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Intolleranza 1960‎

Luigi Nono
Lingua: Italiano


Luigi Nono

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Il canto sospeso
(Luigi Nono)
Save Me From Bloody Men
(Karl Jenkins)
Inno dei pezzenti
(Angelo Tonello)


‎[1960-61]‎
Azione scenica in due parti per coro ed orchestra.‎
Libretto a cura di Angelo Maria Ripellino
Musiche di Luigi Nono.‎
Prima esecuzione assoluta: Venezia, Teatro La Fenice 13.04.1961 (XXIV Festival Internazionale di ‎Musica Contemporanea, La Biennale di Venezia).‎
Testo trovato sul sito del Teatro La Fenice di Venezia

Intolleranza ‎‎60, nell’esecuzione di Bernhard Kontarsky con l’orchestra dello Staatstheater di Stoccarda.‎

intolle


Testi tratti dalle seguenti opere:‎

- Angelo Maria Ripellino, Non un giorno ma adesso, Roma, ‎Grafica 1960;‎
‎- Paul Éluard, ‎‎Liberté, in Choix de ‎Poemes, Paris, Gallimard 1951 [La selezione del testo è avvenuta sull’edizione francese e in ‎seguito sulla traduzione italiana a cura di Franco Fortini (La libertà, Torino, ‎Einaudi 1955, pp.290-295)];‎
‎- Vladimir Majakovskij, Opere, a cura di ‎Ignazio Ambrogio (traduzioni di I. Ambrogio, B. Carnevali, G. Crino, M. De Micheli, G. Ketoff, ‎M. Socrate, P.Zveteremich), vol. 1 (1912-1921), Editori Riuniti, Cassino 1958; e Poesia russa ‎del 900, a cura di A.M. Ripellino, Parma, Guanda 1954;‎
‎- Bertolt Brecht, Poesie e canzoni, a cura di R. Leiser e F. Fortini, con una ‎bibliografia musicale di G. Manzoni, Torino, Einaudi 1958; ‎
‎- Julius Fucik, Scritto sotto la ‎forca, a cura di F. Calamandrei, Milano, Universale Economica 1951; ‎
‎- Henri Alleg, La tortura, con uno scritto di ‎‎J.-P. Sartre, Torino, Einaudi 1958; ‎
‎- Aimé Césaire, La ‎cancrena, Torino, Einaudi 1959.


Intolleranza 1960 è il destarsi della coscienza umana di un uomo ‎che, ribellatosi a una costrizione del bisogno – emigrante minatore –, ricerca una ragione un ‎fondamento ‘umano’ di vita. Subìte alcune prove di intolleranza e di incubi, sta ritrovando il ‎rapporto umano, tra sé e gli altri, e viene con gli altri travolto in un’alluvione. Resta la sua certezza ‎nell’ ‘ora che all’uomo un aiuto sia l’uomo’. Simbolo? Cronaca? Fantasia? Tutto ‎insieme in una storia del nostro tempo. ‎
Priorità della parola sulla musica, o della musica sulla parola? Colonna sonora? ‎
No. Ma composizione con gli elementi fondamentali di un possibile teatro musicale: elemento ‎visivo e auditivo nelle possibilità dello spazio di realizzazione. Varie fonti sonore nel teatro, ‎dinamismo dell’elemento visivo nella sua molteplicità di resa scenica, anche simultanea. ‎
Mejerchol’d? Schlemmer? Piscator? Certo. Da loro ebbe inizio, variamente, una nuova concezione ‎e realizzazione teatrale, spezzata poi anche da una restaurazione teatrale. Per questo mio lavoro è da ‎pensare che la resa scenica alle possibilità della Laterna Magika, realizzata a Praga da ‎Alfred Radok e Josef Svoboda (per i limiti di tempo questa tecnica verrà qui usata solo in parte). ‎
Il nastro della prima scena del II tempo è stato ‘montato’ in collaborazione con Bruno Maderna allo ‎Studio di Fonologia di Milano della RAI. Il testo è ricavato da “materiali per un’opera” ‎di A.M. Ripellino [il cui testo era molto più lungo della versione definitiva, ndr]. Intolleranza ‎‎1960 è dedicata ad Arnold Schönberg. Anche per ‎‎Die glückliche Hand. È per me ‎fondamentale il riferimento a questo ‘drama mit musik’, in quanto la sua concezione e ‎realizzazione, in rapporto all’elemento visivo-auditivo, ha aperto una strada nuova per il teatro ‎musicale. ‎
‎(Luigi Nono, dall’Archivio Luigi ‎Nono)


