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Cicce pe'

Folkabbestia
Lingua: Italiano (Pugliese Barese)


Folkabbestia

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Francesco Paolo Cazzolla, meglio conosciuto come Ciccepàvele u Capòne faceva il calzolaio, viveva a Noci (BA)... non era né alto né basso, né grosso né magro... comunque era robusto! "Mi ricordo che teneva nu calandrone..." Ecco come me lo descrive un anziano signore di novantacinque anni. Aggiunge: "...Si, si, me lo ricordo benissimo...Era un poco più grande di me..." E io li che faccio i conti: Ciccepàvele u capone non può essere nato prima del 1870... e morto dopo il 1926, be' è gia qualcosa!

Certo fu un uomo intelligente (ecco perchè "u capone"), e fu pure un onesto socialista, socialista come lo si poteva essere allora, vale a dire mezzo anarchico, fortemente libertario, soprattutto anticlericale.

A tutt'oggi lo si ricorda per le sue straordinarie capacità di improvvisatore.

Una sera, la guardia municipale Ciccille Nùsce adocchiò a Largo Garibaldi una figura maschile nel mentre si avvicinava a un albero con aria circospetta... L'indomani mattina a Ciccepàvele veniva recapitato un verbale di contravvenzione, egli non fece altro che rivoltare il foglio accusatore, scriverci sopra qualcosa e rispedire al Municipio. Ecco il messaggio: "Uè ciccille Nùsce, tu u tine nànze e n'o canùsce ci minz'a ville pisce. Anze minz'a folle a pigghjète cazze che Cazzolle?!" (trad. Caro Ciccille Nusce, tu ce l'hai davanti e non conosci chi piscia in mezzo alla piazza, anzi in mezzo alla folla hai scambiato un cazzo per Cazzolla?!)

E la cartolina che mandò dal manicomio di Nocera Inferiore dove venne rinchiuso per qualche tempo? "Ero di Noci or son di Nocera; non ero pazzo, or lo son davvero. Vi saluto e sono Ciccepàvule u capone".

Si dice che Ciccepavule educasse al canto una calandra. Un bel giorno però: "Ciccepavele u capone ò perdute u calandrone, n'a sèpe com' ò fè Ciccepe Ciccepe!" (trad. Cuccio Paolo il testone ha perduto il calandrone, più non sa cosa fare, ciccepe ciccepe).

Qui, se permettete, devo dire che siamo di fronte ad una delle sue trovate più geniali. Si tratta di quel "ciccepe, ciccepe!"... una cosi abile congiunzione del lamento di autocommiserazione alla vera e propria onomatopea...

"Pò se ne sci che tutt' u' calandròne!" (trad. poi se ne andò con il calandrone)

Giugno 1978 - Vittorino Curci

testo e introduzione da folkabbestia.com
Eravamo asola e bottone
eravamo piede e mocassino
lui Ciccio Paolo il poeta ciabattino
io calandra sua unica passione
c’incontrammo un giorno settembre
che lottavo con la tramontana
lui apri per me la sua bottega
e così non ci lasciammo più

Tacco suola giorno dopo giorno
il mio padrone mi addestrava al canto
diligentemente ripetevo
“ Urla il vento soffia la bufera ”
mentre la bottega si affollava
che pareva un covo bolscevico
amici miei venite ad ascoltare
questo è il cinguettio dell’anarchia

Cicce Paule u capone ha perdute u calandrone
kiù non sape ce fe cicce pe cicce pe

Tra una rima e un colpo di martello
passavamo lieti le mattine
lavorava declamando versi
dedicate a gente d’ogni tipo
dritti storti vecchi vanitosi
maschi loschi femmine leggere
e per il curato del paese
recita un rosario di sfottò

Cicce Paule u capone ha perdute u calandrone
kiù non sape ce fe cicce pe cicce pe

Eravamo asola e bottone
eravamo piede e mocassino
la mattina che rimasi muta
vide scomparire l’utopia
vide ammutolire la speranza
tramontare il sol dell’avvenir
e per darmi l’ultimo saluto
pianse la sua ultima poesia

inviata da DoNQuijote82 - 23/2/2012 - 19:00




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