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Ho visto anche degli zingari felici

Claudio Lolli
Lingua: Italiano


Claudio Lolli

Lista delle versioni e commenti


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(Marco Sonaglia)
Diego Cao
(Milva)
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(Žarko Jovanović )


Dall’album omonimo del 1976

Ho visto anche degli zingari felici

Arrangiamenti e invenzioni strumentali di:
Danilo Tomasetta: flauto traverso, sax tenore, sax contralto
Roberto Soldati: chitarra elettrica, chitarra acustica
Roberto Costa: basso elettrico, percussioni
Adriano Pedini: batteria, percussioni

Tutti appartenenti al Collettivo autonomo musicisti Bologna
Reinterpretata da Lolli anche con Il Parto delle Nuvole Pesanti
Ricantata anche da Luca Carboni e Riccardo Sinigalia (nel video alla fine compare lo stesso Lolli).

Piazza Maggiore 28 marzo 1976. Foto di Enrico Scuro
Piazza Maggiore 28 marzo 1976. Foto di Enrico Scuro


Per chi non ha vissuto quegli anni, un brano che è un ottimo esempio della miscela di morte vita elaborazione distruzione sogni incubi speranze realtà e tutto quello che è circolato nelle coscienze e nelle piazze in quel tempo sempre più lontano.

La canzone che darà il titolo al disco nasce nel giugno del 1975, come lunga ballata (nell'LP sarà per questo divisa in due parti) che descrive quello che è il mondo giovanile alternativo di quegli anni, usando la metafora degli zingari felici.

Nasce come conseguenza e tentativo di adeguamento e rinnovamento espressivo nei confronti della più dinamica situazione politica che, secondo gli autori, richiede nuovi e più avanzati livelli di intervento anche in campo di elaborazione culturale.

Il titolo del disco (e dell'omonima canzone) è la citazione di un vecchio film jugoslavo (Skupljači perja), che non c'entra comunque niente. Nell'ultima parte vi sono quattro strofe, di tre versi ciascuna, liberamente rielaborate dal testo di Peter Weiss Cantata del fantoccio lusitano, trattate con un mutamento di prospettiva rispetto all'originale: cioè come il rifiuto dei colonizzati alla colonizzazione, per un recupero dei beni di cui sono stati espropriati. ("Siamo noi a far ricca la terra/ noi che sopportiamo/ la malattia del sonno e la malaria.../ ma riprendiamola in mano, riprendiamola intera /riprendiamoci la vita/la terra, la luna e l'abbondanza")
1.

È vero che dalle finestre
non riusciamo a vedere la luce
perché la notte vince sempre sul giorno
e la notte sangue non ne produce,
è vero che la nostra aria
diventa sempre più ragazzina
e si fa correre dietro
lungo le strade senza uscita,
è vero che non riusciamo a parlare
e che parliamo sempre troppo.

È vero che sputiamo per terra
quando vediamo passare un gobbo,
un tredici o un ubriaco
o quando non vogliamo incrinare
il meraviglioso equilibrio
di un'obesità senza fine,
di una felicità senza peso.
È vero che non vogliamo pagare
la colpa di non avere colpe
e che preferiamo morire
piuttosto che abbassare la faccia, è vero
cerchiamo l'amore sempre
nelle braccia sbagliate.

È vero che non vogliamo cambiare
il nostro inverno in estate,
è vero che i poeti ci fanno paura
perché i poeti accarezzano troppo le gobbe,
amano l'odore delle armi
e odiano la fine della giornata.
Perché i poeti aprono sempre la loro finestra
anche se noi diciamo che è
una finestra sbagliata.

È vero che non ci capiamo,
che non parliamo mai
in due la stessa lingua,
e abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero
che abbiamo tanto da fare
e non facciamo mai niente.
È vero che spesso la strada ci sembra un inferno
e una voce in cui non riusciamo a stare insieme,
dove non riconosciamo mai i nostri fratelli,
è vero che beviamo il sangue dei nostri padri,
che odiamo tutte le nostre donne
e tutti i nostri amici.

Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra,
ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.

Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra,
ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.

2.

Siamo noi a far ricca la terra
noi che sopportiamo
la malattia del sonno e la malaria
noi mandiamo al raccolto cotone, riso e grano,
noi piantiamo il mais
su tutto l'altopiano.
Noi penetriamo foreste, coltiviamo savane,
le nostre braccia arrivano
ogni giorno più lontane.
Da noi vengono i tesori alla terra carpiti,
con che poi tutti gli altri
restano favoriti.

E siamo noi a far bella la luna
con la nostra vita
coperta di stracci e di sassi di vetro.
Quella vita che gli altri ci respingono indietro
come un insulto,
come un ragno nella stanza.
Ma riprendiamola in mano, riprendiamola intera,
riprendiamoci la vita,
la terra, la luna e l'abbondanza.

