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Lu smaccu di Salzanu, Maniscalcu e Lanza a lu 21 maggiu 1860

anonimo
Lingua: Siciliano


Lista delle versioni e commenti


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Vinni cu vinni
(anonimo)
Nun c'è chi diri
(Bellamorea)
Lu dudici jnnaru 1848
(anonimo)


Il 14 aprile del 1860 veniva eseguita la condanna a morte di 13 insorti palermitani. L'episodio diede vita a questo canto, che è un grido di condanna alla prepotenza e all'arrivismo dei capi della polizia borbonica. In un crescendo, i versi denunciano la tensione reale che vive la città in quelle ore, fino all'esplosione della rivolta del 21 maggio. Tutta la stampa clandestina e la propaganda assicurano che presto arriverà colui che metterà fine ai soprusi e ai torti. Comincia a prendere forma il mito di Garibaldi.

Fonte:Regione Sicilia

“Il 14 aprile venne eseguita la condanna a morte di tredici insorti, tutti popolani. Palermo fu a lutto, mentre le autorità cercavano di calmare gli abitanti: perciò i parroci distribuirono denaro a tutti gli indigenti. Per togliere poi ogni mezzo di popolare insurrezione tolsero i battagli alle campane [per impedire la chiamata a raccolta, ndr].
Il singolare sequestro si prestava facilmente al sarcasmo, all’allusione salace. Quello che qui presentiamo è un canto sapido e sferzante lanciato contro l’alterigia dello sbirro, la prepotenza ed il venale arrivismo dei capi della polizia in cerca di onori e prebende; denuncia la calma fittizia, conquistata con le forche, e svela la tensione reale che sta per esplodere nella definitiva rivolta.
I fogli volanti, tutta la stampa clandestina, la propaganda sempre più fitta e capillare assicurano che presto giungerà colui che finalmente farà giustizia dei torti e dei soprusi subiti. Nasce così il mito di Garibaldi dal portamento altero (lu coddu… tisu)”

(dall’introduzione di Antonino Uccello sul suo “Risorgimento e società nei canti popolari siciliani”)

(Bartleby)
Menzi-aranci sfacinnati,
chi a li chesi, strati strati,
vi appiattati, vi iunciti,
pri ntunari libertà,
'ntra l'avvisi nun liggiti
Ca turnanu tranquillità?

Ogni ghiornu nni l'ha dittu
Lu Guvernu, e nun s'ha crittu,
A lu Duca di la Gancia
Si ha pigghiatu pro Pepè
Menzi-culi, chi vi mancia
Cu sta cursa e cu sti olè?

Già l'assediu era li vatu,
(e, cci iuru, fu stampatu)
Lu consigghiu militari
Si lassau pri fari un chì:
fu un capricciu, né atruvari
vui ci aviti lu pirchì

E si ora si appizzau
Chi l'assediu riturnau,
è pirchì quarchi priduni
forsi spersu ancora cc'è:
e nni guarda lu vurzuni
la milizia di lu re.

Viva, viva, e sia ludata
Sta milizia nfrancisata,
chi ha distrutti li paesi
cu curaggiu di francisi,
chi a li fimmini e carmuci
l'ha infilatu duci duci
chi ha sbannatu li priduni
trenta voti, e forsi cchiù,
chi cu casci e casciuni,
si cci ha misu a tu-pri-tu.

Ora tuttu è già finutu
Maniscalcu ha triunfatu:
la so vurza s'ha ghincutu
cu procediri anuratu.
Sulu arresta qualchedunu
Chi nun cridi a lu pirdunu,
e cu l'armi e li banneri
va dispersu ccà e ddà,
cu qalch'autru "Avventureri"
chi d'Italia vinni ccà.

Ma la truppa, nt asti iorna,
cci avi a rumpiri li corna,
e purtannuli a vapuri
ncatinati tutti ccà,
a lu nostru Diretturi
pri scannarli li darrà.
Viva, viva stu Baruni
Di lu Cassaru vacanti,
chi sosizza e sosizzuni,
nni farrà di tutti quanti.

