1. La versione del 1798
E semo livornesi,
dentro di noi c'è l'osso
viva ir berretto rosso,
viva la libertà
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
Ci semo nella rete
per colpa de' signori,
a questi traditori
'ni si farà vedé'
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù.
2. La versione del 1849
E semo livornesi,
veri repubbli’ani.
Lo sà anco ‘r Cipriani, [*]
che poi si sa pugnà. [**]
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù.
Ci semo nella rete
pe’ colpa de’ signori;
a questi traditori
ni si farà vedé.
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù.
E semo livornesi,
a prenderci c’è l’osso,
viva ir berretto rosso,
viva la libbertà.
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù.
E semo livornesi,
dentro di noi c'è l'osso
viva ir berretto rosso,
viva la libertà
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
Ci semo nella rete
per colpa de' signori,
a questi traditori
'ni si farà vedé'
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù.
2. La versione del 1849
E semo livornesi,
veri repubbli’ani.
Lo sà anco ‘r Cipriani, [*]
che poi si sa pugnà. [**]
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù.
Ci semo nella rete
pe’ colpa de’ signori;
a questi traditori
ni si farà vedé.
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù.
E semo livornesi,
a prenderci c’è l’osso,
viva ir berretto rosso,
viva la libbertà.
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù
E se triunfa
la Tirolese
l'albero livornese non anderà mai giù.
[*] Il Cipriani era il delegato di polizia al servizio degli austriaci (ndr)
[**] Var. "Su noi si po' contà' "
[**] Var. "Su noi si po' contà' "
inviata da Bartleby e Riccardo Venturi - 5/12/2011 - 17:43
Enrico Bartelloni
Popolano livornese nato il 18 novembre 1808 , soprannominato "Il gatto" per le sue doti di agilità ed inafferrabilità attribuitigli dagli austriaci. Nelle storiche giornate del 10 e 11 maggio 1849 fu uno dei principali protagonisti ed organizzatori della difesa di livorno contro gli aggressori austriaci, distintosi nei combattimenti, salvatosi dalla quasi inevitabile cattura dopo la disfatta dovuta alla soverchiante supremazia numerica e di mezzi del nemico, non resse all'onta seguitane e alla fine degli scontri si fece arrestare volutamente oltraggiando le sentinelle austriache e facendosi riconoscere. Fu portato in fortezza e fucilato dopo un sommario processo il 14 maggio 1849. Una lapide e un busto lo ricordano nella piazza a lui dedicata là dove vicino si apre la porta San Marco che difese strenuamente dalle soverchianti forze dell'austriaco invasore.
(da lalivornina.it)
Essendo un popolano livornese, m'immagino volentieri e perfettamente in quale modo avesse "oltraggiato le sentinelle austriache". Qualcosa tipo: "Dé brutti budiùli, voi e ir budellaccio delle vostre mamme, vi fare' a tutti 'vanti 'na torta Sàe e ve la spiacci'eré' ner culoooooo...!"; tutto questo anche se, mi dicono, la torta Sacher non l'avevano ancora inventata. [RV]
Popolano livornese nato il 18 novembre 1808 , soprannominato "Il gatto" per le sue doti di agilità ed inafferrabilità attribuitigli dagli austriaci. Nelle storiche giornate del 10 e 11 maggio 1849 fu uno dei principali protagonisti ed organizzatori della difesa di livorno contro gli aggressori austriaci, distintosi nei combattimenti, salvatosi dalla quasi inevitabile cattura dopo la disfatta dovuta alla soverchiante supremazia numerica e di mezzi del nemico, non resse all'onta seguitane e alla fine degli scontri si fece arrestare volutamente oltraggiando le sentinelle austriache e facendosi riconoscere. Fu portato in fortezza e fucilato dopo un sommario processo il 14 maggio 1849. Una lapide e un busto lo ricordano nella piazza a lui dedicata là dove vicino si apre la porta San Marco che difese strenuamente dalle soverchianti forze dell'austriaco invasore.