Una scena di Intolleranza 60 ‎nell’allestimento al Teatro La Fenice di Venezia, 2011.‎
Una scena di Intolleranza 60 ‎nell’allestimento al Teatro La Fenice di Venezia, 2011.‎


Intolleranza 1960, insieme con La sentenza di ‎‎Giacomo Manzoni, segna una data importante ‎della storia della musica del secondo dopoguerra. È infatti il primo lavoro teatrale prodotto da un ‎protagonista dell’ambiente e degli anni di Darmstadt, il paesino presso Francoforte nel quale tutte le ‎estati i compositori delle nuove avanguardie artistiche europee si davano convegno per confrontarsi ‎sugli sviluppi della Nuova Musica. Il primo lavoro di teatro musicale dopo una latitanza di intere ‎stagioni, dovuta all’affermarsi della poetica strutturalista, che nel suo rigoroso astrattismo sembrava ‎escludere per principio la concretezza della scena teatrale. Pur essendo questa un’opera ancora ‎contraddistinta da una certa connotazione narrativa, rappresenta a ogni modo il primo passo verso la ‎definizione di quel ‘teatro di idee’ che, anche sulla scorta delle nuove drammaturgie del più ‎avanzato teatro di prosa europeo (Brecht, Mejerchol’d, Piscator), avrebbe caratterizzato i successivi ‎cimenti teatrali dello stesso Nono e degli altri musicisti, soprattutto italiani, dell’avanguardia. La ‎natura del libretto, nel quale il montaggio di testi autonomi è preponderante rispetto a dialoghi e ‎monologhi, ne è un primo aspetto distintivo.‎

L’azione è incentrata sulla figura dell’emigrante che, nonostante l’opinione contraria della donna, ‎decide di lasciare il lavoro in miniera e di tornare al proprio paese, ove subisce ogni sorta di ‎angheria. Torturato dalla polizia, rinchiuso in un campo di concentramento, termina solo con la ‎morte il proprio doloroso viaggio. Unico sollievo alla sua odissea è rappresentato dalla figura della ‎compagna, che incarna la possibilità di un mondo migliore.‎

Come è frequente nella produzione del Nono prima maniera (dagli esordi a Al gran sole ‎carico d’amore), i temi ideologicamente impegnati si traducono in vibrante e autonoma ‎materia sonora. […] La musica rispecchia inoltre tutte le conquiste materiche, formali ed espressive ‎del Nono anni Cinquanta, particolarmente quello di celebri affreschi corali come ‎‎Il canto sospeso, Cori di ‎Didone, La terra e la compagna. Tipicamente noniano è pure l’uso avanzato di ‎strumenti elettronici, scenotecnici e visivi, da non considerare tuttavia come feticistico omaggio a ‎un tecnologismo scientista, ma come veri e propri strumenti semantici del rappresentare. La ‎concezione stessa dello spettacolo, particolare esempio di ‘teatro totale’ moderno, si avvale dunque ‎della fondamentale collaborazione del regista, dello scenografo, del tecnico del suono e degli ‎interpreti, non solo in sede di realizzazione scenica ma fin dalle prime fasi di progettazione del ‎lavoro, in una sorta di democratica compartecipazione che caratterizzerà anche la produzione ‎noniana a venire. L’opera è stata ripresa nel 1974 (con il titolo Intolleranza 1970, ‎Firenze, Teatro della Pergola) in una versione in un solo atto.‎
‎(da del Teatro)
Tempo Primo


Sipario calato – sala buia – proiezioni con scritte

[Coro iniziale]
Vivere è stare svegli
e concedersi agli altri,‎
dare di sé sempre il meglio
e non esser scaltri.‎
Vivere è amare la vita
coi suoi funerali e i suoi balli,‎
trovare favole e miti
nelle vicende più squallide.‎
Vivere è attendere il sole
nei giorni di nera tempesta,‎
schivare le gonfie parole
vestite con frange di festa.‎
Vivere è scegliere le umili
melodie senza strepiti e spari,‎
scendere verso l’autunno
e non stancarsi d’amare.‎

Lentamente il sipario si alza

I scena


In un paese di minatori

[Emigrante]
Da anni mi divora il desiderio
di tornare nella mia terra.‎
Sono stanco di questa vita grigia,‎
di questo lavoro nelle tenebre.‎
Pendo come un fantoccio svuotato
senza toccare la terra.‎
La mia vita è sospesa‎
all’uncino del bisogno.‎

