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Inno della Repubblica

Matteo Salvatore
Lingua: Italiano


Matteo Salvatore

Lista delle versioni e commenti


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[1967]
Album :“Il lamento dei mendicanti”

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Non so esattamente quando Matteo Salvatore abbia composto questa canzone, probabilmente negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra. Ma si riferirebbe agli anni 10 o 20 quando suo padre e Di Vittorio si conobbero nel carcere di Lucera frequentato dal primo per miseria e dal secondo perché sindacalista rivoluzionario e socialista…

In ogni caso, propongo senz’altro questo inno al posto dell’orrido “Fratelli d’Italia”…

“Risale alla giovinezza di Matteo questa canzone. Una giovinezza difficile, il padre facchino, la madre chiede l’elemosina nei paesi vicini. A casa ‘Zicozico’ (così venivano soprannominati i Salvatore ad Apricena), si muore persino di malnutrizione (triste destino capitato a una sorella di Matteo).
E in questi anni il padre va in galera. Viene messo in cella con Giuseppe Di Vittorio [che era di Cerignola], poi divenuto uno dei più grandi sindacalisti italiani. L’incisione di queste parole è anche opera loro.”
Dal blog “… Finì con i campi alle ortiche…” del professor Michele Lombardi.
Fratelli tutti uniti, facciamo l’Italia nuova
c’hanno rimasti i nudi tutti traditori
Dobbiamo distruggere tutte le radici
rimaniamo amici con tutte le nazioni

Evvivo la Repubblica dei lavoratori
Evvivo la Repubblica della libertà

E la Repubblica è bella
non va trovando guerra

Vuole la libertà, tutti dobbiamo lavorà
chi sono i Cristiani, siamo noi lavoratori
dalla mattina alla sera buttiamo il sudòr

Evvivo la Repubblica dei lavoratori
Evvivo la Repubblica della libertà

inviata da Bartleby - 13/7/2011 - 15:17


Caro Bartleby, a integrazione del tuo intervento, vorrei dirti che la canzone in questione (il cui titolo originale è "Evviva la Repubblica")non è stata composta da Matteo bensì da suo padre nelle circostanze da te sopra illustrate. Matteo ha riferito che il genitore fu arrestato dagli alleati per avere forzato il lucchetto della casa del popolo di Apricena assieme ad altri compagni, loro l'avevano sovvenzionata con un soldo ciascuno e si sentirono in diritto di compiere quell'azione ritenuta illegale. Dato che come Matteo, a maggior ragione il padre era analfabeta, il testo fu dettato ad un altro detenuto che sapeva scrivere.

Flavio Poltronieri - 15/11/2015 - 20:39




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