Garibaldi, già ti chiànciu:
pri nu carrinu non ti cànciu:
lu to coddu tantu tisu,
Maniscalcu nfurchirà.

Ma ahimè? Palermitani!!!
Li campani? oh li campani!!!
Chistu è un chiovu dulurusu
Pri l'onestu e vituusu.
Lu battagghiu principali
MAniscalcu si pigghiò;
né cc'è 'a diri "Fici mali"
pirchì è suu? lu miritò.
E lu restu? ? Pri la via
Si sparìu la pulizia,
comu un premiu a li suduri
chi ha ghittatu tutti l'uri.

E pri Lanza chi è arrivatu
Mancu unu nn'ha lassatu.
Mancu unu pri cui porta
L'aletr-ego 'ntra na sporta,
chi nni dici cu buntati
ca farrà stratuna e strati
chi annittati li cunnutti
nni farrà vidiri tutti

chi, a cu voli cchiù gridari,
iuntu appena, fa sparari.
Chi?signuri! E pirchì mai
Li battagghi un sunnu assai?
Tu lu vidi: una campana
Ntra di nui nun sona cchiù:
HAnnu statu nquarantana
E nfittati tutti su'.

Ma picciotti, cori granni,
cori allegri a tutti banni
li battagghi ancora aviti:
daticcilli tutti ddà;
chistu è un cànciu chi duviti
a la gran tranquillità.

inviata da adriana - 17/8/2011 - 14:52



Lingua: Italiano

Versione italiana reperita in questa pagina
LO SMACCO DI SALZANO, MANISCALCO E LANZA IL 21 MAGGIO 1860

"Mezzi-aranci" sfaccendati
Che in chiesa, per le strade
Vi nascondete, vi riunite
Per intonare libertà
Negli avvisi non leggete
Che è tornata tranquillità?

Ogni giorno ce l'ha detto
Il Governo, e non è stato creduto
Il Duca della Gancia
È stato preso per Pepè.
"Mezzi-culi", cosa vi prude
Con questa corsa e questi sberleffi?

Già l'assedio era tolto
(e, lo giuro, fu stampato)
Il consiglio militare
Non fu abolito: a chè?
Fu un capriccio,né ci dovete
Trovare voi il perché.

E se ora han pubblicato
L'avviso che è tornato
È perché qualche predone
Forse sperso ancora c'è
E i beni ci difende
La milizia del re

Viva, viva e sia lodata
Questa milizia infrancesata
Che ha distrutto i paesi
Col coraggio dei francesi
Che alle donne e alle bambine
L'ha "data" piano piano
Che ha sbandato i predoni
Trenta volte, e forse più
Che con "casse e cassette"
Si è messo a tu per tu.

Ora tutto è già finito:
Maniscalco ha trionfato:
la sua borsa s'è riempita
cin comportamento onesto.
Solamente resta qualcuno
Che non crede al perdono
E con l'armi e le bandiere
Va disperso di qua e di là
Con qualch'altro "Avventuriere"
Che dall'Italia venne qua.

Ma la truppa, in questi giorni
Gli ha da rompere le corna;
e portandoli a vapore
incatenati tutti qua
al nostro Direttore
per scannarli li darà.

Viva viva questo Barone
Del Cassaro vuoto
Che salsiccia e salsicciotti
Ne farà di tutti quanti

O Garibaldi, già per te piango
Per un soldo non ti cambio
Il tuo collo così altero
Maniscalco inforcherà.

