pentiamo una volta di più dai nostri errori per assimilare l’insegnamento della nostra storia nella ‎costruzione del presente”. ‎
Tanti tasselli, quelli raccolti dal giornalista argentino nel suo libro che ci aiutano a vedere un po’ ‎meglio in un mosaico tanto complesso quanto doloroso della storia recente di Santa Romana ‎Chiesa.

Dead End - 14/3/2013 - 08:43


Ho dimenticato di segnalare che l'articolo della Spinelli s Peace Reporter risale al 2006, quindi a "tempi non sospetti"...

Dead End - 14/3/2013 - 08:48


Pope Francis I, good friend of Argentina’s dictatorship, vignetta del cartoonist brasiliano Latuff.

jorge-bergoglio-papa-francisco-i

Dead End - 14/3/2013 - 12:00


Vi pregherei, perfidi Admins, di eliminare la presunta foto di Bergoglio che comunica Videla (inserita anche a commento de La Memoria di Leon Gieco), lasciando questo post che ne spiega l'espunzione.
Infatti pare proprio che non si tratti affatto di Bergoglio, così come non è Bergoglio (ma il nunzio Pio Laghi) quello che si accompagna sempre a Videla in altre foto che circolano in Rete.

Detto questo, rimangono parecchie ombre sull'operato del nuovo Papa quando, nei primi anni della dittatura, era a capo della Compagnia di Gesù in Argentina...

Un uomo con il suo ruolo, secondo me, ha invece il preciso dovere di fugare ogni dubbio e di evitare il permanere di equivoci. E quello della collusione con i boia della dittatura non è il solo: più recentemente il nuovo Papa sembra si diverta a giocare con la credulità dei fedeli, quasi tutti convinti che il nome di Francesco da lui assunto sia in onore di San Francesco d'Assisi mentre invece il riferimento è a Francisco de Jasso Azpilcueta Atondo y Aznares de Javier, meglio noto come Francesco Saverio (1506-1552), fondatore della Compagnia di Gesù insieme a Ignazio di Loyola e Pierre Favre.

Credenti, cosa avevate creduto? Povertà, preghiera, silenzio? Macchè! Questo è solo un altro uomo di Potere, altro che di Dio!

Boccaloni!

Dead End - 14/3/2013 - 20:42


Il nobel per la pace Esquivel: “Nessuna complicità con la dittatura argentina”.

Ma voi continuate pure a spalare fango e merda. Tanto chi disprezza compra...

Papini1989 - 14/3/2013 - 22:56


io non compro nulla. Grazie abbiamo già tutto...

Lorenzo - 14/3/2013 - 23:22


Ma Papini1989 cosa sono, dei papi giocattolo per bambini...?

Riccardo Venturi - 15/3/2013 - 00:45


Articoli ricevuti dal Circolo Agorà di Pisa.

Una Madre (de Plaza de Mayo) sul nuovo papa: «Amén!»

Lapidario commento di Hebe de Bonafini, delle Madri di Plaza de Mayo a Popoff. Bergoglio sempre contrario alle politiche sociali della Kirchner [Checchino Antonini]

di Checchino Antonini


Che ne pensi di Bergoglio papa? «Amén». Non è stanca Hebe de Bonafini, simbolo delle Madres de la Plaza de Mayo. 85 anni, la maggior parte dei quali passati a reclamare il ritorno con vita dei suoi figli desaparecidos.

Non è stanca, è sdegnata. La fumata bianca era nera, così sembra. E lei commenta con la parola più definitiva «de la Iglesia» l'elezione al soglio di Pietro della controversa figura del gesuita Berglglio, lontano dalla teologia della liberazione, vicino ora a Comunione e liberazione e ieri, come ha scritto il giornalista Horacio Verbitsky, molto vicino ai colonnelli golpisti al punto da aver denunciato i suoi compagni di fede sospettati di simpatie sovversive. Al punto da farli torturare all'Esma. Hebe è in Italia, ospite del gruppo di appoggio alle Madres di Pescara, quando Popoff l'ha intercettata era a Bologna dopo una tappa a Genova.

Bergoglio, nonostante il mea culpa pronunciato trent'anni dopo il golpe, è stato un oppositore delle politiche sociali della Kirchner. E Sodano, decano dei cardinali - ricorda a Popoff, Renato di Nicola, del gruppo di appoggio - fu Nunzio Apostolico in Cile ai tempi di Pinochet. Il suo collega in Argentina era quel Pio Laghi che giocava a tennis nell'Esma, la scuola della Marina dove si torturavano i desaparecidos. «Amèn!»

