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Ο πλοίαρχος Φλέτσερ

Nikos Kavvadias / Νίκος Καββαδίας


Nikos Kavvadias / Νίκος Καββαδίας

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Στίχοι: Νίκος Καββαδίας
Από «Μαραμπού», 1933

O pliarchos Fletser
Testo di Nikis Kavvadias
Da: «Marabù«, 1933

Musica: Omada CORAX

Costa Giglio


La notte scorsa una gigantesca nave dei Costa, scafisti liguri d'alto bordo, è andata a "scogio", come appunto si dice in Liguria, passando tanto vicino alla scogliera, quanto nemmeno io, che pure non sono uso di mare, osavo fare con il gommone durante le mie vacanze greche. Ci sono morti, e molti sono dispersi; e spero che non facciano la stessa fine delle centinaia di migranti, le cui ossa negli ultimi anni sono state seminate da morte in mare, tra l'indifferenza quasi generale.
Pensando al capitano cui è capitato questo disastro, mi è venuto in mente il povero capitan Fletscher di una poesia del "mio" Kavvadias, che sbatté, senza vittime, contro gli scogli di Matapan, e per questo impazzì fino a morirne.
Non è certo questa la fine che auguro al responsabile della nave, e spero che possa spiegare quella che a prima vista mi sembra una leggerezza inconcepibile. Le mie letture marinare mi insegnano che un naufragio è per un capitano la più tremenda delle disgrazie; e in qualche modo anche chi ieri era al comando del mostro va compianto tra le vittime.
Le poesie di Kavvadias, che trascorse pressoché tutta la vita in mare, sono state ampiamente musicate, tanto che qualcuna è rintracciabile in questo sito: questa su capitan Fletscher invece attende ancora un musicista. Ma mettiamola: chissà che qualcuno non ne venga ispirato. (gpt)
Στον ποιητή Κώστα Ουρανή

Ο Γερμανός εμποροπλοίαρχος Χένρυ Φλέτσερ εξώκειλε στον Ματαπά με το φορτιγό «Σχελδ», γιατί λόγω ομίχλης δεν μπόρεσε επί μέρες να κατεβάσει τον ήλιο με τον εξάντα. Τρελάθηκε και πέθανε στον Πειραιά απο ηλίαση.


Ο πλοίαρχος Φλέτσερ έριξε το «Σχελδ» στον Ματαπά
μια μέρα που των θαλασσών παλεύαν τα στοιχεία,
γιατί ήλιος δεν φαινότανε το στίγμα του να βρει
ούτε μπορούσε από τις στεριές να πάρει αντιστοιχία.

Κι αυτό στο μέρος που έπεσε σφήνωσε βαθιά,
τόσο που οι βράχοι οι μυτεροί μεμιάς το καταστρέψαν,
μα τίποτ’ απ’ το πλήρωμα δεν έπαθε κανείς
κι όλοι με κάποιο ρυμουλκό στον Πειραιά επιστρέψαν.

Σε λίγες μέρες φύγανε, τρισάθλιοι ναυαγοί,
μια μελαγχολική, στυγνά θλιμμένη συνοδεία,
κι έμεινε ο Φλέτσερ μοναχά, ζητώντας στο πιοτό
την πίκρα του στα βρωμερά να πνίξει καφωδεία.

Κοντός, με το πηλήκιό του, το γείσο το χρυσό,
και με τα τέσσερα χρυσά γαλόνια του, τ’ ατέρια,
έμπαινε μόλις άρχιζε ν’ απλώνεται η νυχτιά,
και την αυγήν αναίσθητο τον βγάνανε στα χέρια.

Μα τα γαλόνια ξέφτισαν και σχίστηκε η στολή,
τα ωραία του τα ρούχα επούλησε, την πέτσινή του τσάντα,
κι ένα εργαλείον εκράτησε μοναχά, το ναυτικό,
τ’ όργανο εκείνο που μετράν τον ήλιο, τον εξάντα.

Η στενοχώρια και το αλκοόλ δουλεύοντας σιγά,
μέρα με τη μέρα σ’ ένα χαίνον χάσμα τον ωθούσαν.
Τρελάθηκε. Τον πείραζαν στους δρόμους τα παιδιά,
Κι οι ψείρες πάνω στα ξανθά του γένια επερπατούσαν.

Όταν ο ήλιος φλόγιζε τον αττικό ουρανό,
αυτός με τον εξάντα του στο χέρι εξεκινούσε,
το ύψος γοργά υπολόγιζε σε μια μαούνα ορθός,
κι ύστερα αισχρά μουντζώνοντας τον ήλιο, εβλαστημούσε.