Ma ahimè!...Palermitani!!!
Le campane? oh le campane!!!
Questo è un chiodo doloroso
Per l'onesto ed il virtuoso.
Il batacchio principale
Maniscalco si pigliò;
non c'è da dire "Fece male"
perché è suo? lo meritò.
E il resto?... Per la via
Se lo divise la polizia
Come un premio ai sudori
Che ha sparso in tutte l'ore

E per Lanza che è arrivato
Neppure uno ne ha lasciato.
Neppure uno per chi porta
L'alter-ego dentro la sporta
Che ci dice con bontà
Che farà stradoni e strade
Che puliti i condotti
Ce li farà vedere tutti

Che, a chi vuole gridare ancora,
appena giunto, lo fa sparare.
Che?signore! E
I batacchi non son molti?
Tu lo vedi: una campana
Fra di noi non suona più:
sono state in quarantena
e infette tutte sono

ma picciotti, generosi
cuori allegri in tutti i posti
i batacchi ancora avete:
dateglieli tutti "là";
questo è un cambio che dovete
alla gran tranquillità.

inviata da adriana - 17/8/2011 - 14:58


Note liberamente tratte da “Risorgimento e società nei canti popolari siciliani” di Antonino Uccello.

1) Menzi-aranci: il menzàranciu era un recipiente di metallo che serviva per bollire il bucato.
Qui – come il successivo menzi-culi – sta ad indicare quelli che stavano in attesa delle novità rivoluzionarie.

2) A lu Duca di la Gancia si ha pigghiatu pro Pepè: con riferimento a Giovanni Salzano de Luna, generale dell’esercito delle Due Sicilie, colui che per tramite del capo della polizia di Palermo, Salvatore Maniscalco, aveva fatto reprimere duramente la cosiddetta “rivolta della Gancia” dell’aprile 1860, quando i rivoluzionari avevano tentato di innescare l’insurrezione organizzandosi presso un convento di frati minori (il complesso di Santa Maria degli Angeli, detto la Gancia). I borbonici, informati dai “casci e casciuni” che troviamo in una strofa successiva, cioè spie ed informatori, si appostarono all’esterno del convento e vi penetrarono al primo sparo uccidendo una ventina di rivoltosi e arrestando quei tredici che poi furono messi a morte.
Pepè, originariamente vezzeggiativo di Giuseppe, è qui usato nel senso di sciocco, ignorante.

3) Viva, viva, e sia ludata sta milizia nfrancisata, chi ha distrutti li paesi cu curaggiu di francisi: si riferisce al radicato odio, ancora vivo dopo secoli, del popolo palermitano contro la dominazione angioina. Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia, sconfisse gli Svevi nel 1266 e si impadronì della Sicilia. La mise sotto torchio con nuove tasse e tributi mentre la capitale fu spostata a Napoli. Il malcontento dei Siciliani culminò nella rivolta del Vespro, il 31 marzo 1282, e con la cacciata degli odiati angioini. Ma con i successori aragonesi non andò certo meglio…

4) chi a li fimmini e carmuci l'ha infilatu duci duci: carmuci si dice dei coniglietti e metaforicamente qui s’intende giovanette. Si riferisce alla pratica consueta di ogni soldataglia di stuprare le donne, specie quelle giovani.

5) chi ha sbannatu li priduni trenta voti, e forsi cchiù: con gli inermi era facile fare i gradassi mentre i predoni venivano combattuti e sgominati solo a parole. Infatti si annunciavano continuamente i successi conseguiti dalle truppe regie contro le bande armate e se così fosse davvero stato queste avrebbero dovuto essere già state annientate più e più volte.

6) E pri Lanza chi è arrivatu mancu unu nn'ha lassatu. Mancu unu pri cui porta l’alter-ego 'ntra na sporta: con riferimento ai pieni poteri di cui venne insignito il vecchio, obeso e suonato generale borbonico Ferdinando Lanza, che già le aveva prese dai garibaldini nel 1848 e che poi fu luogotenente del famigerato Filangieri, il bombardatore di Messina, nelle repressione della rivoluzione indipendentista nel 1849. Pure nel maggio del 1860 il generale si fece cogliere impreparato dall’avanzata di garibaldini e picciotti e non seppe far altro che riproporre i bombardamenti di 11 anni prima, provocando di nuovo morte e distruzione in Palermo (circa 600 persone morirono nella case bombardate) e, come conseguenza, il massiccio accorrere dei palermitani inferociti nelle fila dei garibaldini.
L’inetto generale massacratore fuggì con i suoi nel giugno del 1860.

Bartleby - 18/8/2011 - 10:20




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