È vero che non ci capiamo
che non parliamo mai
in due la stessa lingua,
e abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero
che abbiamo tanto da fare
e che non facciamo mai niente.
È vero che spesso la strada ci sembra un inferno
o una voce in cui non riusciamo a stare insieme,
dove non riconosciamo mai i nostri fratelli.
È vero che beviamo il sangue dei nostri padri,
che odiamo tutte le nostre donne
e tutti i nostri amici.

Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra.
Ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.

Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra.
Ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.

inviata da i.fermentivivi - 21/7/2011 - 14:03




Lingua: Inglese

English translation / Traduzione inglese / Traduction anglaise / Englanninkielinen käännös:
Riccardo Venturi, 30-9- / 1-10 2020

Claudio Lolli, 1950-2018.
Claudio Lolli, 1950-2018.
I Also Saw Happy Gypsies

1.

Really, we can't see the light
Piercing out from the windows,
Because the night always wins over the day
And night produces no blood.
Really, we look more and more
Like young boys,
And so we run after each other
In dead end streets,
And really, we aren't able to speak
And yet we always speak too much.

Really, we spit on the ground
When we see a hunchback or a drunk pass by
Or a number thirteen be drawn,
Or when we don't want to spoil
The wonderful balance
Of endless overweight,
Of weightless happiness.
Really, we don't want to pay
For the guilt of being guiltless,
And we prefer to die
Rather than lower our face, and really
We always seek love
In the wrong arms.

Really, we don't want to turn
Our winter into summer,
Really, we're scared by poets
Because poets touch hunches too often,
Love the smell of weapons
And hate the end of the day,
Because poets always open their windows
Although we say they are
Wrong windows.

Really, we don't understand each other
And two of us never speak
The same language
And we're afraid of darkness and of light, too,
And really, we have so many things to do
And we never do anything.
Really, our path often looks like a hell
Or like a voice where we can't stay together,
Where we never know our brothers,
And really we drink the blood of our fathers
And we hate all our women
And all our friends.

But I also saw happy Gypsies
Running after each other, making love
And rolling on the ground
I also saw happy Gypsies
In Piazza Maggiore
Getting drunk on moon, revenge and war.

But I also saw happy Gypsies
Running after each other, making love
And rolling on the ground
I also saw happy Gypsies
In Piazza Maggiore
Getting drunk on moon, revenge and war.

2.

It's we who enrich the earth,
We, who endure
Sleeping sickness and malaria,
We, who order cotton, rice and wheat to be harvested
We, who plant corn
Throughout the highland.
We explore forests, we till savannas,
Our arms reach every day
Farther and farther away.
It's from us that the treasures of the earth come,
And by them all the others
Take profit.

It's we who embellish the moon
With our life
Covered with rags and glazed stones.
The same life others refuse and give us back
Like an insult,
Like a spider through the room.
Let's take back control of our whole life,
Let's take back life in our hands,
And earth, moon and wealth.

Really, we don't understand each other
And two of us never speak
The same language
And we're afraid of darkness and of light, too,
And really, we have so many things to do
And we never do anything.
Really, our path often looks like a hell
Or like a voice where we can't stay together,
Where we never know our brothers,
And really we drink the blood of our fathers
And we hate all our women
And all our friends.

But I also saw happy Gypsies
Running after each other, making love
And rolling on the ground
I also saw happy Gypsies
In Piazza Maggiore
Getting drunk on moon, revenge and war.

But I also saw happy Gypsies
Running after each other, making love
And rolling on the ground
I also saw happy Gypsies
In Piazza Maggiore
Getting drunk on moon, revenge and war.

1/10/2020 - 06:46




Lingua: Francese

Version française – J'AI MÊME VU DES TZIGANES HEUREUX – Marco Valdo M. I. – 2011
Chanson italienne – Ho visto anche degli zingari felici – Claudio Lolli – 1976

Parco Lambro, Milano, 1976 Foto di Enrico Scuro
Parco Lambro, Milano, 1976 Foto di Enrico Scuro


Pour ceux qui n'ont pas vécu ces années-là...

La dernière partie (conclusion) est librement réélaborée à partir d'un texte de Peter Weiss « Gesang vom lusitanischen Popanz. » - « Le Chant du fantoche lusitanien », comme un glissement de perspective par rapport à l'original ; C'est-à-dire le refus de la colonisation par les colonisés, par la récupération des biens qui ont été expropriés (« C'est nous qui enrichissons la terre/ Nous qui supportons / La maladie du sommeil et la malaria... / Mais nous reprenons de la main, nous la reprenons entière,/ Nous nous reprenons notre vie,/ La terre, la lune et l'abondance. »
J'AI MÊME VU DES TZIGANES HEUREUX

1.

