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L'America di Nixon

Franco Trincale
Lingua: Italiano


Franco Trincale

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[1969]
Testo e Musica di Franco Trincale
Album: Trincale 4 - Canzone Nostra





« Non sarò il primo Presidente degli Stati Uniti che perde una guerra ».
(Dichiarazione di Richard Nixon, nuovo Presidente degli Stati Uniti)

« Non posso credere che una potenza di quarto ordine come il Vietnam del Nord non abbia un punto debole ».
(Henry Kissinger rivolto al suo staff di collaboratori nel settembre 1969).


Il nuovo presidente Richard Nixon, personalità complessa e contraddittoria, fin dall'inizio del suo mandato elaborò una nuova strategia globale statunitense (la cosiddetta dottrina Nixon) per la guerra in Indocina basata su una realistica valutazione della situazione locale e internazionale e su una spregiudicata applicazione di nuovi programmi diretti ad evitare in ogni caso la sconfitta finale degli Stati Uniti.
Coadiuvato da abili collaboratori, come Henry Kissinger, consigliere per la sicurezza nazionale, e Melvin Laird, nuovo Segretario alla Difesa, Nixon accettò in primo luogo l'ormai acquisita impossibilità, per ragioni tattico-operative e di politica interna, di ottenere una vittoria militare, e quindi ripiegò su una politica pur sempre basata principalmente sulla forza, ma più accorta e segreta i cui cardini furono:
• l'impiego massiccio e continuato delle forze aeree in bombardamenti segreti, e quindi non divulgati all'opinione pubblica per non rischiare ulteriori divisioni e proteste, su Laos e Cambogia per intralciare e interdire il rafforzamento nemico nel Vietnam del Sud;
• risparmiare vite dei soldati rinunciando alle inutili e costose offensive di "Ricerca e Distruzione", e impegnare invece le forze in attacchi mirati su aree particolarmente strategiche e in compiti protettivi per rallentare l'aggressività nemica e dare tempo alle forze sudvietnamite di rafforzarsi;
• adottare tattiche di "guerra segreta" e terrorismo interno per individuare e distruggere capillarmente gli elementi Viet Cong e filocomunisti infiltrati al sud (cosiddetto "programma Phoenix");
• ampliare e potenziare i programmi di pacificazione e di riforma economica nelle campagne sudvietnamite per suscitare il sostegno della popolazione al governo del Vietnam del Sud (incremento e miglioramento delle attività del cosiddetto CORDS (Civil Operations e Rural Development Support), la complessa struttura civile affiancata ai militari fin dal 1967, per sviluppare i piani di riforma politico-economica, guidata da abili funzionari come Robert Komer e William Colby;
• intraprendere un'audace "diplomazia segreta" con la Cina e l'Unione Sovietica, offrendo un miglioramento delle relazioni con gli Stati Uniti in cambio di una sospensione, o almeno una riduzione, dell'appoggio politico militare fornito da questi paesi al Vietnam del Nord (concetto del "vincolo");
• organizzare sedute segrete di trattative con la controparte nordvietnamita, al di fuori delle infruttuose riunioni plenarie di Ginevra che si trascinavano da mesi senza risultati, in cui le capacità di Henry Kissinger avrebbero potuto rifulgere per costringere finalmente i diplomatici del Vietnam del Nord ad accettare un compromesso (eventualmente con la minaccia di "apocalittiche" ritorsioni militari incluse nella cosiddetta "teoria del pazzo");
• programmare il lento e graduale ritiro delle forze combattenti dal Vietnam, distribuito su vari anni e accuratamente studiato per dar tempo al Vietnam del Sud di consolidarsi;
• rafforzare con massicce forniture di armi l'esercito del Vietnam del Sud fino a renderlo in grado progressivamente di assumere da solo la condotta delle operazioni e di sostenere saldamente l'aggressione (politica della vietnamizzazione del conflitto).
Questo complesso e articolato programma politico-militare venne quindi messo in atto gradualmente a partire dal gennaio 1969, ma venne presto intralciato, e in parte compromesso, da nuove difficoltà impreviste, da improvvise contingenze sul campo, da nuovi ostacoli interni e internazionali, da comportamenti contraddittori dello stesso presidente Nixon, e anche da un ulteriore incremento delle proteste pubbliche negli Stati Uniti che condussero ad una crisi interna senza precedenti nella storia della democrazia statunitense nel XX secolo.