(da lalivornina.it)
Essendo un popolano livornese, m'immagino volentieri e perfettamente in quale modo avesse "oltraggiato le sentinelle austriache". Qualcosa tipo: "Dé brutti budiùli, voi e ir budellaccio delle vostre mamme, vi fare' a tutti 'vanti 'na torta Sàe e ve la spiacci'eré' ner culoooooo...!"; tutto questo anche se, mi dicono, la torta Sacher non l'avevano ancora inventata. [RV]
Riccardo Venturi - 5/12/2011 - 18:37
Mi accorgo solo ora che una pagina dedicata a questo canto esisteva già, prodotta dall'infaticabile Alessandro "Bartleby". Addirittura aveva inserito la stessa mia immagine della difesa dal Forte San Pietro. Chiaramente mi spiace doverla eliminare, ma riporto comunque qui la sua introduzione (che riporta comunque utilissime notizie):
Confido che il buon Bartleby capirà; la "Tirolese" l'ho sentita cantare coi miei orecchi, e a Livorno abitavo in via Garibaldi 41, vale a dire a cento metri dalla Via Palestro che fu una delle strade dove più si concentrò la resistenza. A pochissima distanza c'è Piazza Undici Maggio e la lapide dei martiri dove c'è anche un Venturi; e Enrico Bartelloni era un popolano del medesimo mio quartiere di San Marco e Pontino (quello dove, nel 1921, è stato fondato il PCI e dove Rifondazione Comunista, negli anni in cui ci abitavo, aveva il 39% dei voti). Comunque sia intitolo questa pagina anche a lui; la sua fatica non è andata comunque sprecata.
[1849]
Canto popolare livornese (non so se sia noto anche con il titolo di “Marinaresca livornese”, ma forse è successivo) risalente all’assedio ed al sacco austriaco del 10 ed 11 maggio 1849.
In seguito la musica fu rielaborata dal maestro Giuseppe Rapallo Cianetti.
“Combinare un 48” è un’espressione forse oggi non più molto in voga ma che ho spesso sentito usare in giovinezza. Designa semplicemente il fatto che nel 1848/49, in Europa e pure in Italia, ci fu un gran casino. Ecco perché non mi ci addentro e rinvio semmai a questo riassunto per chi fosse interessato.
Quel che brevemente posso dire è che allora, soprattutto in Francia e in Italia, i sovrani restaurati sui loro troni dopo l’infelice (per loro) parentesi della Rivoluzione francese inciamparono nuovamente nelle istanze di libertà e di giustizia sociale che venivano dal basso e - come sempre fanno i Potenti quando non riescono a cavalcarle (stra)volgendole a proprio favore - le repressero a colpi di cannone e di baionetta: così fecero i Borboni in Sicilia, così Napoleone III in Francia (proclamatosi dittatore ed imperatore dopo esseresi fatto eleggere presidente dei francesi), così Carlo Alberto di Savoia (che approfittò della vittoriosa insurrezione dei cittadini di Milano per dichiarare guerra all’Austria e poi capitolare nella controffensiva, e che represse ferocemente la “primavera del popolo” ligure, offrendosi pure di andare a terminare quella livornese), così Leopoldo II in Toscana che contro i livornesi in rivolta prima mandò, senza successo, il proprio commissario Leonetto Cipriani alla testa di 1500 soldati e poi se ne scappò lasciando che gli austriaci mettessero a ferro e fuoco la città. E non è un caso che Bettino Ricasoli, in seguito primo ministro del Regno d’Italia, in quei terribili giorni del 1849 fosse nel campo austriaco ad insultare i resistenti livornesi mentre i “tirolesi” del feldmaresciallo Konstantin Aspre, il criminale di guerra di turno, saccheggiavano e distruggevano la città fucilando chiunque venisse catturato…."
