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Το τραγούδι της πλατείας

Vasilis Papakonstandinou / Βασίλης Παπακωνσταντίνου


Vasilis Papakonstandinou / Βασίλης Παπακωνσταντίνου

Lista delle versioni e commenti


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To tragoudi tis platìas
Στίχοι: Γιώργος Σουρής
Mουσική: Βασίλης Παπακωνσταντίνου
Πρώτη εκτέλεση: Βασίλης Παπακωνσταντίνου, 2011

Testo di Yorgos Sourìs
Musica e prima interpretazione di Vassilis Papakonstandinou - 2011

Parole che hanno più o meno un secolo, e che Angela Merkel potrebbe riesumare per dire: ho o non ho ragione io?
Invece le ha riesumate Vassilis Papakonstandinou, grande icona - come si suol dire - della canzone greca impegnata . Il testo è di Yorghios Sourìs (1853 -1919) che, come giornalista fondatore di "Romiòs" e come poeta, sferzò per decenni tutti gli aspetti, compresi quelli economici, della vita del suo paese e dei suoi abitanti, al punto da essere considerato - con qualche esagerazione - il nuovo Aristofane. Negli ultimi tempi alcuni musicisti, oltre Papakonstandinou, l'hanno riproposto: segno che un certo continuum nell'ethos neogreco non deve essersi interrotto, così come nella storia della nuova Grecia i default (sinora quattro: 1827, 1843, 1897, 1932) si susseguono con una certa regolare disinvoltura, vizio di una classe dirigente proterva che, quando non ce la fa più a sfruttare da sola il suo popolo, lascia con un palmo di naso anche i suoi creditori internazionali. E così frega e l'uno e, poco male, pure gli altri. (gpt)
Ποιος είδε κράτος λιγοστό
σ' όλη τη γη μοναδικό,
εκατό να εξοδεύει
και πενήντα να μαζεύει;

Να τρέφει όλους τους αργούς,
νά 'χει επτά Πρωθυπουργούς,
ταμείο δίχως χρήματα
και δόξης τόσα μνήματα;

Δυστυχία σου, Ελλάς,
με τα τέκνα που γεννάς!
Ώ Ελλάς, ηρώων χώρα,
τί γαϊδάρους βγάζεις τώρα;

Νά 'χει κλητήρες για φρουρά
και να σε κλέβουν φανερά,
κι ενώ αυτοί σε κλέβουνε
τον κλέφτη να γυρεύουνε;

Σπαθί αντίληψη, μυαλό ξεφτέρι,
κάτι μισόμαθε κι όλα τα ξέρει.
Κι από προσπάππου και παππού
συγχρόνως μπούφος και αλεπού.

Δυστυχία σου, Ελλάς,
με τα τέκνα που γεννάς!
Ώ Ελλάς, ηρώων χώρα,
τί γαϊδάρους βγάζεις τώρα;

Θέλει ακόμα -κι αυτό είναι ωραίο-
να παριστάνει τον ευρωπαίο.
Στα δυό φορώντας τα πόδια που 'χει
στο 'να λουστρίνι, στ' άλλο τσαρούχι.

Όλα σ' αυτή τη γη μασκαρευτήκαν
ονείρατα, ελπίδες και σκοποί,
οι μούρες μας μουτσούνες εγινήκαν
δεν ξέρομε τί λέγεται ντροπή.

Δυστυχία σου, Ελλάς,
με τα τέκνα που γεννάς!
Ώ Ελλάς, ηρώων χώρα,
τί γαϊδάρους βγάζεις τώρα;

inviata da Gian Piero Testa - 13/1/2012 - 22:43



Lingua: Italiano

Versione italiana di Gian Piero Testa
LA CANZONE DELLA PIAZZA


Chi ha mai visto uno stato piccolino
unico in tutta la terra,
spenderne cento
e raccoglierne cinquanta?

Che mantiene tutti gli sfaticati
che ha sette Primi Ministri,
una cassa senza soldi
e tante memorie gloriose?

Sciagura a te, Grecia,
con quei figli che generi!
O Grecia, terra di eroi,
che razza d'asini cacci fuori adesso?

Che mette uscieri a far la guardia
che ti derubano in pieno giorno,
e mentre loro ti derubano
fanno le viste di cercare il ladro?

Acume come spada, mente fulminea
ha imparicchiato una cosa e le sa tutte.
E dal bisnonno e dal nonno
a un tempo è gufo e volpe .

Sciagura a te, Grecia,
con quei figli che generi!
O Grecia, terra di eroi,
che razza d'asini cacci fuori adesso?

E vuole anche -e questo è il bello -
/fare l'europeo.
Infilando ai due piedi che si ritrova
a uno una scarpetta di vernice
/e all'altro uno zoccolo chiodato.

Ogni cosa in questa terra è camuffata
sogni, speranze e ideali,
le nostre facce sono diventate maschere
non sappiamo che significhi vergogna.

