La vita ci pone di fronte ad estreme misure
aut aut...
E sconcertanti afflati di cieca violenza
trasformare in coraggio la folle paura
con il volto dell'anima venato in trasparenza
e il cuore che esce stremato
e gli occhi come cannoni
e il nostro sistema nervoso un carro armato
e l'albero su cui grandina tutto il giorno
di notte vede le stelle danzare
fino all'ultimo sole che
sale fiero sul mondo
come l'arco di tenebra
sale fiero sul mondo
come un fiume che scivola
sopra la statua di una dea della libertà
come un'idea di libertà che resta tua
e se ne va
quando non la vuoi più
e se ne va
quando non la vuoi più.
La vita ci copre di foglie bellissime e pure
e noi
noi le dobbiamo lasciare cadere per terra
trasformare in seta superfici troppo dure
e sentire il vento del nord
lavare l'odore di guerra
col cuore trasfigurato
e gli occhi come tuoni
e il nostro sistema nervoso
una tempesta moderna
verso un inverno cupo e violentato
e l'albero su cui grandina tutto il giorno
di notte vede le stelle danzare
fino all'ultimo sole che
sale fiero sul mondo
come un arco di tenebra
sale fiero sul mondo
come un fiume che scalpita
sopra la statua di una dea della libertà
come un'idea di libertà che resta tua
e se ne va
quando non la vuoi più
e se ne va
quando non la vuoi più.
aut aut...
E sconcertanti afflati di cieca violenza
trasformare in coraggio la folle paura
con il volto dell'anima venato in trasparenza
e il cuore che esce stremato
e gli occhi come cannoni
e il nostro sistema nervoso un carro armato
e l'albero su cui grandina tutto il giorno
di notte vede le stelle danzare
fino all'ultimo sole che
sale fiero sul mondo
come l'arco di tenebra
sale fiero sul mondo
come un fiume che scivola
sopra la statua di una dea della libertà
come un'idea di libertà che resta tua
e se ne va
quando non la vuoi più
e se ne va
quando non la vuoi più.
La vita ci copre di foglie bellissime e pure
e noi
noi le dobbiamo lasciare cadere per terra
trasformare in seta superfici troppo dure
e sentire il vento del nord
lavare l'odore di guerra
col cuore trasfigurato
e gli occhi come tuoni
e il nostro sistema nervoso
una tempesta moderna
verso un inverno cupo e violentato
e l'albero su cui grandina tutto il giorno
di notte vede le stelle danzare
fino all'ultimo sole che
sale fiero sul mondo
come un arco di tenebra
sale fiero sul mondo
come un fiume che scalpita
sopra la statua di una dea della libertà
come un'idea di libertà che resta tua
e se ne va
quando non la vuoi più
e se ne va
quando non la vuoi più.
inviata da Riccardo Venturi - 13/4/2012 - 00:01
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Testo e musica: Davide Giromini
Arrangiamenti: Redelnoir
Violoncelli di Lara Vecoli
Basso elettrico di Gabriele D'Ascoli
Album: Ballate postmoderne
Non lasciatevi incantare dallo sfavillio rosa fuxia della cover. “Ballatepostmoderne” ha anima neropece, e un’aria decisamente poco raccomandabile. Sotto la patina bubble gum della copertina è l’analisi più lucida e disillusa sugli Ottanta che sia mai stata messa in canzone. Questo cd è un porto-franco per fantasmi scomodi, per ideologues non pacificati, anime alla deriva, collassi interiori, e altri sociali.
Il de profundis della generazione-Vasco Rossi, intonato senza commiserazione e nemmeno un briciolo di compiacimento. I prodromi del collasso della civiltà in dodici stazioni, quelle di una via crucis senza redentori, né false promesse di salvezza.
La verità nuda e cruda in bella mostra, signore e signori: nemmeno un refolo di speranza in questo (post)disco di Davide Giromini-Redelnoir. Tutto è transustanziato in “poi”, superato, mercificato: ideologie (socialismo, craxismo-reaganismo), miti (Lorella Cuccarini, Rambo, Obi Wan Kenobi), modernismo, punk (certi influssi del primo Ruggeri), con il coraggio di una scrittura anti-melodica che sbrindella pillole di saggezza ontologica (“siamo soltanto pidocchi attaccati alla terra/ pidocchi coi calli alle mani”), accenni di j’accuse, ironia, filosofia, cronaca, storie artificiali, crittogrammi della serie “bravo chi riesce a scovarci tra le righe citazione alte e basse”.
Come una corsa notturna sulle montagne russe della post-modernità, si passa da Nietzsche (non a caso) a Bearzot, da Eraclito a Pasolini a Benjamin a Tarkovskij a Heidegger. Si usa, oggi, nella pop music? “Ballatepostmoderne” va accolto, dunque, come un urlo munchiano nella calma piatta della discografia contemporanea. Come una felice anomalia. Il contraltare atteso e maleducato al sound tuttigusti, “facce da bambino & cuori infranti” di finardiana memoria, per intenderci. Un pugno allo stomaco alla (cattiva) coscienza collettiva, una requisitoria a tinte fosche, di gran lunga più incisiva delle coazioni a ripetersi di alcuni cantautori storici del nostro scontento.
Un concept-album disalienato sull’alienazione, che sin dai cancerogeni Ottanta, ci avvince tutti come l’edera di nillapizziana memoria. Una partitura per voce sola (che grida nel deserto) che assembla piano e suoni campionati, punk duro & puro e accenti cantautorali, in un crossover musicale straniato, ipnotico, irresistibile, balsamo per le nostre orecchie affrante da giusiferrerismo espanso.
Sterile svilire il senso ultimo di un album da assumere nel suo insieme, e addentrarsi nello specifico delle singole tracce (volete essere così bravi da fottervene, per una volta, dei brani-pilota?). Che questo è un cd che va ascoltato e riascoltato tutto. Traccia dopo traccia, capitolo dopo capitolo, se ancora vi è rimasto un poco di coraggio e di amor proprio per guardare alla realtà dal lato peggiore “Ballatepostmoderne” è il disco che fa per voi. - Brigata Lolli
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