[Coro di minatori]
Tu giungesti qui
emigrante
con qualche speranza.‎
I giovani del tuo paese,‎
sono costretti a lasciarlo:‎
là non c’è lavoro.‎
Dal fondo dei pozzi saliamo alla luce
maschere nere,‎
con lunghe criniere di fumo.‎

[Emigrante e coro di minatori]
Quanti di noi
s’inabissano in quelle caverne
restandovi in forma di felci impietrite
insanguinati fossili.‎

[Coro di emigranti]
E gli altri
scavano, scavano
fra spume scarlatte di fiamme‎
trovando braccia a brandelli
mani sparse come foglie secche.‎

[Emigrante]
Non sarò più con voi.‎
La mia terra mi chiama.‎

II scena


Nella stessa scena irrompe una donna

[Donna]
Resta! Resta! Resta!‎
Per anni ti ho dato
calore e conforto.‎
Ti ho aperto il mio grembo.‎
Nella miniera i miei occhi
ti facevano luce.‎
Quando salivi dal pozzo
erano le mie parole
a consolarti.‎
Eri una statua nera.‎
Un nero amore.‎
E ora fuggi come il vento!‎

[Emigrante]
Come gabbiani in burrasca
m’invocano
le voci della mia terra!‎

[Donna]
Maledetto emigrante!‎
Non ti serve più il mio corpo!‎
Nero catarro!‎
Staccati dalla mia gola!‎
Nero verme!‎
Non succhiare il mio seno!‎
Implacabile t’inseguirò!‎

La donna esce

[Coro di minatori]
Montagne boschi fiumi
entrano nello specchio dei tuoi occhi.‎
Acque alberi nuvole
ti salutano.‎
Noi ti vorremmo seguire
ma il bisogno ci lega,‎
il bisogno è più forte del sogno.‎
Addio!‎

L’emigrante inizia il suo viaggio

III scena


In una città – Grande dimostrazione di popolo – Un emigrante v’assiste

[Coro di dimostranti]
Nie Wieder!‎
No pasaran!‎
Morte al fascismo! Libertà ai popoli!‎
Down with discrimination!‎
La sale guerre!‎

La polizia interviene – scontri tra polizia e dimostranti – alcuni d’essi vengono arrestati – tra ‎essi anche l’emigrante. Sulla scena restano feriti alcuni dimostranti – gli altri e polizia via

IV scena


In un posto di polizia – Interrogatorio di alcuni dimostranti arrestati

[I gendarme]
Il tuo nome? Parla! Con chi eri in rapporto? Parla!‎
Parla! Ti passeremo allo spiedo!‎

[II gendarme]
Il tuo indirizzo! Parla! Le abitazioni? Parla! Sputa fuori!‎
Se no ti bastoneremo a morte. Confessa!‎

[III gendarme]
Parla! Parla! Se m’arrabbio sono capace di tutto!‎
Ho imparato la tortura dai nazisti.‎

[IV gendarme]
Qui si comanda a tutti!‎

[Emigrante]
Sono di passaggio. Torno al mio paese.‎

[Gendarmi]
Non vuoi confessare?‎

[Emigrante]
Non ho nulla da confessare!‎

[Gendarmi]
Spia! Sputerai tutto!‎
E` una sporca razza! Bisogna ammazzarli tutti,‎
ora che siamo al potere!‎

[Donna] qui come aguzzina
Cacciategli in corpo torrenti di scariche elettriche!‎

[Voce di Alleg] [Henri Alleg, tra gli autori citati, ndr]
Per notti intere durante un mese, ho sentito urlare i torturati. ‎
Le loro grida si sono incise nella mia memoria.‎

I prigionieri vengono portati alla tortura

V scena


La tortura

[Coro di tortura]
I paras dell’ordine
torturano, torturano
giorno e notte, notte e giorno.‎

Rivolto al pubblico

E voi?‎
Siete sordi?‎
Complici nel gregge?‎
Nella turpe vergogna?‎
Non vi scuote il lamento dei nostri fratelli?‎
Megafoni! Amplificate quest’urlo!‎
Prima che la calunnia lo deformi
e l’indifferenza lo strozzi!‎

