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Inno dei lavoratori siciliani

Pietro Gori
Lingua: Italiano


Pietro Gori


[1894]
Testo di Pietro Gori
Da cantarsi sull'aria dell'Inno di Mameli

"Da cantarsi sull'aria dell'Inno di Mameli, risale con tutta probabilità al dicembre 1893/gennaio 1894, epoca della repressione dai Fasci siciliani da parte di Crispi. Aggiunto nella seconda edizione di Canti d'esilio. Poesie varie (Milano, Editrice Moderna, 1948) era già stato pubblicato in numerosi canzonieri. Non è mai stato registrato sul campo"
Fonte:A Rivista Anarchica



Scritto in occasione dei "Fasci Siciliani", importante movimento che in tutta la Sicilia vede i lavoratori e il popolo protestare contro il governo chiedendo meno tasse: la risposta governativa si traduce in una violenta repressione dei moti che dalla Sicilia si allargano comunque in Toscana, specie nella zona di Carrara. Il primo atto repressivo avviene il 10 dicembre 1893 a Giardinello dove si spara sulla folla. Il bilancio è di dieci morti e venti feriti. A questo atto seguono altre e più violente repressioni ad opera di Crispi (ex garibaldino) che il 22 ottobre 1894 promulga un decreto di scioglimento di tutte le associazioni anarchiche (Camere del lavoro, leghe, mutue, circoli culturali...) mentre gli ispiratori della rivolta vengono condannati dai tribunali speciali a lunghe pene detentive. Alle "leggi antianarchiche" seguono in tutta Italia persecuzioni, violenze e arbitrii che comunque non fermano la solidarietà del movimento anarchico della Lunigiana nei confronti del movimento siciliano: anche in Lunigiana viene proclamato lo stato d'assedio. [Catanuto/Schirone, op. cit., pp. 89/90]

Compagni la forte Sicilia s'è desta
e contro i tiranni solleva la testa
e chiama i suoi figli gementi e sfruttati
dai campi bagnati del vostro sudor.

Noi siamo dei paria le innumeri schiere
le pallide genti dannate a servire,
ma erette le fronti spieghiam le bandiere
muovendo al conquisto d'un equo avvenir.

O mesti carusi fanciulli straziati
da un'empia ingiustizia strumenti fiaccati
sorgete, sorgete rivendicatori
dei mille tesori che a voi s'involar!

Uscite da l'arse riarse solfare
o bimbi piangenti nel gran tenebrore
correte le maschie battaglie a pugnare
a infrangere gli ozi de lo sfruttator.

O genti sorelle, o tu Italia madre
guardate da quante mani avide e ladre
de l'isola nostra il proletariato
è oppresso, schiacciato da lunga viltà!

Allor che per fame urlava la plebe
ai pingui agli oziosi chiedendo mercè
o Italia a bagnare di sangue le glebe
il piombo fraterno ci venne da te.

Non questo, pugnando tra magiche squille,
tu a noi promettesti, legione dei Mille,
né contro i Borboni pei nuovi ribaldi
il buon Garibaldi da Quarto salpò!

O vecchio isolano ministro feroce
il patto fraterno per te si spezzò
tu l'isola bella dannasti alla croce
la storia il tuo nome col sangue vergò.

Innanzi all'eccidio dei nostri fratelli
sorgiamo più arditi, più forti e ribelli
ad ogni ingiustizia giuriamo far guerra
è nostra la terra se è fermo il voler!

Ribelli al comando dei fucilatori
ribelli a quest'orgia che noi dissanguò
insurti a vendetta d'immensi dolori
all'armi o fratelli che l'ora suonò.

Ruggite o miserie dai petti ventenni
squillate campane dei Vespri solenni
è questa la grande riscossa finale
del bene e del male la pugna fatal.

Noi siamo gli araldi di un'era di pace
che un alto pensiero d'amore guidò,
o vecchia Sicilia risorgi pugnace,
tremate o tiranni che l'Etna tuonò!

inviata da adriana - 26/7/2011 - 17:04




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