Il papa nero
di Marco Santopadre

E’ stato troppo sbrigativamente acclamato come un pontefice rinnovatore, di rottura, modesto, vicino al popolo.

Sono bastati pochi segnali e gesti simbolici per accreditare un’operazione d’immagine che il Vaticano prepara con cura da tempo. In particolare il nome, che si richiama, secondo i media, al poverello d’Assisi. Ma che a detta di alcuni media latinoamericani sarebbe un omaggio a San Francisco Xavier, tra i fondatori dell’ordine dei Gesuiti al quale Bergoglio appartiene.

Ma Francesco I è un Papa Nero.

Nero non per il colore della pelle. Ma per i suoi trascorsi di vicinanza con la destra argentina e di collaborazione con una delle più feroci dittature militari che abbia governato in America Latina negli ultimi decenni. Nero per la sua concezione estremamente conservatrice dei rapporti sociali – in tema di diritti civili e ruolo della donna nella società, ad esempio – che si nasconde dietro una rappresentazione pauperista data per buona dai commentatori.

E nero per la funzione che le gerarchie cattoliche affidano a lui in un America Latina scossa dal vento del rinnovamento sociale e dei governi progressisti e rivoluzionari. Una funzione simile, come nota oggi Messori sul Corriere della Sera, a quella che la Chiesa e l’Occidente intero affidarono qualche decennio fa, ai tempi della guerra fredda, al polacco Giovanni Paolo II.

I suoi trascorsi nella e con la dittatura di Massera e Videla sono ampiamente documentati in inchieste, denunce, libri, testimonianze di vittime e di collaboratori dello stesso Pontefice. E risalgono a tempi non sospetti, quando Bergoglio era semplicemente l’Arcivescovo di Buenos Aires. Non si tratta di qualche voce, di qualche ombra che possa essere derubricata.

Basta leggere il bel lavoro di Horacio Verbitsky – El silencio - o le varie e circostanziate denunce delle Madres de Plaza de Mayo o di alcuni esponenti latinoamericani di quella teologia della liberazione che la chiesa di Bergoglio perseguitò senza remore.
Se un Ratzinger in tenera età era stato ritratto con la divisa da giovane nazista a pochi passi da Adolf Hitler, le foto che ritraggono Bergoglio e altri esponenti delle gerarchie ecclesiastiche argentine insieme a Videla (nella foto con Pio Laghi) - attualmente sotto processo a Buenos Aires per i crimini del suo regime - rimandano ad un passato assai più recente. E compromettente.

Un passato che getta un’ombra pesantissima sul tentativo da parte della Chiesa di riprendersi ciò che sta rapidamente perdendo.

Mahmoud il Lavapapini - 15/3/2013 - 13:57


Sulle responsabilità di Bergoglio il premio Nobel Pérez Esquivel smentisce se stesso

Il premio Nobel per la Pace Pérez Esquivel ha difeso il nuovo Papa Francesco assolvendolo dalla colpa di aver collaborato con la dittatura. Ma un nuovo video lo smentisce: otto anni fa affermava l’opposto.

[...]


COMMENTO: Pérez Esquivel sostiene cose conciliabili in entrambe le dichiarazioni. Non appare dimostrabile che Jorge Bergoglio fosse un collaboratore diretto della dittatura come invece erano altri vescovi e esponenti della chiesa argentina che arrivarono a macchiarsi direttamente le mani di sangue. Tuttavia Bergoglio faceva parte di una zona grigia, per la quale nella difficile situazione argentina di quegli anni, agì in contiguità con il regime, non partecipando apertamente ma neanche opponendosi, in qualche modo legittimandolo. Da conservatore Bergoglio temeva il cambiamento anche quando questo veniva dall’interno della Chiesa cattolica e considerava che la spada e la croce fossero la miglior maniera per salvare la cristianità. È la storia stessa del consenso ai regimi fascisti o parafascisti da parte di spezzoni importanti delle classi dirigenti e delle classi medie che li vedevano capaci di garantire la pace sociale ad un prezzo che consideravano accettabile.

Avrà aiutato qualcuno a sfuggire dalle mani dei torturatori Bergoglio? Sicuramente sì, come l’avrà fatto anche Pio Laghi, il nunzio apostolico che per ognuno che salvava porta la responsabilità della morte di cento. Non è quello il punto.