Canto popolare livornese (non so se sia noto anche con il titolo di “Marinaresca livornese”, ma forse è successivo) risalente all’assedio ed al sacco austriaco del 10 ed 11 maggio 1849.
In seguito la musica fu rielaborata dal maestro Giuseppe Rapallo Cianetti.
“Combinare un 48” è un’espressione forse oggi non più molto in voga ma che ho spesso sentito usare in giovinezza. Designa semplicemente il fatto che nel 1848/49, in Europa e pure in Italia, ci fu un gran casino. Ecco perché non mi ci addentro e rinvio semmai a questo riassunto per chi fosse interessato.
Quel che brevemente posso dire è che allora, soprattutto in Francia e in Italia, i sovrani restaurati sui loro troni dopo l’infelice (per loro) parentesi della Rivoluzione francese inciamparono nuovamente nelle istanze di libertà e di giustizia sociale che venivano dal basso e - come sempre fanno i Potenti quando non riescono a cavalcarle (stra)volgendole a proprio favore - le repressero a colpi di cannone e di baionetta: così fecero i Borboni in Sicilia, così Napoleone III in Francia (proclamatosi dittatore ed imperatore dopo esseresi fatto eleggere presidente dei francesi), così Carlo Alberto di Savoia (che approfittò della vittoriosa insurrezione dei cittadini di Milano per dichiarare guerra all’Austria e poi capitolare nella controffensiva, e che represse ferocemente la “primavera del popolo” ligure, offrendosi pure di andare a terminare quella livornese), così Leopoldo II in Toscana che contro i livornesi in rivolta prima mandò, senza successo, il proprio commissario Leonetto Cipriani alla testa di 1500 soldati e poi se ne scappò lasciando che gli austriaci mettessero a ferro e fuoco la città. E non è un caso che Bettino Ricasoli, in seguito primo ministro del Regno d’Italia, in quei terribili giorni del 1849 fosse nel campo austriaco ad insultare i resistenti livornesi mentre i “tirolesi” del feldmaresciallo Konstantin Aspre, il criminale di guerra di turno, saccheggiavano e distruggevano la città fucilando chiunque venisse catturato…."
Confido che il buon Bartleby capirà; la "Tirolese" l'ho sentita cantare coi miei orecchi, e a Livorno abitavo in via Garibaldi 41, vale a dire a cento metri dalla Via Palestro che fu una delle strade dove più si concentrò la resistenza. A pochissima distanza c'è Piazza Undici Maggio e la lapide dei martiri dove c'è anche un Venturi; e Enrico Bartelloni era un popolano del medesimo mio quartiere di San Marco e Pontino (quello dove, nel 1921, è stato fondato il PCI e dove Rifondazione Comunista, negli anni in cui ci abitavo, aveva il 39% dei voti). Comunque sia intitolo questa pagina anche a lui; la sua fatica non è andata comunque sprecata.
Riccardo Venturi - 5/12/2011 - 18:51
Carissimo Giorgio, il link mp3 che hai messo dà un bel 404...sob!
Riccardo Venturi - 5/12/2011 - 21:43
Sì, Riccardo, ho visto. Molti links ce li ho nel pc da tempo immemore, e purtroppo non ho sempre il tempo di verificarli. Per il momento toglietelo. Poi vedrò di capire se l'hanno eliminato del tutto o solamente spostato.
giorgio - 6/12/2011 - 08:08
Beh, Riccardo, che dire? Livorno è cosa/casa tua, e poi le pagine ben fatte, ben integrate, ben stratificate e magari a quattro mani mi piaccioni vieppiù.
A proposito, fammi sapere qualcosa del "Canto para una semilla" della buona Violeta... Che faccio, procedo anche con il doc delle tue traduzioni e introduzioni?
A proposito, fammi sapere qualcosa del "Canto para una semilla" della buona Violeta... Che faccio, procedo anche con il doc delle tue traduzioni e introduzioni?