Sciagura a te, Grecia,
con quei figli che generi!
O Grecia, terra di eroi,
che razza d'asini cacci fuori adesso?

inviata da Gian Piero Testa - 14/1/2012 - 12:02


Sto un un po' curiosando su questo Sourìs, segnalatoci da un anonimo visitatore greco. In www.stixoi.info si rintraccia quasi una quindicina di testi suoi, che sono stati musicati: segno che la sua vis satirica applicata a quella piccola e insieme pomposa Grecia che esilarava il piccolo Alberto Savinio, alias Nivasio Dolcemare, ha ancora una sua presa. Pur vergognandomi un poco, aggiungo qui di seguito un testo innegabilmente "pesante", forse una compiaciuta provocazione di quel castigatore di costumi che, nonostante avesse trascorso una vita a strillare contro la sua patria e i suoi compatrioti, al momento della morte - nel 1919 - ebbe i funerali pubblici previsti per le esequie dei generali. Il testo, che penso valga come documento, è una sorta di coprologia cosmica. Non so di quanto buon gusto. L'ho trovata in stixoi.info, dove si dice sia musicata dagli "Αμελοποίητα". E' già un po' di tempo che questo nome mi fa un po' ammattire. Alla lettera significa "(Cose) non messe in musica", tanto è vero che a lungo ho pensato che fosse un'informazione del sito per dirci che il testo non aveva ancora trovato un musicista. Poi mi sono accorto che non era così: che molti testi, cioè, risultavano eseguiti da reali interpreti. Si tratterebbe dunque di uno pseudonimo: ma ogni tentativo di saperne di più è stato vano. Merde!

Μυρωμένοι στίχοι

Στίχοι: Γιώργος Σουρής
Μουσική: Αμελοποίητα

Τίποτε δεν απόμεινε στον κόσμο πια για μένα,
όλα βρωμούν τριγύρω μου και φαίνονται χεσμένα.
Όλα σκατά γενήκανε και ο δικός μου κώλος
σκατά εγίνηκε κι αυτός, σκατά ο κόσμος όλος.

Μόνο σκατά φυτρώνουνε στον τόπο αυτό τον άγονο
κι όλοι χεσμένοι είμαστε, σκατάδες στο τετράγωνο.
Μας έρχεται κάθε σκατάς, θαρρούμε πως σωθήκαμε,
μα μόλις φύγει βλέπομε πως αποσκατωθήκαμε.

Σκατά βρωμάει τούτος δω, σκατά βρωμά κι εκείνος,
σκατά βρωμάει το σκατό, σκατά βρωμά κι ο κρίνος.
Σκατά κι εγώ, μες στα σκατά, και με χαρτί χεσμένο
ό,τι κι αν γράψω σαν σκατό προβάλλει σκατωμένο.

Σκατά τα πάντα θεωρώ και χωρίς πια να απορώ,
σκατά μασώ, σκατά ρουφώ, σκατά πάω να χέσω,
απ΄ τα σκατά θα σηκωθώ και στα σκατά θα πέσω.

Όταν πεθάνω χέστε με, τα κόλλυβά μου φάτε
Και πάλι ξαναχέστε με και πάλι ξαναφάτε,
μα απ’ τα γέλια τα πολλά κοντεύω ν’ αρρωστήσω
και δεν μπορώ να κρατηθώ, μου φεύγουν από πίσω.

Σκατά ο μεν, σκατά ο δε, σκατά ο κόσμος όλος
κι απ’ το πολύ το χέσιμο μου πόνεσε ο κώλος!

VERSI PROFUMATI

Più niente per me è rimasto al mondo
ogni cosa puzza intorno a me e par cacata.
Tutto è diventato merda e il mio culo pure
lui pure s'è fatto merda, merda il mondo intero.

Solo merda germina in questo posto sterile
e siamo cacati tutti, siamo merde al cubo.
Ogni merdaiolo arriva qui, pensiamo siamo salvi,
ma appena se ne parte ci vediamo ricacati.

Puzza di merda questo qui, di merda puzza quello
di merda puzza la merda, di merda anche il giglio puzza.
Merda io pure, dentro la merda, e con una carta smerdata
tutto ciò che scrivo come merda esprime uno smerdato.

Vedo in ogni cosa merda e senza aver più dubbi
mastico merda, tracanno merda, vo' a cacare merda,
e dalla merda mi alzerò e nella merda mi coricherò.

Quandò morirò cacatemi, mangiate le mie focacce
e dopo ricacatemi e poi mangiate ancora,
ma per le troppe risate son qui per ammalarmi
e non posso trattenermi, mi scappano dal di dietro

Merda l'uno, merda l'altro, merda il mondo intero
e per il troppo cacare assai mi duole il culo!

Gian Piero Testa - 14/1/2012 - 14:50




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