Sul campo di battaglia, inizialmente il capace generale Creighton Abrams, nuovo responsabile del MACV al posto di Westmoreland (sostituito nella primavera del 1968), continuò, con risultati sconfortanti (battaglia di Hamburger Hill) le grandi operazioni offensive degli anni precedenti. Infine di fronte alle dure perdite subite (in febbraio-marzo 1969 le forze comuniste sferrarono il cosiddetto secondo Têt, conosciuto anche come il "benvenuto a Nixon", che inflisse nuove perdite agli statunitensi, e diede pretesto all'amministrazione Nixon per dare il via ai bombardamenti segreti sulla Cambogia (operazione Menu)) e alle esigenze politico-propagandistiche di Nixon, il generale dopo gli incontri di Guam del luglio 1969, dovette adottare la nuova strategia della riduzione degli impegni operativi dei soldati statunitensi e di passaggio a posizioni difensive.
Inoltre il generale Abrams dovette programmare un ritiro totale delle forze combattenti scaglionato in 14 fasi su quattro anni (programma One War). Il primo ritiro di 25.000 uomini ebbe inizio nella seconda metà del 1969 e le forze americane si ridussero quindi da 543.000 (numero massimo della primavera 1969) a meno di 500.000 alla fine dell'anno.
Nel frattempo dall'agosto 1969 Kissinger aveva intrapreso i primi colloqui segreti con la controparte nordvietnamita (prima Xuan Thuy e quindi dal febbraio 1970 il temibile Le Duc Tho); durante gli snervanti e interminabili colloqui Kissinger ebbe modo di apprezzare l'abilità e la tenacia del suo interlocutore e anche queste sedute segrete finirono per trascinarsi per anni senza risultati soddisfacenti per gli statunitensi di fronte all'intransigenza nordvietnamita.
Inoltre, in patria, le proteste pubbliche contro la guerra, invece di ridursi come auspicato da Nixon, aumentarono continuamente, di fronte alla divulgazione di clamorose notizie riservate sulla guerra (come i cosiddetti Pentagon Papers), alla persistenza dei combattimenti, alla sterilità dei colloqui di pace, alle continue perdite di soldati in una guerra ormai ritenuta inutile e immorale. Il 15 ottobre e il 15 novembre 1969 si svolsero a Washington le prime gigantesche manifestazioni di protesta contro la guerra (le cosiddette moratorie).
Nixon, estremamente irritato da questi eventi interni, fece appello in un famoso discorso televisivo, alla cosiddetta "maggioranza silenziosa" e riuscì momentaneamente a radunare un certo consenso alla sua politica di lenta ricerca di soluzioni politico-militari soddisfacenti per la potenza statunitense, ma ulteriori complicazioni in Cambogia e Laos produssero un'inaspettata nuova escalation sul campo di battaglia e di conseguenza nuove tragiche esplosioni di proteste pubbliche negli Stati Uniti.
Di fronte all'instabilità politica in Cambogia dopo la destituzione del sovrano Norodom Sihanouk e l'assunzione del potere del generale Lon Nol, Nixon, in accordo con Kissinger,e sollecitato anche da Abrams e altri consiglieri militari a dare una dimostrazione di potenza militare per confortare il debole e corrotto governo sudvietnamita di Van Thieu, mostrare la determinazione americana e forse ottenere risultati militari decisivi con la distruzione delle strutture di comando e logistiche nemiche al riparo nel vicino paese confinante, decise di sferrare una massiccia incursione militare combinata in Cambogia a partire dal 30 aprile 1970.
I risultati sul campo furono apparentemente soddisfacenti, ma come sempre del tutto transitori (anche se forse rallentarono per qualche mese il rafforzamento nemico al confine con il Vietnam del Sud), inoltre l'incursione contribuì ad indebolire ulteriormente il fragile paese cambogiano, indusse i nordvietnamiti a rafforzare il loro impegno diretto nella regione e forse innescò anche la sollevazione dei Khmer rossi. Inoltre l'inaspettato incremento delle operazioni attive statunitensi, dopo tante assicurazioni pubbliche su ritiri e vietnamizzazioni, fece esplodere proteste senza precedenti negli Stati Uniti, coronate tragicamente il 4 maggio 1970 dai sanguinosi incidenti alla Kent State University.
Inoltre, fin dal 1969, era venuto alla luce il tragico caso della strage di civili di My Lai da parte dei soldati guidati dal tenente William Calley, un capo plotone in Vietnam, che rinfocolò le polemiche sulla giustezza della guerra e sul comportamento e la saldezza morale dei soldati statunitensi.
Di fronte a questi dolorosi eventi, Nixon dovette rapidamente sospendere le operazioni attive in Cambogia, presentare nuove e confuse proposte di "cessate il fuoco con tregua", e soprattutto incrementare massicciamente il ritiro delle proprie forze (scese a 280.000 uomini alla fine del 1970). Peraltro in questa fase si assistette ad una notevole caduta del morale e della disciplina tra le forze combattenti americane ancora presenti in Vietnam: senza prospettive concrete di vittoria, con nuovi impegni operativi, con continue perdite (negli anni di Nixon morirono oltre 21.000 soldati statunitensi, circa il 40% del totale di tutta la guerra) e alcuni sanguinosi scacchi (battaglie delle basi di fuoco Ripcord e Mary Ann), i soldati americani mostrarono atteggiamenti di opposizione alla guerra e di frustrazione che ne ridussero la combattività imponendo un'accelerazione del ritiro nonostante l'insoddisfacente rafforzamento dell'esercito sudvietnamita.