Giornalismo partecipativo - Gennaro Carotenuto

15/3/2013 - 22:47


Una sintesi delle posizioni sul passato di Bergoglio, da it.wikipedia

L'Argentina è stata governata dal 1976 al 1983 da una dittatura militare e questo ha aperto un dibattito sui rapporti che Bergoglio (all'epoca padre provinciale dei Gesuiti argentini) ha intrattenuto con la giunta militare. Sebbene si sia adoperato per salvare persone dalle torture, egli fu accusato dall'avvocato Marcello Parrilli di avere avuto responsabilità in relazione al rapimento, nel 1976, di due sacerdoti gesuiti della sua provincia religiosa ostili al regime, Orlando Yorio e Francisco Jalics. Tale accusa è stata smentita da uno dei due sacerdoti rapiti, padre Francisco Jalics e non ha trovato riscontri in sede giudiziaria. In relazione a questa vicenda, Bergoglio ha testimoniato di aver incontrato Emilio Massera e Jorge Videla con l'obiettivo di ottenere la liberazione dei due religiosi.

L'episodio è citato in un libro del giornalista investigativo ed ex militante del gruppo guerrigliero di estrema sinistra dei Montoneros, Horacio Verbitsky, pubblicato nel 2005. A livello mediatico l'ipotesi è stata risollevata dopo l'elezione di Bergoglio a pontefice, e anche Verbitsky ha espresso pubblicamente la preoccupazione e la frustrazione di quanti, in Argentina, sono estremamente critici nei confronti dell'operato di Bergoglio al tempo della Guerra sporca e delle posizioni che ha assunto in seguito.

La Santa Sede ha respinto tutte le accuse, sostenendo che provengono da una "sinistra anticlericale" (con riferimento al libro di Verbitsky), che mai vi furono accuse credibili nei confronti di Bergoglio (che fu interrogato come persona informata dei fatti senza essere mai imputato) e che egli le negò in modo documentato.

Pérez Esquivel, che ha vinto il premio Nobel per la Pace per le denunce contro gli abusi della dittatura militare, ha difeso Bergoglio dalle accuse di complicità. Anche il presidente dell'Associazione 24 marzo, Jorge Ithurburu, ha smentito le ipotesi di collusione di Bergoglio con il regime. Perplessità, invece, sono state espresse dall'attivista argentina Estela Barnes de Carlotto, presidente dell'associazione Nonne di Plaza de Mayo.

Il presidente della Corte suprema di Giustizia argentina, Ricardo Lorenzetti, in un'intervista al quotidiano La Nación, ha chiarito che Bergoglio «è una persona assolutamente innocente» e non è stato sospettato di nessuna complicità con le violazioni dei diritti umani commesse durante la dittatura militare.

Bernart - 30/3/2013 - 12:06


Allora, via, non resterà che fare così.

Io sono, notoriamente, povero.

Ad esempio, un paio di scarpe mi devon durare finché non cascano a pezzi. Porto praticamente solo scarpe da ginnastica della "New Balance", perché su al negozio "L'Isolotto dello Sport" le hanno di numeri superiori al 46 (io porto il 48 di piede). Costano oltre cento euri al paio, quindi me le devo far bastare.

Quest'estate me le metterò senza calzini, magari durante una delle famose ondate di caldo tipo "Lucifero" o "Brunovespa". Poi vo a Roma quando i' papafrancesco 'e làa i piedi a' pòeri. Gni diho: "O papa! 'E so' pòero! E' tu mi dèi laà 'piedi!"

Mi levo le scarpine.

Due minuti dopo c'è bisogno d'un altro conclave.

Riccardo Venturi - 30/3/2013 - 12:35


Con due o tre come te, con quelle fette lì, al povero Francesco gli si dovrà mettere a disposizione un autolavaggio!

Bernart - 30/3/2013 - 15:09


Dopo “Il mio cane”...

Il mio cane


... e “Il mio gatto”...

Gatto Magazine


... ecco un nuovo, avvincente settimanale:



Il primo settimanale interamente dedicato a Papa Francesco Bergoglio, Mondadori edizioni.

MAI PIU’ SENZA!

Bernart Bartleby - 15/3/2014 - 15:27


Ma che c'entra contro la guerra sta canzone. Le rivoluzioni si son sempre fatte con le canne dei fucili e pure nel risorgimento! E fucili = guerra
mi pare che in sto sito ci sta un po di tutto pizza e fichi e cucuzzielli!
Mo pure il papa!

(Geppo)

E pure Geppo. Amen! [CCG/AWS Staff]

29/4/2014 - 23:16


Magnifica canzone. Sicuramente contro la guerra, perché è contro gli oppressori, i post su Bergoglio e Videla dovrebbero chiarire questa vicinanza a tutti...

Se il papa è andato via...buon viaggio e così sia!

Mai più sui troni siedano imperatori o re! :)

Titus - 25/4/2015 - 21:06




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