Bartleby - 6/12/2011 - 08:16
Vai pure col "Canto para una semilla"...lì sarà davvero a quattro mani (ma forse ce ne vorrebbero anche sei...beh magari tu, essendo un alieno, ne hai già tre ghghgh :-PP)
Riccardo Venturi - 6/12/2011 - 09:33
è una delle due canzoni eponime del Coro Garibaldi d'assalto, ideato e diretto da Pardo Fornaciari, che ne esegue tutte e due le versioni di seguito.
invece che " a prenderci c'è l'osso" si canta " dentro di noi c'è l'osso"
invece che " a prenderci c'è l'osso" si canta " dentro di noi c'è l'osso"
Duccio Arrighi - 30/4/2015 - 00:16
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Musica del 1849:
Rielaborazione dal canto popolare "Marinaresca"
di Giuseppe Rapallo Cianetti
de faire corgée tout Paris
Madame Toilette avez resolu
et non fait tonner son cou
Non so la carmagnola
vive le so' vive le so'
dican no di cannò.
Sublime sequenza di collaborazione tra inquisiti ed inquisitori, nella storpiatura dei versi del canto sanculotto: i quattro furono comunque condannati ad essere esiliati dal Granducato, dopo otto giorni di carcere duro. Ciò non fermò davvero la rivoluzione: dopo tre anni, l'albero della libertà fu eretto in Piazza Grande." La "Tirolese" si riferiva ad un fatto storico ben preciso, che stava accendendo speranze a non finire. Nel 1797, le armate napoleoniche del generale Joubert, una volta piegata l'eroica resistenza degli Schützen tirolesi, avevano oramai la strada spianata verso Vienna; senonché, come può accadere in guerra, il generale Joubert, che guidava autenticamente la propria armata in prima linea, si beccò una pallottola e morì. Che cosa sarebbe accaduto se le armate napoleoniche fossero entrate in Vienna appartiene all'esercizio del what if; però, dal nostro punto di vista, è sommamente interessante quali e quante aspettative la cosa stava provocando nei popoli d'Europa. L'albero livornese fu poi abbattuto come tutti gli altri, ma il mondo era cambiato; e questa canzone non fu dimenticata.
Quasi cinquant'anni dopo, nel 1849, Livorno fu l'unica città toscana che si ribellò agli austriaci e si costituì in repubblica autonoma nelle gloriose giornate del maggio; posta dopo pochi giorni sotto blocco navale e duro assedio dalle armate del generale Costantino D'Aspre. Il quale, va detto, poté contare sul "gentile aiuto" del barone Bettino Ricasoli, il quale si comportò da infame traditore poiché, conoscendo alla perfezione la città, indirizzava i tiri di cannone precisamente sugli obiettivi da colpire; per i livornesi non ebbe altro che parole di disprezzo (ricordiamo che Ricasoli fu poi il secondo primo ministro del "Regno d'Italia"). Nonostante l'accanita resistenza del popolo di Livorno (guidato da uno strenuo popolano, Enrico Bartelloni detto "Il Gatto" -e da livornese nell'anima e gattofilo inveterato sono particolarmente fiero di questa cosa), durata nelle due giornate del 10 e 11 maggio 1849, gli austriaci sfondarono e invasero Livorno, che fu sottoposta alla più spietata repressione (i morti furono oltre 2000). Enrico Bartelloni, assieme a decine di altri, fu fucilato il 14 maggio nella Fortezza Vecchia; i martiri di quelle giornate sono ricordati su una lapide nell'odierna Piazza Undici Maggio, la quale reca anche il nome di un Venturi. Nella mia ingenuità ho sempre sperato che, in qualche modo, mi fosse parente anche se, probabilmente, non lo era. Fratello e compagno comunque. E che cosa cantava il popolo livornese in quelle eroiche e tragiche giornate di maggio (ogni rivoluzione, verrebbe da dire, ha il suo maggio)? Una versione aggiornata della "Tirolese", su una musica popolare rielaborata dal musicista Giuseppe Rapallo Cianetti. I canti non muoiono mai. [RV]