Il est vrai que des fenêtres
Nous ne réussissons pas à voir la lumière
Car la nuit vainc toujours le jour
Et la nuit ne produit pas de sang.
Il est vrai que notre air
devient toujours plus juvénile
Et on se fait courir après
Le long des rues sans issue.
Il est vrai que nous n'arrivons pas à parler
Et que nous parlons toujours trop.

Il est vrai que nous crachons par terre
Quand nous voyons passer un bossu,
Un treize ou un soûlaud
Ou quand nous ne voulons pas dégrader
Le merveilleux équilibre
D'une obésité sans fin,
D'une félicité sans poids.
Il est vrai que nous ne voulons pas payer
La faute de ne pas avoir de fautes
Et que nous préférons mourir
Plutôt que de baisser la tête.
Il est vrai que toujours nous cherchons l'amour
Dans les bras qu'il ne faut pas.

Il est vrai que nous ne voulons pas changer
Notre hiver en été.
Il est vrai que les poètes nous font peur
Car les poètes caressent trop les bossus,
Aiment l'odeur des armes
Et détestent la fin du jour.
Car les poètes ouvrent toujours leur fenêtre
Même quand nous disons que c'est
Une fenêtre qu'il ne faut pas...

Il est vrai que nous ne nous comprenons pas
Qu'à deux nous ne parlons
Jamais la même langue
Et que nous avons peur du noir et de la lumière,
Il est vrai que nous avons tant à faire
Et que nous ne faisons jamais rien.
Il est vrai que souvent la rue nous semble un enfer
Et une voix où nous ne réussissons pas à rester ensemble,
Où nous ne reconnaissons jamais nos frères.
Il est vrai que nous buvons le sang de nos pères,
Que nous détestons toutes nos femmes
Et tous nos amis.

Mais j'ai vu aussi des Tziganes heureux
Se courir après, faire l'amour
Et se rouler par terre.
J'ai vu aussi des Tziganes heureux
Sur la Grand Place
Se soûler de lune, de vengeance et de guerre.

Mais j'ai vu aussi des Tziganes heureux
Se courir après, faire l'amour
Et se rouler par terre.
J'ai vu aussi des Tziganes heureux
Sur la Grand Place
Se soûler de lune, de vengeance et de guerre.

2.

C'est nous qui enrichissons la terre
Nous qui supportons
La maladie du sommeil et la malaria
Nous qui récoltons le riz, le blé et le coton
Nous qui plantons le maïs
Sur l'altoplano.
Nous pénétrons les forêts, nous cultivons les savanes
Nos bras arrivent
Chaque jour plus loin.
C'est nous qui soutirons les trésors de la terre
Dont d'autres ensuite
Profitent.

Et c'est nous qui embellissons la lune
De notre vie
Couverte de chiffons et de pierres de verre.
Cette vie que les autres repoussent
Comme une insulte
Comme une araignée dans leur chambre.
Mais nous reprenons de la main, nous la reprenons entière,
Nous nous reprenons notre vie,
La terre, la lune et l'abondance.

Il est vrai que nous ne nous comprenons pas
Qu'à deux nous ne parlons
Jamais la même langue
Et que nous avons peur du noria et de la lumière,
Il est vrai que nous avons tant à faire
Et que nous ne faisons jamais rien.
Il est vrai que souvent la rue nous semble un enfer
Et une voix où nous ne réussissons pas à rester ensemble,
Où nous ne reconnaissons jamais nos frères.
Il est vrai que nous buvions le sang de nos pères,
Que nous détestons toutes nos femmes
Et tous nos amis.

Mais j'ai vu aussi des Tziganes heureux
Se courir après, faire l'amour
Et se rouler par terre.
J'ai vu aussi des Tziganes heureux
Sur la Grand Place
Se soûler de lune, de vengeance et de guerre.

Mais j'ai vu aussi des Tziganes heureux
Se courir après, faire l'amour
Et se rouler par terre.
J'ai vu aussi des Tziganes heureux
Sur la Grand Place
Se soûler de lune, de vengeance et de guerre.

inviata da Marco Valdo M.I. - 26/7/2011 - 13:45




Lingua: Italiano

Il coro nel testo di Peter Weiss, dall'opera Il fantoccio lusitano.

Le parole nel testo di Weiss - che era una feroce critica al colonialismo portoghese in Angola (vedi Diego Cao) - erano cantate dei dominatori portoghesi. Claudio le strappa ai dominatori e le restituisce agli zingari.