[Voce di Sartre] [Jean-Paul Sartre, tra gli autori citati, ndr]
In nessuna epoca la volontà di esser liberi è stata più
cosciente e più forte.‎
In nessuna epoca l’oppressione è stata più violenta
e meglio armata.‎

VI scena


In un campo di concentramento

[Coro di prigionieri]
Su le piane e l’orizzonte
su le ali degli uccelli
e il mulino delle ombre
scrivo il tuo nome.‎
Su ogni alti di aurora
su le onde su le barche
su la montagna demente
scrivo il tuo nome.‎
Su la giungla e il deserto
su i nidi e le ginestre.‎

Alcuni paras trascinano un torturato

[Gendarmi]
Che si fa?‎
Lo buttiamo nella Senna?‎
Meglio in una fogna.‎
Hai visto?‎
E`‎
orribile!‎

[Torturato - Voce di Fucˇík)] [Julius Fucik, tra gli autori citati, ndr]
Sei stata lunga a venire morte.‎
Ho sperato poter vivere la vita di uomo libero.‎
Amavo la vita per la sua bellezza.‎
La tristezza non sia mai legata al mio nome.‎
Se sopravvivete: non dimenticate!‎
Non dimenticate!‎

[Coro di prigionieri]
Su ogni carne consentita
su la fronte dei miei amici
su ogni mano che si tende
scrivo il tuo nome.‎
Su l’assenza che non chiede
su la nuda solitudine
su i gradini della morte
scrivo il tuo nome.‎
Libertà!‎

[Emigrante e algerino]
E in virtù di una parola
ricomincio la mia vita
sono nato per conoscerti
per chiamarti:‎
libertà!‎

VII scena


Dopo la fuga dal campo di concentramento

[Emigrante e algerino]
Abbiamo resistito insieme
fra orrende spine di ferro
e torture di mostri.‎
Insieme siamo fuggiti.‎

[Algerino]
Ora raggiungerò la mia gente.‎
La lunga lotta continua.‎
Ricordalo nel tuo paese.‎

[Emigrante]
Riprendo il mio viaggio.‎
Il caso m’ha spinto nella lotta
degli uomini d’oggi.‎
Bisogna rompere le catene della paura.‎
Riprendo il mio viaggio.‎
Il desiderio di tornare alla mia terra
diventa ora volontà di libertà.‎

[Coro di algerini ed emigranti]
Battete sulle piazze il calpestio delle rivolte!‎
In alto, catena di teste superbe!‎
Con la piena d’un nuovo diluvio
laveremo le città dei mondi.‎


Tempo Secondo


I scena


Alcune assurdità della vita contemporanea.‎
Un emigrante s’aggira sulla scena tra proiezioni – voci – mimi – simboleggianti alcune assurdità ‎della vita contemporanea. Frastornato e sconvolto ne viene quasi travolto.‎

‎[Nastro magnetico]


[Voci]
Farsi annunziare!‎
E`‎
vietato l’ingresso!‎
I documenti sono l’anima dello stato!‎
L’usciere è sacro!‎
Non disturbare il sonno del capufficio!‎
Vidimare-autenticare
allegare-corredare
bollo-data-firma.‎
Censura-fermo in censura
da censurare-censurato
i censuratori.‎
Proibito-défendu
verboten-forbidden.‎

[Annunci sui giornali]
Attenzione!‎
Comunicato speciale!‎
Madre di tredici figli era invece uomo!‎
Parto trigemino di una ottantaquattrenne!‎
Zia dà alla luce due nipoti per mezzo della fecondazione
artificiale!‎
Elefanti in rivolta assediano Luang-Prabang!‎
La base XY 200 in stato di preallarme per lo scoppio
di un palloncino!‎
Un misterioso aereo sorvola le zone sudoccidentali!‎
Incertezza e perplessità fra i diplomatici di carriera!‎
Un aereo di ignota provenienza ha sorvolato la zona
di Cocasson!‎
Per il benessere, il progresso, la pace e la libertà!‎
Truppe di volontari organizzate da Dummyland
per il week-end nell’isola!‎
Un ordigno atomico esplode per errore nella base navale
di Dummyland!‎
Esplode la terza atomica nel deserto di Cocasson!‎
Polvere atomica avanza verso il nostro paese!‎
Impreveduto aumento della radioattività!‎
Nuvole atomiche s’addensano sulle nostre
regioni meridionali!‎
Per il benessere, il progresso, la pace e la libertà!‎
C’è solo una politica da seguire: quella giusta!‎
Energica e cauta protesta del governo del Dummyland!‎
Cocasson ribadisce: c’è una sola politica da seguire:‎
quella giusta!‎
Ultimatum a Cocasson o da Cocasson?‎
Ultimatum a Dummyland o da Dummyland?‎