Μα κάποια μέρα βλέποντας με τ’ όργανό του ψηλά,
έφυγε για το σκοτεινό λιμάνι του θανάτου,
ενώ σιγά σαν πάντοτε, φαιδρός και φλογερός,
ο ήλιος την κανονική διέσχιζε τροχιά του.

inviata da Gian Piero Testa - 14/1/2012 - 14:11


Per Gian Piero
è questa?

adriana - 14/1/2012 - 14:46


A Adriana. Non può essere altro che quella, anche se al momento non sono riuscito ad ascoltarla, perché ho un Flashplayer da aggiornare, e se lo aggiorno devo chiudere Safari e altre applicazioni perdendo un lavoro non ancora salvato (come la traduzione che sto per inviare).
Quando due anni fa ho tradotto tutto Kavvadias (se vuoi te lo mando, fammi sapere la tua mail), Capitan Fletscher non mi risultava ancora musicato, per cui è una bella sorpresa quella che mi fai e non vedo l'ora di ascoltare la canzone e di scoprire chi l'abbia composta. Che bello.
Se non ti combino un guaio, incollo qui la traduzione, perché penso che anche tu sia curiosa di sapere cosa dice il testo. Sto ad osservare come va.

Gian Piero Testa - 14/1/2012 - 15:07



Lingua: Italiano

Versione italiana di Gian Piero Testa
IL CAPITANO FLETSCHER
Al poeta Kóstas Ouranís

«Il capitano di marina mercantile Henry Fletscher, tedesco, naufragò a Matapán con il cargo «Schelde», poiché a causa della nebbia non riuscì per diversi giorni a rilevare il sole con il sestante. Uscì di senno e morì al Pireo per insolazione».

Al capitan Fletscher sbattè su Matapán lo Schelde,
un giorno che gli elementi picchiavano assai duro,
ché non si mostrava il sole a fargli fare il punto,
né corrispondenza alcuna appariva dalla costa.

E dove andò a incappare lo specchio era così stretto,
che lo sfasciavano puntuti scogli ad ogni mossa,
ma nulla dové soffrire nessuno della ciurma
e sui rimorchiatori giunse al Pireo ciascuno.

Pochi giorni, e partirono i naufraghi tapini,
un melanconico convoglio, odioso di dolore,
e solo rimase Fletscher, e cercava di affogare
l'amarezza nei luridi caffè dandosi al bere.

Basso, con il berretto e la visiera sua dorata,
i quattro suoi galloni d'oro come le mostrine,
lo si vedeva entrare alle ombre prime della sera
e all'alba poi disfatto a braccia lo tiravan fuori.

Ma i galloni persero il lustro, i pezzi la divisa,
le vesti buone vendé, la borsa sua di pelle,
e uno strumento nautico si tenne solamente,
quello per rilevare il sole, dicasi il sestante.

Il dispiacere e l'alcol lavorando silenziosi,
lo spingevano nel baratro giorno dopo giorno.
Impazzì. Lo provocavano i bambini in strada,
vagavano i pidocchi sulle sue guance bionde.

Quando il cielo dell'Attica il sole faceva ardente,
in marcia si metteva reggendo il suo sestante,
ritto, da una maona il punto svelto rilevava,
poi, volgendogli turpi fiche, il sole bestemmiava.

Ma con il suo strumento guardando il cielo un giorno
alla volta salpò del porto oscuro della morte,
mentre tacito in alto il sole luminoso e ardente
solcava la rotta sua prescritta, come sempre.

inviata da Gian Piero Testa - 14/1/2012 - 17:04


Caro Gian Piero,
come avrai visto,Giorgio ha messo il link della poesia musicata e cantata dagli omada CORAX.
Io sono riuscita ad ascoltarla usando iExplorer, dato che Firefox non gestisce correttamente il plugin
di flash player, pur aggiornandolo.
la mia mail è nina62@tiscalinet.it.
A Riccardo e Lorenzo il compito di sistemare i tuoi e i miei guai :)

adriana - 14/1/2012 - 18:01


Quanto si viene via via a sapere sul naufragio della Concordia conferma che "aquì pasò lo de siempre": che la nave come metafora dei governi - figura antica quanto la poesia - non si è ancora usurata, grazie all'insipienza di chi comanda; e che a pagare l'insipienza di chi comanda sono, al solito, quelli dei ponti inferiori, se, come si teme, la gran parte dei dispersi si ritroverà tra i lavoratori delle stive, gli eterni "coolies" che da secoli fanno andare i bastimenti reali e metaforici del mondo. Anche la nostra nave dei folli sta andando a sbattere e saranno sempre i soliti a pagarne il conto. Ci siamo rotti dei Grandi Timonieri.

Gian Piero Testa - 15/1/2012 - 11:58


Insomma, dalle risultanze si ha conferma che la mamma degli scemi è sempre incinta. E mi ha ispirato due canzonette, sull'aria all'incirca di Partono i bastimenti.

NON EST IN VULGO DILIGENTIA

I
Peccato per Cirino
ch'era un bel bambino
il botto del buon anno
gli ha fatto qualche danno

Ma era il più bel botto
il botto del papà
il più botto più magnifico
di tutta la città

Ora Cirino bello
a Poggio dormirà
ma ho ancora suo fratello
per l'anno che verrà

II
Parte il gran Concordia
e lo comando io
trabocca di turisti
e d'ogni ben di dio

Ma questi qui s'annoiano
ci vuole un'emozione
la gente ha preso i vizi
dalla televisione

Quando saremo al Giglio
gli fo' veder la strega
io guido come Vale
questo barcone mega

Se la faranno sotto
terran le chiappe in mano
ma a casa poi diranno
che figo il Capitano!

Gian Piero Testa - 17/1/2012 - 11:20




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