Informazioni tratte da Siamo noi a far ricca la terra, romanzo di Claudo Lolli e dei suoi mondi, di Marco Rovelli
Ma siamo noi a far ricca l’Africa
Noi che combattiamo
La malattia del sonno e la malaria
Da noi sono i tesori alla terra carpiti
Con che poi tanti altri restano favoriti
Noi muoviamo al raccolto di cotone riso e grano
E noi piantiamo il mais su tutto l’altipiano
Caffè zucchero sesamo tabacco coltiviamo
Diamanti ferro ed altro dalla roccia caviamo
Noi produciamo il sale impiantando saline
E trivelliamo pozzi stendiamo traversine
Noi abbattiamo foreste dissodiamo savane
Le navi nostre arrivano ogni volta più lontane
E tutto questo con l’aiuto di compagnie e monopoli lo si fa
Per questa terra a generale vantaggio della sua civiltà

30/4/2022 - 22:44


Versione del 2003 insieme al Parto delle nuvole pesanti



dq82 - 26/1/2015 - 07:12


Forse per completezza d'informazione, nella presentazione si potrebbe aggiungere anche il cd di cui racconto in questo articolo:

Claudio Lolli – Ho visto anche degli zingari felici. Live al Caprice di Codigoro, 14 aprile 1976

Flavio Poltronieri

Flavio Poltronieri - 15/11/2019 - 10:01


Una delle canzoni più noiose di uno dei cantanti più tediosi. Eppure è diventato una specie di icona di tanta gente della sinistra.
Non mi associo, mi fido del mio orecchio. E basta con tutti i tipi di conformismo.

sergio falcone - 1/10/2020 - 17:21


Rispetto per le opinioni altrui, sempre e comunque, programmatico e totale. Nessuno si deve associare a niente. Però mi permetterai di dirti che non sono proprio d'accordo con te, Sergio. Ma ognuno ha diritto alla sua quota di superficialità, ed anche alla sua quota di rabbia rancorosa (di cui, spesso, fanno le spese presupposte "icone" che proprio non lo sono, a mio parere). Con questo, nessuna difesa d'ufficio del povero Lolli, che ormai non può più ribattere a niente -sempre che gli interessasse, e ne dubito. Che Lolli fosse tedioso, del resto, era -nei limiti della sua non grandissima notorietà- una vox populi comunissima e conforme, quasi da maggioranza silenziosa. Saluti cari.

Riccardo Venturi - 1/10/2020 - 19:02


Caro Riccardo, “superficialità”, “rabbia rancorosa”. Bah! Quasi quasi ti ringrazio, per non aver citato anche l’”invidia” e altre nefandezze.
Non mi appartengono e tu lo sai benissimo. Ho solo espresso una opinione, null’altro. Tutto questo rumore e’ davvero fuori luogo.
Abbi cura di te.

sergio falcone - 2/10/2020 - 17:36


Caro Sergio, anche io ho espresso una opinione in contrapposizione ad un'altra che ritenevo, e ritengo, ingiusta. Purtroppo o per fortuna, le opinioni ci hanno questo viziaccio. Così, in ossequio al fatto che “ognuno ha diritto alla sua quota di superficialità” ecc. ecc., sicuramente anche la mia contro-opinione sarà stata superficiale e rabbio-rancorosa. Un tempo, magari, su tutto questo ci avrei scritto pure un pippone spaventoso; ora, però, vige la concisione alla Twitter, e quindi non vado oltre. Ci terremo le nostre opinioni superficiali e rancorose nei limiti dei 280 caratteri, che peraltro qui ho ampiamente superato. Ti rinnovo i saluti cari ed anche l'augurio di aver di sé cura reciproca.

3/10/2020 - 12:36


Chissà cosa avrebbe pensato Claudio di questo scambio... Ho conosciuto le sue canzoni che ero ragazzino, e l'ho sempre trovato semplice - e semplicemente, incredibilmente "altro" da tutto il resto. La sua poeticità scarna, diretta, ogni volta un pugno allo stomaco, una lacrima, una carezza. Lui, che voleva certo essere tutto tranne che una icona, filtrava la realtà - una certa realtà, con i suoi occhiali fragili e composti, fatti d'amore, ascolto, passione civile. Manca tanto oggi la sua attenzione all'altro, il suo essere mai banale e sempre diretto, in punta di piedi ma sempre in cammino. D'altronde, vivere costa fatica, o no?

16/2/2022 - 10:07


Canzone noiosa di un cantate tedioso...? Credo che veramente non sia discutibile quanto dice il lettore Sergio, sintomo di chi argomenta qualcosa che non gli interessa come ascoltatore di musica e come persona.
Se non gradisco leggere Primo Levi, per esempio, basta non farlo, ma stare lì a dire che non sa scrivere è.....indifendibile intellettualmente. L'unica cosa che possiamo dirgli è :"Buona vita"....

Raffaele Gligora - 15/7/2022 - 15:08




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