Grande esplosione

II scena


Incontro tra un emigrante e la sua compagna
Sulla scena una folla silenziosa e spaventata dagli annunci e dall’esplosione


[Compagna]
Mai! Mai! Mai!‎
Cessate le perfide fatture!‎
Stormi di pazzi cormorani
girano lo spazio
ci proteggono
promettendoci morte.‎
Il fumo di Hiroshima si propaga
con mille nervature deliranti.‎
Vibrano
come fili di lampada
le vene della nostra vita.‎
Invece si potrebbe essere sereni,‎
scoprire prodigi della natura,‎
dell’amore.‎
Ho sentito l’ebbrezza di esistere
anche quando il cielo
era
un groppo di piombo
e guerra e disastri
squarciavano i cuori.‎

[Emigrante]
Una voce decisa di speranza
nella mia solitudine.‎

[Compagna]
Canti di allegri rigògoli
cullavano la mia giovinezza.‎
Oh, poter risvegliare
quella gioia
nel tuo lungo cammino!‎

[Emigrante]
Torture! Schianti! Strepiti di corvi!‎
Ma anche per un sorriso di una donna
il mondo può splendere ancora!‎

III scena


Proiezioni di episodi di violenza e fanatismo

[Donna] (qui simbolo del fanatismo)
Non sei più solo?‎

[Emigrante]
Ho una compagna.‎

[Donna]
E`‎
la tua nuova speranza?‎

[Compagna]
Spettro!‎
Sparisci dal nostro cammino!‎

[Donna]
Al rogo!‎
Ritorni Torquemada!‎

[Emigrante]
Sparisci!‎

Dissolvenza di una donna e del gruppo di fanatiche, che si trasformano in spettri e ombre. ‎
Riprendono le proiezioni di fanatismo razziale: ingresso di miniera, ingresso di università, «Arbeit ‎macht frei» e ingresso di campi di concentramento.‎
Proiezioni di simboli e incubi di intolleranza. Su un muro di sinagoga la scritta «Juden ‎Raus!».


Mai più!‎

E si scagliano contro i simboli proiettati, facendoli scomparire.

[Coro di emigranti e le loro compagne]
Battete sulle piazze il calpestio delle rivolte!‎
In alto, catena di teste superbe!‎
Con la piena di un nuovo diluvio
laveremo le città dei mondi!‎

IV scena


Vicino ad un paese lungo un grande fiume in piena

[Emigrante]
Là dietro il fiume
sul declivio dei sogni
c’è la mia terra.‎

[Compagna]
Il grande fiume si contorce
sotto raffiche di piogge e turbini.‎

[Emigrante]
Da un delirio di nuvole e di acque
lampeggia la certezza.‎

[Coro di contadini]
Il fiume continua a crescere!‎

[Compagna]
Non ha tregua il diluvio!‎

[Coro di contadini]
La piena inghiotte strade
travolge ponti
schiaccia baracche e case.‎

[Emigrante e compagna]
Tutto fugge! Erba, cielo, pane!‎
Famiglie alla deriva!‎

[Coro di contadini]
Ogni anno ai primi di novembre
lo stesso sacrificio.‎

[Voce]
Il governo ha provveduto!‎
La colpa è del metano.‎

[Coro di contadini]
E noi qui abbandonati in balia della piena!‎

[Compagna]
Alcuni lasciano il paese.‎

[Emigrante]
Nella loro fuga
rivedo il mio passato!‎

[Emigrante e compagna]
Qui bisogna restare
e qui mutare!‎

[Coro di contadini]
L’argine si corrode!‎
La golena si sgretola!‎
Saremo travolti!‎

Il fiume rompe gli argini e travolge tutto.

[Coro finale]
Voi che sarete emersi dai gorghi
dove fummo travolti
pensate
anche ai tempi bui
cui voi siete scampati.‎
Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,‎
attraverso guerre di classe, disperati
quando solo ingiustizia c’era.‎
Voi, quando sarà venuta l’ora
che all’uomo un aiuto sia l’uomo
pensate a noi
con indulgenza.‎

Via le proiezioni e buio in sala.‎
Fine.

inviata da Bartleby - 21/11/2011 - 10:25




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