In realtà la politica della vietnamizzazione, nel corso dei vari anni, non era stata del tutto priva di risultati positivi: grazie al successo del programma Phoenix e all'indebolimento delle strutture Viet Cong nelle campagne, la sicurezza nei villaggi e il consenso nei confronti del governo di Saigon erano aumentati in modo significativo; i programmi di sviluppo economico ottennero un certo successo (nonostante la persistente corruzione del governo sudvietnamita); le forze statunitensi vennero ridotte senza provocare un crollo immediato del Vietnam del Sud; anche le forze comuniste avevano subito grosse perdite e rallentarono i loro attacchi in attesa dei necessari rafforzamenti.
Infine l'audace diplomazia segreta di Nixon e Kissinger con Mosca e Pechino del 1971 e 1972 ottenne alcuni eccellenti risultati propagandistici ed effettivamente allentò il sostegno di questi due paesi, desiderosi di un riavvicinamento con gli Stati Uniti, al Vietnam del Nord che, tuttavia, guidato dopo la morte di Ho Chi Minh il 3 settembre 1969, da capi intransigenti come Lê Duẩn e Phạm Văn Đồng, mantenne la sua indipendenza strategica e persistette nei suoi obiettivi politici generali indipendentemente dalle sollecitazioni alla moderazione cinesi o sovietiche.
Nonostante questi successi della politica di Nixon, la fallimentare offensiva in Laos sferrata nel febbraio 1971 dall'esercito sudvietnamita (senza appoggio diretto statunitense, in conseguenza delle limitazioni stabilite dal Congresso statunitense dopo gli eventi cambogiani dell'anno prima), considerata una prova dello sbandierato successo della vietnamizzazione e conclusasi con una disastrosa ritirata, dimostrò ancora una volta la fragilità della situazione e il ruolo sempre determinante del sostegno militare americano (in questa fase in costante decremento: alla fine del 1971 le truppe statunitensi in Vietnam scesero a 140.000 uomini).
Il sostegno dell'aviazione statunitense fu ancora decisivo nella primavera 1972, quando l'esercito nordvietnamita sferrò una grande offensiva generale sperando di provocare il crollo definitivo del regime di Saigon e di costringere i loro alleati a cedere; l'offensiva di Pasqua terminò, dopo alcuni combattimenti drammatici, con un fallimento complessivo nordivietnamita. Il governo sudvietnamita non crollò, e l'esercito si batté coraggiosamente supportato da un impiego senza precedenti dell'USAF; Nixon, timoroso di un cedimento generale, decise di riprendere i bombardamenti sul Vietnam del Nord (interrotti da Johnson fin dal novembre 1968). Le incursioni Linebacker di USAF e US Navy furono molto pesanti (a partire dall'8 maggio 1972) e indebolirono certamente le forze nemiche; anche il porto di Haiphong venne minato. L'offensiva di Pasqua si concluse quindi con un insuccesso nordvietnamita e Nixon e Kissinger poterono riprendere i loro sforzi, nei colloqui con i diplomatici nordvietnamiti, alla ricerca di un accordo onorevole per raggiungere la "pace con onore".
Le ultime fasi dei colloqui di pace furono particolarmente confuse e drammatiche; Kissinger finì per accettare la maggior parte delle richieste nordvietnamite (soprattutto accettò il cruciale mantenimento delle forze regolari nordvietnamite presenti al sud, al contrario del previsto ritiro totale statunitense); Van Thieu si oppose strenuamente a questo tipo di accordo considerato la premessa della catastrofe. A ottobre 1972 l'accordo di pace sembrò imminente, Kissinger parlò di "pace a portata di mano" e queste notizie confortanti contribuirono alla schiacciante vittoria elettorale di Nixon nelle elezioni presidenziali del novembre 1972 contro il candidato pacifista democratico George McGovern.
In realtà la situazione si complicò nuovamente alla fine dell'anno: i colloqui furono interrotti di nuovo a causa dell'intransigenza di Le Duc Tho e anche dell'ostruzionismo di Van Thieu; nel tentativo di sbloccare drammaticamente la situazione, di dare un'ultima dimostrazione di forza militare e di rafforzare psicologicamente il regime di Saigon, Nixon decise il 18 dicembre 1972 di sferrare nuovi duri bombardamenti sul Vietnam del Nord con l'impiego in massa dei B-52 (operazione Linebacker II). I "bombardamenti di Natale" durarono undici giorni soprattutto su Hanoi e Haiphong, e apparentemente indussero il Vietnam del Nord a ritornare al tavolo dei negoziati ed accettare il compromesso. A gennaio 1973 l'accordo era ormai in vista, i bombardamenti erano stati interrotti il 30 dicembre 1972; i soldati statunitensi ancora presenti in Vietnam erano scesi a meno di 50.000 uomini.

« Abbiamo finalmente raggiunto la pace con onore ».
(Dichiarazione di Richard Nixon, Presidente degli Stati Uniti, dopo la firma degli accordi di pace di Parigi nel gennaio 1973)



« Gli americani non ritornerebbero nemmeno se gli offrissimo delle caramelle... ».
(Frase pronunciata dal Primo Ministro del Vietnam del Nord Phạm Văn Đồng ad una riunione del governo di Hanoi, nel gennaio 1975)



E l'America di Nixon pace più non ha
perché troppo gli è costata la guerra del VietNam
in crisi è caduta, e si vuol rialzar
facendo a chi lavora le colpe sue pagar
Ed ecco a ferragosto, giornata di vacanza
che Nixon la sfida alle nazioni avanza:
« Non pagherò i dollari asportati
perché di oro in tasca non ne ho
Bisogna che anche voi vi sobbarcate
le guerre che ho fatto e che farò »

Perché Nixon con le guerre esporta civiltà
e se non ci credete andate nel VietNam..

Andate a Sonni e troverete
che posto non c'è più per sotterrare
le genti che quel boia ha massacrato
di un popolo che da nessuno vuol essere "liberato"

America, America della tua civiltà
i popoli del mondo non sanno cosa far.
America, America, la guerra del VietNam
America, America, la ultima sarà.

O proletari di tutto il mondo organizziamoci
e dell'imperialismo liberiamoci
buttiamo a mare tutti i federali
ché la causa son dei nostri mali
Libertà, eguaglianza, autogestione
Solidarietà, rivoluzione !

inviata da giorgio - 28/10/2011 - 09:34




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